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L’Università di Catania e il Pentagono. Ricerca libera? No grazie!

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15 milioni di dollari americani del Dipartimento della Difesa USA, US Army, US Air Force e US Navy per sovvenzionare programmi, sperimentazioni, conferenze, workshop e scambi internazionali delle università e dei più noti centri di ricerca nazionali. Catania con un milione e centomila dollari si colloca all’ottavo posto tra le università italiane beneficiate. I concorsi truccati ma anche gli AFFARI CON I SISTEMI (SPAWAR E C4ISR) che operano nel settore di guerra, sorveglianza sottomarina e operazioni di spionaggio e intelligence contro obiettivi nazionali ed esteri. Certamente la ricerca in Italia è una Cenerentola, ma non ci piace la militarizzazione delle scuole. Non ci piace che la ricerca italiana sia condizionata da chi ha o mette più denari. E che sia sempre più finalizzata allo sviluppo di armi e tecnologie belliche con il “generoso” contributo delle forze armate degli Stati Uniti d’America.
E che non si dica alla fine che non si guadagna nulla a vivere ed operare accanto alla principale installazione di guerra nel Mediterraneo della Marina militare degli Stati Uniti d’America. Taluni sindaci hanno ottenuto che un paio di marines muniti di scope e sacconi di plastica liberassero piazze e giardini da foglie secche ed erbacce. Qualche dirigente scolastico è riuscito invece a impiegare i “volontari” a stelle e strisce a imbiancare i muri di aule e palestre. Cose di poco conto si dirà, e forse è vero. Di ben altra portata è invece la sempre più invasiva presenza delle forze armate USA nelle attività e nei programmi di ricerca di più di un dipartimento scientifico dell’Università degli Studi di Catania. Stando infatti ai data base del Governo di Washington relativi ai contributi finanziari o ai contratti sottoscritti dal Pentagono con laboratori, enti e centri accademici italiani, appare più che mai centrale il ruolo assunto oggi dagli accademici etnei.
Conti alla mano, in meno di due decadi più di un milione e centomila dollari sono stati elargiti all’Università di Catania dal Dipartimento della Difesa o dai maggiori comandi della Marina militare USA. Relativamente alle sovvenzioni a titolo gratuito delle forze armate statunitensi, Catania si colloca all’ottavo posto tra i centri accademici italiani beneficiari con 372.500 dollari nel periodo 2010-18, al primo posto però tra le università con sede nel mezzogiorno d’Italia. In verità a incassare quasi integralmente il grant della più grande macchina da guerra planetaria è stato il Dipartimento di Ingegneria Elettronica e Informatica, grazie ad alcuni programmi di ricerca scientifica di base e applicata. Il maggiore di esso – per il valore complessivo di 240.000 dollari - è stato finalizzato allo sviluppo delle fonti energetiche (Advanced Nonlinear Energy Harvesters in The Mesoscale: Exploiting a Snap-through Buckling Configuration, for The Autonomous Powering of Electric, la denominazione) ed è stato condotto nel periodo compreso tra il luglio 2016 e il maggio 2018. Altri 120.000 dollari sono stati donati da US Navy al Dipartimento di Ingegneria Elettronica e Informatica per lo sviluppo delle nanotecnologie sempre in ambito energetico ed elettronico (Development of Novel Micro and Nanosystems for Energy Harvesting in Autonomous Electronic Devices), nel periodo compreso tra il luglio 2011 e il settembre 2015. Infine il Pentagono ha contribuito con 12.500 dollari alla partecipazione dell’Associazione “Angelo Marcello Anile” di Catania alla 18^ Conferenza europea sulla matematica per le industrie (giugno 2014). L’associazione è stata istituita per ricordare la figura dell’omonimo scienziato ed ha sede presso il Dipartimento di Matematica e Informaticadell’Università.
Ben undici invece i contratti a titolo oneroso sottoscritti dal Pentagono con l’Università di Catania dal 2001 al 2013, per un valore complessivo di 798.750 dollari, uno dei più alti in assoluto tra i centri di ricerca accademici di tutta Italia. Purtroppo sono scarnissime le informazioni sulla tipologia e le finalità degli studi effettuati: si indica infatti solo genericamente la voce Physical Sciences - Basic Research e il valore del contratto annuo: 35.000 dollari nel 2013; 135.000 nel 2012; 35.000 nel 2011; 25.000 nel 2010. Solo per l’anno fiscale 2009 il Dipartimento della Difesa riporta la voce del servizio in contratto: la “ricerca applicata sui sistemi elettronici e di comunicazione” (250.000 dollari). A firmarne l’affidamento all’Università di Catania in quest’ultimo caso è stato lo SPAWAR - Space and Naval Warfare Systems Commanddi San Diego, California, il comando di ricerca e ingegneria di US Navy che opera nel settore dei sistemi di guerra e C4ISR e dello sviluppo dei sistemi spaziali e sorveglianza sottomarina. SPAWARè anche uno degli enti militari maggiormente coinvolti nelle operazioni di spionaggio e intelligence contro obiettivi nazionali ed esteri. Costituito nel maggio 1985 come “Echelon II Command” sotto il controllo della CIA e della National Security Agency - NSA (la più potente centrale spionistica al mondo), il Comando per i sistemi di guerra spaziale e navale di San Diego ha gestito il famigerato sistema Echelon che i servizi segreti degli Stati Uniti hanno implementato per intercettare e decifrare conversazioni telefoniche e radio, fax, e-mail, Internet, ecc. a livello mondiale. Coincidenza vuole infine che lo Space and Naval Warfare Systems Commandsia proprio l’ente che abbia curato la progettazione, sperimentazione ed implementazione della rete di telecomunicazione satellitare MUOS (uno dei terminali terrestri è stato attivato all’interno della base di Niscemi, Caltanissetta, dipendente dal Comando navale USA di Sigonella).
Negli anni fiscali 2001, 2002 e 2005 è stato invece il Dipartimento d’Ingegneria elettrica, elettronica e dei sistemi (DIEES) dell’Università di Catania a sottoscrivere con il Pentagono tre contratti per complessivi 118.750 dollari per non meglio specificati progetti di ricerca. Il DIEES di Catania compare infine tra i partecipanti all’IDRILAB (Renewable Hydrogen R&D Projects Lab), il laboratorio di ricerca sugli impianti di generazione da fonti rinnovabili non programmabili (solare ed eolica) e per la produzione d’idrogeno, insieme con Ecoenergy, la divisione ricerca e sviluppo della società Lageco di Parisi Adriana S.r.l. di Catania, la stessa che per conto di US Navy ha contribuito alla costruzione del terminale terrestre MUOS a Niscemi e alla realizzazione di altre importanti infrastrutture all’interno della stazione aeronavale di Sigonella.
Va inoltre rilevato come a seguito dei gravi danni causati dall’alluvione che colpì NAS Sigonella il 13 dicembre 2005, l’Università di Catania ha eseguito in collaborazione con la società d’ingegneria The OK Design Group di Roma, uno studio sui rischi locali d’inondazione (Flood Hazard Study) e sulle possibili misure di prevenzione. Il contratto fu assegnato nel 2007 dal Pentagono nell’ambito di un appalto integrato che prevedeva pure una serie d’interventi a Sigonella (Repair Utilities, Mechanical System Upgradesed “eliminazione delle infiltrazioni d’acqua nell’ospedale navale), per un importo di 15 milioni di euro circa. The OK Design Group vanta una propria filiale a Virginia Beach (USA) ed è la società che ha anche firmato il progetto preliminare ed esecutivo della nuova stazione MUOS di Niscemi, partecipando inoltre alla progettazione e direzione dei lavori del cosiddetto MEGA 2, il maxi-piano d’ampliamento e potenziamento delle infrastrutture della grande stazione aeronavale siciliana.
Ancora nel 2007 (mese di luglio), fu firmata una convenzione con durata quinquennale tra l’Università degli Studi di Catania e il Comando US Navy di Sigonella per consentire il riconoscimento dei crediti universitari al personale italiano di stanza nella base statunitense. A porre la loro firma sulla convenzione furono al tempo il rettore Antonino Recca (tra gli indagati della recente inchiesta sui concorsi truccati in alcuni atenei siciliani) e il comandante di NAS Sigonella Thomas J. Quinn, arrivato nell’Isola appena un mese prima.
Il 5 novembre 2018, cronisti, professori e studenti hanno potuto verificare in prima persona quanto il processo di americanizzazione e militarizzazione abbia investito i maggiori centri didattici dell’ateneo catanese. Nell’aula magna del Dipartimento di Scienze politiche e sociali si è tenuta infatti una lectio magistralis su “75 anni di relazioni Italia-USA: una prospettiva geopolitica dallo sbarco ad oggi” della professoressa Victoria De Grazia, docente di Storia alla Columbia University e di Civiltà contemporanea alla James R. Barker University. L’iniziativa è stata organizzata dalla prof.ssa Pinella di Gregorio, presidente del corso di laurea magistrale in “Storia e cultura dei Paesi mediterranei”, in collaborazione con il Consolato Generale degli Stati Uniti d’America a Napoli. A porgere i saluti ai partecipanti all’incontro, il prof. Giuseppe Vecchio, direttore del Dipartimento di Scienze politiche e la Console generale USA Mary Ellen Countryman (già console generale a Firenze ed ex vicesegretaria stampa della Casa Bianca e direttrice Ufficio stampa presso l’NSC – National Security Council).
In questi ultimi anni sono cresciute a vista d’occhio pure le partnership tra dipartimenti e docenti universitari catanesi e il 41° Stormo dell’Aeronautica militare italiana, anch’essa di stanza nella grande base da guerra di Sigonella. Nel novembre 2008, ad esempio, una delegazione della Facoltà di Ingegneria Meccanica, composta dai professori Massimo Oliveri, Gabriele Fatuzzo e Gaetano Sequenza ebbero modo di visitare i reparti aerei italiani e formalizzare con l’allora comandante col. Antonio Di Fiore un “rapporto di collaborazione fra le due istituzioni, con l’obiettivo precipuo di organizzare degli stage di formazione per gli universitari presso le strutture della base e con la possibilità nel contempo di riconoscere dei crediti ad eventuali studenti militari”.
Sei anni più tardi, il Dipartimento di Matematica e Ingegneria dell’Università di Catania s’incaricò di organizzare il Sicily Drone Day 2014, “con l’obiettivo di fare il punto sulle attività di volo dei velivoli a pilotaggio remoto sul territorio siciliano con l’analisi, nel contempo, dei relativi aspetti tecnici, normativi e di ricerca”. Durante l’evento fu pure realizzato uno spazio espositivo con dimostrazioni pratiche all’uso dei droni e un workshop con l’allora comandante del 41° Stormo, il col. Vincenzo Sicuso sull’impiego dei velivoli a pilotaggio remoto in ambito militare. “In particolare, il comandante Sicuso ha descritto i requisiti operativi, le capacità e l’impiego dei Predator in operazioni di sicurezza nazionale così come avvenuto a l’Aquila durante il G8, durante l’operazione Mare Nostrum nel Mediterraneo e nelle operazioni internazionali per il mantenimento della pace (Iraq - Afghanistan - Libia)”, si legge nel comunicato emesso dall’Ami. “Il colonnello Sicuso, infine, ha descritto il valore aggiunto dato al Potere Aereo dagli APR e come l’Aeronautica Militare italiana sia divenuta leader nel mondo nella gestione e nella condotta degli stessi”.
Nel maggio 2015, i reparti di guerra aerea nazionali hanno partecipato ad un evento didatticoorganizzato dal Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche dell’ateneo di Catania, avente come tema gli aspetti della funzione dell’apparato vestibolare ed in particolare quelli legati al cosiddetto “disorientamento spaziale”. Relatore ancora una volta il comandante di Sigonella Vincenzo Sicuso. Agli studenti del corso di laurea in Scienze Biologiche e ad una rappresentanza di militari del 41° Antisom di Sigonella, “il colonnello Sicuso ha relazionato sul ruolo e sulla missione dell’Aeronautica Militare, soffermandosi ad illustrare le professionalità che vi operano e lo sviluppo della loro sensibilità nei confronti della solidarietà, della cultura, della collaborazione e del lavoro di squadra”, riporta l’ufficio stampa del Comando italiano di Sigonella. “Questa iniziativa nasce dalla voglia di far conoscere ai ragazzi cos’è l’Aeronautica Militare, perché non dobbiamo dimenticare che questa gioventù è l’ossatura dell’Italia di domani. Un’iniziativa che nasce perché trasparenza, passione, etica, preparazione sono i pilastri che muovono l’Aeronautica Militare e quale ambito migliore potrebbe mai esistere se non quello dell’Università che sta formando i cittadini di domani per poter mostrare quello che facciamo e come lo facciamo”.
Lo scorso anno, il 41° Antisom è anche entrato a far parte del gruppo di lavoro promosso dall’Università di Catania e dalla LIAF-Lega Italiana Antifumo onlus per la “sperimentazione clinica” delle controverse sigarette elettroniche. “Lo studio in un primo gruppo di 150 partecipanti ha dato buoni risultati; infatti le sigarette elettroniche risultano un utile strumento per aiutare il fumatore a ridurre il numero di sigarette tradizionali e in alcuni casi perfino per smettere”, scrivono gli avieri di Sigonella. “L’Aeronautica Militare ha accettato di collaborare al progetto: si prevede ora l’arruolamento volontario di militari fumatori del 41° Stormo, a cui verranno dati in dotazione i kit sigarette elettroniche e che verranno seguiti con una serie di controlli. Lo scopo è valutare la sicurezza e l’efficacia della sigaretta elettronica in termini di riduzione del numero di sigarette fumate e di stabilirne l’utilità nella lotta al tabagismo”. Peccato che dall’altra parte dell’oceano, scienziati e università avessero stigmatizzato da tempo il fumo elettronico, rilevandone la sospetta tossicità e finanche i rischi cancerogeni di alcuni additivi.
Dulcis in fundo, la compartecipazione ad alcuni progetti del complesso militare-industriale nazionale. Nel gennaio 2019 è stata data comunicazione della stipula di un accordo di collaborazione tra l’iCTLab (spin-off dell’Università di Catania) e Cy4Gate S.r.l. “allo scopo di integrare le rispettive aree di competenza scientifica e professionale per rispondere in modo efficace alle emergenti necessità della cyber Intelligence”. L’accordo punta in particolare “all’integrazione delle competenze di CY4Gate (una joint venture tra la romana Elettronica S.p.A, leader internazionale nel campo delle guerre elettroniche ed Expert System, azienda modenese leader nel settore del Cognitive Computing),  con gli innovativi strumenti di analisi di contenuto multimediale (immagini, audio e video) e le funzionalità di riconoscimento facciale della iCTLab”. I laboratori della spin-off sono stati promossi dal gruppo di ricerca IPLAB (Image Processing LAB) guidati dal prof. Sebastiano Battiato, ordinario del Dipartimento di Matematica ed Informatica dell’Università degli Studi di Catania.

Articolo pubblicato in Le Siciliane, Casablanca, n. 60, settembre-ottobre 2019.

Ecco a voi le università italiane che collaborano con la Turchia di Erdogan

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Sono più di duecento i progetti di collaborazione culturale e scientifica tra le università italiane e gli atenei turchi implementati negli ultimi vent’anni. A fornire l’elenco degli accordi bilaterali e multilaterali, delle convenzioni e memorandum, dei protocolli attuativi sottoscritti, è la banca dati curata congiuntamente dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), dal Ministero degli Affari Esteri (MAE) e dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI).
Numerosissimi i programmi di natura didattico-formativa, ricerca e mobilità di docenti e studenti ancora operativi nonostante la svolta golpista e autoritaria del governo di Ankara e le crescenti operazioni di guerra contro la popolazione kurda in Turchia e, più recentemente in Siria. Oggi sono 27 le università italiane partner di centri di ricerca accademici del paese mediorientale e ci sono accordi di mutua cooperazione firmati appena qualche mese fa, mentre altri hanno preso il via decadi fa ma vengono rinnovati tacitamente e automaticamente di anno in anno. Le aree d’intervento della ricerca e/o progettuale sono onnicomprensive, anche se è evidente la tendenza a favorire la partnership nei settori tecnico-scientifici e ingegneristici, alcuni dual use con possibili ricadute nel settore militare-industriale.
Di seguito forniamo una sistematizzazione delle collaborazioni esistenti tra le università italiane e i partner turchi, evidenziando la tipologia e l’oggetto dell’accordo, la durata prevista, i docenti e i dipartimenti che ne fanno da punto di riferimento, gli eventuali “risultati raggiunti” segnalati dagli atenei.
C’è materiale più che sufficiente per prendere coscienza del coinvolgimento diretto dell’accademia italiana nel consolidamento dell’insostenibile sistema scientifico-culturale-politico-militare della Turchia. La difesa dei diritti del popolo kurdo e la resistenza all’escalation di morte in Medio oriente impone a tutti scelte nette e inequivocabili, a partire dall’embargo della fornitura di armi e dalla revoca di ogni forma di collaborazione militare al regime di Erdogan e dal boicottaggio economico, culturale, scientifico, sportivo, ecc.. Le università italiane, i rettori, il corpo accademico e gli studenti sono chiamati a dare il loro importantissimo contributo, revocando e/o sospendendo unilateralmente ogni accordo di cooperazione con gli atenei turchi sino alla caduta del sultano Erdogan, al ritiro delle forze armate turche dalla Siria, alla fine di ogni forma di oppressione della popolazione kurda e all’avvio di un reale processo di democratizzazione interno.        
Progetti in atto
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Denominazione: Accordo quadro bilaterale - Area 07
Partner: Kahramanmaras Sütçü Imam Üniversitesi
Anno di avvio: 2009
Docente di riferimento: Savino Vito Nicola - Dip. Protezione delle piante e Microbiologia applicata
Materia dell’accordo: Scienze agrarie e veterinarie
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità
Data di avvio: 23/03/2009
Durata: 12 mesi (l’accordo prevede il rinnovo tacito)

Denominazione: Convezione bilaterale – Area 07
Partner: Kahramanmaras Sütçü Imam Üniversitesi
Anno di avvio: 2009
Docente di riferimento: Savino Vito Nicola - Dip. Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti (Di.S.S.P.A.)
Materia dell’accordo: Scienze agrarie e veterinarie
Tipologia: Convenzione bilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Ricerca
Data di avvio: 23/03/2009
Durata: 1 anno (rinnovo tacito)

Politecnico di Bari
Denominazione: Agreement for scientific collaboration between the University of Sarajevo, Yildiz Technical University and Politecnico of Bari
Partner:  University of Sarajevo - Yildiz Teknik Üniversitesi
Anno di avvio: 2003
Docente di riferimento: Petruccioli Attilio - Dip. Scienze dell’Ingegneria civile e dell’architettura
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura
Tipologia: Accordo quadro multilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Ricerca
Data di avvio: 29/09/2003 (Rinnovo automatico)

Denominazione: Agreement between Istanbul Technical University and Politecnico of Bari
Partner: Istanbul Teknik Üniversitesi
Anno di avvio: 2000
Docente di riferimento: Petruccioli Attilio - Dip. Scienze dell’Ingegneria civile e dell’architettura
Materia dell’accordo:Ingegneria civile ed Architettura
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Ricerca
Data di avvio: 10/04/2000 (Rinnovo automatico)

Denominazione: Agreement for scientific collaboration between Politecnico of Bari and the Middle East Technical University
Partner: The Middle East Technical University of Ankara
Anno di avvio: 2000
Docente di riferimento: Petruccioli Attilio - Dip. Scienze dell’Ingegneria civile e dell’architettura
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura
Tipologia:  Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Ricerca
Data di avvio: 03/07/2000 (Rinnovo automatico)

Denominazione: Collaborative Agreement between Polytechnic of Bari, Italy and Ege University, Izmir, Turkey
Partner: Ege Üniversitesi
Anno di avvio: 2001
Docente di riferimento: Borri Dino - Dip. Architettura e Urbanistica
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Ricerca
Data di avvio: 30/03/2001 (Rinnovo automatico)

Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
Denominazione: Memorandum of Undestanding between Istanbul University and Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
Partner: Istanbul Üniversitesi
Anno di avvio: 2017
Docente di riferimento: Pagliarone Carmine - Dip. Ingegneria Civile e Meccanica
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell'informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 17/11/2017
Durata: 60 mesi
Scadenza: 16/11/2022

Università degli Studi di Catania
Denominazione: Accordo di cooperazione con l’Univeristà di Selcuk, Konya - Turchia
Partner: Selçuk Üniversitesi
Anno di avvio: 2015
Docente di riferimento: Militello Pietro Maria - Dip. Scienze Umanistiche
Materia dell’accordo: Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 27/10/2015
Durata: 60 mesi
Scadenza: 26/10/2020

UKE - Università Kore di Enna
Denominazione: Memorandum of Agreement between Istanbul Aydin University, Turkey and Università degli Studi di Enna, Italy
Partner: Istanbul Aydin Üniversitesi
Anno di avvio: 2007
Docente di riferimento: Muscarà Marinella - Dip. Dipartimento “Kore”
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale                                       
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 24/03/2007 (Rinnovo automatico)

Università degli Studi di Firenze
Denominazione: Accordo di collaborazione culturale e scientifica
Partner: Hatay Mustafa Kemal University
Anno di avvio: 2017
Docente di riferimento: Pucci Marina - Dip. Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo (SAGAS)
Materia dell’accordo: Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 17/02/2017
Durata: 84 mesi
Scadenza: 16/02/2024

Denominazione: Accordo di collaborazione culturale e scientifica
Partner: Hitit Üniversitesi
Anno di avvio: 2018
Docente di riferimento: Torri Giulia - Dip. Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo (SAGAS)
Materia dell’accordo: Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 07/11/2018
Durata: 84 mesi
Scadenza: 06/11/2025

Denominazione: Accordo di collaborazione culturale e scientifica
Partner: Siirt Üniversitesi
Anno di avvio: 2018
Docente di riferimento: Giordani Edgardo - Dip. Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI)
Materia dell’accordo: Scienze agrarie e veterinarie
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 03/01/2018
Durata: 84 mesi
Scadenza: 02/01/2025

Denominazione: Accordo di collaborazione culturale e scientifica
Partner: Özyegin Üniversitesi
Anno di avvio: 2019
Docente di riferimento: Bertocci Stefano - Dip. Architettura (DiDA)
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 25/07/2019
Durata: 84 mesi
Scadenza: 24/07/2026

Università degli Studi di Messina
Denominazione: Accordo-quadro di cooperazione con l’Università Dokuz Eylul di Smirne
Partner: Dokuz Eylül Üniversitesi
Anno di avvio: 2013
Docente di riferimento: Baglieri Daniela - Dip. Scienze Economiche, aziendali, ambientali e metodologie quantitative
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 28/06/2013 (Rinnovo automatico)

Libera Università “Vita Salute S. Raffaele” di Milano
Denominazione: Erasmus+ Programme – Bilateral Agreement for the Academic Year 2014-2020: Higher Education Between Vita-Salute San Raffaele University and Istanbul Kemerburgaz University
Partner: Istanbul Kemerburgaz Üniversitesi
Anno di avvio: 2015
Docente di riferimento: Manunta Paolo – Facoltà di Medicina e Chirurgia
Materia dell’accordo: Scienze mediche
Tipologia: Convenzione bilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Mobilità
Data di avvio: 28/01/2015
Durata: 72 mesi
Scadenza: 27/01/2021
Risultati raggiunti: Sostegno e promozione della mobilità internazionale di studenti (soprattutto in ingresso) e docenti nell’ambito della formazione nell’area medica.

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Denominazione: Accordo di collaborazione culturale e scientifico tecnologica tra l’Università di Modena e Reggio Emilia e la Ege University of Bornova (Turchia)
Partner: Ege Üniversitesi
Anno di avvio: 2007
Docente di riferimento: Zoli Michele - Dip. Scienze Biomediche
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità
Data di avvio: 21/05/2007 (Rinnovo automatico)
Risultati raggiunti: Fattiva collaborazione nel settore della ricerca

Denominazione: Accordo di collaborazione culturale e scientifico tecnologica tra l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e la Anadolu University (Turchia)
Partner: Anadolu Üniversitesi
Anno di avvio: 2012
Docente di riferimento: Manfredini Tiziano - Dip. Ingegneria “Enzo Ferrari”
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 06/06/2012 (Rinnovo automatico)
Risultati raggiunti: Progetti di Mobilità dei ricercatori finanziato dal MAE nell’ambito del protocollo esecutivo Italia - Turchia 2012/2014

Denominazione: Accordo di collaborazione tra l’Università di Modena e Reggio Emilia e la Università Pamukkale (Turchia)
Partner: Pamukkale Üniversitesi
Anno di avvio: 2016
Docente di riferimento: Tomasi Aldo - Dip. Medicina diagnostica, clinica e di sanità pubblica
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 05/01/2016 (Rinnovo automatico)
Risultati raggiunti: Collaborazione nel settore della ricerca

Denominazione: Accordo di collaborazione tra l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e la Namik kemal University
Partner: Namik Kemal Üniversitesi
Anno di avvio: 2017
Docente di riferimento: Dragoni Eugenio - Dip. Scienze e metodi dell’ingegneria
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 14/03/2017
Durata: 60 mesi
Scadenza: 13/03/2022

Università degli Studi di Napoli Federico II

Denominazione: Accordo quadro di collaborazione culturale e scientifica tra l’Università degli Studi di Napoli Federico II e la Ozyegin University
Partner: Özyegin Üniversitesi
Anno di avvio: 2019
Docente di riferimento: Capozzi Renato - Dip. Architettura
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 29/03/2019
Durata: 60 mesi
Scadenza: 28/03/2024

Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”
Denominazione: Accordo quadro di Cooperazione tra la SUN e la Okan University of Istanbul (Turkey)
Partner: Okan University of Istanbul
Anno di avvio: 2014
Docente di riferimento: Gambardella Claudio - Dip. Architettura e Disegno industriale
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 10/06/2014
Durata: 72 mesi
Scadenza: 09/06/2020

Denominazione: Standdard Agreement tra Università della Campania e Università di Cankaya (Turchia)
Partner: Çankaya Üniversitesi
Anno di avvio: 2017
Docente di riferimento: Gambardella Claudio - Dip. Architettura e Disegno industriale
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze biologiche; Scienze mediche; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 26/07/2017
Durata: 72 mesi
Scadenza: 25/07/2023

Denominazione: Standard Agreement tra Università della Campania e Tambov State Technical University (Russia)
Partner straniero: Istanbul Teknik Üniversitesi
Anno di avvio: 2019
Docente di riferimento: Ingrosso Chiara - Dip. Architettura e Disegno industriale
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze biologiche; Scienze mediche; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 15/05/2019
Durata: 72 mesi
Scadenza: 14/05/2025

Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”
Denominazione: Protocollo di collaborazione tra l’Università di Istanbul e l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”
Partner: Istanbul Üniversitesi
Anno di avvio: 2014
Docente di riferimento: Sanchez Garcia Encarnacion - Dip. Studi letterari, linguistici e comparati
Materia dell’accordo: Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Protocollo attuativo bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 03/03/2014
Durata: 60 mesi
Scadenza: 02/03/2019

Università degli Studi di Padova
Denominazione: Accordo di collaborazione accademica tra Università degli Studi di Padova e Koç University
Partner: Koç Üniversitesi 
Anno di avvio: 2018
Docente di riferimento: Rizzuto Rosario - Dip. Scienze Biomediche – DSB
Materia dell’accordo: Scienze mediche
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 24/09/2018
Durata: 60 mesi
Scadenza: 23/09/2023

Università degli Studi di Palermo
Denominazione: Accordo quadro di cooperazione tra l’Università degli Studi di Palermo e la l’Università Cukurova
Partner: Çukurova Üniversitesi
Anno di avvio: 2011
Docente di riferimento: Germanà Maria Antonietta - Dip. Demetra
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 25/02/2011 (Rinnovo automatico)

Denominazione: Memorandum of Understanding tra l’Università degli Studi di Palermo e l’Erciyes University/Genome and Stem Cell Research Center
Partner: Erciyes Üniversitesi
Anno di avvio: 2014
Docente di riferimento: Di Felice Valentina - Dip. Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche (BioNeC)
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 16/05/2014
Durata: 60 mesi
Scadenza: 15/05/2019

Denominazione: Accordo di cooperazione tra Università degli Studi di Palermo e Università Gelisim di Istanbul
Partner: Istanbul Üniversitesi
Anno di avvio: 2015
Docente di riferimento: Miceli Rosario - Dip. Energia, Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici (DEIM)
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica – Formazione
Data di avvio: 25/11/2015
Durata: 96 mesi
Scadenza: 24/11/2023

Università degli Studi di Parma
Denominazione: Accordo con l’Università Pammukale
Partner: Pamukkale Üniversitesi
Anno di avvio: 2014
Docente di riferimento: Cilloni Andrea - Dip. Scienze Economiche e Aziendali
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 28/10/2014
Durata: 60 mesi
Scadenza: 27/10/2019
Risultati raggiunti: Attività di scambio studenti e personale docente e ricercatore

Denominazione: Accordo con la Yildiz Teknik Universitesi
Partner: Yildiz Teknik Üniversitesi
Anno di avvio: 2014
Docente di riferimento: Borghi Loris - Dip. Medicina clinica e sperimentale
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 21/01/2014
Durata: 60 mesi
Scadenza: 20/01/2019

Università di Pisa
Denominazione: Accordo con University of Cukurova
Partner: Çukurova Üniversitesi
Anno di avvio: 2015
Docente di riferimento: Salmeri Giovanni - Dip. Civiltà e forme del sapere
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 24/03/2015
Durata: 60 mesi
Scadenza: 23/03/2020

Denominazione: Accordo quadro con Yildiz Technical University
Partner: Yildiz Teknik Üniversitesi
Anno di avvio: 2019
Docente di riferimento: D’Ancona Cristina - Dip. Civiltà e forme del sapere
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità - Altro
Data di avvio: 03/01/2019
Durata: 60 mesi
Scadenza: 02/01/2024

Università Politecnica delle Marche
Denominazione: Agreement between Università Politecnica delle Marche (Italy) and Ege Univbersity (Turkey)
Partner: Ege Üniversitesi
Anno di avvio: 2013
Docente di riferimento: Zanoli Raffaele - Dip. Scienze agrarie, alimentari ed ambientali
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Convenzione bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 09/10/2013 (Rinnovo automatico)

Denominazione: Memorandum of Understanding between Università Politecnica delle Marche (Italy) and Osmaniye Ata University (Turkey)
Partner: Osmaniye Korkut Ata Üniversitesi
Anno di avvio: 2015
Docente di riferimento: Romanazzi Gianfranco - Dip. Scienze agrarie, alimentari ed ambientali
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Convenzione bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 27/10/2015 (Rinnovo automatico)

Denominazione: Protocol of cooperation between Çanakkale Onsekiz Mart Üniversitesi (Turkey) and Università Politecnica delle Marche (Italy)
Partner: Çanakkale Onsekiz Mart Üniversitesi
Anno di avvio: 2016
Docente di riferimento: Cerrano Carlo - Dip. Scienze della vita e dell’ambiente
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Convenzione bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 02/05/2016
Durata: 120 mesi
Scadenza: 01/05/2026

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Denominazione: Accordo di collaborazione culturale e scientifica con la Yildiz Technical University
Partner: Yildiz Teknik Üniversitesi
Anno di avvio: 2005
Docente di riferimento: Biagini Antonello Folco - Dip. Storia, culture, religioni
Materia dell’accordo: Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Tipologia: Convenzione bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 05/07/2005 (Rinnovo automatico)

Denominazione: Protocollo Esecutivo di Accordo Quadro di collaborazione culturale e scientifica
Partner: Istanbul Teknik Üniversitesi
Anno di avvio: 2014
Docente di riferimento: De Cesaris Alessandra - Dip. Architettura e Progetto
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura
Tipologia: Protocollo attuativo bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 22/01/2014 (Rinnovo automatico)
Risultati raggiunti: L’accordo ha permesso di sviluppare un programma di mobilità docenti e ricercatori ed attività di studio e ricerca in comune.

Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Denominazione: Accordo di collaborazione culturale e scientifica con Bahcesehir Ugur Educational Institution
Partner: Bahçesehir Üniversitesi
Anno di avvio: 2015
Docente di riferimento: Novelli Giuseppe - Dip. Biomedicina e Prevenzione
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 20/05/2015
Durata: 60 mesi
Scadenza: 19/05/2020

Denominazione: Accordo di collaborazione culturale e scientifica con Mugla Sitki Kocman University
Partner: Mugla Üniversitesi
Anno di avvio: 2016
Docente di riferimento: D’Amelio Maria Grazia - Dip. Ingegneria dell’Impresa “Mario Lucertini”
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 09/03/2016
Durata: 60 mesi
Scadenza: 08/03/2021

Denominazione: Agreement of cultural and scientific collaboration with Ozyegin University - Turkey
Partner: Özyegin Üniversitesi
Anno di avvio: 2017
Docente di riferimento: Betti Silvello - Dip. Ingegneria Elettronica
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche;  Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 25/05/2017
Durata: 60 mesi
Scadenza: 24/05/2022

Denominazione: Accordo con University of Karabuk
Partner: Karabük Üniversitesi
Anno di avvio: 2017
Docente di riferimento: Coppa Paolo - Dip. Ingegneria Industriale
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze economiche e statistiche.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 26/10/2017
Durata: 60 mesi
Scadenza: 25/10/2022

Università degli Studi Roma Tre
Denominazione: Accordo di collaborazione - Yasar University
Partner: Yasar Üniversitesi
Anno di avvio: 2008
Docente di riferimento: De Muro Pasquale - Dip. Economia
Materia dell’accordo: Scienze economiche e statistiche
Tipologia: Accordo quadro – Progetto bilaterale
Natura: Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 04/12/2008 (Rinnovo automatico)
Risultati raggiunti: Scambio docenti/studenti, collaborazione internazionale.

Denominazione: Accordo quadro – Istanbul Technical University
Partner: Istanbul Teknik Üniversitesi
Anno di avvio: 2014
Docente di riferimento: Cosentino Domenico - Dip. Scienze
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 28/03/2014
Durata: 60 mesi
Scadenza: 27/03/2019
Risultati raggiunti: Cooperazione culturale e scientifica attraverso la mobilità di ricercatori, docenti, studenti e giovani ricercatori iscritti al Dottorato. Scambio di materiale scientifico. Partecipazione ad azioni comuni, quali programmi promossi dalla Commissione Europea o da altri enti o fondazioni; proposte volte all’acquisizione di risorse finanziarie per la realizzazione di strutture e per lo sviluppo di progetti di ricerca e/o formazione; elaborazione di percorsi formativi comuni.

Università degli Studi di Salerno
Denominazione: Accordo con Namik Kemal University
Partner: Namik Kemal Üniversitesi
Anno di avvio: 2017
Docente di riferimento: Rizzo Luigi - Dip. Ingegneria civile / DICIV
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca - Mobilità – Altro
Data di avvio: 07/11/2017
Durata: 60 mesi
Scadenza: 06/11/2022

Università degli Studi del Sannio di Benevento
Denominazione: Accordo per la cooperazione culturale e scientifica tra la “Università degli Studi del Sannio” e “Bahcesehir University” (Turchia)
Partner: Bahçesehir Üniversitesi
Anno di avvio: 2019
Docente di riferimento: Daponte Pasquale - Dip. Ingegneria
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 27/06/2019
Durata: 60 mesi
Scadenza: 26/06/2024

Università degli Studi di Siena
Denominazione: Accordo di Cooperazione Accademica per istituire una reciprocità di carattere internazionale tra il Dottorato in Genetica, Oncologia e Medicina clinica (GENOMEC) con sede presso l’Università degli Studi di Siena e la Scuola di Dottorato in“Biologia molecolare e genetica” con sede presso l’Università di Bilkent
Partner: Bilkent Üniversitesi
Anno di avvio: 2017
Docente di riferimento: Renieri Alessandra - Dip. Biotecnologie Mediche
Materia dell’accordo: Scienze mediche
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 23/01/2017
Durata: 48 mesi
Scadenza: 22/01/2021

Denominazione: Accordo di cooperazione Accademica del Corso Internazionale di Laurea Magistrale in Genetic Counsellors and Nurses con la Università di Bilkent – Turchia
Partner: Bilkent Üniversitesi
Anno di avvio: 2018
Docente di riferimento: Renieri Alessandra - Dip. Biotecnologie Mediche
Materia dell’accordo: Scienze mediche
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 20/02/2018
Durata: 60 mesi
Scadenza: 19/02/2023

Università per Stranieri di Siena
Denominazione: Convenzione fra l’Istituto Scolastico Evrim e l’Università per Stranieri di Siena
Partner: Istituto Scolastico Evrim
Anno di avvio: 2016
Docente di riferimento: Cataldi Pietro - Dip. Dipartimento di Ateneo per la Didattica e la Ricerca – DADR
Materia dell’accordo: Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche.
Tipologia: Convenzione bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 11/07/2016
Durata: 60 mesi
Scadenza: 10/07/2021
Risultati raggiunti: Soggiorni studio estivi di perfezionamento linguistico per liceali turchi. Diffusione delle certificazioni linguistiche CILS e DITALS.

Università degli Studi di Torino
Denominazione: Accordo Quadro tra UniTo e Izmir University of Economics
Partner: Izmir Yüksek Teknoloji Enstitüsü
Anno di avvio: 2015
Docente di riferimento: Bortolani Sergio - Dip. Management
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 15/01/2015
Durata: 60 mesi
Scadenza: 14/01/2020

Denominazione: Protocollo Aggiuntivo per Scambio Studenti tra UniTo e la Izmir University of Economics
Partner: Izmir Yüksek Teknoloji Enstitüsü
Anno di avvio: 2015
Docente di riferimento: Bortolani Sergio - Dip. Management
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Protocollo attuativo bilaterale
Natura: Mobilità
Data di avvio: 10/03/2015
Durata: 60 mesi
Scadenza: 09/03/2020

Denominazione: Interinstitutional Agreement for educational and scientific cooperation between UniTo (Master in Periodontology of the Dental School) and Ege University (PhD/Residency in Periodontology), Izmir
Partner: Ege Üniversitesi
Anno di avvio: 2015
Docente di riferimento: Aimetti Mario - Dip. Scienze chirurgiche
Materia dell’accordo: Scienze mediche
Tipologia: Protocollo attuativo bilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Ricerca
Data di avvio: 04/11/2015
Durata: 36 mesi
Scadenza: 03/11/2018

Denominazione: Accordo quadro di cooperazione scientifica tra l’Università di Torino e Middle East Technical University
Partner: The Middle East Technical University of Ankara
Anno di avvio: 2019
Docente di riferimento: Kamel Lorenzo - Dip. Studi storici
Materia dell’accordo: Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Ricerca
Data di avvio: 20/05/2019
Durata: 36 mesi
Scadenza: 19/05/2022

Politecnico di Torino
Denominazione: Accordo Quadro tra Politecnico di Torino e Instanbul Teknik Univesitesi
Partner: Istanbul Teknik Üniversitesi
Anno di avvio: 2003
Docente di riferimento: Naldi Carlo - Dip. Elettronica
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione.
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione - Ricerca – Mobilità
Data di avvio: 12/12/2003 (Rinnovo automatico)

Denominazione: Lettera d’Intenti tra Politecnico di Torino e Uludag University
Partner: Uludag Üniversitesi
Anno di avvio: 2007
Docente di riferimento: Naldi Carlo - Dip. Elettronica
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione
Tipologia: Accordo quadro bilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Ricerca
Data di avvio: 20/06/2007 (Rinnovo automatico)

Denominazione: Lettera d’Intenti tra Politecnico di Torino, Università del Salento e Pamukkale Universitesi
Partner: Pamukkale Üniversitesi e Università del Salento
Anno di avvio: 2008
Docente di riferimento: Naldi Carlo - Dip. Elettronica
Materia dell’accordo: Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell’informazione
Tipologia: Accordo quadro multilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Ricerca
Data di avvio: 11/07/2008 (Rinnovo automatico)

Università degli Studi di Trieste
Denominazione: Memorandum of Understanding e Executive Protocol in field of Engeneering and Architecture
Partner: Istanbul Aydin Üniversitesi
Anno di avvio: 2016
Docente di riferimento: Gennaro Renato - Dip. Scienze della Vita
Materia dell’accordo: Scienze matematiche e informatiche; Scienze fisiche; Scienze chimiche; Scienze della Terra; Scienze biologiche; Scienze mediche; Scienze agrarie e veterinarie; Ingegneria civile ed Architettura; Ingegneria industriale e dell'informazione; Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Scienze giuridiche; Scienze economiche e statistiche; Scienze politiche e sociali.
Tipologia: Accordo quadro - Protocollo attuativo bilaterale
Natura: Didattica - Formazione – Ricerca
Data di avvio: 18/02/2016
Durata: 60 mesi
Scadenza: 17/02/2021
Risultati raggiunti: Ricerche congiunte

Ministri, generali e ammiragli italiani alla corte del sultano Erdogan

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Non sono solo gli elicotteri da guerra di Leonardo-Finmeccanica e le batterie anti-missile SAMP-T dell’Esercito schierate ai confini con la Siria a documentare la solidità della partnership strategico-militare tra l’Italia e la Turchia. Nonostante la svolta reazionaria del regime dopo il controverso golpe del luglio 2016 e la crescente escalation militare contro i Kurdi in Turchia e Siria, il Ministero della difesa italiano ha intensificato con Ankara il numero delle esercitazioni aeree, terrestri e navali, le visite ufficiali di ministri, sottosegretari e alti comandanti delle forze armate, le attività di formazione di personale turco nelle accademie di guerra e nei reparti d’elite di mezza Italia e, finanche, la “vendita” delle unità navali dismesse.
Dal 17 al 28 giugno scorso, mentre gli strateghi di Erdogan si preparavano a pianificare la massiccia offensiva anti-kurda in Siria, presso la grande base aerea di Konya i reparti di volo degli Stati Uniti d’America, Giordania, Pakistan, Qatar, Turchia e Italia davano vita ad una grande esercitazione aerea, l’Anatolian Eagle 2019, “una delle più complesse  in ambito internazionale” e “un’opportunità importante per lo sviluppo ed il consolidamento di tattiche ed addestramento delle Forze Armate partecipanti, messe alla prova in diversi scenari operativi”, così come riportato dal Ministero della difesa italiano. Ad Anatolian Eagle hanno partecipato i cacciabombardieri AMX del 51° Stormo dell’Aeronautica militare di Istrana (Treviso), “a conferma – aggiunge la Difesa - che l’esercitazione rientra nell’ambito degli appuntamenti addestrativi di rilievo, quale occasione per migliorare l’integrazione tra il proprio personale, e gli  equipaggi di volo di diverse nazioni nella conduzione delle missioni aeree complesse che caratterizzano gli attuali scenari di intervento del potere aereo”.
Nel settembre del 2017 era stata l’unità della Marina Anteo per il supporto alle operazioni subacquee (alle dipendenze del Raggruppamento Subacquei ed Incursori “Tesei Tesei”) a raggiungere il porto turco di Aksaz per partecipare all’esercitazione Dynamic Monarch, congiuntamente alle forze navali turche, spagnole, statunitensi, norvegesi, britanniche e francesi.La Dynamich Monarch 2017è un’esercitazione a cadenza triennale nell’ambito della Submarine Escape and Rescue (SMER), che permette di verificare le capacità a disposizione della NATO per la ricerca ed il soccorso al personale di un sommergibile sinistrato”, riferiva l’ufficio stampa della Marina militare italiana. “Lo scopo di questa complessa attività è la condivisione delle procedure di soccorso ed il miglioramento dell’interoperabilità tra le diverse Marine, allo scopo di ridurre i tempi di intervento ed aumentare le probabilità di sopravvivenza del personale posto all’interno di un sommergibile adagiato sul fondo”. Un anno dopo (luglio 2018), l’equipaggio della fregata missilistica e anti sommergibile Espero, impegnata di norma nell’Operazione Mare Sicuro, partecipava nelle acque del Mediterraneo Centrale all’esercitazione (Passex) con la fregata T.C.G. Gediz della Marina militare della Turchia. “Sono state condotte una serie di manovre cinematiche, simulazioni di approccio per rifornimento in mare e numerose attività tattiche-procedurali, nonché scambi di comunicazioni radio e dati tra le rispettive Centrali Operative di Combattimento”, riporta il sito del Ministero della difesa. “L’evento ha costituito sicuramente una preziosa occasione per entrambe le unità per migliorare le proprie capacità operative e incrementare il livello di addestramento degli equipaggi, rafforzando il grado di interoperabilità tra assetti di diversa nazionalità  appartenenti alla NATO”.
Di massimo rilievo le visite ufficiali in Turchia da parte degli uomini di governo e dei vertici delle forze armate nazionali. Va segnalato in particolare che il 2 maggio 2019è stata l’allora ministra pentastellata alla Difesa, Elisabetta Trenta, a recarsi ad Istanbul per un vertice con l’omologo turco Hulusi Akar. “Si è trattato di un colloquio cordiale, durante il quale i due Ministri hanno condiviso l’auspicio di portare avanti e rafforzare la cooperazione bilaterale e l’interesse che entrambi i Paesi hanno nei confronti dell’area mediterranea”, riporta il comunicato ufficiale. Elisabetta Trenta ha poi raggiunto i saloni di Idef 2019, la Fiera Internazionale dell’Industria della Difesa che si tiene a Istanbul con cadenza biennale. Accompagnata dal Segretario generale della Difesa/DNA, generale Nicolò Falsaperna, la ministra ha avuto modo d’incontrare i manager e i rappresentanti delle principali industrie italiane produttrici di sistemi da guerra. “Bisogna puntare sulle eccellenze della nostra industria e sul made in Italy, garanzia di sviluppo e innovazione e bisogna farlo con un riferimento sempre molto chiaro verso il nostro Paese”, l’appello della ministra agli espositori connazionali.
Sempre quest’anno, a febbraio, erano stati il Presidente del Centro Alti Studi della Difesa, generale Massimiliano Del Casale e il ministro plenipotenziarioFabrizio Romano a giungere in Turchia per una visita ufficiale alla locale Defence University e al comando della forza di pronto intervento NATO (Rapid Deployable Corps Turkey - NRDC-T), entrambi dislocati ad Istanbul. “Nel corso della visita, il Presidente del CASD ha ribadito che è tempo che nasca una nuova stagione di collaborazione: la Turchia e l’Italia sono collocate in una delle aree più sensibili del pianeta in termini di sicurezza, e la formazione costituisce un punto di forza per ampliare i margini di collaborazione”, riporta l’ufficio stampa della Difesa. Nel 2017 c’era stata invece una missione di tre giorni in Turchia del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Danilo Errico, che aveva incontrato il suo corrispettivo turco, generale Salih Zeki Çolak e il Capo delle forze armate, generale Hulusi Akar. In occasione di quel viaggio, il generale Errico si recava pure a Kahramanmaraş, località dove è schierata dal luglio 2016 la task force italiana “Sagitta” dotata del sistema anti-missile SAMP-T, nell’ambito del programma NATO di difesa integrata aerea e missilistica della Turchia sud-orientale.
Graduati dell’esercito turco sono stati ricevuti invece dalla Scuola Sottufficiali dell’Esercito italiano di Viterbo (maggio 2018). “Accolti alla Caserma Soccorso Saloni, i visitatori hanno avuto l’opportunità di constatare il percorso didattico e addestrativo seguito dai futuri Comandanti di plotone”, annota il portavoce delle forze terrestri nazionali. “A suscitare particolare interesse, la consolidata collaborazione e sinergia fra la Scuola Sottufficiali dell’Esercito e l’Università degli Studi della Tuscia, giudicata innovativa ed efficace dai colleghi turchi. Il percorso universitario dei giovani Allievi Marescialli dell’Esercito offre infatti interessanti opportunità per conseguire una formazione solida e al passo coi tempi, essenziale per chi nel prossimo futuro sarà protagonista nei principali scenari di crisi internazionali. Particolare attenzione è stata mostrata per il Sistema di Simulazione VBS (Virtual Battle Space), finalizzato a un apprendimento più rapido ed efficace delle procedure tecnico-tattiche tipiche delle minori unità”.
Sempre nell’ambito della formazione-addestramento delle unità turche, va pure segnalato il progetto biennale di “rafforzamento della capacità istituzionale del Comando Generale della Gendarmeria turca in materia di gestione dell’ordine pubblico e controllo della folla”, conclusosi nel febbraio 2019 presso il CoESPU (il Centro di Eccellenza per le Unità di Polizia di Stabilità dell’Arma dei Carabinieri) con sede presso la caserma “Chinotto” di Vicenza. Il progetto indirizzato alla famigerata polizia militare turca è stato finanziato dall’Unione europea: oltre 1.400 gendarmi sono stati addestrati in operazioni anti-sommossa dai Carabinieri sia in Italia che in Turchia, con particolare enfasi al “controllo in aree rurali manipolate da elementi terroristici”. Come segnalato dal quotidiano online Vicenzapiù.it, i militari turchi vengono ospitati nella caserma “Chinotto” anche da altre due agenzie di polizia militare internazionali, la Gendarmeria Europea (Eurogendfor) e il Centro di Eccellenza per la Polizia di Stabilità della NATO (di quest’ultima, il vicedirettore è il colonnello della Gendarmeria turca, Tamer Sert).
Presso i porti e le basi navali turche approdano periodicamente unità e navi scuola della Marina tricolore. E’ accaduto ad esempio nell’agosto 2017 con la Palinuro in sosta tecnica ad Izmir; l’anno successivo ancora la Palinuro nel lasciare il Mar Nero, ha attraversato lo stretto del Bosforo: “sulle sponde, i cittadini di Istanbul e tanti curiosi in mare che con le loro barche si avvicinavano per salutare la nave”, riporta il diario di bordo. “Grande anche la soddisfazione dell’equipaggio e degli allievi della Campagna d’istruzione, tutti impegnati nelle proprie mansioni per condurre la navigazione”. Infine l’approdo ad Istanbul e la libera uscita in città per gli allievi marescialli della Scuola Sottufficiali di Taranto.
Ancora nel settembre 2017 era il cacciatorpediniere Luigi Durand de la Penne a raggiungere il porto di Aksaz prima di concludere il ciclo addestrativo a favore degli allievi dell’Accademia Navale di Livorno. “La base navale NATO di Aksaz è un punto ad alto valore strategico e operativo della Marina militare turca, distante circa 20 km dalla più rinomata città turistica di Marmaris”, riporta lo Stato maggiore della Marina italiana. “Nel primo giorno di sosta si sono tenute le consuete visite protocollari, in cui il Comandante ha incontrato le autorità civili e militari cittadine, consolidando il già forte legame con la Marina militare turca. Legame che si è concretizzato con una serie di esercitazioni congiunte fra l’Unità e la fregata turca TCG Gelibou, svoltesi nelle acque antistanti Aksaz”.
Intanto la Turchia, o meglio i suoi più rinomati cantieri, si sono trasformati nel cimitero (presunto) dove l’Italia inuma i suoi ex gioielli di guerra navale. Lo scorso mese di marzo il Ministero della difesa ha reso noto di aver venduto per 3.382.000 euro l’ex incrociatore Vittorio Veneto e l’ex fregata Granatiere,soggetti all’obbligo di demolizione e riciclaggio sicuro e compatibile con l’ambiente in conformità con le norme europee in materia (queste unità imbarcano amianto ed altri materiali pericolosi). Dopo il disarmo, le due unità sono state ospitate presso l’Arsenale Militare di Taranto e a seguito del bando di gara indetto dalla Difesa, sono state aggiudicate ad una delle quattro società partecipanti - tutte con sede in Turchia -, la Simsekler General Ship Chandlers & Ship Repair Inc. di Izmir, principale azienda di fornitura, riparazione e riciclaggio di navi del paese.
Nei cantieri navali di proprietà della Istanbul Shipyard ospitati ad Aliaga, provincia di Smirne, lo scorso anno sono finiti invece i due (ex) cacciatorpedinieri lanciamissili Audace e Ardito, ormeggiati a La Spezia dal 2006, anno del loro ritiro operativo. Anche in questo caso si è trattato di una cessione onerosa a cura dell’Agenzia Industrie Difesa (AID) in vista della loro demolizione o, meglio, dell’avvio al riciclaggio in Turchia.

L’insostenibile accordo dell’Università di Messina con l’ateneo-ostaggio di Erdogan

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l’arresto di 55 tra docenti e studenti della Dokuz Eylül, nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria che li vedrebbe coinvolti n qualche modo nell’organizzazione del violento tentativo di colpo di stato avvenuto il 15 luglio precedente. In particolare, gli inquirenti hanno accusato gli accademici e gli allievi di Smirne di avere utilizzato ByLock, un’applicazione smartphone che le autorità governative ritengono sia stata utilizzata come sistema di collegamento tra i presunti appartenenti al movimento guidato dall’esponente religioso islamico Fethullah Gülen, ritenuto di essere il mandante e l’organizzatore del fallito golpe, ma che ha sempre formalmente negato di aver avuto un qualsivoglia ruolo nella sollevazione anti-governativa, chiedendo di essere sottoposto ad un’inchiesta internazionale indipendente.
Il 4 gennaio 2017 sette studenti della Dokuz Eylül Universitesi sono stati vittima di un’aggressione da parte delle forze di sicurezza: dopo essere stati picchiati, sono stati condotti in un posto di polizia e posti agli arresti. Le vittime avevano letto in pubblico un documento che invitava alla mobilitazione del campus a favore della crescita del secolarismo in Turchia. Il documento era stato redatto in risposta all’attacco terroristico avvenuto a Istanbul il giorno di Capodanno che aveva causato la morte di 39 persone, presumibilmente eseguito da presunti miliziani pro-Isis. Gli studenti sono stati accusati di “avere incitato la popolazione all’odio e all’ostilità” secondo quanto previsto dall’articolo 216 del Codice penale turco che prevede una pena sino a tre anni di carcere. Il giorno successivo all’arresto, gli studenti venivano rilasciati a piede libero in attesa del processo.
Dokuz Eylül Universitesi di Smirneislamico Gülen. Ancora una volta le proveaddotte dagli inquirenti vertevano sull’uso da parte dei docenti dell’applicazione ByLock, del possesso di un conto bancario presso la Bank Asya, precedentemente chiusa dalle autorità perché ritenuta vicina al leader religioso Fethullah Gülen, o perché ritenuti membri di fondazioni o associazioni ad egli collegate. Il personale arrestato è stato poi licenziato dall’università sulla base di quanto disposto da un decreto governativo adottato in “emergenza” dopo il tentato golpe del luglio 2016.
Il 27 giugno 2017  l’amministrazione della Dokuz Eylül University ordinava invece la sospensione di dodici studenti delle facoltà di Medicina, Economia e Belle Arti, reidi aver sottoscritto una petizione che invitava il governo turco a interrompere le operazioni di guerra contro i ribelli kurdi nella parte sudorientale del paese. La petizione era stata lanciata nel gennaio 2016 da 1.128 studenti di 89 università turche e da oltre 300 studenti residenti all’estero. Oltre a chiedere la fine delle ostilità tra le forze armate turche e i membri del Pkk, i sottoscrittori accusavano in particolare il governo di “massacri deliberati e deportazioni di civili”, invocando l’autorizzazione all’ingresso di osservatori indipendenti nella regione. In seguito alla pubblicazione dell’appello, tutti i 1.128 firmatari erano stati posti sotto inchiesta giudiziaria ed amministrativa; molti di essi erano stati allontanati o sospesi dalle loro funzioni, fermati o arresati o sottoposti a minacce da parte delle forze militari e di sicurezza.
Il 28 novembre 2017 una corte turca emetteva una sentenza di condanna a otto ani di carcere nei confronti di Erhan Hepoğlu, studente di economia della Dokuz Eylül Universitesi, accusato di essere “membro di un’organizzazione terroristica”, ancora una volta sulla base di un suo presunto legame con Fethullah Gülen. Nell’ottobre 2016, gli agenti della Divisione dei crimini finanziari della polizia turca avevano arrestato Erhan Hepoğlu nella sua abitazione di Izmir; durante il blitz gli era stato sequestrato un pendrive che avrebbe contenuto al suo interno foto e video del leader islamico accusato del tentato golpe del 15 luglio. Successivamente la procura aveva contestato allo studente l’utilizzo dell’applicazione smartphone ByLock e di un conto bancario presso la Bank Asya. Erhan Hepoğlu ha sempre negato di avere utilizzato ByLock o di avere avuto contatti con il movimento Gülen. Il 28 novembre 2017, dopo un anno di carcere preventivo, il tribunale lo aveva condannato in primo grado a cinque anni e quattro mesi di prigione, pena poi aggravata in appello per le nuove norme anti-terrorismo adottate dal governo Erdogan.
Infine, il 31 dicembre 2017, le autorità turche hanno eseguito l’arresto di un lettore della Dokuz Eylul Universitesi che era stato destituito dal suo incarico a seguito di un decreto ad hoc che lo accusava di coinvolgimento con il tentato colpo di stato del luglio 2016. Il lettore si preparava ad attraversare il confine con la Grecia insieme ad un ex assistente tecnico della Yildiz Technical University e ad un docente della scuola secondaria (anche questi ultimi due sono stati arrestati).
Mentre il ciclone Erdogan si abbatteva contro docenti e allievi dell’ateneo partner dell’Università degli Studi di Messina, le autorità accademiche della Dokuz Eylul Universitesi rafforzavano i propri legami con il complesso militare-industriale turco e con le stesse forze NATO presenti in Turchia. Il 3 maggio scorso, ad esempio, una folta delegazione di docenti e studenti dell’università di Smirne si recavano in visita presso il quartier generale delle forze terrestri alleate di Izmir (NATO Allied Land Command’s - LANDCOM), per “approfondire il ruolo e la missione dei reparti della NATO che garantisce la sicurezza al nostro popolo e al nostro paese, adattandosi continuamente alle nuove sfide”, come riporta il comunicato emesso dall’ufficio stampa della Universitesi.
Quella con l’Alleanza Atlantica è una partnership consolidata da decennia. Già a partire dalla fine dello scorso decennio, la Dokuz Eylul Universitesi, insieme ad altri importanti centri accademici turchi che vantano accordi con l’Italia (la Istanbul Universitesi e la Canakkale Onsekiz Mart Universitesi), coopera con il NATO Undersea Research Centre (NURC) con sede a La Spezia in progetti di ricerca sulla “sicurezza navale e sottomarina” e a controverse sperimentazioni militari nelle acque del Mar Nero, del Mar di Marmara e dell’Egeo (anche congiuntamente con l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste, l’ENEA e il Massachusetts Institute of Technology - MIT). “I risultati delle ricerche del NATO Undersea Research Centre supportano l’abilità delle nazioni NATO a condurre con successo le operazioni contro le minacce e/o per la sicurezza marittima”, riporta un comunicato emesso dal entro NATO di La Spezia a conclusione di una campagna di “ricerche” eseguite in Turchia con l’Università di Smirne.
E’ il Dipartimento di Ingegneria meccanica della Dokuz Eylul Universitesi uno dei centri di ricerca d’eccellenza turco in campo civile e militare. Nel 2016 ha reso noto i risultati di un suo progetto di analisi sugli effetti della frequenza di corsa nelle caratteristiche dinamiche dei mezzi pesanti da 44 tonnellate, 8x8, in configurazione militare. Non ci sarebbe da stupirsi che si tratta proprio di quei mezzi utilizzati in queste settimane per occupare la Siria nord-orientale e concorrere ai massacri di civili kurdi.

Italiani alla guerra globale in Niger con i soldi della cooperazione allo sviluppo

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Cosa fanno le forze armate italiane in Niger? Addestrano le unità locali alla guerra globale e alla repressione delle proteste economiche e sociali. E, di tanto in tanto, distribuiscono aiuti umanitari pagati con i soldi della cooperazione allo sviluppo, sotto la supervisione delle autorità politiche e militari nigerine.
Più di un anno fa, il 15 settembre 2018, prendeva il via l’operazione MISIN (Missione Bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger), che - come riferito dal Ministero della difesa - è “finalizzata a supportare l’apparato militare nigerino, concorrere alle attività di sorveglianza delle frontiere e rafforzare le capacità di controllo del territorio dei Paesi del G5 Sahel (Niger, Mali, Mauritania, Chad e Burkina Faso)”. Alla missione concorrono 470 militari, 130 mezzi terrestri e due aerei; MISIN opera in stretto collegamento operativo e strategico con le unità da guerra degli Stati Uniti d’America dislocate in Niger e poste sotto il controllo di US Africom, il comando per le operazioni USA nel continente africano. A guidare i reparti schierati in Niger è stato chiamato da qualche mese il generale Claudio Dei, con un ampio curriculum operativo in ambito NATO ed Ue, già in forza al Comando Militare Esercito della Sicilia.
I team addestrativi MISIN, costituiti con personale specializzato proveniente dall’Arma dei Carabinieri, dall’Esercito, dall’Aeronautica militare e dalle Forze Speciali Interforze, ha già addestrato sul campo circa 1.800 militari delle forze armate e di sicurezza nigerine. Per comprendere appieno le controverse finalità strategiche delle attività addestrative e formative condotte dai militari italiani è opportuno soffermarsi su alcune delle esercitazioni bilaterali più recenti. A metà settembre, ad esempio, presso l’area dell’Armèe de Terre della Repubblica del Niger, sono state svolte lezioni teorico-pratiche della durata di due settimane in “tecniche di combattimento a favore del battaglione paracadutisti nigerino”. Nello specifico, il Mobile Training Team dell’Esercito Italiano con personale provenente dal 186° Reggimento paracadutisti “Folgore” di Siena ha addestrato i parà nigerini a condurre specifiche azioni tattiche di attacco e difesa in ambiente boschivo non permissivo. “Gli obiettivi formativi raggiunti hanno compreso le tecniche di movimento e di occultamento, nonché quelle del colpo di mano e dell’imboscatae l’analisi dei compiti assegnati all’unità operativa e le fasi di pianificazione, organizzazione e condotta, svolte dai comandanti ai vari livelli”, spiega in una nota il Ministero della difesa italiano. “Sono stati approfonditi durante il corso anche gli aspetti relativi alla gestione dello sgombero di feriti, al first aid, alle problematiche relative agli ordigni esplosivi improvvisati”. L’attività formativa rientrava in un corso molto più ampio, della durata di nove settimane, in cui le Forze Speciali tricolori hanno anche spiegato ai militari nigerini come “operare in ambiente urbano ed in particolare nella bonifica di ambienti ristretti, tipici dei complessi abitativi” e come “maneggiare correttamente ed utilizzare le armi individuali in dotazione”. Parliamo dunque di vere e proprie tecniche di azione e combattimento in aree urbanizzate, con tanto di simulazioni di attacco e occupazione di edifici civili.
Il 25 aprile 2019, festa nazionale della liberazione dal fascismo, diciassette paracadutisti italiani della Brigata “Folgore” si sono addestrati presso il Centro d’istruzione militare di Niamey al lancio con il paracadute ad apertura automatica sia in caduta libera, insieme a cinquantacinque omologhi del Niger. “L’occasione è stato il completamento dell’iter formativo condotto dal Mobile Training Team della Missione Bilaterale di Supporto in NigerMISIN”, spiegava lo Stato Maggiore della Difesa. “La missione MISIN ha anche supportato la controparte locale nelle attività di definizione e validazione della zona di lancio, nonché nel garantire assistenza per la pianificazione e l’organizzazione dell’attività addestrativa. Ciò è stato reso possibile anche grazie al contributo dell’Aeronautica Militare, che ha messo a disposizione un velivolo da trasporto C130 e della Brigata Paracadutisti che ha fornito l’assistenza tecnica all’aviolancio, i paracadute e tutto il materiale necessario all’esercitazione”.
Rilevante pure il contributo formativo dei Mobile Training Team dell’Arma dei Carabinieri. Sempre come riportato dall’ufficio stampa della Difesa, il 20 agosto 2019, nei centri della Gendarmeria e della Guardia Nazionale del Niger si sono svolte le cerimonie di chiusura del 3° corso di ordine pubblico e del 4° corso di tecniche investigative di base. “L’addestramento rivolto a ufficiali e sottufficiali nigerini aveva principalmente l’obiettivo di far conoscere e comprendere i problemi di ordine pubblico e le relative azioni tecnico-tattiche utilizzate per pianificare, organizzare e condurre efficacemente l’intervento antisommossa”. Addestramento dunque al contrasto e repressione delle proteste e delle lotte sociali e quasi sempre in ambiente urbano, esattamente come viene fatto dalle forze armate italiane in Kosovo, Libano, Somalia e Iraq nell’ambito delle cosiddette missioni internazionali di pace che dilapidano annualmente più di un miliardo e cento milioni di euro, ma che, di contro, consentono ai reparti d’élite di sperimentarsi nelle operazioni di controllo militare dell’ordine pubblico.
Con il bastone anche la carota: così, congiuntamente all’addestramento bellico, le forze armate italiane sono impegnate nel povero paese dell’Africa occidentale in alcuni progetti sanitari e di aiuto alla popolazione dai contorni ambigui e contraddittori. “Con la Missione in Niger sono stati raggiunti considerevoli risultati nel campo della Sanità civile e militare attraverso la donazione di oltre 70 tonnellate tra farmaci e presidi medici”, ha segnalato meno di un mese fa lo Stato maggiore della Difesa. A ciò si aggiungono la consegna al governo nigerino di attrezzature mediche e sanitarie per il valore di 167 mila euro e la decina di voli umanitarieffettuati dall’Italia a partire del 24 aprile 2018 per trasportare medicinali e apparecchiature “resi disponibili grazie alla collaborazione tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, le Nazioni Unite ed altre agenzie intergovernative”. Il 27 marzo 2019 l’Ambasciata d’Italia a Niamey e la Missione Bilaterale in Niger – MISIN si sono incaricate della consegna di un lotto di farmaci  raccolti e messi a disposizione dalla Fondazione Banco Farmaceutico Onlus nell’ambito di un accordo di collaborazione con il Comando Operativo di vertice Interforze (COI) e l’Ordinariato Militare, “finalizzato allo sviluppo di attività di supporto umanitario-sanitario a favore di persone in condizioni di svantaggio socio-economico nei Teatri Operativi”. Chi siano i reali beneficiari del dono lo rivelano le stesse forze armate: “i medicinali sono stati consegnati presso l’aeroporto militare di Niamey ai rappresentanti dei Ministeri della Salute Pubblica e della Difesa nigerini…”.
Il 26 aprile 2019, cioè il giorno successivo all’esercitazione dei parà italiani e nigerini a Niamey, il ministero degli Affari esteri e della cooperazione emetteva un eloquente comunicato: “A seguito dei recenti scontri in Niger nell’area di Diffa e alla luce delle richiesta di assistenza a favore della popolazione sfollata da parte delle Autorità nigerine, la Vice Ministra agli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, Emanuela Del Re, ha predisposto, in collaborazione con l’Aeronautica Militare, un volo umanitario per Niamey per l’invio di beni di primo soccorso e assistenza umanitaria (tende, potabilizzatori d’acqua, generatori di elettricità, presidi igienico-sanitari) in deposito presso la Base di Pronto Intervento Umanitario delle Nazioni Unite di Brindisi”.
L’intervento veniva replicato il 3 giugno 2019, giorno successivo alla festa della Repubblica italiana: stavolta con fondi della cooperazione italiana, venivano inviati in Niger con un nuovo volo umanitario dell’Aeronautica cinque tonnellate di kit sanitari.“Il provvedimento è stato predisposto dalla Vice Ministra Emanuela Del Re, in risposta ad una richiesta delle Autorità nigerine per far fronte alla perdurante emergenza sanitaria nel paese, che si è ulteriormente aggravata a causa dei recenti episodi di violenza”. Il tono insomma è lo stesso della missione del 26 aprile, così come è confermata la provenienza dei farmaci dai depositi della Base di Pronto Intervento di Brindisi. E, per l’ennesima volta, la gestione degli aiuti italiani e ONU è affidata alle forze armate nigerine, al di fuori di ogni controllo da parte della Missione MISIN.
Ancora più grave quanto avvenuto invece lo scorso 17 settembre, quando il contingente militare in Niger ha “portato a termine” una donazione di aiuti umanitari provenienti da comuni, parrocchie, associazioni di volontariato e scuole della provincia di Salerno. “Si tratta di circa 400 colli di materiale: abbigliamento, giocattoli, cancelleria e materiale sportivo nonché alimenti a lunga conservazione”, riportano le cronache. “Il progetto - sorto sulla base di precedenti esperienze intraprese in operazioni fuori area condotte in Kosovo, Libano e Afghanistan - ha coinvolto anche gli alunni della scuola elementare di San Pietro al Tanagro che, grazie a un progetto formativo incentrato sulle condizioni di povertà in Africa e sul multiculturalismo, ha avviato un gemellaggio con due scuole materne di Niamey. Inoltre, l’associazione sportiva calcistica dello stesso comune, impegnata nel settore giovanile Under 14, ha raccolto materiale sportivo con il quale ha suggellato il gemellaggio con la squadra dei piccoli calciatori nigerini di Camp Bagaji”. Chi sono stati in quest’occasione i destinatari dei pacchi dono? “Principalmente Enti di Protezione Sociale militari che si occupano dell’assistenza agli orfani e alle vedove Caduti in servizio delle Forze Armate del Niger e della Guardia Nazionale”, aggiunge l’ufficio stampa MISIN.
Uno degli obiettivi dichiarati della cooperazione umanitaria in salsa militare in Niger non poteva non essere il sostegno alle attività anti-migrazioni irregolari. Lo scorso 16 ottobre, ad esempio, il governo italiano ha donato al governo nigerino dieci ambulanze e tre autobotti “per rafforzare le capacità delle autorità nel soccorso dei migranti e nel contrasto al traffico di esseri umani”, si legge nella nota ufficiale della Farnesina. “La donazione, resa possibile dalle risorse del Fondo Africa, è stata eseguita dal Ministero della Difesa italiano, a cui appartenevano i veicoli. La cerimonia di consegna si è volta a Niamey  alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia Marco Prencipe. I nuovi veicoli consentiranno alle autorità nigerine di ampliare il raggio d’azione delle proprie attività, a beneficio sia delle comunità locali che dei migranti in transito nel Paese”.
Mentre crolla la spesa della cooperazione allo sviluppo verso il continente africano (nel 2018 l’Italia ha destinato risorse all’Africa inferiori del 21% rispetto a quelle dell’anno precedente), l’intervento governativo viene indirizzato sempre di più solo verso quei paesi che vengono ritenuti partner fondamentali nella lotta alle migrazioni. “La politica del governo italiano verso l’Africa, nelle aree strategiche evidenziate dall’esecutivo, è concentrata alla riduzione delle partenze, principalmente attraverso l’aiuto militare al controllo del territorio e in chiave anti terrorismo”, scrive il giornalista Angelo Ferrari dell’AGI – Agenzia Italia. “Aiuto militare che spesso si concentra su paesi governati da regimi autoritari, non democratici e non in condizione di poter soddisfare i bisogni di base delle loro popolazioni”. In quest’ottica va interpretato lo stanziamento di 50 milioni di euro a favore del Niger, autorizzato nel maggio 2018 dal Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione. “In questo modo il governo nigerino potrà istituire unità speciali di controllo delle frontiere, costruire e ristrutturare posti di frontiera e realizzare un nuovo centro di accoglienza per i migranti”, ha spiegato la Farnesina. L’aiuto anti-migranti è stato diviso in tranche e condizionato alla “diminuzione dei flussi migratori verso la Libia e un aumento rimpatri dal Niger verso i Paesi di origine”.
A spiegare che proprio la guerra ai migranti e alle migrazioni sia uno degli obiettivi prioritari della Missione militare italiana in Niger è stata proprio l’allora ministra della Difesa, Elisabetta Trenta. “Lo scopo di MISIN è quello di incrementare le capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel”, ha dichiarato la pentastellata in occasione della sua visita ufficiale a Niamey. “Quella in Niger è una missione importantissima per l’Italia poiché, nel sostenere le richieste del Governo nigerino, punta anche a frenare e ridurre il flusso incontrollato dei migranti verso il nostro Paese. Una missione perfettamente in linea con l’interesse nazionale perché in questa fase è fondamentale il supporto al Niger nella lotta al terrorismo e ai traffici illeciti, incluso quello di esseri umani”. Anti-terrorismo, migrazioni ed idrocarburi: gli interessi strategici del sistema Italia sono davvero un cocktail dal sapore esotico ed esplosivo.

Da Israele in Italia quaranta Carabinieri Robot

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I nuovi veicoli terrestri a controllo remoto per i reparti speciali anti-terrorismo dell’Arma dei Carabinieri? Li produce in Israele una delle aziende leader nella realizzazione di soldati robot e macchine da guerra interamente automatizzate. Il 6 marzo 2019 le riviste militari specializzate israeliane hanno pubblicato il comunicato della società Roboteam di Tel Aviv in cui si annunciava la fornitura al Comando generale dell’Arma di quaranta sistemi TIGR (Transportable Interoperatble Ground Robot) con relative apparecchiature, servizi di manutenzione e formazione-addestramento del personale predisposto all’uso.
“Il valore dell’accordo è stimato in 10 milioni di dollari circa”, riportava il comunicato del tutto ignorato dai media italiani. “Il TIGR è un robot militare in grado di gestire pacchi sospetti, materiali pericolosi e raccogliere informazioni, ma possiedeanche capacità avanzate di sorveglianza e osservazione diurna e notturna. Ogni veicolo da combattimento pesa circa 80 kg., è in grado di muoversi in tutti i tipi di terreno e in ogni condizione meteorologica ed è equipaggiato con due braccia che possiedono grandi libertà di movimento e di sollevamento pesi. Una componente significativa del sistema è il software che consente agli operatori di eseguire attività complesse e avanzate nei campi di battaglia”.
Secondo quanto riferito ancora dai manager di Roboteam, la partecipazione al bando di gara dell’Arma dei Carabinieri “è stato fatto in collaborazione con il locale contractor BMD S.p.A, un’impresa tecnologica italiana; quest’accordo è successivo ad altre commesse che abbiamo ottenuto nelle scorse settimane in Giappone, Corea del Sud ed in altri paesi”.
Sul sito ufficiale del Comando Generale dell’Arma è possibile reperire copia del bando di gara per l’acquisto dei veicoli robot, del verbale della commissione aggiudicatrice e dell’atto di assegnazione della commessa. Dalla lettura di questi documenti si rilevano tuttavia alcune strane incongruenze rispetto ai contenuti dell’annuncio dell’azienda israeliana. Il bando di gara per la “fornitura di apparati radiografici e robot medi” era stato pubblicato nel giugno 2018; nello specifico venivano richiesti “n. 37 veicoli terrestri robotizzati a controllo remoto destinati ad essere impiegati dalle squadre/aliquote artificieri antisabotaggio per l’avvicinamento, il riconoscimento e la neutralizzazione di ordigni esplosivi” e un identico numero di “apparati radiografici”. Le forniture erano suddivise in due lotti; il lotto n.1, quello per i veicoli-robot, prevedeva una spesa unitaria di 97.549 euro + Iva, per un importo complessivo di 3.609.320 euro. “L’appalto è connesso al Programma finanziato con fondi Ue (Fondo Sicurezza Interna 2014-2020 – Obiettivo Specifico 5 Prevenzione e lotta alla criminalità)”, riportava l’Arma dei Carabinieri nel bando di gara. “Titolo del progetto: Potenziamento del comparto artificieri-antisabotaggio per l’attività di contrasto al terrorismo”. Si mescolavano cioè artificiosamente lotta alle mafiee guerra globale al terrorismo.
Con “procedura ristretta accelerata”, il Comando dell’Arma invitava alla gara dodici operatori economici nazionali e stranieri, tra cui la BDM S.p.A. di Tivoli Terme (Roma), collaboratrice in Italia di Roboteam e la Vidisco Ltd di Or-Yehuda (Israele), fornitrice in esclusiva dei sistemi a raggi X digitali per le forze armate e di polizia israeliane. Per il lotto n.1 pervenivano solo le offerte di gara di BMD e della Med-Eng Lcc di Ogdensburg-Delaware (Stati Uniti d’America) in associazione con la ICP Newtech Ltd. di Kilbrittain Bandon, Cork (Irlanda). Il 30 gennaio 2019 venivano comunicati i punteggi attribuiti alle due partecipanti alla gara: l’azienda romana si classificava al primo posto con 81,59 punti su 100, mentre al consorzio USA-irlandese la Commissione attribuiva 73,23 punti. Il contratto di appalto veniva firmato con BMD S.p.A. il 18 luglio 2019 e il relativo avviso era pubblicato otto giorni dopo: l’importo complessivo per i Carabinieri robot era di 3.501.040 (esclusa Iva), appena 100mila euro in meno del valore inizialmente previsto. Molto maggiore era invece il “risparmio” ottenuto con il lotto n. 2, quello relativo agli “apparati radiografici”, vinto dalla Gilardoni S.p.A. di Milano con un’offerta di 1.283.160 euro contro i 2.123.254 previsti dal bando (seconda classificata l’israeliana Vidisco Ltd).
In nessuno degli atti ufficiali, dunque, si fa accenno alla Roboteam, né la “vincente” BMD di Tivoli la riporta tra i propri possibili partner. Quest’ultima azienda opera poi di norma nella mera “offerta di sistemi per la rilevazione ed identificazione di sostanze pericolose (esplosivi, sostanze tossiche, narcotici ecc.) e dei rischi radiologici e nucleari”. L’importo ufficiale della commessa è infine tre volte inferiore di quanto annunciato dall’azienda israelianae e i veicoli-robot acquistati sarebbero 37 e no 40; l’unico dato certo è che il TIGR che entrerà in dotazione ai reparti anti-terrorismo dei Carabinieri è stato ideato, progettato, sperimentato e realizzato da Roboteam.
Con stabilimenti e laboratori nel distretto industriale di Tel Aviv e in Maryland (USA), l’affermata azienda produttrice dei più avanzati sistemi militari automatizzati vanta fatturati multimilionari e commesse con le forze armate e di sicurezza di una ventina di paesi (Stati Uniti, Israele, Australia, Canada, Polonia, Thailandia, Singapore, Gran Bretagna, Svizzera, ecc.). I veicoli a controllo remoto high-tech sono sempre più utilizzati per il controllo delle frontiere tra Israele, Gaza e il Libano, tra gli USA e il Messico e nei sanguinosi scacchieri di guerra in Afghanistan, Siria ed Iraq. Recentemente le forze armate israeliane hanno introdotto il robot tattico di Roboteam denominato Soldier of Iron (soldato di acciaio) nelle unità d’elite della fanteria.Creare robot che migliorino e potenzino le abilità umane è la nostra visione”, spiegano i manager di Roboteam. E intanto l’azienda ha annunciato l’apertura della prima unità di ricerca e controllo di software per l’Intelligenza Artificiale “da destinare alle forze combattenti”.
Le identità dei componenti del board e degli azionisti della società riservano inquietanti sorprese. Presidente del consiglio d’amministrazione è da qualche tempo Heidi Shyu, già vicesegretaria per le acquisizioni, la logistica e la tecnologia dell’Esercito USA durante l’amministrazione Obama. Direttori esecutivi sono invece gli ex generali Charles T. Cleveland (in forza all’U.S. Army Special Operations Command dal 2012 al 2015) e Kenneth J. Glueck (già comandante del Corpo dei Marines). Responsabile amministrativo della filiale nordamericana è invece Sharar Abuhazira, già comandante dell’esercito israeliano durante le operazioni di guerra a Gaza nell’estate 2014 (egli operava presso la compagnia di fanteria responsabile delle operazioni in ambiente urbano e anti-tunnel).
Fondatore e azionista di Roboteam è Elad Levy, già comandante delle forze speciali dell’Aeronautica militare d’Israele ed una laurea in Ingegneria meccanica  (robotica) presso l’istituto di tecnologia “Technion”di Haifa, il centro di ricerca più rinomato del complesso militare-industriale-accademico israeliano. “Il Ministero della Difesa d’Israele è il nostro principale cliente”, ha spiegato Elad Levy alla testata onlineGlobes Israel Business News."Io non posso fornire i nomi, ma posso dire che il 100% del management di Roboteam è fatto di ex ufficiali. Senza le forze armate israeliane noi oggi non saremmo qui. L’Amministrazione per lo Sviluppo dei Sistemi d’Arma e le Infrastrutture Tecnologiche investe parecchio in Roboteam. Le nostre vendite al Ministero della Difesa sono pagate anche con l’aiuto in denaro degli Stati Uniti d’America. Roboteam ha ricevuto decine di milioni di dollari da investitori privati, tra cui società con sede a Shangai e Singapore. Un importante investitore è la Generali Financial Holding, rappresentata nel consiglio d’amministrazione da Itamar Borowitz. Essa ha fatto un investimento iniziale…”.
Per la cronaca, la Generali Financial Holding è un fondo d’investimenti gestito da Generali Investments S.p.A., le cui quote sono interamente possedute dal noto omonimo gruppo finanziario e assicurativo di Trieste. Dalle fonti di cronaca è possibile documentare che gli investimenti delle Generali a favore di Roboteam sono stati due: il primo nel novembre 2015 per 12 milioni di dollari, il secondo nel settembre 2016 per 50 milioni. Itamar Borowitz, membro del Cda dell’azienda produttrice di robot militari, è invece una delle figure più autorevoli del sistema produttivo e accademico israeliano. Direttore esecutivo dell’azienda farmaceutica Mapi-Pharm Ltd., Borowitz ha guidato per più di venticinque anni la Phoenix Assurance Company Ltd., il maggiore gruppo assicurativo d’Israele. E’ inoltre membro del Consiglio esecutivo della Hebrew University di Gerusalemme e general partner di Crossroad Venture Capital, braccio operativo per gli investimenti nel settore high-tech del Gruppo Generali in Israele (finanzia le principali compagnie medico-sanitarie, farmaceutiche, delle telecomunicazioni e dei sistemi informatici, delle energie rinnovabili, delle biotecnologie, ecc.).
Sino ad oggi Crossroad Venture Capital ha contribuito con oltre 100 milioni di euro alla ricerca e allo sviluppo delle startup israeliane; dodici milioni, come abbiamo visto, sono finiti direttamente a Roboteam nel novembre 2015. Il fondo d’investimento del Gruppo Generali è gestito attualmente da Allegro S.à.r.l., società “indipendente” con sede in Lussemburgo (fondatore e presidente del Cda è Manuel Hauser, già a capo di UBS Fund Services - Luxembourg S.A.).

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Propaganda sovranista attraverso facebook, passa da Messina la macchina della paura

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Notizie manipolate, produzione di fake, pezzi di film spacciati per notizie di cronaca. Report documenta una strategia della tensione dove i social network diventano campi di battaglia per rafforzare la santa alleanza tra petrolieri, oligarchi russi e finanzieri pro-Trump. Fino a Salvini. Ecco come.
Una santa alleanza tra petrolieri ed oligarchi russi vicini a Putin e spregiudicati finanziari statunitensi ultraconservatori pro-Trump. Un obiettivo comune a medio termine: conquistare i governi dei maggiori Stati occidentali, disgregare la vacillante Unione europea e porre magari le fondamenta di una superpotenza eurosiatica sotto la guida della Russia cristiana. Primo passo, una moderna crociata contro negri, froci e islamici e contro tutti coloro che minano l’identità e la superiorità etnica, culturale e religiosa dell’uomo bianco. Teorie razziste e xenofobe di un paio di esaltati multimiliardari? Probabile, ma intanto un fiume di denaro è già transitato via Mosca e Washington per alimentare le sempre più violente campagne antimigranti dei partiti sovranisti sorti come funghi in tutta Europa e finanche condizionare l’esito di importanti elezioni politiche o referendum costituzionali (vedi le ultime presidenziali degli Stati Uniti d’America o la Brexit in Gran Bretagna). E’ l’inquietante scenario emerso dalle due ultime inchieste della redazione di Reporttrasmesse su Raitre, dal titolo “La fabbrica della paura”: un laboratorio globale del consenso e della riproduzione del terrore, sotto l’occhio vigile di provider e informatici in busta paga di magnati e grandi fratelli votati alle destre estreme e al neoliberismo.
La coraggiosa inchiesta giornalista ha puntato il dito sulle pesanti ricadute di questo inquietante disegno di controllo sociale sulla politica e sulla stessa tenuta delle istituzioni italiane. La sacra alleanza dell’asse ultraconservatore Mosca-Washington ha infatti individuato in Matteo Salvini (e nella sua Lega), il partner chiave per conquistarsi in Italia un posto al sole. Ma l’area assessorata e foraggiata finanziariamente nel nostro paese è ancora più variegata: ci sono infatti organizzazioni neonaziste, associazioni antiabortiste e anti-LGBT, congregazioni cattoliche pre-Concilio e anti-Bergoglio, circoli culturali rossobrunisti, cioè di ex militanti di estrema sinistra convertitisi al sovranismo e all’ultrapopulismo.
In questo complesso scenario di trasformazione (e trasformismo) delle coscienze e delle identità non poteva non giocare un ruolo la provincia di Messina, onnipresente in tutte le fasi storiche in cui sono state poste sotto attacco le istituzioni democratiche e la Costituzione. C’è un frammento video della puntata di Reportche immortala ai posteri la Messina-Lega Connection. Al minuto 33 e 21 secondi viene mostrato infatti un rapporto prodotto dall’organizzazione non governativa Avaaz che ha denunciato le modalità con cui i legasovranisti hanno inventato o manipolato in questi ultimi anni fatti, opinioni e informazioni al fine di accrescere i propri consensi elettorali. Nell’immagine, in particolare, compaiono i nomi di alcuni profili facebook rei di aver postato e diffuso notizie completamente false o di aver aggirato i controlli e beffato gli algoritmi del social network attraverso il cosiddetto “riciclaggio dei follower”, cambiando magari costantemente il nome della pagina ma mantenendo stretti i preziosi contatti.
Il caso più emblematico registrato da Avaaz si muove tutto e solo nel messinese: il 25 luglio 2019 viene infatti creata una pagina Fb dal nome “Associazione allevatori provincia di Messina”; poi, tre giorni dopo, essa viene convertita in “Associazione assistenza agli allevatori”; l’8 agosto 2018 la pagina diventa “Associazione Lega Allevatori”; il 22 agosto “Lega Santa Teresa di Riva”; l’8 novembre 2018, l’ultima metamorfosi: “Lega Salvini Premier Santa Teresa di Riva”. “La trasformazione di questa pagina è avvenuta in breve tempo e con gradualità, utilizzando strumentalmente la parola Lega per evitare i controlli automatici dei motori di Facebook”, spiegano gli analisti di Avaaz. Intanto però i contatti si moltiplicavano esponenzialmente e in meno di tre mesi la pagina degli (ex) allevatori- salviniani otteneva 283.363 interazioni e 16.581 follower, posizionandosi al 4° posto tra i profili fake e sospetti di tutta Italia (prima la pagina Vogliamo il Movimento 5 Stelle al governo, seconda Lega Salvini Sulmona, ecc.). Quello che però rendeva particolare “Lega Salvini Premier Santa Teresa di Riva” era di “essere stata la pagina più attiva a sostegno del partito di Matteo Salvini”, ma soprattutto di essersi resa protagonista di una delle peggiori fake anti-migranti finite in rete e diventate virali: la condivisione di un video in cui venivano mostrati alcuni immigrati africani intenti a fracassare con enormi pali di legno una gazzella dell’Arma dei Carabinieri. “Il video, che ha avuto quasi 10 milioni di visualizzazioni, è in realtà una scena di un film e la bufala era già stata smascherata molte volte negli anni, ma continua purtroppo ad essere condiviso”, l’amaro commento dei ricercatori dell’ONG.
A seguito dei rilievi di Avaaz, il popolarissimo social network ha chiuso i profili e le pagine-fabbriche del consenso e della paura. A Santa Teresa Riva sono rimasti in vita o riaperti su facebook altri profili e gruppi pro-legasovranisti, come ad esempio “Tutti con Salvini Lega Santa Teresa di Riva-Me” (oltre 5.000 iscritti), “Lega-Santa Teresa di Riva–legaofficialjonica” (2.158 follower) e “Gruppo di Lega-Santa Teresa di Riva Per Salvini Premier” (gruppo pubblico con appena 10 membri). In home sempre la stessa foto con Matteo Salvini e la scritta “Qui da noi in Italia niente burqa. Se non ti sta bene torna al tuo paese”.
Tra gli animatori dei profili vecchi e nuovi il perito agrario Salvatore “Salvo” Trimarchi, dal 2017 referente di “Noi con Salvini” per il Comune di Santa Teresa Riva. Sul suo profilo personale Fb, Trimarchi appare sorridente a braccetto con l’ex ministro degli interni. L’ultimo post risale a poche ore fa. “Cavolo, arrestati mentre lavoravano per pagarvi le pensioni”, il commento alla notizia di cronaca relativa all’arresto di otto cittadini gambiani a Catania, accusati di aver veduto al dettaglio qualche dose di hashish e marijuana.
Il suo profilo twitter invece è stato sospeso per averne violato le regole. Nel frattempo ha creato un nuovo profilo face book, “Salvatore Trimarchi - Lega”, dove posta con insistenza anche quelli di un altro profilo, “Gruppo Gnazzzio” con sottotitolo “la pagina libera dei romani che amano Roma” ma dove sembrano odiare il resto del mondo.

Articolo pubblicato in Messinatoday.it il 30 ottobre 2019. 

L’Italia e il Niger. A scuola di guerra…

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Quando la Cooperazione si veste di mimetica. L’Italia collabora con le attività di formazione militare nei paesi del G5 in Sahel.

Il sistema Italia prova a conquistarsi un posto al sole nell’Africa sub-sahariana. L’8 ottobre scorso, il Comando Operativo Interforze della Difesa ha firmato a Niamey una convenzione quadro con il Segretariato Permanente del “G5 Sahel”, l’organizzazione che dal 2014 vede gli Stati africani di Mauritania, Niger, Burkina Faso, Mali e Ciad cooperare congiuntamente in ambito strategico-militare nella regione del Sahel.
Grazie al nuovo accordo, l’Italia sosterrà le attività formative promosse dal “Collège de Défense du G5 Sahel”, la scuola di guerra con sede in Mauritania che ha il compito di formare i quadri militari delle forze armate saheliane. Primo step della partnership l’assegnazione al College di due ufficiali-docenti inquadrati nella MISIN, la Missione Bilaterale di Supporto in Niger che ha preso il via il 15 settembre 2018 e che, nelle dichiarazioni del Ministero della difesa, è “finalizzata a supportare l’apparato militare nigerino, concorrere alle attività di sorveglianza delle frontiere e rafforzare le capacità di controllo del territorio dei Paesi del G5 Sahel”.
Alla missione in terra africana sono assegnati attualmente 470 militari, 130 mezzi terrestri e due aerei. MISIN opera in stretto collegamento operativo e strategico con le unità da guerra degli Stati Uniti d’America dislocate in Niger e poste sotto il controllo di US Africom, il comando per le operazioni USA nel continente africano. I team addestrativi MISIN, costituiti con personale specializzato proveniente dall’Arma dei Carabinieri, Esercito, Aeronautica militare e Reparti Speciali Interforze, hanno già addestrato circa 1.800 militari delle forze di sicurezza del Niger. Articolati e complessi i war games italo-nigerini: si va dagli interventi di pronto intervento “anti-terrorismo” ai veri e propri combattimenti aerei e terrestri in aree desertiche, sino alle operazioni di “polizia” nei centri urbani, al “controllo delle folle” e alle modalità di contrasto-repressione manu militari delle proteste di massa anti-governative.
Notevole l’impegno italiano anche sul fronte della “formazione” delle unità nigerine nel primo soccorso durante i combattimenti. Un comunicato emesso il 21 ottobre dal ministero della Difesa riferisce che gli ufficiali medici di MISIN, con l’ausilio del personale del Policlinico Militare “Celio” di Roma, hanno già effettuato centinaia di ore di corsi a favore delle forze di difesa e sicurezza della Repubblica del Niger sulle tecniche di intervento sanitario sul campo di battaglia per “far acquisire le abilità per gestire emorragie massive, ostruzioni delle vie aeree e pneumotorace iperteso, responsabili della maggior parte delle morti evitabili”. Aldilà della discutibile conversione a fini bellici della medicina e della chirurgia, il programma “formativo” conferma come la missione italiana in Niger sia tutt’altro che un’operazione di peacekeeping e che, proprio per questo, sarebbe stato necessario da parte del Parlamento e delle forze politiche e sociali un approfondito dibattito sui reali fini e pericoli del coinvolgimento italiano nello scenario geostrategico dell’Africa sub-sahariana.
Così come ormai standardizzato dai manuali di guerra NATO, la missione internazionale in Niger mescola insieme addestramenti bellici e interventi “umanitari” a favore della popolazione. Gli aiuti e i progetti pro-civili hanno assunto tuttavia contorni sempre più ambigui e contraddittori. “Con la Missione in Niger sono stati raggiunti considerevoli risultati nel campo della Sanità civile e militare attraverso la donazione di oltre 70 tonnellate tra farmaci e presidi medici”, ha spiegato un mese fa lo Stato maggiore della Difesa. A ciò si aggiungono la consegna al governo nigerino di attrezzature mediche e sanitarie per il valore di 167 mila euro e la decina di voli umanitarieffettuati dall’Italia a partire del 24 aprile 2018 per trasportare medicinali e apparecchiature “resi disponibili grazie alla collaborazione tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, le Nazioni Unite ed altre agenzie intergovernative”.
Il 27 marzo 2019 l’Ambasciata d’Italia a Niamey e la Missione Bilaterale in Niger hanno consegnato un lotto di farmaci  raccolti dalla Fondazione Banco Farmaceutico Onlus nell’ambito di un accordo di collaborazione con il Comando Operativo di vertice Interforze (COI) e l’Ordinariato Militare, “finalizzato allo sviluppo di attività di supporto umanitario-sanitario a favore di persone in condizioni di svantaggio socio-economico nei Teatri Operativi”. Chi siano i reali beneficiari del dono lo rivelano le stesse forze armate: “i medicinali sono stati consegnati presso l’aeroporto militare di Niamey ai rappresentanti dei Ministeri della Salute Pubblica e della Difesa nigerini…”.
Ancora più evidenti le finalità militari della “donazione” effettuata a Niamey il 15 ottobre 2019: nello specifico, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, il IV Reparto dello Stato maggiore della Difesa e il contingente MISIN hanno consegnato alle forze armate del Niger tredici mezzi militari, dieci ambulanze e tre autobotti. Inoltre è stata avviata la “formazione del personale nigerino all’uso e alla tenuta in efficienza dei mezzi (…) che si inserisce nell’ambito di una serie di iniziative di cooperazione tra l’Italia ed il Paese africano in più settori d’intervento al fine di fornire un contributo concreto alla risoluzione di particolari criticità nel campo della Difesa, costituendo una chiara dimostrazione di come le missioni svolte dalle nostre Forze Armate all’estero si caratterizzino sempre più marcatamente come interministeriali e interagenzia, nonché come espressione dell’impegno dell’intero sistema Paese”.
Il crescente impegno italiano nel Sahel è stato più volte giustificato dalle autorità di governo in chiave anti-migrazione illegale. Nel corso della sua visita in Niger a fine aprile 2019, la viceministra degli esteri Emanuela Del Re ha incontrato il Presidente Issoufou, il Primo Ministro Rafini e le massime autorità politiche e militari del Paese per “approfondire il partenariato bilaterale in tutti i settori, compresi quello della sicurezza, della gestione dei flussi migratori e della cooperazione allo sviluppo”, come ha spiegato la stessa Del Re. Simbolicamente la rappresentante della Farnesina ha “consegnato beni di primo soccorso e aiuti umanitari per la popolazione coinvolta nei recenti scontri a Diffa, nel sud del paese” e ha concluso il suo tour in Niger ad Agadez, “città di traffico fondamentale dei flussi migratori diretti a nord del Niger, dove è stata ricevuta dalle autorità locali e dalla missione europea EUCAP – Sahel, che sostiene i nigerini nel contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata”. Ad Agadez Emanuela Del Re ha avuto modo di visitare i centri di accoglienza realizzati dal Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) e dall’Organizzazione Internazionale della Migrazioni (OIM) con finanziamenti del Ministero Affari Esteri e del cosiddetto Fondo Africa. Ulteriori risorse finanziarie (tre milioni di euro circa) sono state impegnate per il 2019 a favore di OIM “per migliorare la gestione dei flussi migratori e il contrasto al traffico di esseri umani ai confini del Niger con la Nigeria e con l’Algeria, tramite la fornitura di equipaggiamenti e del sistema informatico di gestione dei confini”. Persino la stessa donazione di ambulanze e autobotti alle forze armate nigerine del 15 ottobre scorso è stata presentata ufficialmente dal governo italiano come un’occasione “per rafforzare le capacità delle autorità nel soccorso dei migranti e nel contrasto al traffico di esseri umani”. Anche in questo caso le spese per l’acquisizione e il trasporto dei mezzi sono state coperte con le risorse del Fondo Africa del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
A spiegare come proprio la guerra ai migranti e alle migrazioni sia uno degli obiettivi prioritari della Missione militare italiana in Niger era stata proprio l’(ex) ministra della Difesa, Elisabetta Trenta. “Lo scopo di MISIN è quello di incrementare le capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area del Sahel”, aveva dichiarato la pentastellata in occasione della sua visita ufficiale a Niamey nel febbraio 2019. “Quella in Niger è una missione importantissima per l’Italia poiché, nel sostenere le richieste del Governo nigerino, punta anche a frenare e ridurre il flusso incontrollato dei migranti verso il nostro Paese. Una missione perfettamente in linea con l’interesse nazionale perché in questa fase è fondamentale il supporto al Niger nella lotta al terrorismo e ai traffici illeciti”. Per le politiche di contrasto all’emigrazione clandestina e di protezione delle frontiere. l’Unione europea ha stanziato a favore del Niger 190 milioni di euro, una cinquantina dei quali provengono dai fondi autorizzati nel maggio 2018 dal Ministero degli Affari esteri. “In questo modo il governo nigerino potrà istituire unità speciali di controllo delle frontiere, costruire e ristrutturare posti di frontiera e realizzare un nuovo centro di accoglienza per i migranti”, ha spiegato la Farnesina. L’aiuto anti-migranti è stato diviso in tranche e condizionato alla “diminuzione dei flussi migratori verso la Libia e un aumento rimpatri dal Niger verso i Paesi di origine”.
Se guerra globale al terrorismo e alle migrazioniè il leit motiv di tutte le dichiarazioni ufficiali del Governo, è un dato di fatto che la penetrazione militare-civile italiana nel Sahel risponde agli interessi delle grandi aziende a capitale pubblico e privato impegnate nella ricerca-sfruttamento degli idrocarburi e dei minerali strategici. Tra gli ultimi paesi al mondo nella classifica dell’Indice di sviluppo umano (nel continente nero solo il Centrafrica vanta una performance peggiore), il Niger possiede un immenso patrimonio di risorse naturali e materie prime: oro, diamanti, petrolio, gas naturale ma soprattutto uranio, minerale fondamentale nella produzione di testate atomiche ed energia nucleare (il Niger è il terzo produttore al mondo di uranio dopo Canada e Australia, ma la sua estrazione è molto meno costosa e dunque più remunerativa di quanto accade nei due paesi concorrenti). Per l’accaparramento di uranio, gas e idrocarburi è in atto in Niger una dura competizione politico-militare-economica tra le superpotenze mondiali (Stati Uniti, Cina, india, ecc.) e i paesi leader dell’Unione europea: innanzitutto la Francia che importa dal Niger buona parte dell’uranio utilizzato per alimentare le sue numerosissime centrali nucleari e, da qualche tempo, anche la Germania. L’ENI e le aziende partner non intendono replicare la figuraccia fatta in Libia a partire del 2011: ecco allora che in nome del Sistema paese, sempre più militari e fondi allo sviluppovengono destinati dall’Italia agli autoritari governi dei poverissimi paesi del Sahel e dell’Africa occidentale.

Articolo pubblicato in Mosaico di pace, n. 11. dicembre 2019

Messina e l’asilo militare-civile “Lupetto Vittorio”. Una convenzione beffa

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Niente asili nido (o quasi) in una città di 240.000 abitanti? Nessun problema, ci pensa l’Esercito italiano a riconvertire gli spazi delle caserme in aule ove ospitare i futuri cittadini tutta patria e moschetto. Accade a Messina dove l’ufficio stampa della Brigata Meccanizzata “Aosta”, reparto d’elite delle forze armate italiane e NATO, fa sapere che mercoledì 18 dicembre 2019, presso la caserma “Crisafulli-Zuccarello” di viale Europa, il generale Bruno Pisciotta, comandante della Brigata e il sindaco Cateno De Luca “inaugureranno l’asilo nido Lupetto Vittorio, dal nome della mascotte dell’Esercito”. “L’opera – prosegue il comunicato - realizzata dall’Esercito grazie all’utilizzo di materiali e tecnologie di ultima generazione, ha elevate performance energetiche e avrà un ingresso indipendente, un ampio parco giochi esterno, aree verdi attrezzate, giardino sensoriale, locali cucina, mensa ed un funzionale parcheggio per i genitori dei piccoli ospiti”. A gestire il nuovo asilo sarà chiamata l’azienda partecipata del Comune, Messina Social City (un carrozzone speciale tutto fare) e, come spiega ancora l’addetto stampa dell’Esercito “sarà frequentata dai figli dei militari dei reparti dell’Aosta in servizio a Messina, ma anche dagli abitanti della zona, già a partire dalla conclusione delle imminenti festività natalizie e di fine anno”.
A caval donato non si dovrebbe guardare mai in bocca, pena la scoperta di un’ignobile dentatura. Leggendo laConvenzione tra il Comune di Messina e il Ministero della Difesa – Comando Brigata “Aosta”, sottoscritta il 27 novembre scorso (firmatari il vicesindaco Salvatore Mondello e il colonnello Luigi Lisciandro vicecomandante della Brigata) si scopre infatti che il nuovo asilo nido è tutt’altro che un regalo di Natale per le casse a rischio default dell’amministrazione comunale. Gli “oneri” tra le parti sono tutt’altro che bilanciati. Mentre l’Esercito italiano si farà carico del solo pagamento delle utenze (energia elettrica ed acqua), dell’eventuale straordinaria manutenzione dell’infrastruttura e dell’eventuale acquisto di ulteriori mobili, suppellettili, accessori e completamenti d’arredo qualora necessari, di contro il Comune di Messina, “a titolo non oneroso” dovrà garantire i seguenti servizi: l’erogazione del canone di concessione dovuto per l’uso dei locali (determinato dall’Agenzia del Demanio in 212,43 euro); la gestione integrale del servizio socio-educativo comprendente il personale necessario; la manutenzione ordinaria dell’immobile; il confezionamento dei pasti; la pulizia periodica dell’infrastruttura; gli eventuali accessori e complementi d’arredo necessari allo svolgimento delle attività educative; la gestione delle graduatorie di asilo escluse le graduatorie di merito per il personale militare (la Brigata “Aosta” avrà infatti il “diritto di prelazione” per un massimo di 15 unità a fronte dei 25 posti disponibili). La convenzione avrà validità triennale e si prevede che possa essere rinnovata rinnovamento tacitamente per ulteriori tre anni.
Per farla breve, sarà il Comune a farsi carico interamente delle spese di funzionamento di quello che era stato pensato dalla Difesa come un “asilo nido aziendale” destinato al personale di stanza a Messina: i combattenti in quasi tutti gli scenari di guerra internazionale (l’”Aosta” è stata impegnata recentemente in Afghanistan, Iraq, Kosovo e Libano), rinunciano a 10 posti ma in cambio risparmiano soldi ed energie per la gestione delle attività educative in quella che gli stessi militari definiscono una “struttura prefabbricata in legno”.
A fare una stima di massima degli insostenibili costi dell’operazione asilo nido “Lupetto Vittorio” è stata la stessa azienda Messina Social City. Il 26 ottobre 2019, con una nota inviata al Dirigente del Dipartimento Servizi alla persona ed alle imprese del Comune, Salvatore De Francesco, il direttore generale della partecipata, l’avvocato Vincenzo Romano, “in ossequio agli standard strutturali ed organizzativi per i servizi alla prima infanzia previsti dalle norme della Regione Siciliana” ha previsto un costo annuale per il nuovo asilo militare-civile di 445.554 euro. A pesare particolarmente sui conti sono proprio le voci di spesa che dovranno essere coperte dal Comune di Messina: le retribuzioni del personale impiegato (coordinatore, pedagogista, psicologo, educatore, ausiliario, cuoco) saranno infatti di 352.727 euro, a cui si aggiungeranno i pasti (44.300 euro), la manutenzione dell’immobile (10.000 euro), i materiali di consumo (22.196), l’assicurazione (5.000) e altri 10.680 euro per l’acquisto di beni mobili e materiale ludico-didattico. Irrisorie le spese previste per la copertura delle utenze telefoniche, 650 euro, che come abbiamo visto saranno coperte dalle Forze armate.
In verità l’11 novembre scorso, il presidente di Messina Social City, Enrico Bivona, ha inviato al dirigente Salvatore De Francesco una nuova missiva con il “piano dei costi dell’Asilo nido Lupetto Vittorio, deliberato dal Consiglio d’amministrazione in data 8 novembre e rispondente all’effettivo fabbisogno del personale per la gestione”. La spesa annuale a carico del Comune viene ritoccata al ribasso ad appena 74.201 euro, grazie alla modifica delle tabelle stipendiali, con l’attribuzione di un costo zero per le figure del coordinatore-pedagogista (38 ore settimanali), di sei educatori (24h) e del cuoco (30h), mentre i “costi di gestione” vengono fissati senza ulteriori specificazioni a 60.000 euro. Dato che non è pensabile che un asilo nido possa essere gestito senza il personale educativo, un pedagogista e il cuoco per la preparazione dei pasti (obbligatori), è ipotizzabile che i nuovi conti siano stati predisposti prevedendo l’utilizzo di figure già in forza alla società partecipata e/o magari già impegnate in altri servizi socio-educativi. Un mero artificio contabile di cui l’amministrazione comunale dovrà comunque dar conto e ragione al Consiglio comunale e ai cittadini.
La Convenzione Comune-Brigata “Aosta” appare poi viziata da più di un profilo di legittimità in quanto violerebbe proprio i contenuti del Regolamento di gestione degli asili-nido comunali, in vigore dall’ottobre 1988 e successivamente modificato nel novembre 1999. “L’asilo nido è un servizio aperto a tutti che mira a garantire, in un completo sistema di sicurezzasociale, un efficace intervento nel momento educativo del bambino, per lo sviluppo armonico dellasua personalità, favorendo il processo di socializzazione coinvolgendo la famiglia, gli operatorisociali, l’ente locale, insieme ad una equilibrata alimentazione”, si legge nel Regolamento. Rigidi i requisiti preferenziali” previsti per l’ammissione dei bambini: l’abitazione igienicamente carente o ubicata in zona malsana; essere figli di reclusi; orfani o figli di madre nubile; figli di lavoratori iscritti nelle liste dei disoccupati; figli di madre lavoratrice; figli di lavoratori emigrati all’estero o in altre regioni; bambini appartenenti a famiglie numerose. L’articolo 18 del Regolamento comunale prevede inoltre che il personale dell’asilo-nido comunale venga assunto “mediante pubblico concorso, salvo icasi di affidamento del servizio a cooperative di giovani (…) è inoltre possibile l’utilizzo del personale di servizi comunali o provenienti da Enti soppressi”. L’inequivocabile conferma che i costi del personale non possono essere dunque pari a zero per il Comune, come invece si riporta nelle previsioni del Cda di Messina Social City dell’8 novembre 2019.
Che non si possa assolutamente pagare con i soldi comunali le attività educative a favore dei figli del personale militare che certo non può lamentare stipendi da fame è la stessa Carta dei Servizi per gli Asili nido adottata da Messina Social City a spiegarlo chiaramente. “L’obiettivo educativo del servizio è quello di offrire ai bambine/ie un luogo di formazione, di cura e di socializzazione per il loro benessere psico-fisico e per lo sviluppo delle loro potenzialità cognitive, affettive e sociali”, spiega la Carta. “Si pone riguardo e attenzione in modo specifico a sostenere le famiglie nella cura dei figli e nelle scelte educative; facilitare l’accesso delle madri al lavoro e promuovere la conciliazione delle scelte professionali e familiari dei genitori; facilitare l’inserimento di bambini disabili o in situazioni di disagio relazionale e socio culturale…”. L’Azienda speciale fissa poi i criteri per la predisposizione delle graduatorie di accesso agli asili nido comunali. “Sono prioritariamente ammessi i bambini che siano inseriti in situazioni familiari di disagio segnalate dal servizio sociale, dalle A.S.P., dal Tribunale, etc; i figli di recluso/i; il nucleo familiare con presenza di un unico genitore e con l’unico genitore che lavora; il nucleo familiare con presenza di un unico genitore e con l’unico genitore che non lavora (…) A parità di requisiti posseduti, ha precedenza il bambino appartenente al nucleo familiare più numeroso”. Che i pargoli lupettini dell’“Aosta” possano rientrare in queste categorie è l’ennesima beffa di un’amministrazione del tutto priva di buon senso e rispetto dei deboli. 

De Luca Pinocchiet e Lupetto Vittorio. E Messina si trasforma nella Santiago del golpe

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Mancavano solo blindati e carri armati agli angoli delle strade e Messina by night sarebbe apparsa all’ignaro passante come la Santiago del Cile dopo il sanguinoso golpe dell’11 settembre 1973. La centrale via Garibaldi presidiata da poliziotti, carabinieri, vigili urbani e vigilantes; le truppe in mimetica della Brigata Motorizzata “Aosta” a scimmiottare il mezzo passo dell’oca, l’eco dei colpi dei pesanti stivali sul selciato, la luce giallastra dei lampioni ancora più funerea per la forte umidità. Ha vissuto così la sua notte di mercoledì 18 dicembre 2019 la città capoluogo dello Stretto. Ipermilitarizzata per prepararsi in nome del dio di tutte le guerre all’oscena parata prevista per venerdì 20 quando saranno consegnate “le chiavi della città” alla brigata d’èlite dell’Esercito di stanza in Sicilia, da anni impegnata in quasi tutti gli scenari bellici internazionali (dall’Afghanistan all’Iraq, dal Libano al Kosovo, dalla Somalia a Gibuti, forse finanche a Tripoli e in Cirenaica).
Qualche ora prima, la banda dell’Aosta aveva allietato l’oscurato Natale dei messinesi con due concerti nella galleria “Vittorio Emanuele” e a Piazza Cairoli. A coronare le sante festività natalizie in grigioverde ci aveva pensato in mattinata il vescovo ausiliare monsignor Cesare Di Pietro, benedicendo il taglio del nastro del nuovo asilo nido aziendale dell’Esercito, all’interno della caserma “Crisafulli-Zuccarello” di viale Europa e la cui gestione sarà interamente a carico (costi e operatori) del Comune e della sua azienda partecipata Messina Social City.
A volere chiavi, parate, concerti e convenzione beffa per l’asilo nido è stato innanzitutto il sindaco Cateno De Luca, ideologo sicuritario in salsa peloritana: forte, anzi fortissimo con i deboli, un agnellino con i poteri davvero forti. Una specie di supersceriffo di Nottingham in una città dove mancano però i Robin Hood, mentre imperversano i ricchi che rubano ai poveri e perfino coloro che sottraggono posti negli asili nido ai bimbi in gravi condizioni socio-economiche preferendo i pargoli dei moderni guerrieri professionisti dalle invidiabili buste paga più benefit vari.
Sono davvero infelici gli escamotage e le volute falsità utilizzati dall’intera classe politica locale e dai burocrati di complemento per occultare gli insostenibili oneri finanziari. “E’ motivo di grande soddisfazione portare avanti simili iniziative in sinergia con l’Esercito Italiano e con tutte le Forze Armate, costituendo un tassello importante al fine di offrire servizi importanti ed innovativi alla cittadinanza”, ha dichiarato il vicesindaco Salvatore Mondello all’inaugurazione dell’asilo militare-civile Lupetto Vittorio, simbolo-mascotte del fate che i bambini vengano a me promosso dal nuovo modello di “difesa” del XXI secolo.
Annegano ancor più nella vuota retorica propagandistica stile ventennio, gli amministratori dell’azienda speciale chiamata a gestire e coprire le spese del nuovo asilo-caserma. “L’odierno taglio del nastro, costituisce lo start di un nuovo corso che l’Amministrazione ha scelto di avviare al fine di implementare i servizi per i bambini e meglio favorire la conciliazione dei tempi lavorativi con quelli della cura e della famiglia”, riporta in nota Messina Social City. “Non è più accettabile che la città permanga sottodimensionata rispetto alle reali esigenze di servizi all’infanzia ed è in quest’ottica che oggi si è celebrato un evento che costituisce uno spartiacque tra una politica pensata per mantenere lo status quo, appiattita sull’esistente, ed un impegno atto a scardinare le logiche di mera sussistenza, che porta ad osare percorsi nuovi, incontrando e dialogando con il territorio, con le agenzie educative, con le altre istituzioni, così da creare opportunità straordinarie, come quella dell’asilo nido Lupetto Vittorio, con positive ricadute sull’intera comunità messinese”.
Al cronista che chiede lumi sui reali costi dell’operazione Comune-Brigata Aosta, il Presidente (dimissionato?) del Cda dell’azienda gestore risponde balbettando per poi dover ammettere che “sì, il personale lo paghiamo noi, ma ce lo abbiamo già a disposizione”. Il vicesindaco Mondello, di contro, si dice indignato per le “pretestuose e false polemiche sui presunti costi a carico dell’Amministrazione” e spiega che “Messina Social City è riuscita a programmare la gestione dell’asilo con l’assunzione di una sola unità di personale, per un costo complessivo di 11.751,04 euro”. L’amministratore preferisce omettere da quali documenti o prospetti spesa abbia ricavato il dato. In una nota inviata il 26 ottobre 2019 al Dirigente del Dipartimento Servizi alla persona ed alle imprese del Comune, Salvatore De Francesco, il direttore generale (oggi dimissionario) della partecipata, l’avvocato Vincenzo Romano aveva previsto invece un costo annuale per l’asilo di 445.554 euro (352.727 euro per le retribuzioni del personale impiegato, 44.300 euro per la preparazione dei pasti dei bambini, 10.000 euro per la manutenzione dell’immobile utilizzato, ecc.). E da convenzione Comune di Messina – Comando Brigata “Aosta”, tutte queste voci sono di competenza dell’ente locale.
Il preventivo dell’avvocato Romano pare abbia dato origine ad un violento braccio di ferro tra Palazzo Zanca e Messina Social City; alla fine è prevalsa la scelta politica di una più digeribile “rilettura” delle spese. L’11 novembre, il presidente della partecipata Enrico Bivona ha così inviato al dirigente Salvatore De Francesco un “nuovo piano dei costi rispondente all’effettivo fabbisogno del personale per la gestione”. La spesa annuale a carico del Comune veniva ridotta ad appena 74.201 euro, grazie alla modifica delle tabelle stipendiali, con l’attribuzione di un costo zero per le figure del coordinatore-pedagogista, del cuoco e dei sei educatori previsti, mentre i “costi di gestione” venivano fissati senza ulteriori specificazioni a 60.000 euro. La stessa cifra di 74.201 euro veniva impegnata nel capitolo di spesa per l’esercizio finanziario 2019 con la determina dirigenziale del Comune di Messina n.8713 del 28 novembre scorso, oggetto “l’affidamento gestione in house alla società speciale Messina Social City dell’asilo nido Lupetto Vittorio”. Nella determina, tra l’altro, si spiega senza giri di parole che questo è un “asilo nido aziendale di proprietà dell’Amministrazione della Difesa – Comanda Brigata Aosta”. Altro che nuovo asilo comunale dunque, come invece pubblicizzato sui media e come se lo sono bevuti tutti o quasi).
Peccato poi che nessun consigliere comunale o forza politica locale abbia avuto il buon senso di rilevare come l’intera Convenzione Città di Messina-Forze armate sia in palese violazione degli stessi regolamenti comunali e della specifica carta dei servizi in materia di asili nido. Nessuno si è poi reso conto che la città dello Stretto sia la prima in tutta Italia ad assumersi per intero la gestione finanziaria degli asili aziendali della Difesa. L’affidamento dei servizi è infatti ovunque di competenza dei rispettivi comandi militari ed ovviamente sono gli stessi a coprirne i costi. Robin Hood, dicevamo, non è di casa a Messina.
Come se ciò non bastasse, il comunicato stampa emesso dallo Stato maggiore dell’Esercito dopo l’inaugurazione dell’asilo nido ha svelato un altro particolare-beffa dell’operazione Lupetto Vittorio. “Erano presenti al taglio del nastro le maggiori autorità civili, religiose e militari della Città Metropolitana insieme i genitori dei piccoli alunni e gli studenti del Liceo Artistico Basile e dell’Istituto d’Istruzione Superiore Verona Trento, accompagnati dai rispettivi Dirigenti Scolastici (rispettivamente le dott.sse Giuseppa Prestipino e Simonetta Di Prima, Nda), che hanno contribuito a decorare le pareti della struttura con murales e disegni su tutte le pareti interne”. Resta ignoto come e a che titolo gli studenti di queste due scuole abbiano operato all'interno della caserma “Crisafulli-Zuccarello” (la famigerata alternanza scuola-lavoro?), ma è certo che la meritevole opera sia stata prestata in maniera del tutto gratuita e nell’inconsapevolezza che la Convenzione sottoscritta dal Comune e dalla Brigata “Aosta” preveda che sia quest’ultima a dover contribuire economicamente all’“eventuale straordinaria manutenzione dell’infrastruttura e all’eventuale acquisto di ulteriori mobili, suppellettili, accessori e completamenti d’arredo qualora necessari”. Meglio sempre subappaltare le migliorie a costo zero, specie se hai a disposizione tanti dirigenti scolastici il cui pensiero guida è quello di porsi a totale servizio (e subalternità) dei signori delle moderne guerre globali.

Tra “Quelli di Comiso”. Buon compleanno Riccardo…

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Caro Riccardo, ci conosciamo da una vita, ma sono quasi sicuro che se ti chiedessi quando e dove ci siamo incontrati la prima volta, tu non sapresti cosa dirmi. Eravamo fisicamente tanto diversi e il luogo e il contesto troppo lontani. Beh, per il tuo compleanno, voglio farti un regalo e spiegarti come quel giorno ha segnato profondamente la mia vita di giornalista di parte, antimilitarista e antimafioso.
Comiso, primi di settembre del 1982. Dai primi giorni d’estate, fresco di semilaurea di Educazione fisica, mi ero trasferito nella cittadina prescelta dai dottor Stranamore della NATO per fare da base operativa di 112 missili nucleari Cruise puntati contro i governi “nemici” di Africa e Medio oriente. Siamo al Campo per la Pace, tante tende e bandiere colorate animate da giovani pacifisti No Nuke arrivati da mezzo mondo. “Antonio, c’è un tipo strano all’ingresso che sostiene essere un giornalista di Messina. Vuole intervistarci. Vedi se lo conosci e ci parli tu”. Porta occhialini minuti e veste abiti che sarebbero andati bene solo d’inverno in ben altre latitudini. Nonostante non appaia anziano, si regge su un bastone e porta un vistoso anello ad un dito. Di certo a Messina non l’ho mai conosciuto. Si presenta: “Sono Riccardo  Orioles e scrivo per un giornale  che ancora non c’è ma che uscirà il prossimo anno”. Inutile dire che il tizio proprio non mi piace. Dopo che gli dico essere un’attivista messinese, mi recita un elenco di volti più o meno noti della sinistra extraparlamentare, tutti miei concittadini. Poi si corregge, spiega di essere di Milazzo, ma la cosa mi sembra detta solo per vincere la mia diffidenza. In verità ho pochi dubbi. “I Siciliani” non li ho mai sentiti nominare e del suo presunto direttore Giuseppe Fava mi pare averne sentito parlare qualche volta a Catania, ma alla guida di un giornale locale che sinceramente non avevo mai gradito, preferendogli le quotidiane letture del Manifesto e Lotta Continua.
Quel Riccardo dal cognome ignoto sa proprio di sbirro, spia o provocatore, mi dico. E quando inizia a condurre una sbilenca intervista sul nostro Peace Camp, le mie risposte sono brevi ed evasive, il tono pungente, finanche arrogante. Sì, lo trattammo proprio male quell’ometto ficcanaso venuto a farci perdere tempo proprio alla vigilia dell’avvio dei lavori di costruzione di quella che sarebbe divenuta la più grande base atomica del Mediterraneo.
Alla fine della marcia internazionale che ci portò da Catania a Comiso, via Sigonella, Augusta e le basi radar della Sicilia orientale, qualche giorno dopo la Befana 1983, I Siciliani di Giuseppe Fava uscirono davvero nelle edicole dell’Isola. Sul secondo numero, accanto ad una straordinaria inchiesta del suo direttore sui Cavalieri dell’apocalisse mafiosa di Catania, un bellissimo servizio del Riccardo cuor di leone sui giovani in lotta contro il delirio nucleare di Reagan e alleati nostrani. “Quelli di Comiso”, mi pare s’intitolasse. Immortalava perfettamente lo spirito, i sogni, i desideri, le contraddizioni di quel gruppo variopinto di figlie e figli dei figli di fiori che avevano invaso la sonnolenta e conservatrice cittadina del ragusano. E che tanto maleducati e irriverenti erano stati nei tuoi confronti. 
Quel mensile mi avrebbe fatto da la scuola di formazione ed inchiesta sul binomio di morte mafia-militarizzazione, l’interpretazione maledettamente profetica della Sicilia di fine secolo XX e inizio XXI di Pippo Fava e dei suoi giornalisti-ragazzi. Inutilmente ho provato a imitarne lo stile e il racconto. Impossibile. Unico. unico proprio come te Riccardo, maestro di quasi tutti i veri puntigliosi cronisti di parte che in questi decenni hanno umilmente provato a dare dignità e senso ad un mestiere sin troppo spesso servo e complice della borghesia mafiosa e bellicista siciliana.
Cento di questi giorni, Riccardo. Ti voglio un sacco di bene.
Antonio Mazzeo

Articolo pubblicato in I Siciliani giovani, edizione straordinaria del 22 dicembre 2019

Messina e la brigata “Aosta”. Oggi le chiavi, domani la repressione

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Il 20 dicembre 2019 l’Amministrazione comunale di Messina ha consegnato le chiavi della città alla Brigata meccanizzata “Aosta” dell’Esercito italiano “per l’alto valore sociale ed etico dell’impegno profuso sui territori internazionali, nazionali e locali e per i significativi contributi di cooperazione che ha sempre saputo esprimere nel tempo”.
Kosovo, 9-10 luglio 2019. Il 24° Reggimento Artiglieria Terrestre “Peloritani” della brigata partecipa ad un’esercitazione multinazionale NATO con lo scopo – scrive l’ufficio stampa della Difesa – di “addestrare le unità alla gestione di eventi critici, mantenendo elevata la loro capacità operativa, al fine di garantire una risposta efficace al verificarsi di eventi suscettibili di minacciare la stabilità, la sicurezza e la libertà di movimento nell’area di operazioni.
È stato simulato uno scenario di mobilitazione popolare, nel quale le forze esercitate hanno dovuto fronteggiare una vera e propria escalation di disordini”, continua l’Ufficio stampa della Difesa. “Nel corso dell’esercitazione, oltre alle unità antisommossa, sono state impiegate unità del genio per la rimozione di sbarramenti, nonché un nucleo di artificieri destinato al controllo e alla bonifica di ordigni esplosivi.
Sempre la Difesa rileva con un comunicato ufficiale del 25 giugno 2019 come i reparti della Brigata “Aosta” trasferiti a Pec/Peje avessero raggiunto la “piena capacità operativa” nell’ambito della Forza multinazionale NATO in Kosovo. Erano gli stessi militari a spiegare in cosa consistesse la Full Operational Capacity: “Si tratta di un requisito indispensabile al fine di uniformare gli standard operativi tra le varie unità multinazionali che operano nel Teatro Operativo (…) Tra le attività addestrative svolte dagli artiglieri del 24° Reggimento “Peloritani vi sono: il Crowd and Riot Control (CRC), ovvero un’attività di controllo della folla che prevede, oltre all’addestramento sul terreno, anche l’impiego di elicotteri, finalizzato al raggiungimento delle varie zone di intervento in tempi brevi; il Fire Phobia, attività addestrativa sempre mirata alla gestione di eventi tumultuosi, con l’aggiunta del lancio di manufatti incendiari contro il personale in assetto antisommossa, simulando così un vero e proprio scenario di guerriglia urbana”.
Il tutto, va sottolineato, nell’ottica delle moderne strategie NATO che prevedono il pronto intervento delle unità militari sul “fronte interno” per reprimere manifestazioni di protesta contro i modelli neoliberisti che negli USA e in Europa hanno portato alla fame centinaia di migliaia di cittadini. L’Italia cioè (e la Sicilia) come il Cile e l’Argentina dei golpe degli anni ’70 e ’80.
Peccato che tanti, troppi, A Messina e nell’Isola non se ne rendano conto…
E le chiamano ancora “Missioni di Pace….”
P.S. La foto ritrae il momento clou dell’esercitazione del luglio 2019, quando i “manifestanti” stanno per essere investiti dalla forza d’urto militare.

Mediocri affari di provincia sotto l’egida della Missione militare ONU in Libano

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Che le missioni militari all’estero servano anche a favorire gli interessi delle maggiori holding nazionali è cosa nota; inimmaginabile invece che una maxi-operazione sotto la copertura delle Nazioni Unite possa contribuire alla realizzazione di modestissimi affari agroalimentari da parte di cinque imprese private, sponsor la sbrindellata amministrazione comunale e la pluri-chiacchierata Università di Messina.
Un discutibile affaire militar-imprenditoriale in salsa peloritana è stato reso noto venerdì 20 dicembre a margine della contestata parata della Brigata Meccanizzata “Aosta” nelle vie del centro di Messina, presenti i reparti provenienti dai teatri di guerra di Libano, Kosovo, Somalia e Gibuti. Alla presenza del generale di corpo d’armata Rosario Castellano, Comandante delle Forze Operative Sud dell’Esercito Italiano, del prefetto Maria Carmela Librizzi e delle massime autorità militari civili e religiose, il vicesindaco Salvatore Mondello ha consegnato simbolicamente le chiavi della città al generale Bruno Pisciotta, comandante della Brigata “Aosta” e responsabile del Sector West della Missione UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon), “per l’alto valore sociale ed etico dell’impegno profuso sui territori internazionali, nazionali e locali e per i significativi contributi di cooperazione che la brigata dell’Esercito italiano ha sempre saputo esprimere nel tempo”. Dopo la cerimonia, il vicesindaco Mondello e l’assessoraCarlotta Previti con delega al reperimento dei finanziamenti statali ed europei, si sono trattenuti a colloquio con i vertici della Brigata Aosta e i rappresentanti delle municipalità libanesi ospiti per “tracciare le linee guida per la collaborazione tra imprese, istituzioni ed enti di ricerca per attività di trasferimento tecnologico e di cooperazione nel comparto agroalimentare e turistico”, così come riportato dal’Ufficio stampa di Palazzo Zanca.
Il ruolo chiave dei Caschi Blu italiani nel programma di cooperazione promosso dall’amministrazione guidata dal sindaco Cateno De Luca (inspiegabilmente assente nelle fasi clou della giornata pro-brigata) è stato rivendicato proprio dal Comando dell’Esercito. “Durante il semestre in Libano, nella valorizzazione del cosiddetto Sistema Paese, grazie al supporto della Brigata Aosta è stato siglato un Accordo tra la Municipalità di Tiro e la Città Metropolitana di Messina, con l’obiettivo di creare sinergie tra imprese, istituzioni pubbliche ed enti di ricerca”, spiegano i militari nel comunicato di ringraziamento per il simbolico omaggio ricevuto dalla città dello Stretto. “E’ stato altresì formalizzato un protocollo tra l’Università degli Studi di Messina e l’Università di Beirut che permetterà, tra gli altri scambi culturali tra i due atenei, a venti giovani libanesi di studiare in Italia per cinque anni senza nessun onere di natura economica…”.
L’accordo quadro è stato stipulato il 28 ottobre 2019 presso la base del Contingente italiano-UNIFIL di Chaama, “grazie alla regia dell’Ambasciata d’Italia in Libano e all’Ufficio di rappresentanza a Beirut dell’Italian Trade Agency”, dal sindaco di Tiro, Hassan Dbouk, e dal vicesindaco peloritano Salvatore Mondello, presenti alcuni imprenditori del settore agroalimentare della provincia di Messina.Questo accordo consentirà l’avvio di scambi commerciali tra le parti, ispirandosi agli obiettivi di crescita sostenibile, definiti nel Programma Quadro dell’Unione Europea per la ricerca e l’innovazione”, promettono i promotori dell’iniziativa. “La prima azione concreta sarà la costituzione di una joint-venture, registrata nella Municipalità di Tiro, che avrà come obiettivo finale quello di coordinare i flussi di prodotti agricoli siciliani destinati ai mercati libanesi e dell’Oriente e di quelli libanesi verso il mercato intracomunitario europeo. Tale Hub fornirà supporto di tipo commerciale, logistico, amministrativo e normativo all’iniziativa”.
Il progetto, nel suo complesso, si configura come un esempio concreto di sinergia per la promozione del Sistema Paese, nel quale il Contingente in teatro operativo crea le condizioni per lo sviluppo dell’area di interesse, anche tramite l’adozione di iniziative economico-commerciali”, riporta la nota distribuita ai media.I Contingenti militari, in coordinazione con le amministrazioni locali nazionali, diventeranno soggetti attuatori a supporto delle aziende nazionali, con il principale obiettivo di creare una stabile e duratura collaborazione tra imprese, istituzioni pubbliche ed enti di ricerca nelle aree d’impiego. Infatti, grazie al credito finora ottenuto nella propria area di operazioni, è stato possibile per i Caschi Blu italiani facilitare questa importante iniziativa di cooperazione civile e militare, fortemente richiesta dalle autorità locali del sud del Libano (…) I Peacekeepers italiani, in conformità alla Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che dà mandato di supportare la popolazione libanese, hanno iniziato a lavorare da alcuni mesi alla formalizzazione di reciproci scambi di interessi tra mondo dell’imprenditoria siciliana e controparte libanese, con il precipuo fine di creare nuove opportunità di sviluppo, crescita e benessere per la popolazione”.
Indicativo il nome prescelto dall’amministrazione De Luca-Mondello per la missione promozionalenel martoriato paese dei cedri: “Tre Giorni da Leone”. Il 23 settembre 2019 era stato pubblicato un Avviso per la selezione di imprese del comparto agroalimentare e delle scienze della vitaa firma dell’onnipresente superdirigente del Comune, Salvatore De Francesco. “Nell’ambito di un percorso di promozione del sistema produttivo locale per l’interscambio culturale ed economico con i Paesi del Medio Oriente, in stretta collaborazione la Brigata Aosta di stanza a Messina e presente in Libano con il contingente ITALBATT e la Municipalità di Tyro (Libano), promuovono congiuntamente l’evento Tre Giorni Da Leone”, si legge nel bando. “Il mercato interno libanese è ad oggi caratterizzato da un elevato grado di apertura ad accordi commerciali con fornitori di prodotti e/o servizi esteri e si caratterizza con varie forme di cooperazione internazionale. Rappresenta inoltre una piattaforma di lancio privilegiata per accedere ai mercati interni dei Paesi Arabi e del Golfo Persico (successivamente individuati dai promotori negli impresentabili regimi di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Yemen, Oman, Iraq e Siria, NdA)”.
“Le politiche di sviluppo adottate dal governo libanese individuano come prioritario per lo sviluppo economico il rafforzamento dell’industria agroalimentare (in particolare oleicola, agrumicola, casearia e della pesca), che rappresenta il principale comparto produttivo in Libano con circa 1.400 operatori e inoltre promuovono la condivisione di buone pratiche, l’innovazione tecnologica, l’implementazione di sistemi di gestione ambientali, di tracciabilità e sicurezza alimentare sulla base dei consolidati standard EU”, si legge ancora nell’Avviso pubblico del 23 settembre scorso.Per tali finalità strategiche sono stati emanati strumenti finanziari fortemente incentivanti per gli investitori esteri che hanno così l’opportunità di fruire di regimi fiscali agevolativi ed esenzioni doganali oltre a procedure amministrative semplificate per l’avvio di nuove imprese (…) Sussistono pertanto ottime prospettive di crescita per le imprese messinesi e siciliane che intendono esportare sia in Libano, che nei limitrofi Paesi del Medio Oriente, macchinari, attrezzature, impianti, materie prime e tecnologie innovative”.
Il bando forniva pure le necessarie informazioni sul viaggio programmato in Libano. “La missione avrà luogo dal 17 al 22 ottobre 2019 presso le città di Beirut, Tyro e Chamaa  dove ha sede il Contingente militare della Brigata Aosta e prevede visite guidate presso aziende agroalimentari nel sud del Libano (…) La delegazione sarà composta da rappresentanti delle istituzioni pubbliche coinvolte nell’iniziativa e delle dieci imprese private selezionate tramite il presente Avviso, sotto l’egida del Battaglione Aosta. La partenza avverrà con volo militare da Pisa a Beirut mentre il rientro sarà con volo di linea da Beirut a Catania. Il volo militare Pisa-Beirut, i trasferimenti tra l’aeroporto di Beirut e Chamaa e le visite presso i distretti produttivi saranno a cura del contingente militare italiano. Il volo di rientro e i costi di soggiorno presso il Laymouna Resort di Tyro (costo da convenzione 55 dollari per notte a persona colazione inclusa) saranno a carico delle aziende partecipanti”. Veniva designato come responsabile del procedimento per la selezione delle imprese il dottore Massimiliano Giorgianni del Dipartimento Politiche Culturali ed Educative – Sviluppo Economico del Comune di Messina, mentre come soggetto attuatore il Consorzio Centro per lo Sviluppo del Turismo (Messina Tourism Bureau). Quest’ultimo, interamente partecipato dalla Città Metropolitana e dall’Università degli Studi di Messina, ha come funzioni quelle di “facilitare e coordinare la fruibilità turistica delle risorse locali e le ricadute economiche sul territorio della provincia”. Il Cda del Consorzio – quasi del tutto sconosciuto tra gli operatori e i cittadini - è stato recentemente rinnovato: presidente (riconfermato) Gaetano Majolino (iscritto nell’albo dei segretari comunali del Ministero dell’Interno); vicepresidente Filippo Grasso (ricercatore universitario presso il Dipartimento di Economia e delegato per il turismo del Rettore dell’Ateneo di Messina, prof. Salvatore Cuzzocrea); direttore Valeria Leone (membro del Comitato operativo di TaorminaArte).
Nonostante la potenza di fuoco dei promotori-protagonisti del viaggio-missione e le mirabolanti promesse di affari nei più prestigiosi mercati mediorientali, l’Avviso pubblico del Comune non ha prodotto gli esiti sperati. Appena cinque, infatti, le imprese selezionate: la Irritec S.p.A. della famiglia Giuffré di Capo d’Orlando (impianti d’irrigazione); l’azienda vitivinicola Ruggero Vasari S.r.l. di Santa Lucia del Mela; i vivai Laura Ryolo S.r.l. di Barcellona Pozzo di Gotto; il gruppo venture capital Italimprese S.r.l. di Messina; il Consorzio Arancia Rossa di Sicilia IGP (con sede a Catania e attività nella provincia etnea). L’evidente fallimento del bando non ha comunque scoraggiato gli amministratori comunali e i docenti-manager dell’Università degli Studi di Messina. La dimezzata delegazione alla fine ha raggiunto il Libano e i protocolli sottoscritti con le autorità locali sono stati fatti “rientrare nell’ambito dei progetti di Cooperazione Civile e Militare - CIMIC del contingente italiano, che hanno fondamento giuridico sulla risoluzione 1701 delle Nazioni Unite del 2006”.
Dalla lettura delle risoluzioni ONU sui mandati operativi dei Caschi Blu in Libano, si evince tuttavia come i vertici della Brigata “Aosta” abbiamo fatto più di una forzatura per poter contemplare i fumosi accordi commerciali Messina-Tiro tra gli scopi istituzionali di UNIFIL. Con la Risoluzione 1701 dell’11 agosto 2006  - spiega il Ministero della Difesa italiano - il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha previsto il potenziamento del contingente militare di UNIFIL con lo scopo di monitorare la cessazione delle ostilità; accompagnare e sostenere le Forze armate libanesi (LAF) nel loro rischieramento nel Sud del paese, comprendendo la Blue Line, non appena Israele ritira le sue Forze armate dal Libano (IDF); coordinare il ritiro delle IDF dai territori libanesi occupati; estendere la propria assistenza per aiutare ad assicurare un corridoio umanitario alla popolazione civile ed ai volontari nonché assicurare il rientro in sicurezza degli sfollati; assistere le LAF nel progredire verso la stabilizzazione delle aree; mettere in atto i rilevanti provvedimenti degli accordi e delle Risoluzioni delle Nazioni Unite che impongono il disarmo di tutti i gruppi armati in Libano…”. Altrettanto rigido l’elenco delle attività operative che possono essere svolte dai reparti UNIFIL: osservazione da posti fissi;condotta di pattuglie (diurne e notturne);realizzazione di check-points;collegamento con le Forze Armate libanesi;pattugliamento marittimo.
Nessun intervento dunque è previsto in ambito economico e finanziario e anche quando i contingenti italiani in Libano hanno promosso attività CIMIC, esse si sono limitate alle donazioni alle municipalità e alla popolazione di attrezzature ed ausili didattici per l’istruzione, materiale sanitario, ecc.. “L’impegno dei Caschi blu italiani è stato rivolto alle scuole primarie, nelle quali più di 2.500 alunni hanno partecipato a corsi di igiene, disegno e sulla prevenzione da incidenti domestici”, riportava la nota della Brigata dei bersaglieri “Garibaldi” che ha preceduto l’“Aosta” in Libano.
Dopo gli aiuti è adesso arrivata l’ora delle compravendite da parte di uno sparuto numero di operatori di provincia. Anche questo è il segno dell’ennesimo fallimento politico e militare delle cosiddette “operazioni di pace”…

Droni AGS a Sigonella. Il regalo di Natale della NATO ai Siciliani

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Naval Air Station di Sigonella, ore 16.46 di giovedì 21 novembre 2019. Dopo 22 ore ininterrotte di volo, un drone di ultima generazione della famiglia dei “Global Hawk” atterra nella grande base militare siciliana. Il velivolo era decollato dall’aeroporto di Palmdale, California. Sulla fiancata, l’inconfondibile insegna della NATO. Il drone è il primo dei cinque grandi aerei senza pilota destinati ad operare da Sigonella nell’ambito del NATO AGS (Alliance Ground Surveillance), il programma più ambizioso e costoso della storia dell’Alleanza Atlantica, ma anche quello che ha segnato i maggiori ritardi nella sua implementazione. “Il trasferimento del drone AGS dagli Stati Uniti all’Italia rappresenta un momento chiave nella realizzazione di questo importantissimo progetto multinazionale”, ha riportato l’ufficio stampa del Comando generale della NATO. “L’Alliance Ground Surveillance sarà di proprietà collettiva e operativa di tutti gli alleati dell’Alleanza Atlantica e sarà un elemento vitale per tutte le missioni NATO. Tutti gli Alleati avranno accesso ai dati acquisiti dall’AGS e beneficeranno del sistema d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento”.
Il programma NATO AGS prevede l’utilizzo della grande stazione aeronavale di Sigonella quale Main Operating Base(principale base operativa) dei cinque velivoli a pilotaggio remoto RQ-4D “Global Hawk” e dei relativi centri di comando e controllo, con un contingente multinazionale di oltre 800 unità. “Tutti e cinque i droni sono attualmente in differenti fasi di sviluppo delle capacità operative di volo”, specifica ancora il Comando generale della NATO. “Quando ognuno di essi giungerà alla Main Operating Base di Sigonella, saranno sottoposti ai test per verificarne le performance e la conformità al sistema AGS. La capacità operatività iniziale del programma dovrebbe essere raggiunta nella prima metà del 2020”.
Dotati della piattaforma radar MP-RTIP con sofisticati sensori termici per il monitoraggio e il tracciamento di oggetti fissi ed in movimento, i droni AGS potranno volare sino a 18.000 metri di altezza e a una velocità di 575 km/h. I dati rilevati saranno prima analizzati a Sigonella e successivamente trasmessi grazie ad una rete criptata al Comando JISR, Joint Intelligence, Surveillance and Reconnaisance della NATO, con sedi a Bruxelles, Mons e The Hague. Oltre 16.000 km il raggio d’azione dei nuovi velivoli senza pilota, così fa consentirne l’operatività in un’area geografica che comprenderà l’intero continente africano e il Medioriente, l’Europa orientale sino al cuore della Russia. Grazie alle informazioni raccolte e decodificate dall’AGS, la NATO potrà ampliare lo spettro delle proprie attività nei campi di battaglia, potenziando la capacità d’individuazione degli obiettivi da colpire con gli strike aerei e missilistici.
Con l’entrata in funzione del sistema AGS, la base siciliana di Sigonella consolida il proprio ruolo di vera e propria capitale mondiale dei velivoli senza pilota da guerra. I droni NATO si sommano infatti ai velivoli con funzioni d’intelligence ed attacco (i famigerati droni killer “Reaper” che mietono vittime tra i civili negli scacchieri di guerra in Africa e Medio oriente) che l’US Air Force e l’US Navy ha trasferito in Sicilia da più di dieci anni. A riprova di come Sigonella sia uno dei maggiori centri del pianeta per il comando e il controllo dei velivoli senza pilota va aggiunto che nel 2018 è stata attivata all’interno della stazione aeronavale l’UAS SATCOM Relay Pads and Facility per le telecomunicazioni via satellite con tutti i droni che le agenzie di spionaggio USA e il Pentagono schierano in ogni angolo della Terra. La facility di Sigonella consente la trasmissione dei dati necessari ai piani di volo e di attacco dei nuovi sistemi di guerra, operando come “stazione gemella” del sito tedesco di Ramstein e del grande scalo aereo di Creech (Nevada).
Washington ha riservato un nome in codice alla grande base che sorge a due passi dalla città di Catania: The Hub of the Med, cioè il fulcro del Mediterraneo. Con ben 34 comandi strategici ed oltre 5.000 militari statunitensi, Sigonella è oggi, per importanza, il “secondo più grande comando militare marittimo al mondo dopo quello del Bahrain”, come spiega il Pentagono. Dal sanguinoso conflitto in Vietnam non c’è stato scenario bellico con protagonista gli USA (e i partner NATO) in cui l’hub del Mediterraneo non abbia giocato un ruolo chiave: contro la Libia di Gheddafi negli anni ’80; in Libano nell’82; la prima e la seconda guerra del Golfo; i bombardamenti in Kosovo e in Serbia nel 1999 e quelli in Afghanistan, Iraq e Siria nel XXI secolo; le campagne di US Africom nelle regioni sub-sahariane e in Corno d’Africa; la liquidazione finale del regime libico del 2011 e gli odierni ripetuti raid in Cirenaica e Tripolitania con l’utilizzo dei droni-killer.
Determinante pure il ruolo assunto nell’ambito dei programmi di supremazia nucleare degli Stati Uniti d’America. Segretamente, ancora una volta nel 2018, è entrato in funzione a Sigonella la Joint Tactical Ground Station (JTAGS), la stazione di ricezione e trasmissione satellitare del sistema di “pronto allarme” per l’identificazione dei lanci di missili balistici da teatro con testate nucleari, chimiche, biologiche o convenzionali. Il JTAGS è una specie di scudo protettivo tutt’altro che difensivo: grazie al controllo “preventivo” di ogni eventuale operazione missilistica “nemica”, il sistema rende ancora più praticabile il primo colponucleare, evitando o limitando (teoricamente) la ritorsione avversaria e dunque i pericoli della cosiddetta Mutua distruzione assicurata che sino ad ora ha impedito l’olocausto mondiale. Come se non bastasse, a Sigonella opera pure una delle 15 stazioni terrestri del Global HF System, il sistema di comunicazioni in alta frequenza creato dalla US Air Force per integrare la rete del Comando aereo strategico e assicurare il controllo su tutti i velivoli e le navi da guerra. Uno degli aspetti più rilevanti del sistema GHFè quello relativo alla trasmissione degli ordini militari che hanno priorità assoluta, primi fra tutti i messaggi SkyKingche includono i codici di attacco nucleare.
Tra le maggiori richieste di finanziamento fatte dal Dipartimento della Difesa USA al Congresso per l’anno fiscale 2020, c’è poi quella relativa all’installazione, ancora una volta all’interno della grande stazione aeronavale siciliana, di un megacentro di telecomunicazioni satellitari strategiche delle forze armate. Nello specifico il Pentagono prevede una spesa di 77 milioni e 400 mila dollari per realizzare una struttura che consentirà di effettuare “più sicure e affidabili telecomunicazioni vocali e dati, classificate e non classificate, alle unità navali, sottomarine, aeree e terrestri della Marina militare USA, in supporto delle sue operazioni reali e delle esercitazioni in tutto il mondo”. L’assegnazione dei lavori è prevista entro l’agosto 2020, mentre la realizzazione dovrebbe concludersi nell’aprile 2024. E’ prevista inoltre una spesa aggiuntiva di 57 milioni di dollari per l’acquisto delle sofisticate attrezzature elettroniche e d’intelligence che saranno messe a disposizione del nuovo centro satellitare di Sigonella che si affiancherà a quello già esistente presso la dependance di Niscemi, all’interno della riserva naturale orientata “Sughereta”.
Centro strategico di telecomunicazioni con i sottomarini nucleari in immersione e stazione terrestre del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare MUOS (la cui piena operatività è stata annunciata pochi mesi fa da Washington), la base USA di Niscemi sarà presto ampliata e potenziata. Le autorità militari hanno già presentato alla Regione Siciliana un cronogramma lavori di “rafforzamento” dei sistemi di “protezione” delle infrastrutture e delle numerose antenne di morte ospitate. Inoltre, un mese fa è trapelata la notizia che il Comando di US Navy ha affidato alla General Dynamics un contratto del valore di 731,8 milioni di dollari per il “miglioramento” dei “segmenti terrestri integrati al Mobile User Objective System - MUOS, il quale fornirà presto comunicazioni cellulari veloci e sicure per tutte le forze combattenti in movimento, ovunque esse si trovino”, come dichiarato dai general manager dell’azienda leader del complesso militare industriale USA.
Quanto sta accadendo in Sicilia conferma inesorabilmente quanto sostenuto da attivisti e ricercatori No War, cioè che la base di Sigonella è un cancro in metastasi che diffonde ovunque installazioni, radar, presidi e militarizzazioni. L’Isola è stata trasformata infatti in un’immensa piattaforma di morte USA e NATO: oltre alla telestazione di Niscemi, è stato creato un centro operativo a Pachino (Siracusa) per supportare le esercitazioni aeronavali della VI Flotta nel Canale di Sicilia; ad Augusta sorge una grande struttura portuale per il rifornimento di armi e gasolio delle unità da guerra e dei sottomarini nucleari; gli scali di Catania-Fontanarossa, Trapani-Birgi, Pantelleria e Lampedusa sono utilizzati per le missioni d’intelligence top secret dei velivoli alleati o di società contractor private a servizio del Pentagono e/o – come avvenuto nel 2001 durante la guerra contro la Libia - per le operazioni di bombardamento contro obiettivi civili e militari “nemici”.
Non c’è area addestrativa o poligono in Sicilia che non sia stato messo a disposizione dei reparti d’elite USA protagonisti delle peggiori nefandezze nei teatri di guerra internazionali. I Marines destinati a intervenire in Africa utilizzano periodicamente per esercitarsi una vasta area agricola nel Comune di Piazza Armerina. Ai reparti a stelle e strisce è stato concesso pure l’uso del poligono di Punta Bianca, a due passi dalla città di Agrigento, in una delle aree naturali e paesaggistiche più belle e più fragili dell’Isola, utilizzato stabilmente dalla Brigata Meccanizzata “Aosta” dell’Esercito italiano. Nella primavera 2019, i reparti statunitensi di stanza a Sigonella sono stati inoltre tra i protagonisti di un’imponente esercitazione che ha interessato buona parte della provincia di Trapani, comprese alcune aree di rilevante interesse naturalistico e lo scalo aereo di Birgi.
Ancora più foschi gli scenari che potrebbero essere riservati alla Sicilia intera nei prossimi anni. E’ in atto una pericolosissima sfida sferrata da Trump contro la Russia con la cancellazione unilaterale del Trattato INF contro le armi nucleari a medio raggio, firmato da USA e URSS a fine anni ’80. Quel trattato aveva consentito lo smantellamento dall’Europa dei missili Pershing II, SS-20 e Cruise; 112 di questi ultimi vettori nucleari “da crociera” erano stati installati dalla NATO a Comiso (Ragusa), nonostante una straordinaria stagione di mobilitazione popolare, una delle più importanti della storia della Sicilia. La scellerata decisione dell’amministrazione USA rischia di condurre ad una nuova escalation del processo di militarizzazione e ri-nuclearizzazione dell’intero territorio siciliano, considerato che i nuovi programmi di riarmo puntano alla realizzazione – ancora una volta privilegiando il Fianco Sud della NATO oltre a quello orientale - di nuovi sistemi missilistici a medio raggio con lancio da piattaforme terrestri e/o anche mobili, esattamente come avveniva con i Cruise di Comiso, trasportabili ovunque sui camion-lanciatori TEL. Altri aghi atomici da occultare nel pagliaio Sicilia in nome e per conto dei moderni Stranamore e delle transazionali del profitto d’oltreoceano.

Processo Beta. “All’Assessorato era tutto a posto”. Parola dell’ingegnere Sergio De Cola

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Nessuna illecita pressione da parte di chicchessia, né l’evidenza di anomali comportamenti da parte di dirigenti o funzionari nella gestione delle attività dell’assessorato all’urbanistica. Lo ha dichiarato l’ex assessore comunale della Giunta Accorinti, l’ingegnere Sergio De Cola, nel corso della sua deposizione come teste al processo antimafia Beta sulla presunta infiltrazione della famiglia Romeo-Santapaola nel tessuto socio-economico e amministrativo della città di Messina. Mai un appunto, in particolare, è stato lamentato dall’ex amministratore relativamente all’operato dell’ingegnere Raffaele Cucinotta, ritenuto dagli inquirenti come il funzionario comunale di riferimento dell’imprenditore milazzese Biagio Grasso per tentare di condizionare a favore del gruppo criminale l’esito del bando per l’acquisto di immobili da destinare ad alloggi popolari a Fondo Fucile e, magari, sponsorizzare in assessorato alcuni ambiziosi progetti di costruzione: immobili e uffici nel parcheggio-fosso di Via La Farina, un centro commerciale presso l’ex stabilimento Sanderson di Pistunina, finanche un macchinoso ma redditizio trasferimento di volumi-cubature dall’area ad alto rischio idrogeologico di Torrente Trapani ad una ex fabbrica della centrale via Salandra. E cosa di non poco conto, l’ingegnere Sergio De Cola ha pure sollevato fortissime perplessità sulla stessa fattibilità progettuale di queste presunte aspirazioni speculative che l’accusa avrebbe ricondotto alla famiglia mafiosa dei Romeo-Santapaola.
L’esame del teste da parte del Pubblico Ministero, la dottoressa Liliana Todaro, si è aperto con una gaffe. “Intanto volevo sapere se lei ha, tra gli anni 2015 e 2017, svolto delle funzioni, degli incarichi pubblici, per il Comune di Messina”, ha domandato la magistrata.
Sergio De Cola: No.
PM: No? Lei non era assessore al Comune di Messina?
De Cola: Ah, come assessore? Pensavo come professionista.
PM: No, no.
De Cola: Come assessore, certamente.
PM: In che periodo ha svolto questa sua attività?
De Cola: Io sono stato assessore con la Giunta Accorinti, quindi dal giugno 2013 al giugno 2018. Avevo numerose deleghe. Sono stato per tutto il periodo assessore ai lavori pubblici, alle politiche del territorio; fino alla fine del 2014 sono stato anche assessore alle politiche della casa e dalla fine del 2014 assessore all’innovazione tecnologica e ai rapporti con il consiglio.
PM: Nel corso del periodo in cui lei ha svolto questo incarico di assessore ha conosciuto un tale Grasso Biagio?
De Cola: Io credo di averlo incontrato in un paio di occasioni perché questa persona venne ad incontrarmi nella mia stanza, nel mio ufficio ai lavori pubblici.
PM: Può riferire in che occasione? Se è venuto da solo, se è stato accompagnato da qualcuno e qual era l’oggetto dell’incontro?
De Cola: Io ho ricordo di due incontri. Il primo fu nel 2014 quando l’amministrazione decise di provare ad acquistare le case per gli alloggi sociali anziché farle costruire allo IACP. Quindi fu fatto un bando pubblico, vennero tantissime persone a parlarmi delle loro case, di vendere, eccetera, eccetera, e venne anche questo signore che fu accompagnato dall’ingegnere Cucinotta…
PM: Mi scusi, l’ingegnere Cucinotta all’epoca che ruolo aveva all’interno del Comune di Messina?
De Cola: L’ingegnere Cucinotta lavorava al dipartimento politiche del territorio. Se non sbaglio era il responsabile del servizio urbanistica. E niente, lui, come tante altre persone mi disse che loro avevano appartamenti, immobili da proporre in vendita e io dissi: Benissimo, c’è il bando, fate riferimento al bando, proponeteli, se c’era un meccanismo di punteggio degli alloggi in funzione della distanza da Fondo Fucile, perché l’obiettivo era quello di comprare alloggi per tentare di sbaraccare Fondo Fucile, quindi venivano premiati gli alloggi più vicini, poi gli alloggi più nuovi; insomma c’era un meccanismo di punteggio che veniva assegnato.
PM: Parliamo intanto di questo primo incontro. Quanto meno se può descrivere un po’ i particolari di questo incontro, se venne preannunciato, se è stato un incontro in qualche modo… Come si è svolto, se lo può descrivere.
De Cola: E’ stato un incontro come tutti gli incontri, le persone telefonavano in segreteria, prendevano appuntamento….
PM: In questo caso Grasso Biagio ha telefonato in segreteria, ha preso l’appuntamento?
De Cola: Probabilmente quella volta me lo chiese Raffaele, l’ingegnere Cucinotta… Mi disse che sarebbe venuto con una persona, che voleva proporre degli alloggi, delle cose… Ho detto: Va be’, venite!
PM: Ma qual era l’oggetto? Che cosa le disse l’ingegnere Cucinotta? Perché le preannunciò la visita del signor Grasso? Qual era l’interesse?
De Cola: Questo non lo so, io ricevevo sempre tutte le persone che volevano appuntamento con me per parlare di qualunque tema… In quel periodo parlai con moltissime persone che proponevano alloggi in vendita, probabilmente era una persona che Raffaele conosceva, che l’ingegnere Cucinotta, scusate, conosceva. Cucinotta non mi diede una spiegazione particolare.
PM: Ma l’ingegnere Cucinotta le portò altre persone che avevano interesse a questa vicenda degli acquisti degli alloggi di Fondo Fucile oltre al signor Grasso?
De Cola: Mi sembra di no. Mi sembra di ricordare… No, direi di no.
PM: Che cosa le chiese il Grasso e che cosa le disse anche il Cucinotta in quell’occasione?
De Cola: L’ingegnere Cucinotta non mi disse quasi nulla.
PM: Ma era presente all’incontro?
De Cola: Sì, mi ricordo che entrò nella mia stanza, mi disse che c’era questo imprenditore… Che era un imprenditore che operava su Messina, avevano degli appartamenti nella zona per la quale l’amministrazione aveva dimostrato interesse. Questo signore mi disse che loro avevano questi appartamenti nuovi che rispondevano in toto alle richieste del bando. Io dissi: Benissimo.
PM: Ma lei che cosa avrebbe dovuto fare? Perché sono venuti a parlare con lei?
De Cola: Ma non lo so, io non avrei dovuto fare assolutamente nulla perché c’era un bando pubblico e quindi… Poi gli uffici fecero tutta la graduatoria così com’era previsto nel bando assegnando i punteggi secondo quel meccanismo. Io non dovevo fare assolutamente nulla.
PM: Al di là di quello che lei ha fatto o non ha fatto, non è questa la domanda, se le è stato chiesto, in qualche modo di agevolare questa persona che è venuta accompagnata dall’ingegner Cucinotta?
De Cola: No, non mi è stato chiesto di agevolarla… Io ricordo che questa persona, anche come altri, disse: Stiamo stretti nei tempi perché le case sono finite però ancora non abbiamo l’abitabilità, ormai si chiama agibilità…. Ho detto: Guardate, se voi dovreste rientrare nella graduatoria utile tra gli alloggi che verranno acquistati, l’importante che quando si deve fare il rogito sia tutto in ordine.
PM: Quindi le è stato chiesto un differimento dei termini, una proroga?
De Cola: No, no, in quell’occasione no, in quell’occasione no.
PM: E in altre occasioni?
De Cola: Ci fu su questo tema degli alloggi sociali che è un tema, diciamo, sempre all’attenzione di chi fa politica a Messina perché è una piaga della città, ci fu una riunione della quarta commissione che appunto si occupa di urbanistica e di politica dell’abitare, in cui si parlò di questo bando che noi avevamo fatto e ricordo che alcuni consiglieri comunali che facevano parte della commissione chiesero di allungare i tempi perché i tempi che noi avevamo dato, a loro dire, erano molto stretti.
PM: E questo quando avvenne?
De Cola: Siamo nella primavera/estate del 2014 più o meno; mi ricordo che era febbraio/marzo, la prima delibera, quella con cui abbiamo stabilito di fare questa evidenza pubblica per acquistare gli alloggi. Poi avevamo dato un mese, mi sembra, per presentare le domande, e poi nacque questa esigenza di posticipare un po’ sia su richiesta dei consiglieri sia anche su richiesta di molte persone che venivano a parlare. Dicevano: Noi ci siamo, però abbiamo bisogno ancora due settimane– non so – per la certificazione dell’impianto elettrico piuttosto che per chiudere una pratica.
PM: Per cui vennero prorogati questi termini?
De Cola: Vennero prorogati, a memoria, di un mese.
PM: Ma Grasso in questa occasione venne nuovamente da lei per chiedere questa proroga dei termini?
De Cola: No, no, non venne, venne solo una volta per questo tema.
PM: Invece lo ha incontrato anche in altre occasioni?
De Cola: Io ricordo di averlo incontrato nuovamente sempre con l’ingegnere Cucinotta che mi chiese di incontrare questa persona che, come imprenditore, voleva fare una proposta di project financing sul così detto Fosso di via La Farina. Io avevo avuto tre o quattro incontri in quel periodo su questa storia del Fosso e anche con questa persona che disse che loro erano interessati a fare una proposta di project, dicevano che volevano fare parcheggi, uffici. Ho detto: Guarda, c’è una normativa specifica in materia, seguitela, presentate la vostra proposta nei termini dovuti e noi cercheremo di rispondervi.
PM: Ma perché vennero da lei? Qual era lo scopo di questo ulteriore incontro?
De Cola: Immagino che un imprenditore che voglia fare una proposta sicuramente grossa, di molti milioni di euro, in pieno centro città, magari va a parlare con un amministratore per capire se ci sono motivi ostativi… Ma da parte nostra non c’era nessun motivo ostativo, cioè vennero più persone a parlare del Fosso, vennero professionisti, vennero altri imprenditori… Io a tutti dissi: Presentate la vostra proposta e noi la valuteremo. Però nessuno presentò mai nulla, neanche questo signor Grasso.
PM: Ma era presente anche a questo secondo incontro l’ingegnere Cucinotta?
De Cola: Sì, sì, era presente.
PM: Ma intervenne in qualche modo nella conversazione l’ingegnere Cucinotta o con il Grasso le chiesero, appunto, al di là di informazioni generali, anche in questo caso di avere agevolazioni?
De Cola: No, no, non mi fu chiesto… Agevolazioni no, mi ricordo che allora si parlò più o meno di questa idea.. Mi ricordo anzi che dissero che loro potevano garantire, come dire, una firma come architetto di grande rinomanza, sarebbe stata una cosa che avrebbe dato prestigio alla città… No, però non fu chiesto un favore, non fu chiesto nulla di particolare.
PM: Ci sono state altre occasioni di incontro con Grasso?
De Cola: No, ricordo queste due e basta.
PM: Ma poi lei con Cucinotta ebbe modo di parlare di queste due vicende, cioè degli acquisti degli alloggi di Fondo Fucile e del parcheggio di via La Farina? Avete in qualche modo commentato?
De Cola: Intanto devo dire che io parlavo molto spesso con l’ingegnere Cucinotta perché lui era responsabile di un servizio molto importante per cui era normale avere per me un’interlocuzione con lui su tanti temi. Ricordo che abbiamo fatto qualche volta qualche ragionamento insieme, poi questa storia del project di via La Farina… Però così, a livello di chiacchiere, mentre delle case, degli alloggi non ne parlammo mai. Mai, anche perché tutto il procedimento per l’acquisto degli alloggi era incardinato in un altro dipartimento che era quello per le politiche della casa dove Raffaele non lavorava. In realtà lui era un po’ fuori piazza rispetto al tema. Il dirigente del dipartimento che si occupava era l’architetto Maria Canale.
PM: Lei conosce l’architetto Parlato? (Salvatore Parlato, ex funzionario del settore Urbanistica del Comune di Messina, condannato a un anno in primo grado, lo scorso giugno, al processo abbreviato Beta due proprio relativamente all’affaire degli alloggi di Fondo Fucile, NdA).
De Cola: Certo.
PM: Riguardo in particolare agli acquisti degli alloggi di Fondo Fucile, lei sa se ha avuto un ruolo all’interno di questa vicenda?
De Cola: Sì, ricordo bene che una volta chiuso il bando, quindi ricevute le offerte da parte dei privati che proponevano i loro alloggi in vendita, fu fatto una specie di piccolo gruppo di lavoro, ricordo quattro persone… Una di queste quattro era l’architetto Parlato. Esse dovevano vagliare queste offerte e verificare che fossero in ordine, che rispettassero quanto richiesto dal bando. L’architetto Canale suddivise il lavoro tra queste persone e loro fecero delle schede. Ho partecipato a qualche riunione perché cercavo un po’ di sollecitare l’iter. Quindi ricordo bene questi incontri in cui, appunto, loro portavano queste schede, ne avevano fatte una, due, ne dovevano fare ancora tre, quindi questo è il tipo di lavoro.
PM: Quando Grasso venne a parlare con lei di questi progetti, le disse se lui era un imprenditore che era in società con qualcun altro, con chi aveva intenzione di realizzare questo affare?
De Cola: Mi disse che era un imprenditore, che lavorava su Messina, che erano interessati a fare delle cose, però non mi disse con chi, né se la sua società…
Giudice a latere dott.ssa Letteria Silipigni: Erano interessati chi? Ha parlato al plurale lei…
De Cola: Lui parlava sempre di società, di un gruppo, però non mi disse mai i nomi… Lui mi disse che era un imprenditore, che aveva un gruppo di persone che lavorava con lui.
L’interrogatorio si è poi indirizzato ad un altro tema-chiave sui presunti interessi del gruppo criminale dei Romeo-Santapaola, quello relativo alla realizzazione (semifallita) di alcuni complessi residenziali nell’area di Torrente Trapani alta.
PM: Lei si è occupato anche, nella qualità di assessore, della vicenda della realizzazione di immobili sul torrente Trapani? Ha avuto occasione di occuparsi di questo progetto immobiliare?
De Cola: Sì, sì, assolutamente sì.
PM: I soggetti di cui stiamo parlando adesso, l’ingegnere Cucinotta, Grasso Biagio, le risulta che si siano interessati a questo progetto edilizio?
De Cola: Io mi sono interessato all’enorme problema del torrente Trapani… Diciamo che io l’ho preso in una fase finale, era già tutto fatto, il Magistrato aveva già dichiarato illegittimo il piano di lottizzazione e quindi tutte le concessioni a valle del piano… E quindi c’era in atto questa tragedia, ricordo c’erano ottanta famiglie che abitavano in case che non erano più loro. Quindi fecero una serie di incontri e di riunioni con gli imprenditori, con gli abitanti, con gli acquirenti di queste case e mi ricordo che andai anche una volta a Palermo a cercare soluzioni insieme con l’Assessorato al territorio ambiente, che non si trovarono purtroppo. Però non ricordo la presenza dell’ingegnere Cucinotta… No, in quelle riunioni no. C’erano altri tecnici di politica del territorio, c’era l’ingegnere Marmino (Francesco Marmino, funzionario del Dipartimento del Comune di Messina, NdA), mi ricordo che faceva parte anche lui un po’ di questo tavolo tecnico che avevamo messo insieme. Mi ricordo che uno o due volte venne anche Salvatore Parlato, però l’ingegnere Cucinotta mi pare non ci fosse.
PM: E degli imprenditori chi ricorda? Le ditte costruttrici?
De Cola: Io ricordo che venne uno degli imprenditori che realizzava, mi scuso ma non ricordo il nome, perché, diciamo, si concordò così, per le vie brevi quella che era una possibile soluzione che poi portammo avanti come ragionamento e andammo a proporre a Palermo. La soluzione era non fare più nulla cioè abbandonare la metà della lottizzazione, mettere in sicurezza tutto quello che c’era e ripresentare un piano di lottizzazione che fotografasse l’esistente per consentire alle persone che avevano comprato casa di non perdere la proprietà.
PM: Ma lei si occupò anche del possibile spostamento di cubatura dell’area del torrente Trapani?
De Cola: No, no.
PM: Ma ne ha sentito parlare nel corso della sua attività?
De Cola: Ne ho sentito parlare ma non me ne sono mai occupato perché non credevo, per altro, che fosse una cosa da fare.
PM: Ma sa se se ne è occupato qualcun altro, se è una cosa di cui si è parlato concretamente all’interno degli organi comunali?
De Cola: In quel periodo, mentre io sono stato assessore direi di no, almeno non che io sappia… A meno che non siano state fatte delle discussioni non ufficiali, non alla presenza dell’assessore. A me non risulta che si sia parlato di questo ma la condizione era tale che era veramente difficile pensare a questa discussione.
PM: Ma perché?
De Cola: Perché lì il Magistrato aveva dichiarato illegittimo a seguito di una perizia tecnica tutto quello che era stato fatto quindi non c’era più il piano di lottizzazione, non c’erano più le concessioni edilizie, quindi anche se per ipotesi, secondo me assurda, qualcuno avrebbe voluto pensare di spostare quella volumetria, come si spostava una volumetria che non esisteva? Un po’ strana come logica da seguire…
PM: Infatti la domanda era se comunque se ne parlò nei tavoli tecnici…
De Cola: Forse non sono stato chiaro. Io ho partecipato a dei tavoli perché molte delle persone che abitavano in queste case vennero da me a dire: Noi siamo disperati, non sappiamo come fare, aiutateci, perdiamo la casa. Stiamo parlando di impiegati che si erano fatti un mutuo, avevano acquistato una casa, adesso pagavano il mutuo perché la banca voleva i soldi e loro non avevano più la casa, quindi situazioni veramente tragiche. E quindi cercammo di capire, mettemmo assieme questo tavolo in cui c’erano un po’ di tecnici del comune, i rappresentanti dei vari condomini e i vari imprenditori che si dichiararono pure disponibili a non fare più nulla di quanto previsto cioè della metà circa e di fare la messa in sicurezza di tutto.
PM: Lei non ricorda chi erano questi imprenditori?
De Cola: Io sinceramente il nome non lo ricordo però credo che ci siano dei verbali fatti di queste riunioni per cui probabilmente si possono recuperare.
PM: Però Grasso non se lo ricorda?
De Cola: No, direi di no.
Concluso l’esame del Pubblico ministero, dottoressa Liliana Todaro, l’ineggenere Sergio de Cola è stato controesaminato dall’avvocato Salvatore Silvestro, difensore dell’imputato Raffaele Cucinotta.
Avv. Silvestro: Lei, rispondendo alle domande del Pubblico Ministero, ha detto di conoscere Grasso Biagio. Può riferire al Tribunale quando l’ha conosciuto, cioè quando lei ha saputo e se lo ha saputo in che contesto che quella persona era Grasso Biagio?
De Cola: Io ho incontrato questa persona nelle occasioni che ho detto prima… Poi ho appreso dai giornali quando c’è stata tutta l’inchiesta che questa persona era quella che era venuta a parlare con me.
Avv. Silvestro: Ma questo perché lei ha letto le dichiarazioni di questo signore che ha assunto di essere venuto a parlare con lei?
De Cola: Lui ha detto che si era incontrato con me (…) Probabilmente scavando in qualche agenda trovo pure il nome perché la segreteria quando prendeva gli appuntamenti comunque prendeva un appunto… Si potrebbe anche ritrovare, e poi, diciamo, ho saputo dall’evolversi di questa inchiesta che era questo signor Biagio Grasso….
Avv. Silvestro: Lei, sentito il 28 maggio del 2018 in Messina dagli ufficiali di polizia giudiziaria del Ros (Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei carabinieri, NdA), testualmente riferisce: Non conosco Grasso Biagio.Ricordo di aver incontrato una persona nel periodo in cui ero assessore con delega al risanamento che si accompagnava assieme a Cucinotta Raffaele in occasione della pubblicazione di un bando. Lei oggi a domanda del Pubblico Ministero che le ha chiesto: Conosce Grasso Biagio?, risponde. Sì, è quella persona con cui…. Ora io le dico: dal 2018 ad ora che cosa è cambiato nelle sue conoscenze?
De Cola: No, nelle mie conoscenze non è cambiato assolutamente nulla. Però non posso ignorare di aver letto giornali, visto fotografie.
Avv. Silvestro: Quindi lei associa quella persona che era con l’ingegnere Cucinotta da quello che ha letto nei giornali?
De Cola: Sì… Quando sono stato interrogato dai Carabinieri, adesso io non ho, come lei sa, questo verbale, loro stessi mi dissero: C’era il signor Biagio Grasso
Avv. Silvestro: Le esibirono delle foto? Effettuaste un verbale di individuazione fotografica?
De Cola: No.
Avv. Silvestro: In quel periodo qualche consigliere comunale, qualche altro funzionario del Comune accompagnò imprenditori da lei o, per quello che lei sa, da altri assessori per metterli in contatto, per capire come funzionava questo bando?
De Cola: In quel periodo vennero da me molte persone… Vennero agenzie immobiliari, proprietari di singoli appartamenti, proprietari di interi stabili, perché siccome era un formula un po’ innovativa, volevano essere sicuri di poter proporre i loro immobili.
Avv. Silvestro: Lo stesso anche per quel progetto di Project financing del Fosso di Via La Farina?
De Cola: Sì, ebbi almeno tre o quattro incontri. Sì, con altre persone, con altri soggetti…
Avv. Silvestro: Ricorda dove si è sviluppato quell’incontro?
De Cola: Sì, nella mia stanza a palazzo Zanca.
Avv. Silvestro: Ricorda se è stato un incontro programmato o è stato un incontro causale e poi vi siete recati nella stanza?
De Cola: Casuale non credo perché gli incastri degli appuntamenti erano sempre abbastanza complessi da gestire quindi sicuramente ci sarà stato un accordo con la segreteria o con me direttamente tramite l’ingegnere Cucinotta.
Avv. Silvestro: L’ingegnere Cucinotta era presente in tutte e due le occasioni?
De Cola: Sì, io ricordo di sì.
Avv. Silvestro: L’ingegnere Cucinotta, in occasione di tutti quegli incontri a cui lei ha fatto riferimento, tavoli tecnici, ecc., le chiese mai un interessamento o comunque notizie circa la procedura di assegnazione degli alloggi?
De Cola: No.
Avv. Silvestro: Le chiese se il Comune aveva altri interessi sul Fosso di via La Farina in contrasto con quelli che magari poteva avere quel signore con cui si accompagnava?
De Cola: No, l’ingegnere Cucinotta non mi chiese mai nulla, soprattutto per gli alloggi perché poi, per il Fosso di via La Farina, essendo lui un funzionario molto esperto del dipartimento urbanistico conosceva perfettamente le problematiche dell’area.
Avv. Silvestro: Quindi non manifestò mai alcun interessamento particolare? Non le fece mai nessuna pressione?
De Cola: No, assolutamente.
(…)
Avv. Silvestro: Si ricorda da quanto tempo lavorava l’ingegnere Cucinotta al Dipartimento politiche del territorio?
De Cola: Non lo so, credo da tantissimi anni… Da molto prima che arrivassi io come assessore.
Avv. Silvestro: Si ricorda la qualifica che rivestiva?
De Cola: Lui era responsabile del servizio urbanistica, se non sbaglio. Non ricordo esattamente la dizione del servizio, però era il servizio che seguiva proprio i Piani.
Avv. Silvestro: Aveva autonomia decisionale?
De Cola: No, era un funzionario. I dipartimenti sono organizzati che i vari servizi, attraverso il capo servizio e i funzionari, portano le proposte, gli atti alla firma del dirigente, che comunque è il responsabile.
Avv. Silvestro: Per quello che le risulta, il dipartimento politiche del territorio presso cui era addetto l’ingegnere Cucinotta aveva competenze per il rilascio di concessioni edilizie e per gli oneri concessori?
De Cola: No, concessioni edilizie no. Gli oneri concessori venivano trattati dal dipartimento edilizia privata che è un altro dipartimento, rispetto al quale l’ingegnere Cucinotta non aveva alcuna competenza. E’ da dire che i due dipartimenti praticamente sono molto vicini perché edilizia privata e urbanistica trattano materia in tutto simile. Anche fisicamente… Uno era al primo piano del Dante Alighieri e l’altro era al pianoterra.
Avv. Silvestro: Il dipartimento politiche del territorio aveva competenza sui progetti di finanza?
De Cola: No. Il project financing è un progetto di finanza, una delle modalità previste dalle norme vigenti per realizzare opere pubbliche con denaro privato. Quindi direi che andava incardinato probabilmente ai lavori pubblici; se fosse arrivata una proposta sarebbe andata ai lavori pubblici.
Avv. Silvestro: Invece per quanto riguarda i programmi complessi, i programmi di recupero urbano come quelli a cui ha fatto riferimento rispondendo a qualche domanda del Pubblico Ministero, qual era il dipartimento che aveva le competenze specifiche? Si occupava il dipartimento politiche del territorio?
De Cola: I programmi complessi era un ufficio che esisteva quando noi siamo arrivati e noi lo abbiamo smantellato perché ritenevamo che non fosse utile. Il personale che c’era in quell’ufficio è andato in parte ai lavori pubblici, in parte in altri dipartimenti.
Avv. Silvestro: Chi era il dirigente?
De Cola: Il dirigenti di programmi complessi? Non lo ricordo perché, lo ripeto, noi lo smontammo quando arrivammo.
Avv. Silvestro: I programmi di recupero urbano?
De Cola: I programmi di recupero urbano è un termine molto ampio…
Avv. Silvestro: Nella sua ampiezza…
De Cola: No, non so bene a cosa lei si riferisca. Un programma di recupero urbano è un qualcosa che deve interessare la pianificazione e quindi passare per la pianificazione sicuramente. Probabilmente lei fa riferimento ai cosiddetti Piani di risanamento… In quanto tali, essi stavano al dipartimento politiche del territorio che li vagliava, li approvava e andavano avanti…
Avv. Silvestro: Per quanto riguarda le procedure per gli alloggi popolari, l’ingegnere Cucinotta aveva qualche competenza?
De Cola: No.
Avv. Silvestro: Lei ricorda come è nata e si è sviluppata nel 2014 la procedura di acquisto degli alloggi popolari?
De Cola: Sì, certo che lo ricordo. Nasce dal fatto che noi osservammo che gli alloggi realizzati dallo IACP hanno dei costi incredibilmente alti, infinitamente più cari di qualunque alloggio si possa andare a comprare sul mercato e allora questa considerazione, associata a quella che la città di Messina è stata devastata dal PRG ancora vigente, una città surdimensionata nel suo dimensionamento di vani (infatti la città è piena di vendesi, affittasi, sono tutti vani vuoti e resteranno vuoti), abbiamo detto: Anziché costruire degli altri alloggi che peraltro ci costano un botto, proviamo a comprare sul mercato, vediamo se ci riusciamo. Nacque questa idea, facemmo un po’ di battaglie alla Regione perché all’inizio l’assessorato regionale non voleva concederci l’utilizzo dei fondi sulla legge 10/90 con cui facemmo quel bando… Poi si convinsero e partì il bando. Il dipartimento che aveva la competenza su questa procedura era Politica della casa. L’architetto Maria Canale era il dirigente.
Avv. Silvestro: Lei ha già riferito che non aveva nessuna competenza l’ingegnere Cucinotta su queste procedure di alloggi popolari. Ma anche da non competente o da abusivo o da estraneo ha mai partecipato in qualche modo a questa procedura? Lei lo ha mai visto presente a qualche tavolo o qualcuno le ha detto della presenza dell’ingegnere Cucinotta?
De Cola: No.
Avv. Silvestro: Quando nasce l’esigenza di individuare alcuni tecnici per effettuare la costituzione di quel gruppo di lavoro che doveva vagliare le offerte, l’ingegnere Cucinotta le chiese mai di farne parte?
De Cola: No.
Avv. Silvestro: Sa se lo chiese a qualcuno?
De Cola: Questo non lo so, che io sappia no, però… Non a me.
Avv. Silvestro: Lei ha avuto modo di verificare l’offerta concretamente formulata o rappresentata dalla società Parco delle Felci?
De Cola: Ovviamente no. Ricordo che era una palazzina con numerosi alloggi, che era vicina all’area di interesse e che erano alloggi nuovi…
Avv. Silvestro: Ma erano tutti o erano soltanto una parte?
De Cola: Questo non lo ricordo. Non sono mai entrato in un dettaglio tecnico di questo tipo, non era mio compito.
Avv. Silvestro: Per la procedura di gara potevano essere offerti anche alloggi in corso di costruzione?
De Cola: Potevano essere offerti alloggi che dovevano essere però totalmente completati e con agibilità entro un certo limite temporale.
Avv. Silvestro: Erano sei mesi dalla presentazione delle offerte?
De Cola: Non lo ricordo. Sicuramente sarà scritto nel bando. C’è un motivo, diciamo. Il motivo è che a Messina, molto spesso, sono stati fatti dei finti bandi per acquistare case che non erano neanche tracciate per poi essere costruite e dopo aver fatto l’accordo furono costruite e comprate. Allora noi, per evitare tutto ciò, abbiamo detto: A noi non interessa nulla. Perché vennero anche questi signori che volevano proporre le case sulla carta e dicono: Voi le comprate, noi ve le costruiamo al prezzo che volete. Dissi: Noi facciamo un bando perché non vogliamo fare volumi nuovi perché riteniamo che in città ce ne siano già troppi. La ratio era questa. Non entro nel merito di qual è lo stato dell’alloggio che il privato vuole vendere all’amministrazione però entro nel merito della data: la casa la devi costruire ma sei un mago e in tre mesi ce la fai? Bene, se riesci…
Avv. Silvestro: Al di là di questa proroga generalizzata che riguardava praticamente tutti, lei sa se fu mai avanzata una richiesta di proroga da parte del singolo offerente, ad esempio Parco delle Felci?
De Cola: Che io sappia no. Comunque non avrebbero dovuto versarla a me ma, a limite, al dipartimento.
Avv. Silvestro: Lei lo avrebbe saputo?
De Cola: Probabilmente sì. Col dirigente generalmente ci rapportavamo sempre, cercavamo di seguire in sintonia l’iniziativa.
Avv. Silvestro: Quando nasce l’esigenza della costituzione di quel tavolo tecnico o di quel gruppo di lavoro a cui lei ha fatto riferimento? Dei tecnici che dovevano vagliare le offerte d’acquisto delle case?
De Cola: Una volta che si è concluso il periodo per ricevere le offerte, queste furono intanto guardate un po’ così dal dipartimento dopodiché, siccome bisognava verificare che quanto dichiarato dai privati fosse rispondente alla verità e quindi siccome erano tante, nacque un problema perché il dipartimento era, come sempre, sotto organico e quindi chiedemmo aiuto ad altri dipartimenti dove c’erano tecnici. Venne Salvatore Parlato proveniente dall’edilizia privata, l’architetto Reale da politiche del territorio, poi c’era il geometra Sangiorgi che lavorava in quel dipartimento e c’era anche, mi sembra, l’architetto Corace da lavori pubblici. Come dire, per avere un po’ più forza lavoro per verificare le offerte.
Avv. Silvestro: Verificare la congruità delle offerte, la rispondenza ai criteri del bando o perché erano anche pervenute tantissime offerte?
De Cola: Ne erano pervenute tante, non tantissime. Per verificare la correttezza sia tecnica che amministrativa, cioè l’alloggio deve avere un servizio igienico dotato di… Quindi bisogna andare a fare un sopralluogo, deve essere di tot metri quadri, è così o non è così? E poi anche l’offerta… Siccome comunque queste case per noi erano alloggi sociali, il loro costo è regolamentato e quindi gli offerenti avrebbero dovuto basarsi sulla norma per fare la loro offerta, non è che potevano dire duemila euro a metro quadro, mille euro a metro quadro. Quindi era stato fatto anche questo riscontro. Ricordo anche che a qualcuno dei soggetti che aveva presentato offerta fu detto: Guarda che la tua offerta è troppo alta, te l’abbassiamo. Il singolo tecnico che effettuava il sopralluogo doveva verificare intanto la rispondenza dell’offerta, perché loro offrivano una planimetria, una piantina: risponde, non risponde e poi controllare anche la stima.
Avv. Silvestro: L’istruttoria quindi da chi fu seguita? Se ne occupò, sempre il dipartimento politiche della casa?
De Cola: Sempre il dipartimento politiche della casa che si avvalse dell’apporto di alcuni tecnici di altri dipartimenti.
Avv. Silvestro: Sempre con un Cucinotta assolutamente non interessato…
De Cola: No, l’ingegnere Cucinotta non fece parte di questo gruppo di lavoro.
(…)
Avv. Silvestro: Senta, al fine di dipanare qualche equivoco che potrebbe insorgere, l’architetto Parlato e l’ingegnere Cucinotta facevano parte dello stesso dipartimento?
De Cola: No, l’architetto Parlato all’inizio stava al patrimonio e poi fu trasferito all’edilizia privata, mentre l’ingegnere Cucinotta per tutto il periodo stava a politiche del territorio. Erano in due dipartimenti diversi.
Avv. Silvestro: L’architetto Parlato, quindi, per tutta la fase anteriore alla presentazione delle offerte e alla scadenza del termine, non ha avuto nessuna competenza…
De Cola: E’ così.
Avv. Silvestro: Ma queste offerte degli immobili come avvenivano concretamente? Erano in busta chiusa?
De Cola: Forse sì, non lo so sinceramente come venivano fatti ma non credo, non c’era motivo, non c’era una gara anche perché gli alloggi venivano acquistati non per il prezzo ma per il punteggio. Nel bando era descritto un meccanismo di punteggio cioè ti do 10 punti se sei molto vicino, 9 se sei più lontano, 8 se sei più lontano. Quindi io ti do 8 punti se l’alloggio è nuovo, sette se ha vent’anni… Ora io sto semplificando, c’era un meccanismo di punteggio e poi veniva fuori un numero.
Avv. Silvestro: Possiamo dire che non è stata istituita neanche una commissione di gara perché non c’è stata una vera e propria gara?
De Cola: Non c’era una gara. Era una richiesta di acquisto. C’era un bando pubblico che chiedeva alloggi da comprare.
Avv. Silvestro: Lei conosce o ha conosciuto l’ingegnere Cosimo Polizzi?
De Cola: Polizzi? No.
Avv. Silvestro: Quindi è inutile che le chieda se l’ingegnere Cosimo Polizzi ha svolto il ruolo di consulente tecnico esterno del Comune in questo periodo?
De Cola: Con i miei assessorati? No, che io sappia no. Se l’ha fatto con un altro assessorato non lo so. Il Comune è una macchina grande.
Avv. Silvestro: Visto che lei comunque non conosce l’ingegnere Polizzi fisicamente, ricorda se l’ingegnere Cucinotta ebbe mai a chiederle qualcosa per l’ingegnere Polizzi? Le ha caldeggiato qualcosa? Le ha chiesto di fargli ricoprire qualche incarico?
De Cola: No.
Avv. Silvestro: In riferimento al Fosso di via La Farina, poi venne presentato qualche progetto?
De Cola: No, nulla, nessuna delle conversazioni avute portò un qualche esito.
Avv. Silvestro: Ma se fosse stato presentato, l’ingegnere Cucinotta avrebbe avuto qualche competenza?
De Cola: Il suo dipartimento sicuramente sì perché c’era stata la fase di approvazione di un progetto per capire se era conforme allo strumento urbanistico.
Avv. Silvestro: Sempre propositivo rispetto al dirigente, giusto?
De Cola: Certo, il suo ufficio avrebbe istruito la pratica, riceveva un nuovo progetto, doveva verificare se rispondeva alle indicazioni normative vigenti per quell’area, avrebbe fatto il suo parere, lo avrebbe sottoposto al dirigente.
Avv. Silvestro: Comunque non aveva una potestà decisionale?
De Cola: Non era un dirigente l’ingegnere Cucinotta al Comune di Messina.
Avv. Silvestro: Nel 2014 in quel Fosso era possibile che si potesse costruire il secondo Palazzo di giustizia?
De Cola: No, ma neanche adesso.
Avv. Silvestro: Qual è il motivo?
De Cola: Per la legge regionale urbanistica vigente, l’art. 15 della legge 71/78, entro cinquecento metri dalla battigia c’è un indice di 0.75 metri cubi per metro quadro, cioè un piano si può fare. (Da rilevare come l’ipotesi di realizzare il secondo Palazzo di giustizia nell’area del cosiddetto Fosso di via La Farina è stata invece rilanciata nei mesi scorsi dall’amministrazione del sindaco Cateno De Luca, NdA).
Avv. Silvestro: Ingegnere, le risulta se in quel periodo, 2014/2013 in cui è stato assessore o prima o anche dopo, sia stata mai presentata una proposta per il recupero urbano dell’area ex Sanderson?
De Cola: Non lo so perché l’area ex Sanderson era e credo sia ancora di competenza regionale. Comunque non al Comune però direi di no perché abbiamo avuto parecchi incontri tentando di sollecitare la Regione a fare qualcosa e non…
Avv. Silvestro: Quindi è inutile che le chiedo se l’ingegnere Cucinotta manifestò mai interesse per questa area…
De Cola: Sicuramente no, perché appunto l’ingegnere Cucinotta, ripeto, era un funzionario anziano, esperto, sapeva benissimo che l’area non era nelle competenze del Comune.
Avv. Silvestro: Quindi poteva essere realizzato un centro commerciale in quell’area, all’ex Sanderson?
De Cola: Credo proprio di no. Però, ripeto, è un’area al di fuori delle competenze comunali, non…
Avv. Silvestro: Lei ha detto: Escludo che qualcuno abbia mai presentato una richiesta di spostamento di cubatura dal Torrente Trapani a via... Ma al di là della presentazione di questo progetto, era possibile farlo nel 2014?
De Cola: Le ripeto no, perché al Torrenti Trapani un Magistrato ha dichiarato illegittime le concessioni per cui non esistono le cubature, quindi che cosa sposti?
Avv. Silvestro: Al di là del provvedimento del Magistrato che domani potrebbe anche essere revocato, appellato, impugnato?
De Cola: No, comunque non c’era uno strumento per smontare all’interno della nostra attuale organizzazione in materia urbanistica, non c’è.
Avv. Silvestro: Si ricorda quando è stata introdotto questa possibilità dalla legge regionale? Se è la 16/2016 e quindi due anni dopo? Lo spostamento di cubatura?
De Cola: Però lo spostamento di cubatura introdotto nel 2016 deve comunque raccordare con gli strumenti vigenti, io credo che ancora oggi a Messina…
Avv. Silvestro: Quindi né nel 2014 né con quella legge né oggi era possibile fare?
De Cola: No.
Avv. Silvestro: Okay. Lei ricorda se qualcuno ebbe mai a chiederle notizie per una concessione edilizia della ditta Edil Raciti?
De Cola: Edil Raciti? Il nome francamente non mi dice nulla… Se mi aiuta, se mi dice di cosa si tratta... Di nomi io ne ho sentiti migliaia in cinque anni, se lei mi dice magari di quell’intervento posso localizzarlo meglio, ma il nome no.
Avv. Silvestro: Questo nome non le evoca neanche la figura dell’ingegnere Cucinotta, se qualche volta l’ingegnere Cucinotta le chiese qualcosa?
De Cola: No, anche perché le concessioni le rilasciava e le rilascia per legge il dipartimento edilizia privata oppure, se lavori pubblici, i lavori pubblici.
Avv. Silvestro: Lei ha mai avuto contezza se l’ingegnere Cucinotta, al di fuori delle sue prerogative, chiamiamole istituzionali, nelle funzioni che esercitava all’interno del Comune, fosse solito seguire i progetti di altri professionisti?
De Cola: Non lo so, io conosco e ho incontrato molte volte l’ingegnere Cucinotta ma solo nell’ambito del Comune, al di fuori non so delle sue attività, non ho idea.
Avv. Silvestro: Ricorda se l’ingegnere Cucinotta nel 2014, nel periodo in cui lei è stato assessore, si è occupato di pianificazione e gestione del territorio?
De Cola: Sì, lui si occupava della parte di pianificazione, diciamo così.
Avv. Silvestro: Lei si ricorda se stava seguendo la procedura proprio relativa alla pianificazione territoriale?
De Cola: Noi nel 2014 abbiamo avviato e quasi concluso alcune azioni importanti. Una prima fu uno studio cumulativo sugli impatti ambientali che era stato richiesto dal Ministero dell’Ambiente, non so, sette/otto anni prima e fu conclusa nel 2014 e rientrava, diciamo, tra le azioni a cui sicuramente ha partecipato anche l’ingegnere Cucinotta. Poi avevamo avviato e portato assolutamente avanti la cosiddetta Variante di salvaguardia e anche in quella l’ingegnere Cucinotta rientrava perfettamente nelle sue funzioni… Poi si stava avviando l’iter per il nuovo Piano regolatore. Tutti temi, diciamo…
Avv. Silvestro: Può spiegare in che cosa consisteva questa Variante parziale di salvaguardia ambientale, per che cosa nasce e qual era l’obiettivo?
De Cola: La Variante parziale di tutela ambientale, cosiddetta salvacolline,a Messina nasce da una delibera di Consiglio comunale del 2012 perché il consiglio precedente a quello dove c’ero anche io, con enorme ritardo rispetto alla tragedia del primo ottobre del 2009 a Giampielieri dove sono morte quaranta persone, aveva dato mandato al dipartimento politiche del territorio di redigere una Variante al Piano regolatore vigente che tenesse conto degli esiti di uno studio sul rischio fatto dall’ENEA, un soggetto istituzionale importantissimo. Questa cosa non era stata fatta e siccome per noi era importantissimo farla, mettemmo mano a questa variante. La variante, diciamo, è un contenitore di tutti i vincoli esistenti e in più recepisce le indicazioni dello studio dell’ENEA che, ad oggi, non sono recepite nel Comune di Messina. Sono indicazioni molto importanti e molto interessanti perché per la prima volta non parlano di cose accadute come, ad esempio, il Piano di assetto idrogeologico, il famoso Pai che non è null’altro che il censimento delle frane, i dissesti… Invece lo studio ENEA parla in prospettiva, dice: In questo territorio, per questi motivi c’è un rischio. E noi avevamo mappato tutte queste cose. La variante ha come esito la cancellazione di circa due milioni di metri cubi di potere edificatori dei territori.
Avv. Silvestro: In questo caso un terreno edificabile diventava non edificabile?
De Cola: Esattamente. Quindi il diritto concesso da uno strumento urbanistico è difficile da togliere… Questa procedura veniva ammortizzata per i proprietari da un’altra delibera fatta sempre prima del nostro arrivo, nel 2012, noi ci siamo insediati a giugno del 2013, in cui si diceva che se in questa variante, per cui si dava al dipartimento politiche del territorio indicazione di procedere, c’era qualcuno che perdeva il potere edificatorio, poteva iscrivere questi volumi in un registro dei volumi e poi questi volumi sarebbero stati riutilizzati da un’altra parte. Ma questo c’era già prima di noi. Noi abbiamo messo in atto delle cose che erano state dette ma nessuno aveva fatto perché erano un po’ scomode.
Avv. Silvestro: Comunque quel terreno sostanzialmente non valeva più niente?
De Cola: Be’, no, perché con questo meccanismo dell’iscrizione dei volumi, se io ho, faccio un esempio, mille metri cubi in un terreno a Castanea, a Salice, e la variante su quel terreno mi dice: Guarda, qui non puoi più costruire, allora io quei mille metri cubi li posso iscrivere in questa banca dei volumi.
Avv. Silvestro: E che me ne faccio, scusi?
De Cola: Il procedimento è che un imprenditore che in un domani andrà a realizzare cubature in un territorio in cui è possibile realizzarle può anche comprare il potere edificatorio della banca dei volumi. E’ un meccanismo abbastanza complesso ma la logica è questa.
Avv. Silvestro: E se queste cubature non si iscrivano nel registro che succede?
De Cola: Si perdono. Però questa iscrizione nel registro fu pubblicizzata mille volte almeno.
Avv. Silvestro: Le risulta se tutto il terreno relativo al complesso immobiliare dove ricadeva Parco delle Felci sia stato oggetto di questa declassificazione?
De Cola: No, credo di no. No, non lo so, ma direi di no come logica.
Avv. Silvestro: Se io le sottopongo il protocollo 220400 dell’11 settembre del 2017 rilasciato dal dipartimento politiche del territorio, lei è in grado di verificare se la particella del foglio 132 in località villaggio Aldisio di cui era intestataria catastale la ditta Parco delle Felci, sia stata oggetto di declassificazione? Questo è un attestato rilasciato il 2017 ma la procedura è del 2014.
De Cola: Questa è una nota del dipartimento politiche del territorio, dell’ufficio piano regolatore che ha come oggetto: Richiesta attestato Variante parziale di salvaguardia ambientale al PRG, nota numero del 21 agosto 2017. Pervenuta tramite Pec il 14/8/17.
Avv. Silvestro: Ingegnere, può riferire se tra l’elenco delle particelle catastali interessate dalla Variante di salvaguardia ambientale sono inserite le particelle 2166, 2168?
De Cola: Parco delle Felci, eccolo qua. 132 particella 291. E poi 132 particella 293 e poi sempre 132 come foglio, ci sono delle altre particelle, 132/33… Con vari… particella 295, 296…
Avv. Silvestro: Tutte quelle di Parco delle Felci sono state tutte declassificate?
De Cola: Sì. Sono intestate Parco delle Felci Srl.
Avv. Silvestro: Il Piano di salvaguardia quando è stato approvato?
De Cola: No, questa è la tragedia, non è mai stato approvato. Fu approvato dalla Giunta, ebbe tutte le approvazioni tecniche, Genio Civile, Sovrintendenza, Regione, eccetera, eccetera… Il Consiglio si è rifiutato di guardarlo.
Avv. Silvestro: Desidero sottoporle un altro attestato, è il protocollo n. 295.801 sempre del 27/11/2017.
De Cola: Sì. Anche questa è una nota del dipartimento politiche del territorio, ufficio piano regolatore del 27 novembre 2017. L’oggetto è: Richiesta attestato integrativo Variante parziale di salvaguardia ambientale al PRG. Istanza protocollo del 22 novembre 2017 pervenuta tramite Pec il 21/11/17. La nota dice: Non risulta pervenuta alla data odierna alcuna richiesta di iscrizione al registro dei volumi di cui agli artt. 23 bis e ter del regolamento edilizio in relazione alle particelle del foglio di mappa 132
Avv. Silvestro: Quindi abbiamo questi terreni declassificati e la cubatura mai iscritta, quindi persa sostanzialmente…
De Cola: Sì, se la Variante fosse stata approvata è così. Esatto, è corretto.
Avv. Silvestro: Che ruolo rivestiva l’ingegnere Cucinotta nell’ambito di questa procedura della Variante?
De Cola: L’ingegnere Cucinotta era uno dei soggetti responsabili della redazione della Variante. Era il Rup, responsabile del procedimento, ma comunque era anche uno dei redattori.
Avv. Silvestro: Manifestò mai degli atteggiamenti contrari a queste determinazioni?
De Cola: No.
Avv. Silvestro: Era propositivo?
De Cola: Il suo lavoro regolarmente. Sì.
Avv. Silvestro: Chi li scelse i tecnici?
De Cola: Il dirigente sicuramente e poi c’era stato un atto del Segretario generale.
Avv. Silvestro: Ricorda per caso se l’ingegnere Cucinotta propose il nome dell’architetto Parlato?
De Cola: Non lo ricordo, sinceramente. Anche se è stato non lo ricordo. Ma tra l’altro io non entravo molto in queste nomine…
Avv. Silvestro: Non lo ricorda o lo può escludere?
De Cola: Era una cosa tra dirigente e Segretario generale. Le nomine dei gruppi di lavoro sono concordate tra il dirigente del dipartimento e il Segretario generale, il direttore generale.
Avv. Silvestro:  Lei ricorda di una comunicazione e-mail del 28 ottobre 2013 inviatale dall’ingegnere Cucinotta con la possibile indicazione dei soggetti che potevano fare parte del gruppo di lavoro?
De Cola: Può essere.
Avv. Silvestro: Gliela esibisco. Queste erano delle indicazioni…
De Cola: Che Raffaele mi dava… Mi ha mandato vari materiali tra cui c’era la bozza del gruppo per fare la Variante.
Avv. Silvestro: In quei nomi indicati c’è il nominativo dell’architetto Parlato?
De Cola: Cucinotta… No.


Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 27 dicembre 2019, http://www.stampalibera.it/2019/12/27/il-processo-beta-allassessorato-era-tutto-a-posto-parola-dellingegnere-sergio-de-cola/?fbclid=IwAR0iZTKTOoOJmVclG6fCKJhMd-xmSHtKd42RvtzA8Ne7eRMnPU4NBuq9Wp4

Tutt’altro che sicuri per il traffico aereo i nuovi droni AGS NATO di Sigonella

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I primi due droni RQ-4D “Phoenix” del nuovo sistema d’intelligence e conduzione delle future guerre globali AGS NATO, prodotti dalla Northrop Grumman, sono atterrati nelle settimane scorse nella Main Operating Base di Sigonella. Gli altri tre dovrebbero giungere in Sicilia direttamente dagli Stati Uniti d’America nei prossimi due-tre mesi e diventare operativi full time entro il giugno 2020. Perché l’intero sistema di “sorveglianza terrestre” AGS sia completato bisognerà però attendere  il 2022, cinque anni dopo di quanto che era stato previsto dal contratto tra il comando NATO e l’industria costruttrice, valore 1,5 miliardi di dollari, il più costoso di tutta la storia dell’Alleanza Atlantica.
“Con il trasferimento dei due droni AGS attraverso l’Atlantico si compie un’altra importante tappa nella realizzazione del programma per dotare tutti gli alleati NATO di un sistema d’avanguardia d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento (ISR)”, ha dichiarato il generale di US Air Force Phillip Stewart, comandante della Forza AGS della NATO di stanza nella grande stazione aeronavale siciliana. “Quando il progetto sarà completato, l’Italia ospiterà 600 addetti circa dell’Alleanza, incluso un Centro di addestramento e utilizzo dati che sarà in grado di formare sino a 80 studenti l’anno”, ha rivelato il periodico Stars and Stripes delle forze armate USA, citando un anonimo ma autorevole ufficiale del Comando NATO. “I droni AGS saranno collocati insieme ai velivoli senza pilota Global Hawk di US Air Force e Broad Area Maritime Surveillance di US Navy, anch’essi operativi dalla base di Sigonella. Il drone NATO AGS ha risposto pienamente ai rigorosi standard richiesti dalla Military Type Certification, approvata dalla Direzione degli Armamenti Aeronautici e per l’Aeronavigabilità  italiana”.
Tutto ok, dunque, per i vertici militari USA e NATO in termini di funzionalità e sicurezza del nuovo costosissimo sistema di guerra aerea alleata. In verità, a leggere il contenuto di altre dichiarazioni ufficiali, permane più di un’ombra sulla loro effettiva aeronavigabilità (airworthiness) e sulla completezza delle certificazioni acquisite con tanto di prescrizioni sulle procedure di impiego e prevenzione dipossibili avarie che possano pregiudicare la sicurezza del volo, ecc.. Proprio l’acquisizione degli indispensabili documenti di airworthinessè stata una delle principali cause dei ritardi accumulati nella tabella di marcia del sistema AGS  NATO. Il 15 novembre 2018, nel corso di un seminario a Roma sulla sicurezza aerea dei droni da guerra organizzato dall’Aeronautica Militare e dal CESMA (Centro Studi Militari Aeronautici) “Giulio Douhet”, in partnership con ENAV (società che gestisce il traffico civile in Italia) e l’holding industriale Leonardo (ex Finmeccanica), i relatori avevano spiegato che il ritardo del programma NATO “era dovuto alla non ancora soddisfatta necessità di valutare congiuntamente le Airworthiness Rules (Stanag 4671), le ATM Rules (Stanag 7234), il mutuo riconoscimento delle Military Airworthiness Authorities ed il coinvolgimento di Eurocontrol su aspetti quali la Diplomatic Clearance, l’Air Traffic Insertion, la Route Definition & Authorization, ecc.”.
Neanche cinque mesi dopo, il 12 marzo 2019, il neo Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, generale Alberto Rosso, nel corso di un’audizione davanti ai membri delle Commissioni Difesa della Camera dei deputati e del Senato, forniva una versione edulcorata sulle proprietà delle tecnologie anti-collisione in volo dei nuovi sistemi senza pilota. “Mi piace evidenziare la posizione di assoluta preminenza a livello internazionale nel settore della gestione dello spazio aereo”, riferiva il generale Rosso ai poco informati parlamentari. “Al momento, siamo l’unica nazione europea, operando in stretto contatto e collegamento tra Aeronautica militare e l’ENAC, l’ente responsabile per l’aviazione, a essere riusciti a regolamentare la coesistenza del traffico pilotato commerciale con quello a pilotaggio remoto. Disponiamo di quattro basi da cui è possibile operare con droni, ma la tendenza è verso una potenziale crescita di tutto questo settore, che ha rilevanza strategica, ovviamente non solo per la Difesa, ma per tutto il sistema Paese. Nessun altro Paese europeo è riuscito a fare altrettanto, e anche la NATO si è rivolta all’Italia per certificare il proprio sistema AGS (Alliance Ground Surveillance), che opererà dalla base di Sigonella. Di nuovo, solamente l’Italia in Europa ha questa sintonia e questa sinergia tra traffico civile e traffico militare”.
In verità l’agenzia NATO preposta all’acquisizione e implementazione dell’AGS ha dovuto attendere il 27 ottobre 2019 per ottenere la Military Type Certificatione consentire ai velivoli RQ-4D “Phoenix” di volare negli spazi aerei civili e militari. “I droni del programma AGS hanno ricevuto a tal fine un radiosegnale ufficiale (MAGMA) dall’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (ICAO); attraverso le radio U/VHF, i velivoli comunicano con le autorità civili e militari per il controllo del traffico aereo”, riportava l’ufficio stampa della Difesa. “L’Italia ha attivamente partecipato al gruppo di lavoro in ambito NATO favorendo l’integrazione dei velivoli a pilotaggio remoto nello spazio aereo ed adoperandosi fattivamente per il rilascio del nominativo radio.L’assegnazione del callsign MAGMA, infatti,  è avvenuta al termine di un articolato processo avviato dall’Aeronautica Militare, che ha visto coinvolto l’ENAC. La Military Type Certification, la necessaria certificazione di aeronavigabilità, è stata rilasciata al sistema AGS dalla Direzione degli Armamenti Aeronautici e per l’Aeronavigabilità.L’importante traguardo è stato ottenuto attraverso un percorso innovativo caratterizzato da una proficua cooperazione con le autorità statunitensi ed in particolare con USAF (United States Air Force)”.
Ancora più enfatica la cronaca di RID – Rivista Italiana Difesa. In un servizio da Sigonella dopo l’arrivo del primo “Phoenix”, il processo di certificazione del sistema AGS veniva definito come un’“impresa titanica”. “La certificazione non era richiesta negli Stati Uniti ma è stata fondamentale per il consenso di alcuni membri dell’Alleanza, i quali hanno preteso robuste garanzie sulla sicurezza in volo dell’RQ-4D”, spiegava RID. “Basti pensare che l’AM ha proceduto alla certificazione di ogni singolo componente della macchina e dei suoi sistemi di guida, per complessivi 630 pezzi, producendo 22 dossier per un totale di circa 2 milioni di pagine di manuali tecnici”. Le fonti militari nazionali omettevano tuttavia che nonostante la MTC, non mancano le preoccupazioni tra i tecnici ENAC e gli ufficiali dell’Aeronautica sulla reale possibilità che i droni NATO possano operare davvero in “spazi aerei non delimitati”, cioè al di fuori degli specifici corridoi riservati ai velivoli da guerra, in Italia e nei cieli europei.
A rivelare che il procedimento finalizzato a certificare l’assoluta affidabilità dei nuovi velivoli senza piota sia tutt’altro che concluso sono state alcune delle riviste del settore difesa più autorevoli in campo internazionale, anche se nessun analista o politico italiano sembra essersene accorto sino ad oggi. In un articolo pubblicato lo scorso 23 dicembre da DefenseNews (edito in Virginia), si spiega che “i membri della NATO hanno fiducia nelle certificazioni di sicurezza rilasciate in Italia per la nuova flotta di droni di vigilanza terreste, anche se continuano ad esserci dubbi sulla loro capacità di volare attraverso lo spazio aereo regolato in Europa”. Per fugare i residui timori, le autorità italiane avrebbero però richiesto la produzione di un “certificato addizionale” per consentire le “operazioni reali dei velivoli senza pilota negli spazi aerei utilizzati dagli aerei di linea civili”.
A rendere nota la richiesta di un’ulteriore certificazione per i “Phoneix” sono stati i parlamentari di Die Linke, Andrej Hunko e Heike Hansel, con un’interrogazione al Ministro della difesa tedesco. “Il certificato di omologazione e quello di autorizzazione dei voli dei Global Hawk NATO sono stati emessi dalle autorità italiane nell’ottobre del 2019, pur tuttavia il governo federale non dispone attualmente di alcuna informazione sulla seconda certificazione”, ha risposto il titolare della Difesa lo scorso 18 dicembre. “Il governo federale non ha nessuna informazione neanche a riguardo di eventuali restrizioni del traffico dei droni negli spazi aerei italiani. I velivoli senza pilota sono dotati di transponder (sistemi elettronici di identificazione della rotta a bordo di aerei, NdA) che emettono segnali che sono ricevuti anche dalle agenzie per il traffico aereo civile e militare, mentre non è previsto l’uso di procedure text to-speech (tecnologie di sintesi vocale, NdA) per comunicare con i controllori del traffico aereo”.
Disarmante anche la risposta ad una specifica richiesta dei parlamentari Andrej Hunko e Heike Hansel sulle procedure adottate per la gestione dei droni NATO negli spazi aerei tedeschi ed internazionali. “Il Remotely Piloted Aircraft System Airspace Integrated Project Teamelabora le procedure di attuazione standardizzate che sono conformi alle norme dell'Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO)”, riferisce il ministro tedesco. “L’elaborazione delle procedure da parte del team non si è ancora conclusa e il governo federale non ha nessuna informazione sul corso della fase successiva. La responsabilità in materia è del Comando dell’Aviazione della NATO. I voli nello spazio aereo internazionale sono in linea di massima soggetti alle norme ICAO mentre possono essere previste differenze in ambito nazionale. Nella Repubblica federale tedesca si utilizza per i velivoli AGS NATO lo stesso corridoio istituito dal governo federale per i voli dei Global Hawk dell’US. Air Force. Il corridoio si trova a un’altezza compresa tra i 15 e i 20 km ed è limitato al transito di un drone alla volta”. Questo corridoio esclusivo è stato utilizzato quest’anno in tre occasioni dai droni statunitensi decollati da Sigonella a supporto delle operazioni dell’European Reassurance Initiative nell’area del Baltico: a febbraio, aprile e maggio. E sempre secondo il governo tedesco, i droni AGS della NATO “non sono equipaggiati con tecnologie sense-and-avoid (anti-collisione), né possiedono un Sistema di allerta traffico e anti-collisione(Traffic Alert and Collision Avoidance System)”.
“Questi droni non possiedono dunque i requisiti richiesti di aeronavigabilità e senza l’uso di specifiche apparecchiature anti-collisione, essi sono destinati a cadere prima o poi”, hanno prontamente dichiarato i parlamentari di Die Linke chiedendo di conseguenza al governo di Berlino di proibire i voli dei velivoli AGS sulla Germania. “I droni sono soggetti a incidenti in percentuali molto più significative di quelli pilotati da esseri umani e ciò vale anche per i modelli molto più grandi che operano ad altitudini elevate e medie. Il governo tedesco è uno dei maggiori contribuenti del programma NATO AGS; Berlino copre il 33% dei costi, gli USA il 42% e l’Italia il 15%, mentre l’esercito federale tedesco ha destinato all’AGS 132 militari, 122 dei quali saranno dislocati in Sicilia”.
Prova inconfutabile che gli alleati NATO e la società USA realizzatrice del sistema AGS siano ancora impegnati a conseguire una certificazione aggiuntiva di aeronavigabilità (airworthiness) dei droni “Phoenix” è ricavabile dalla richiesta del Comando di US Air Force di modifica del bilancio sui programmi di intelligence militare per l’anno fiscale 2019, presentata al Congresso degli Stati Uniti d’America il 26 ottobre 2018. Nello specifico l’Aeronautica militare richiedeva un fondo aggiuntivo di 54.973.000 dollari per il “sistema operativo dell’Alliance Ground Surveillance NATO” e in particolare per “sviluppare la documentazione di aeronavigabilità del velivolo NATO AGS basato sul Global Hawk Block 40 dell’Air Force”. “Si tratta del contributo dovuto dagli Stati Uniti d’America sulla base della modifica del contratto tra la NATO e la società realizzatrice per il valore di 210 milioni di dollari, sottoscritto nel maggio 2018”, spiega il Dipartimento della Difesa. “Questo contratto include una documentazione addizionale di engineering airworthiness, così come la revisione del programma dei test, un maggiore supporto sul campo da parte del contractor e un maggiore sviluppo delle attività a seguito di una favorevole risoluzione di una disputa riguardante l’interpretazione delle richieste di performance del sensore mentre si mantiene un programma di consegna più ridotto di tutti e cinque i velivoli alla base aerea di Sigonella”.
“Nel precedente contratto sottoscritto nel 2012 – prosegue la nota - l’US Air Force si era impegnata a fornire un’adeguata documentazione di aeronavigabilità del Global Hawk Block 40 per assicurare un Military Type Certificate al velivolo NATO AGS in modo da ridurre i costi del contratto di vendita tra la NATO e il suo contractor. I dati originariamente forniti dall’Aeronautica militare, mentre erano sufficienti per la certificazione USA del Global Hawk Block 40, non erano sufficienti per il rilascio della certificazione degli AGS NATO a causa delle richieste delle autorità preposte all’aeronavigabilità per registrare e far stazionare il velivolo in Italia. Questa richiesta finanzierà: una revisione del segmento aereo del software precedentemente identificato per i pericoli alla sicurezza identificati; il lavoro di design del software dell’Air Vehicle Mission Command and Control; la consegna degli Airworthiness Criteria Verification Forms (CFV); i test di convalida e verifica della fusoliera dell’AGS, del Centro di comando e controllo delle missioni del velivolo aereo (Air Vehicle Mission Command & Control) e delle Unità di comando e controllo dispiegabili (Deployable Air Vehicle Mission Command and Control)”.
Il nuovo contratto sottoscritto con Northop Grumman prevede una ridistribuzione delle quote di spesa tra i partner del programma AGS, con una “notevole riduzione” della percentuale negoziata dagli Stati Uniti con la NATO: dal 37,1% al 26,2%. Aumentano dunque gli oneri a carico dei paesi europei (Italia e Germania in testa), così come i rischi per il traffico aereo civile e le popolazioni del vecchio continente, in primis i siciliani che vivono a due passi dalla Main Opeating Base di Sigonella, vera e propria capitale mondiale dei droni per tutte le guerre.

Da Vicenza via Aviano i marines verso l’Iraq

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Top secret la base di partenza del drone Reaper di US Air Force che ha assassinato Soleimani.
A 48 ore dal raid non è trapelata alcuna informazione sul paese da cui è decollato il veicolo senza pilota che ha sganciato i missili contro il convoglio partito dall’aeroporto della capitale irachena.
L’amministrazione Trump ha imposto il totale silenzio per evitare frizioni con i paesi partner in prima linea nelle operazioni di guerra con droni killer. Il governo italiano ipocritamente ha omesso di informare l’opinione pubblica e il Parlamento del ruolo chiave della base siciliana di Sigonella, da oltre un decennio piattaforma di lancio e centro strategico per le trasmissioni-guida dei veicoli senza pilota Usa.
Altrettanto deprecabile il tentativo di ridimensionare i rischi di eventuali ritorsioni per i militari italiani impegnati nelle missioni in Iraq, Afghanistan, Libano e Corno d’Africa; anche se i vertici delle forze armate hanno ordinato il rafforzamento delle misure di sicurezza e diffidano a pensare a eventuali ridimensionamenti dei contingenti schierati. Eppure, le ipotesi più credibili vedono tra gli scali militari da cui sarebbe partito l’attacco Usa, in particolare Kuwait City e Gibuti, istallazioni dove operano stabilmente reparti italiani.
Inoltre ancora a Gibuti imprese italiane private sono impegnate nelle opere di ampliamento delle piste e degli hangar in cui sono ospitati i Reaper Usa già utilizzati nei mesi scorsi in bombardamenti e omicidi extra giudiziari in Somalia, Yemen e Iraq.
Intanto le prime unità della 173° brigata aviotrasportata dell’esercito Usa di stanza a Vicenza (aeroporto Dal Molin e Camp Ederle) hanno già raggiunto l’Iraq via Aviano, base aerea strategica e nucleare di Us Air Force.
Oggi più che mai le forze politiche e sociali democratiche hanno il dovere di denunciare le gravi responsabilità delle classi politiche dirigenti e dei governi, che hanno concesso al Pentagono titolarità e pieno uso di ampi territori per criminali operazioni di guerra, mai concordate o decise neanche in ambito Nato e che schierano unità italiane all'estero al seguito e - come in Kuwait e Gibuti - di scorta dei moderni guerrieri di mister Trump.


L’Italia è uno snodo chiave per le operazioni militari USA anti-Iran

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Antonio Mazzeo è il giornalista investigativo più informato su Muos, Sigonella e droni, tutti temi su cui lavora da tempo. E’ al tempo stesso da sempre impegnato nel pacifismo e nelle lotte del territorio siciliano.
 In primo luogo qual è la tua opinione sulla possibilità che i droni siano dell’attentato a Soleimani siano partiti da Sigonella e che siano stati guidati dal MUOS o con la sua collaborazione?
 Sin dalle prime frammentarie notizie dell’attacco terroristico USA ho espresso le mie perplessità sulla possibilità che i droni killer siano decollati dalla grande stazione aeronavale di Sigonella. Nonostante ci siano ancora dubbi sulla reale tipologia dei velivoli senza pilota e dei missili aria-terra impiegati, ritengo comunque improbabile l’uso di Sigonella quale piattaforma di lancio del raid. Nel caso in cui siano stati utilizzati i micidiali Reaper MQ-9 (droni presenti a Sigonella e già utilizzati dal Pentagono e dalla CIA per operazioni di bombardamento in Libia e dalla stessa Aeronautica militare italiana per le operazioni d’intelligence nel Mediterraneo e nord Africa), il loro raggio d’azione poco inferiore ai 2.000 km rende incredibile per logica l’ipotesi di un loro decollo dalla Sicilia. Nonostante Washington abbia posto la massima segretezza sull’intera operazione è presumibile invece che i droni siano partiti da una delle innumerevoli basi realizzate in quasi tutti i paesi arabi prossimi all’Iraq (accreditate fonti militari puntano l’indice sul Qatar, ma installazioni di supporto ai Reaper statunitensi esistono negli Emirati Arabi, in Arabia Saudita, Oman, Giordania e in Corno d’Africa a Gibuti). Ciò non toglie che proprio Sigonella abbia avuto un ruolo centrale nella pianificazione dell’attacco e nella trasmissione degli ordini e delle informazioni necessarie al suo espletamento. La base siciliana, infatti, ospita da due anni il cosiddetto UAS SATCOM Relay Pads and Facility, il sito per supportare le telecomunicazioni via satellite e le operazioni di tutti i droni dell’Aeronautica e della Marina militare statunitense, ovunque essi si trovano. Si tratta di una stazione gemella a quelle esistenti a Ramstein (Germania) enella grande base aerea di Creech (Nevada), centro strategico per le attività dei velivoli senza pilota USA. Per questo ritengo più che plausibile che Sigonella abbia giocato un ruolo chiave all’interno del network di comando e controllo dello strike al’’aeroporto di Baghdad. Lo stesso vale per il terminale terrestre di Niscemi (Caltanissetta) del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari MUOS delle forze armate USA, indispensabile per le operatività nei teatri di guerra di ogni utente mobile (così come lo sono i droni). Dubito che su questi due elementi ci potrà mai essere una smentita ufficiale da parte del governo italiano, dato che la titolarità esclusiva e l’uso di queste infrastrutture è degli Stati Uniti d’America e certamente nessuno si sognerebbe mai d’informare o chiedere il permesso all’Italia per utilizzare i nodi di trasmissione degli ordini d’attacco ed intelligence, né ovviamente sarebbe possibile per l’Italia impedirne l’uso.           
Al di là di questa possibilità quali sono i ruoli della basi italiane e del MUOS nella strategia bellica statunitense?
Quanto sta accadendo in queste ore è la prova evidente del ruolo geostrategico assunto dalle innumerevoli installazioni militari USA e NATO ospitate nel nostro paese. Abbiamo già detto di Sigonella e Niscemi. Nelle ore antecedenti l’attacco all’aeroporto di Baghdad e subito dopo, è stato registrato un intensissimo traffico aereo sui cieli italiani di velivoli da trasporto pesante e di cacciabombardieri USA. In particolare essi hanno attraversato prima la Sardegna e il Tirreno e poi l’Italia centro-meridionale in direzione Medio oriente e ciò ha comportato il logico supporto delle innumerevoli stazioni radar e di telecomunicazione che operano Italia in ambito NATO. Dalle basi dell’esercito USA di Vicenza (Camp Darby e l’ex scalo aereo Dal Molin) sono stati mobilitati centinaia di militari in forza alla 173 Brigata aviotrasportata, reparto d’eccellenza statunitense in tutti gli scacchieri di guerra internazionali. Grazie al ponte aereo avviato dal vicino aeroporto di Aviano (Pordenone), i soldati della 173 Brigata hanno raggiunto il Medio oriente, molto probabilmente il Kuwait e forse anche il Libano. L’escalation militare USA di queste ore, con l’invio di oltre 3.000 militari ai confini con l’Iraq, presuppone contestualmente il trasferimento di mezzi da guerra pesanti e munizioni e ciò avverrà sicuramente dall’hub toscano di Camp Darby, il maggiore deposito strategico USA per le operazioni in Africa e Asia, utilizzando i porti di Livorno e Genova e l’aeroporto di Pisa. Presumibile inoltre che una parte dei cacciabombardieri a capacità nucleare F-16 di stanza ad Aviano siano già stati dirottati in Medio oriente (il via vai di velivoli di questi giorni dalla base friulana è evidentissimo), e sono certo che assisteremo ad un aumento delle soste di unità da guerra navali, portaerei e sottomarini nucleari compresi, nei porti italiani, primo fra tutti quello di Augusta (Siracusa), il principale centro di rifornimento di carburanti e armi della Marina militare USA nel Mediterraneo. Ancora una volta, dunque, l’Italia sarà lo snodo chiave per le operazioni di guerra del Pentagono, senza poi dimenticare le differenti missioni delle forze armate italiane in Iraq e paesi confinanti, purtroppo sempre al traino e/o di scorta dei moderni guerrieri di mister Trump.          
La situazione delle basi statunitensi e dei sistemi collegati è in palese violazione con la Costituzione Italiana e con gli stessi trattati NATO? E perché?
Questi temi sono stati affrontati innumerevoli volte negli anni scorsi, ma purtroppo inutilmente. L’articolo 11 della Costituzione pone al bando la guerra come strumento di risoluzione delle controversie nazionali, ma da sempre le installazioni USA e NATO in Italia sono utilizzate per operazioni belliche e di vero e proprio terrorismo internazionale. Il Parlamento è stato bypassato in ogni occasione, anzi è possibile dire che alcune delle operazioni d’attacco maggiormente in contrasto con il dettato costituzionale siano state volutamente tenute segrete alle due Camere, ai parlamentari e all’opinione pubblica. La trasformazione di Sigonella in vera e propria Capitale mondiale dei droni USA e NATO è uno degli atti più incostituzionali e irresponsabili della recente storia d’Italia. I velivoli senza pilota comportano la progressiva disumanizzazione di ogni conflitto e la delega alle macchine del diritto di vita e di morte, di pace e di guerra. Siamo mille miglia aldilà della Costituzione, fuori dagli stessi principi etici e del diritto consacrati nella lunga storia dell’Umanità.   
Quali sono le conseguenze di questi sistemi militari per l’Italia, per le persone e per la sicurezza del nostro paese?
La guerra moderna, oltre che disumanizzata e disumanizzante, ha assunto la logica spietata dell’asimmetria, cioè fuori dai modelli convenzionali con cui è stata conosciuta e studiata nei secoli passati. L’uso dei droni per gli omicidi extragiudiziali del “nemico” è guerra asimmetrica, così come l’eventuale ritorsione-vendetta rappresentata dall’attentato terroristico contro civili inermi o luoghi simbolici in quei paesi che hanno responsabilità dirette nella conduzione dei conflitti in Medio Oriente e nel continente africano. Chi semina odio e morte raccoglie vendette e morte. Essere piattaforma di lancio di attacchi terroristici e bombardamenti indiscriminati significa trasformarsi immediatamente in obiettivo da colpire come ritorsione e, magari, anche per prevenire nuovi attacchi. Si instaura così una interminabile catena di sangue, dove le vittime “asimmetriche” sono sempre di più le popolazioni inermi, innocenti e inconsapevoli della follia dei dottore Stranamore del XXI secolo.   
Secondo te il Governo Italiano cosa dovrebbe chiedere al governo statunitense e alla NATO?
Sono proprio secco perché ormai non ci possono essere più strumentali timidezze e ipocrisie di sorta. Le forze armate degli Stati Uniti d’America e della NATO (ma anche quella dei paesi extra-NATO che continuano a formarsi e ad addestrarsi in Italia, Israele, Arabia Saudita e Turchia in primis), devono lasciare immediatamente il territorio del nostro paese e le infrastrutture utilizzate devono essere smantellate e/o riconvertite ad uso civile. Deve essere interdetta la sosta “tecnica” negli scali aerei e nei porti ad ogni sistema di guerra “straniero” e sancita unilateralmente l’uscita dell’Italia dalla NATO, alleanza militare che, tra l’altro, proprio in Libia, Siria e oggi a Baghdad ha evidenziato tutta la sua fragilità e inutilità.  
Di fronte a questi eventi si ha a volte un senso di impotenza; cosa può fare ognuno di noi per combattere questo sistema di cose?
Quanto accaduto in questi giorni in Iraq è solo l’ultimo atto di una tragedia epocale: la guerra uber alles: la guerra prima di tutto, per tutto e sopra ogni cosa. L’umanità deve prendere coscienza che siamo davvero sull’orlo del baratro. Mai come oggi i pericoli di olocausto nucleare sono reali e l’umanità rischia l’estinzione ben prima degli effetti devastanti delle trasformazioni climatiche in atto. E’ indispensabile ricostruire un movimento internazionale contro ogni guerra, subito. Ad ogni singolo essere vivente spetta il diritto-dovere alla resistenza, alla disobbedienza, all’obiezione, alla diserzione. C’è poi il dovere a cui sono chiamati giornalisti e opinionisti: quello di denunciare le cause, le modalità e le conseguenze di questa follia globale bellicista. Noi proviamo a farlo dal basso, con pochissimi mezzi ma con la ferma convinzione che non possiamo risparmiarci proprio ora. Lo dobbiamo fare per noi e per i nostri figli, per continuare a credere che un altro mondo è ancora possibile. 

Intervista a cura di Olivier Turquet, pubblicata in Pressenza il 6 gennaio 2020, https://www.pressenza.com/it/2020/01/antonio-mazzeo-litalia-e-uno-snodo-chiave-per-le-operazioni-militari-usa/

Processo antimafia Beta. L’affaire Villafranca e quel mutuo facile facile

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Al processo Beta contro i presunti capi e affiliati del clan mafioso dei Romeo-Santapaola di Messina irrompe la ricostruzione di una contorta transazione di denaro tra società nella titolarità di alcuni importanti imprenditori e costruttori locali, oltre duecento mila euro che secondo gli inquirenti sarebbero finiti poi nelle casse del potente gruppo criminale peloritano imparentato con il boss Benedetto “Nitto” Santapaola. Un’operazione complessa che mirava al controllo di un’ampia porzione di terreno nel comune di Villafranca Tirrena destinato ad ospitare l’ennesimo centro commerciale e per cui è stato richiesto un indispensabile contributo alla filiale locale di un noto gruppo bancario.
Sulla vicenda, il Tribunale di Messina ha chiamato a testimoniare il direttore della banca elargitrice del mutuo che ha consentito le triangolazioni di soldi e delle quote sociali. Alla fine, il quadro delineato è sinceramente avvilente: sin troppa generosità con i clienti ritenuti appetibili e insufficiente attenzione invece, sull’identità, i propositi e le manovre di un correntista mordi e fuggi, ritenuto oggi dall’accusa come una delle teste di ponte del clan Romeo-Santapaola.
“Mi chiamo Gaetano Piccolo, lavoro in banca, la BPER, Banca Popolare dell’Emilia Romagna; sono il direttore della sede di Messina che si trova in Via Tommaso Cannizzaro, numero 9”, ha esordito il teste. “Lei ricorda di rapporti bancari che hanno riguardato la GDH S.r.l.?”, ha domandato il Pubblico ministero, dottoressa Liliana Todaro.
Piccolo: Sì. Ricordo di un mutuo ipotecario che venne fatto nel 2011, di un importo 220 mila euro. Fu un mutuo finalizzato, richiesto dalla società GDH e il datore di ipoteca fu la P & F, cioè l’ipoteca venne iscritta sull’immobile di proprietà della P & F. Fu un mutuo non per acquisto, ma per liquidità. La liquidità credo fosse destinata ad acquistare, da parte della GDH, altre quote societarie (Titolare della GDH S.r.l. è il noto imprenditore Giuseppe Denaro e la società detiene per intero il capitale della Irrera S.r.l., l’azienda dell’omonimo bar-ritrovo di Piazza Cairoli. La P & F  Messina ha come oggetto sociale la compravendita di beni immobili e sede in via Ugo Bassi 52, Messina; i suoi soci sono la GDH di Giuseppe Denaro, la GPA S.r.l. del costruttore Giuseppe Puglisi e la Società Gestioni Immobiliari - So.Gest.Im. Srl, interamente controllata da Antonino Denaro, fratello di Giuseppe. Va tuttavia evidenziato come nessuno dei soci è tra gli imputati o è stato indagato nell’ambito del procedimento Beta, NdA).
PM: Lei con chi si relazionò per questa operazione bancaria?
Piccolo: Con il signor Giuseppe Denaro.
PM: Questa circostanza che il mutuo servisse per acquistare una quota, lei la apprese come e da chi?
Piccolo: Fu un mutuo tecnicamente con un’indicazione generica, però nel colloquio che ho avuto più volte con il Denaro, mi disse che era finalizzato proprio ad acquistare delle quote di un’altra società che era appunto la P&F S.r.l..
PM: Questo mutuo prevedeva il rimborso in 24 mesi, prorogabili di un altro anno?
Piccolo: Sì, il mutuo fu di 220 mila euro e originariamente il piano di ammortamento prevedeva 36 mensilità. Nel corso dei mesi successivi ci venne richiesta una variazione per consentire alla GDH di avere un impegno mensile più basso. Quindi fu spalmato, se non ricordo male, in sette anni o più, cosicché la data venne più accessibile, ecco.
PM: Cioè, scusi, la banca richiede un rimborso in 24 mesi, perché questo sembra prevedere il contratto che è registrato, prorogabili di un altro anno, quindi tre anni complessivamente, e poi fu rimodulato?
Piccolo: Questo era l’impianto originario del mutuo. Poi nel corso dell’ammortamento, cioè nel corso di questi 36 mesi, ci venne richiesta una variazione. Quindi fu variato il piano di ammortamento e fu portato, se non mi sbaglio, a 60 mesi o sette anni. Fu allungato per consentire di avere una rata… Fu una richiesta della GDH.
PM: Venivano pagate regolarmente queste rate di mutuo?
Piccolo: Per un primo periodo, il primo anno, furono pagate regolarmente. Poi ci furono dei ritardi, poi delle morosità…
PM: Siccome un contratto di mutuo prevede che se chi si prende i soldi non paga entro certi termini, il mutuo viene risolto, deve pagare penali, sanzioni, interessi, non ho compreso com’è che fu fatta questa estensione…
Piccolo: No, l’estensione venne fatta in un periodo di assoluta regolarità. Cioè le rate del primo anno furono pagate. Poi ci venne formulata questa richiesta, e noi per mantenere il rapporto in bonis abbiamo aderito, nel senso che con la stessa ipoteca l’importo venne spalmato, anziché in 36 rate, come impianto originario, in più mesi. Fu un nuovo contratto di mutuo.
PM: Registrato per quanto lei ne sappia?
Piccolo: Non posso assicurarle se fu registrato, ma credo di sì. Sì.
PM: Cioè fatto nuovamente da un notaio?
Piccolo: Sì, sì, anche perché poi in quell’occasione ritirammo anche un’ulteriore garanzia, cioè quella personale del signor Denaro Giuseppe.
PM: Dall’Agenzia delle Entrate, riguardo l’ispezione ipotecaria, dalla lettura sembrerebbe che questa garanzia fideiussoria, anche personale del signor Denaro Giuseppe, oltre alla ipoteca sul terreno, fossero state concesse originariamente al momento del mutuo…
Piccolo: Originariamente sicuramente c’era l’ipoteca, certo.
PM: E la garanzia fideiussoria? Perché leggendo all’articolo 5 dall’atto di registrazione che riguarda in effetti l’ispezione ipotecaria, risulta: Garanzia fideiussoria: la P&F come sopra rappresentata e il signor Denaro Giuseppe dichiarano di costituirsi fideiussori solidali i favore di questa banca.
Piccolo: Allora rettifico quello che le ho detto: evidentemente c’era anche nella fase di impianto la fideiussione personale del signor Denaro Giuseppe.
PM: Quindi fu concesso alla GDH ulteriore credito, se ho compreso bene. O meglio, di potere pagare…
Piccolo: Di potere pagare in maniera più, come dire, morbida, ecco.
PM: Senta, al momento in cui viene concesso questo mutuo, o al momento in cui la banca da lei diretta concede questa proroga del termine, cosa le viene rappresentato? Cioè la società con questi soldi che cosa deve fare? Ha detto lei: Acquistare una quota. Per farci che?
Piccolo: Questo in base di impianto del mutuo, mi dissero che questa liquidità era necessaria per acquistare delle altre quote societarie. Quelle di un’altra società, appunto, come le dicevo, della P&F…
PM: La banca dà al signor Denaro Giuseppe e alla GDH dei soldi per acquistare un’altra quota. Quindi non per vendere e recuperare denaro, ma per impiegare quel denaro per acquistare qualcosa?
Piccolo: Sì.
PM: Come avrebbe ripagato la banca il signor Denaro per questo mutuo?
Piccolo: Ma c’erano delle capacità reddituali certificate della GDH.
PM: Al di là delle capacità reddituali, perché la GDH aveva già un rapporto in essere con questa banca o no?
Piccolo: Sì, aveva un conto corrente semplice.
PM: Che registrava quale volume di flussi?
Piccolo: Adesso non posso precisarlo, ma sicuramente c’era un rapporto di conto che era regolare.
PM: Su cui entrava cosa? Cioè, cosa faceva questa società che aveva un conto corrente presso la banca da lei diretta? Di cosa si occupava?
Piccolo: Se non mi sbaglio gestiva anche un’attività commerciale, credo un bar in centro, ecco (…) Ci fu spiegato dal signor Denaro che questa liquidità era necessaria per acquistare delle quote societarie. Questa società era proprietaria di un terreno, avrebbero sviluppato delle attività su di esso. Peraltro ero a conoscenza che su una parte di questo, il terreno adiacente, che era sempre di proprietà della P&F, era stato venduto, ed era stata una realizzata una cifra importante. Il programma loro, presumo che fosse questo. Mi avevano riferito questo, certo, di vendere questa parte rimanente allo stesso modo come era stata venduta la parte precedente, che era più o meno la metà.
PM: Scusi, in questi casi è prassi bancaria che il mutuo venga concesso senza pezze d’appoggio che in qualche modo possano giustificare l’erogazione di questo finanziamento? Cioè basta la parola del signor Denaro che vi dice: questo terreno… questa società…?
Piccolo: Guardi, il programma che mi avevano prospettato e che ho anche scritto nella pratica, era proprio questo, la vendita di questa parte del terreno. Noi abbiamo concesso il mutuo in base a delle garanzie che abbiamo assunto, della liquidità che era poi finalizzata a comprare delle quote societarie. Cioè non siamo entrati nel merito dell’ulteriore operazione… Sono stati ampiamente garantiti dall’ipoteca, perché allora, mi pare, che ci fu una perizia, l’immobile fu valutato circa un milione, e dalle capacità reddituali allora certificate dalla GDH. Poi non fu fatto un particolare esame sulla posizione, sull’investimento che la P&F doveva fare. Quello che sapevamo è che lo stesso terreno, praticamente accanto, adiacente, era stato venduto per circa un milione. Quindi c’erano tutte le condizioni per far stare sereno l’organo deliberante che tra l’altro non sono io, ma un ufficio della mia direzione generale. Se fosse stato concesso un mutuo finalizzato all’acquisto, avrebbe avuto un altro iter deliberativo, cioè l’avrei deliberato io. Per ma così non è stato, perché era un mutuo per liquidità… La GDH non doveva acquistare proprio niente. Insomma non c’era un immobile da acquistare, perché l’immobile c’era già.
PM: Al di là di questa garanzia, la banca che eroga al signor Denaro 220 mila euro, quali accertamenti compie per comprendere se la restituzione sia possibile, a prescindere dal fatto che ci sia un’ipoteca?
Piccolo: Gli accertamenti li abbiamo fatti ovviamente, ed erano le capacità reddituali della GDH e la fideiussione personale del signor Denaro. Le fonti restitutive erano queste. In più avevamo questa garanzia, l’ipoteca di primo grado.
PM: A quanto pare queste previsioni, però si rivelano non del tutto esatte…
Piccolo: Questa è andata così. Sì, ci sono circa dieci rate insolute. In questo momento c’è un residuo di circa 120 mila euro.
PM: Che su 220 mila di montante non è che sia proprio poco…
Piccolo: Sì, sì, dico l’importo esatto del recupero, l’importo a sofferenza non lo so, perché lo gestisce l’ufficio…
PM: Lei è stato sentito dal ROS Carabinieri il 24 aprile 2018. Ha dichiarato: Alla data del 13 aprile 2017 vi era ancora un debito di 133.798 euro…. Mirate a scadere, 81 rate mancanti.
Piccolo: Lo confermo. Le prime rati erano da 9 mila euro cadauna, al mese.
PM: Che iniziative ha assunto la banca per recuperare questo credito?
Piccolo: La pratica è stata trasferita all’ufficio legale che sta seguendo l'iter.
PM: È stata regolarizzata la posizione? Ha pagato la GDH?
Piccolo: Non è stata regolarizzata, però so che ci sono dei contatti in questo senso.
PM: Perché quando lei è stato sentito, sempre stesso verbale, ha dichiarato: Abbiamo provveduto a contattare sia telefonicamente che formalmente tramite raccomandata, l’amministratore nella persona di Denaro Giuseppe e la società GDH S.r.l., al fine di chiedere la regolarizzazione delle rate non pagate. Regolarizzazione non avvenuta. Pertanto l’intera posizione è stata ceduta all’ufficio legale per il recupero del credito.
Piccolo: Queste sono state le mie attività: le raccomandate, le telefonate, i telegrammi, i solleciti. Dopodiché abbiamo trasferito la pratica all’ufficio legale. Confermo quello che ho dichiarato.
PM: Senta, sono state poi avviate iniziative giudiziarie?
Piccolo: Credo di sì. Sì, l’ufficio legale sì, sì.
PM: Lei sempre stesso verbale dice: Quest’anno è stato richiesto il pignoramento degli immobili posti a garanzia.
Piccolo: Sì, sì.
PM: Quanto tempo passò, più o meno, dal momento in cui il signor Denaro le fa questa richiesta di mutuo al momento in cui il mutuo fu erogato?
Piccolo: Il mutuo fu erogato a settembre. Ne parlammo a giugno. Fu fatta l’istruttoria insomma, la perizia, passarono dei mesi.
PM: Perché quando lei è stato sentito lei disse, sempre stesso verbale: La richiesta del mutuo venne avanzata dall’amministratore dell'epoca, Denaro Giuseppe. Per la sua erogazione, dal momento della richiesta alla disponibilità delle somme e la contrattualizzazione, passarono circa trenta giorni.
Pccolo: Beh, trenta giorni tra la delibera e l’erogazione.
PM: Lei ricorda quante volte incontrò il signor Denaro per questa vicenda e quando, rispetto alla data del 30 settembre 2011, considerato che ci fu l’estate di mezzo?
Piccolo: Sì, l’ho incontrato più volte, tre o quattro. Si è svolto tutto in estate, ricordo i mesi estivi, non posso precisarle se era giugno, se era luglio, insomma è stata fatta un’istruttoria. Posso dire che l’ho incontrato sicuramente qualche mese prima di settembre, ma non ricordo se era giugno, se era luglio, questo non posso ricordarlo.
PM: Agli incontri eravate sempre da soli, lei e Denaro, o partecipo qualche altro?
Piccolo: Io, Denaro e forse il collega che ha istruito la pratica.
PM: Chi è?
Piccolo: Uno degli impiegati che allora si occupava di mutui. Ci sono stati trasferimenti, adesso non ricordo.
PM: Ma il signor Denaro era un cliente che godeva di particolare credito, di particolare fiducia?
Piccolo: No, altri affidamenti non ne aveva, c’era solo un conto dell’esercizio commerciale che gestiva a Piazza Cairoli, il bar pasticceria Irrera.
PM: Lei ricorda chi era autorizzato ad operare su questo conto?
Piccolo: L’amministratore… Penso che fosse lui, adesso non…
PM: Ma insomma, quanto doveva pagare ancora la GDH di sorte e capitale, interessi, sanzioni, mora? Perché se nel 2018 la banca fa un pignoramento su un terreno che vale, evidentemente un po’ di più, perché su questo conveniamo che la banca si cauteli con un’ipoteca su un terreno che vale di più del tipo concesso, quanto doveva pagare?
Piccolo: Quanto doveva pagare? Doveva pagare quello… Doveva regolarizzare il mutuo. Quindi il mutuo era di 220 mila euro, a questo deve aggiungere, ci sono gli interessi… Io adesso non ho la contezza di quanto ha pagato al centesimo. Ma questo è facilmente accertabile. Basta accertare quant’è la classificazione a sofferenza e l’importo esatto glielo dico.
PM: E più o meno questa sofferenza, scusi, per quanto andò avanti, di questa impresa?
Piccolo: È attualmente in sofferenza.
PM: Prima di passare all’ufficio legale?
Piccolo: Prima di trasferirla a sofferenza sono trascorsi dieci mesi, abbiamo fatto degli interventi, dei solleciti.
PM: Ha mai sentito parlare del signor Soraci Ivan?
Piccolo: No, non era autorizzato ad operare sul conto.
PM: Non le ho chiesto se fosse autorizzato, ho chiesto intanto se lo conosce…
Piccolo: Ne ho sentito parlare sì, l’avrò visto una volta al bar Irrera, ecco. So che era impiegato, dipendente dell’Irrera. L’ho sentito chiamare più volte, ma non ho mai avuto mai alcun rapporto, né professionale né di amicizia.
PM: Lei ha conosciuto il costruttore Biagio Grasso?
Piccolo: Sì, l’ho incontrato una volta con l’ingegnere Giuseppe Puglisi. Mi chiese un’informazione bancaria, credo per l’avvio di un rapporto di conto corrente, ma non fu mai avviato, e non ci fu mai alcun rapporto.
PM: Era in compagnia dell’ingegnere Puglisi. E l’ingegnere Puglisi che ruolo aveva, cioè chi era, che faceva?
Piccolo: Era un imprenditore che aveva dei conti correnti presso la sede di Messina della BPER. Aveva un conto personale e poi una società di costruzioni che poi venne posta in liquidazione. La Puglisi Costruzioni.
PM: Aveva altri ruoli societari o amministrativi in società?
Piccolo: In qualche altra società era socio.
PM: Di quale?
Piccolo: Forse dell’Irrera, forse aveva una quota. Aveva una quota dell’Irrera, sì. L’ingegnere aveva una piccola quota societaria nell’Irrera 1910 S.r.l..  Oltre a questa non ricordo, probabilmente sì.
PM: Le dico quello che lei ha dichiarato a verbale: Conosco Grasso Biagio, chiese l’apertura di un conto corrente nel 2010 circa. Tuttavia l’operazione non fu mai perfezionata. Questi, se non ricordo male mi fu presentato da Giuseppe Puglisi. Il predetto era amministratore della P & F S.r.l.. Che è quella società, aggiungo io, che fu un terzo datore di ipoteca per quel mutuo che richiede il Denaro.
Piccolo: Sì.
PM: Lei conosce un certo Fabio Lo Turco?
Piccolo: No. Non mi dice nulla.
PM: Non le dice nulla questo nome. Senta il signor Fabio Lo Turco è correntista presso la Banca Popolare del Mezzogiorno, che è la sua banca, sì?
Piccolo: Sì. Ma non mi ricordo di avere un conto intestato a Fabio Lo Turco, ecco. È probabilmente che ci sia, ci sono tremila conti, qualcuno mi può sfuggire. (Dalla visura camerale della società P & F degli imprenditori Giuseppe Denaro, Antonino Denaro e Giuseppe Puglisi è stato accertato che il 31 ottobre 2011, il presunto “prestanome” del gruppo Grasso-Romeo, Fabio Lo Turco, aveva ceduto alla GDH S.r.l. una quota sociale di P & F pari a 11.500 euro, nei fatti pagata però pagata da Giuseppe Denaro con 240.000 euro, previa accensione del mutuo con la filiale della banca diretta da Gaetano Piccolo, NdA).
PM: Sì, lo comprendo. Il signor Fabio Lo Turco è titolare di un conto corrente finale aperto presso la Banca Popolare del Mezzogiorno. Questo signor Lo Turco, dagli estratti conto che abbiamo, ci risulta che il 28 settembre 2011 ha un saldo iniziale 0. Voglio sapere se ricorda queste operazioni.
Piccolo: Ma io in questo momento non ricordo di un conto intestato a Fabio Lo Turco. Peraltro mi pare di aver sentito, lei mi dice nel 2011?
PM: Sì, quando si svolge questa cessione di quote, che riguarda il signor Denaro. Leggendo quest’estratto conto ci risulta che in qualche modo le operazioni siano collegate, perché su questo conto oltre a ricevere degli assegni… Specifico: il 10 novembre del 2011 su questo conto del signor Fabio Lo Turco, si dà atto che perviene un bonifico di 180 mila euro da parte della GDH S.r.l.. ABI, CAB coincidono con la banca, quindi la stessa banca che gira i soldi dalla GDH a Lo Turco Fabio, terzo acconto acquisto quote P&F S.r.l. del 31 ottobre 2011. Il signor Lo Turco Fabio a settembre ha 0 sul suo conto, a novembre ha 180 mila euro…
Piccolo: Evidentemente era la cessione… Riguardava la cessione delle quote.
PM: A dicembre dello stesso tempo avrà un saldo finale di mille euro. Risultano una serie di operazioni in questi due mesi circa, su questo conto…. Vorrei che il direttore ci dicesse se questa è un’operatività di cui ci ha riferito che non aveva notizia, ma se, vista la sua esperienza, è un’operatività normale.
Piccolo: Guardi, l’operazione è un bonifico che ha riguardato la cessione dell’operazione che ha fatto la GDH. C’è stato il bonifico, c’è stato un atto sottostante… Poi ovviamente il ricavato di quest’operazione, il signor Lo Turco ha fatto una serie di pagamenti…
PM: Vedo anche una serie di prelevamenti anche allo sportello, diecimila, diecimila, non esattamente dei pagamenti. O meglio forse avrà pagato qualcuno, però intanto i soldi li ha presi. Non mi pare che da quell’estratto conto risulti chi ha pagato con quei soldi il signor Lo Turco.
Piccolo: Ha fatto dei prelevamenti. All’epoca era un’operazione consentita il prelievo di diecimila euro.
PM: All’epoca, nel 2011, è un’operazione consentita prendere diecimila euro allo sportello?
Piccolo: Ma guardi, l’introito era… Il bonifico di 180 mila…
PM: Scusi, il signor Lo Turco lei ha detto non sa neppure chi è.
Piccolo: Ma io infatti non me lo ricordo.
PM: Ha un conto corrente zero a settembre 2011. A dicembre 2011, o meglio in quest’arco temporale, riceve oltre 200 mila euro e svuota questo conto. Scusi, le operazioni che sono indicative di uno svuotamento del conto, sono operazioni normali o anomale? È corretto dire che il conto viene svuotato?
Piccolo: Sì, viene svuotato, sì. È corretto pure dire che i soldi erano suoi.
PM: Sì. E la banca evidentemente di sapere chi è il signor Lo Turco, perché ha ricevuto 180 mila euro dalla GDH, che cosa ci farà con questi soldi (…) Svuota il conto… E’ un’operatività anomala?
Piccolo: Dottore, i soldi erano suoi.
PM: Senta un’altra cosa: come funziona oggi, come funzionava nel 2011 nella sua banca la catena di comando sulle segnalazioni di operazioni sospette per riciclaggio?
Piccolo: Ricevevamo delle segnalazioni e ci attivavamo.
PM: Chi era preposto e con quale ruolo a fare cosa?
Piccolo: No, adesso chi non me lo ricordo, nel 2010 chi era la persona addetta al servizio, però ricevevamo delle segnalazioni e ci attivavamo in questo senso, facevamo degli accertamenti…
PM: Come funzionava, come era organizzata la banca?
Piccolo: Su ogni operazione sospetta dovevamo compilare un modulo, una segnalazione e la dovevamo inviare al nostro ufficio. La prima persona è il cassiere… Lo segnala ad un responsabile dello sportello nel salone e poi ci attiviamo con la SOS, Segnalazione di Operazione Sospetta.
PM: Non esiste un funzionario addetto alle segnalazioni?
Piccolo: No, no.
PM: All’antiriciclaggio?
Piccolo: No, no.
PM: Esiste oggi?
Piccolo: Sì, oggi esiste, sì.
PM: Quindi scusi, l’ultima parola sull’inoltro alle autorità competenti della SOS, a chi spetta?
Piccolo: Spetta a due persone, al direttore e ad un ufficio centrale.
Successivamente è stato l’avvocato Nunzio Rosso, difensore dell’imputato Fabio lo Turco, a controesaminare il direttore Gaetano Piccolo. “Tornando al discorso che ha fatto poc’anzi a domanda del signor Pubblico Ministero, si parlava di un mutuo ipotecario chiesto dalla GDH: senta, lei ha detto che questo tipo di canale di linea di credito, che era per liquidità, non la seguiva lei?”, ha domandato il legale.
Piccolo: Non rientrava nelle mie facoltà deliberative.
Avv. Rosso: Ora visto che non decide lei, chi decise?
Piccolo: Un funzionario dell’ufficio crediti. Dalla direzione generale della BPER che è a Modena.
Avv. Rosso: Quindi venne autorizzato dalla direzione generale?
Piccolo: Sì, sì, non rientrava questo tipo di mutuo nelle mie facoltà deliberative. La pratica venne inoltrata dalla sede di Messina, passò al visto dell’ufficio che esamina l’aspetto formale dei documenti, dopodiché andò alla delibera dal funzionario dei crediti che appunto delibera i mutui, che non è allocato a Messina.
Avv. Rosso: Lei è in condizione di dare un’idea se può capitare, è capitato anche in quel periodo o successivamente che mutui di questa patta per importo e per caratteristica della richiesta, possono essere non stati pagati successivamente? Cioè è un fatto anormale o è una cosa che può avere una casistica?
Piccolo: C’è una fisiologica percentuale di insolvenza. L’accertamento è uguale per tutti e ci mettiamo il massimo impegno per evitare l’insolvenza. È ovvio che l’incidente è dietro l’angolo. C’è un rischio di impresa, un rischio banca che teniamo in considerazione. Abbiamo un’insolvenza mediamente del 4 – 5% alla sede di Messina, come anche in Sicilia c’è questa percentuale, e ce la teniamo.
Anche l’avvocato Antonio Salvatore Scordo, difensore di diversi imputati del processo Beta, ha posto alcune domande al teste Gaetano Piccolo: “Direttore, Denaro Giuseppe, da quanto tempo lo conosceva?”
Piccolo: Dal 2008, 2009.
Avv. Scordo: Le risulta che il signor Denaro Giuseppe fosse o meno un imprenditore?
Piccolo: Certo. Gestiva il bar Irrera.
Avv. Scordo: Le risulta se aveva supermercati?
Piccolo: No.
Avv. Scordo: Profumerie Grasso le dice niente?
Piccolo: Sì, mi ricordo che forse i genitori gestivano questa profumeria.
Avv. Scordo: Quindi diciamo che Denaro Giuseppe era un cliente per la banca…
Piccolo: Appetibile.
Avv. Scordo: Quindi quando si eroga un prestito per voi è un cliente appetibile che dà una garanzia personale, giusto, oltre quella immobiliare?
Piccolo: Sì, sì, ma infatti la mia direzione ci teneva ad aprire il conto…
Avv. Scordo: Quindi è corretto dire che le procedure di recupero partono dopo l’aprile del 2017 nei confronti della società?
Piccolo: Sì, sì, sono partiti con molto ritardo, comunque.
Avv. Scordo: Sa se tra il 2011 e il 2017 le attività commerciali, diverse dalla GDH, i Denaro hanno avuto problemi di carattere finanziario?
Piccolo: No, io non…
Avv. Scordo: Non ne è al corrente. Oltre questa vicenda, lei si è occupato di altre erogazioni di prestiti nei confronti di Denaro Giuseppe, di società a lui riconducibili?
Piccolo: No, un piccolo finanziamento al locale di Piazza Cairoli, la pasticceria.
Avv. Scordo: E quel finanziamento è stato onorato?
Piccolo: Sì, sì, uno scoperto di conto corrente. Sì, una scopertura. Piccolo importo, 30 mila euro.
Avv. Scordo: Lei ha mai sentito parlare della società Carmel S.r.l.?
Piccolo: Carmel S.r.l., un piccolo rapporto di conto aveva da me, da molti anni.
Avv. Scordo: E questa Carmel a chi era riferibile?
Piccolo: No, ma non me lo ricordo, ma è un rapporto aperto molti anni fa, poi vi fu una variazione nella compagine sociale, quindi onestamente non so a chi…

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