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La Cazzata Drone di Palermo Capitale della Cultura italiana

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Al via oggi dalla base di Sigonella il progetto "Cassata Drone", evento che "animerà il mese di aprile la scena artistica siciliana" in vista della kermesse "Palermo Capitale Italiana della Cultura" e “Manifesta 2018”, la biennale d'arte contemporanea internazionale che prenderà il via nel capoluogo regionale a metà giugno.
Un sedicente "evento artistico-culturale", quello di Cassata-drone che secondo i promotori "nasce da uno studio della città e riprende, nel titolo volutamente provocatorio, l’idea della cassata e del drone con l’obiettivo di lavorare su contrasti, sbordature e ossimori che convivono nella terra siciliana, attraverso i linguaggi dell’arte contemporanea". 
"Il progetto si articola in residenze, incontri, mostre e dibattiti, aventi come fine quello di offrire al pubblico una visione estetica e artistica di Palermo attraverso due nuclei tematici: la cassata, simbolo della tradizione gastronomica isolana, e il drone, l’aereo militare a pilotaggio remoto di cui i cieli e le terre siciliane sono la base ideale", spiegano gli organizzatori. "La cassata siciliana incarna l’humour, la storia e le dominazioni siciliane “zuccherando” metaforicamente la parola “drone”, ossia “ronzone”, un tempo fuco senza pungiglione e oggi minacciosa macchina militare. Il nostro progetto assimila le forme e l’estetica della cassata – simbolo indiscusso della Sicilia – a quelle del drone, simbolo a sua volta della presenza militare della Nato sull’Isola. In particolare, siamo interessati alla forma dell’oggetto drone, al suo modo di funzionare e di creare un’economia nel paesaggio siciliano che è completamente aliena ai cittadini”.
Il senso di avviare il progetto dalla grande base di guerra siciliana, oggi capitale mondiale degli aerei senza pilota (non solo sotto il controllo Nato, ma anche di Stati Uniti, UE-Frontex e Italia), è spiegato ancora dagli organizzatori. "Il tema indagato è l’interazione con le forme della base militare di Sigonella e il suo impatto antropizzante sul territorio in riferimento alla storia dell’architettura e ai miti siciliani".
Si prevedono perfino workshop "formativi" nelle scuole medie inferiori della provincia di Palermo. “Cassata Drone, un segno nel paesaggio siciliano contemporaneo”, con attività della durata di una settimana "da svolgersi per due ore al giorno oppure di tre giorni per quattro ore al giorno". Tra i temi del seminario "Il drone militare come nuova forma inserita territorio siciliano: a cosa serve e come è impiegato ai fini della sicurezza? Ragioniamo su pregi e difetti di questa macchina".Sì appunto, "pregi e difetti". I pregi di uccidere da lontano, fuori da ogni controllo; i difetti di scambiare – non poche volte – bambini, donne e anziani per feroci "terroristi"....
Sempre secondo gli organizzatori, “Cassata drone” si configura “come una mostra (16/08 – 20/09) ed evento collaterale dei più ampi eventi a Palermo e Provincia per il 2018: Palermo Città della Cultura Europea e Biennale Nomade di Arte Contemporanea Manifesta12  -Il Giardino Planetario. Coltivare la Coesistenza”.
Se così fosse, si tratterebbe di un fatto di una gravità inaudita. Il soffocante processo di dronizzazione della Sicilia e i devastanti effetti geostrategici, socio-ambientali, giuridici ed economici della trasformazione dell’Isola in piattaforma-poligono dei velivoli senza pilota, sono stati documentati da intellettuali, giuristi, giornalisti e soprattutto dalle numerose realtà che si sono opposte in questi anni alla realizzazione a Niscemi del terminale terrestre del MUOS, il sistema di telecomunicazioni della Marina USA che tra i suoi compiti ha proprio quello di guidare le operazioni di guerra dei droni in tutti gli scacchieri internazionali.
Per questo è assolutamente doveroso e necessario che gli organizzatori degli eventi internazionali previsti a Palermo nei prossimi mesi si dissocino immediatamente da “Cassata droni”; invitiamo altresì tutte le scuole del palermitano a boicottare i workshop pseudo-informativi previsti o già organizzati nell’ambito di questo mistificante progetto “artistico-culturale”.

Manifesta 12: “Nulla a che fare con Cassata Drone”

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A seguito della pubblicazione del mio articolo “La Cazzata Drone di Palermo Capitale della Cultura italiana”, pubblicato in data 29 marzo su alcune testate online nazionali, l’Ufficio Stampa di Manifesta 12 ci ha indirizzato la seguente nota. “Teniamo a precisare che il progetto Cassata Dronedi cui si fa riferimento nell’articolo da voi pubblicato, non fa in alcun modo parte del programma di Manifesta, non è infatti inserito tra i progetti collaterali selezionati, elencati qui: http://m12.manifesta.org/gli-eventi-collaterali-di-manifesta-12/?lang=it”.
Pubblichiamo la nota di rettifica-chiarimento, esprimendo il nostro sincero apprezzamento per il fatto che la demenziale iniziativa pro-droni di guerra, avviata ieri a Sigonella da una sedicente organizzazione “artistico-culturale” nulla abbia a che fare con il programma di Manifesta 12 che prenderà il via a Palermo il prossimo mese di giugno. Facciamo tuttavia presente che quanto da noi pubblicato è stato preso integralmente dai comunicati stampa emessi dagli organizzatori di “Cassata Drone” e che, in particolare, nella lettera inviata ai dirigenti scolastici della Provincia di Palermo per presentare il progetto (Oggetto: Workshop formativo “Cassata Drone, un segno nel paesaggio Siciliano contemporaneo”), si riporta che lo stesso è “un modulo formativo curato da Giovanni Rendina (curatore) e Gaetano Olmo Stuppia (art director), specificamente rivolto a giovani studenti del Comune di Palermo e della sua Provincia e che si configura come una mostra (16/08 – 20/09) ed evento collaterale dei più ampi eventi a Palermo e Provincia per il 2018: Palermo Città della Cultura Europea e Biennale Nomade di Arte Contemporanea Manifesta12 “Il Giardino Planetario. Coltivare la Coesistenza.” (http://m12.manifesta.org/manifesta-12-rivela-il-suo-progetto-curatoriale/ ) Cassata Drone e i suoi progetti territoriali sono supportati dall’associazione non-profit “Ars-Culture” con sede legale a Venezia e operativa sul territorio europeo”.
Anche a seguito dell’apprezzata nota di smentita di Manifesta 12, crediamo sia ancora più doveroso da parte delle istituzioni scolastiche palermitane il boicottaggio di un progetto che mistifica “cultura”, “patrimonio artistico” e “paesaggio”, legittimando il processo di trasformazione della Sicilia in terra “ideale” per l’uso dei droni di morte. Ringraziamo gli operatori di Manifesta 12 e ci auguriamo che l’appuntamento palermitano possa contribuire oltre alla difesa del reale patrimonio storico-artistico-culturale dell’Isola anche a denunciare concretamente i devastanti processi militari in atto.

Esercito e Studenti insieme a Messina nei giorni della Guerra

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ESERCITO E STUDENTI INSIEME A MESSINA NEI GIORNI DELLA GUERRA. LA MIA NOTA DI PROTESTA ALLA SCUOLA IN CUI INSEGNO

Alla cortese attenzione della Dirigente dell'Istituto Comprensivo "Cannizzaro-Galatti" di Messina

Apprendo oggi dalla stampa che martedì prossimo 17 aprile 2018, alle ore 10, nel cortile del nostro Istituto si terrà un evento legato al progetto denominato "Esercito e Studenti Uniti nel Tricolore"  per "promuovere tra i giovani il valore dell’identità nazionale" e in cui si prevede che "militari e studenti insieme condivideranno l’atto solenne della cerimonia dell’alzabandiera intonando il “Canto degli Italiani” alla presenza della banda della Brigata “Aosta”". 
Ritengo questa iniziativa gravissima e in palese contrasto con i valori didattici-educativi della nostra istituzione scolastica e soprattutto non mi risulta che mai negli organi collegiali o nel Piano dell'Offerta Formativa si sia fatto alcun accenno al progetto "Esercito-Studenti" e che ci sia alcuna delibera di adesione al medesimo.
L'Istituto poi ben conosce il mio impegno di vita contro ogni forma di militarismo e ogni processo di militarizzazione dell'educazione e del sapere. Soprattutto negli ultimi anni ho pubblicato inchieste e saggi proprio su quanto sta avvenendo nelle scuole e nelle università italiane, dove le forze armate, la NATO, i militari USA e il complesso militare industriale stanno occupando spazi che non gli competono per legittimare e propagandare disvalori (la guerra, la violazione dei diritti umani, la “bellezza” delle armi di distruzione ecc.) e che sono fortemente in contrasto con i valori e le norme costituzionali (difesa della pace, libertà di espressione e d’insegnamento, ecc.).
La stessa nostra istituzione scolastica è altresì a conoscenza dei miei impegni in qualità di formatore in corsi di aggiornamento per docenti e studenti riconosciuti dal MIUR di educazione alla pace, al disarmo e all'opposizione alla militarizzazione della scuola pubblica italiana.
Esprimo pertanto il mio totale dissenso per questo pseudo-progetto "Militari-studenti", illegittimo perchè mai discusso e approvato dal collegio dei docenti e paradossalmente realizzato proprio nei giorni in cui si consuma l’ennesima tragedia di guerra internazionale utilizzando ancora una volta come piattaforma di morte la Siciilia e le sue basi militari; con la presente comunico che non accetterò di parteciparvi personlmente nè di accompagnare le mie classi durante le mie ore di servizio.
Con attenzione 
prof. Antonio Mazzeo

Milazzo, 14  aprile 2018

Il Progetto Esercito-Studenti alla Cannizzaro-Galatti. La Pace dei Camposanti

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Era perlomeno dal 1942 che nel cortile dell’Istituto Comprensivo “Cannizzaro-Galatti” di Messina non si teneva una parata bellico-musicale con la partecipazione obbligatoria di bambini e preadolescenti della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria. L’occasione odierna rientra nel progetto “Esercito Studenti Uniti nel Tricolore” indetto dalla Brigata “Aosta”, il reparto d’élite di stanza in Sicilia integrato nel dispositivo di pronto intervento terrestre della NATO, in collaborazione con diversi istituti della provincia di Messina.
L’obiettivo generale del “progetto” – come si legge nel comunicato della Brigata “Aosta” è quello di “promuovere tra i giovani l’identità nazionale” e “ricordare quegli uomini nati tra il 1874 e il 1899 che tra gli angusti spazi delle trincee e le imponenti cime dei monti contribuirono in maniera decisiva all’unità nazionale, sacrificandosi con generosità e coraggio”. Una doppia mistificazione storico-sociale, quella dell’Esercito e di quei dirigenti scolastici che in violazione del dettato costituzionale e con ordini di servizio palesemente illegittimi hanno imposto le attività musico-militare ai propri docenti e alunni.
La Prima Guerra Mondiale fu un’immane  carneficina (“un’inutile strage” la definì Papa Benedetto XV nella sua lettera ai Capi di stato belligeranti l’1 agosto 1917) e decine di migliaia di giovanissimi soldati italiani furono mandati e (poi vigliaccamente abbandonati) al massacro da inetti e corrotti ufficiali e comandanti dell’Esercito, in una delle pagine più nere della storia post-unitaria d’Italia. Inverosimile e scandaloso parlare poi parlare di “identità nazionale” nelle scuole italiane dove a ormai uno studente su cinque – i figli di migranti ma nati e cresciuti in Italia – è stata negata dal Parlamento l’acquisizione della cittadinanza (e dei diritti che ne derivano) con lo ius soli.
Nei giorni dell’escalation bellica in Siria e in Medio oriente forze armate e istituzioni scolastiche stringono inedite alleanze pseudo-culturali, con tanto di “monitor” tra gli studenti di agenti DIGOS e della scientifica e finanche i Carabinieri. Per noi che operiamo ininterrottamente da 34 anni in questo istituto è stata sicuramente una delle giornate più tristi e dolorose della nostra carriera di insegnanti ed educatori pacifisti, antimilitaristi e nonviolenti.
Fortunatamente cresce però tra gli insegnanti, gli studenti e i genitori la consapevolezza sul dilagante processo di militarizzazione dell’educazione e del sapere nel nostro paese e i suoi diversissimi pericoli sociali, politici, economici, culturali. E siamo orgogliosi di rivendicare il nostro diritto-dovere all’obiezione e al rifiuto di questi vergognosi spettacoli di manipolazione della verità e delle coscienze.

Pubblicato in Stampalibera.it il 17 aprile 2018, http://www.stampalibera.it/2018/04/17/il-progetto-esercito-studenti-alla-galatti-cannizzaro-la-pace-dei-camposanti-di-antonio-mazzeo/

4 maggio 2018, Giornata pro - forze armate nelle scuole del Veneto

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Si intensifica la campagna di “occupazione militare” delle scuole italiane. Il prossimo 4 maggio, 157° anniversario della nascita dell’Esercito italiano, in tutti gli istituti scolastici della regione Veneto si terrà una “giornata di riflessione e sensibilizzazione sul ruolo delle forze armate nel nostro Paese”. Lo ha annunciato l’assessora regionale alla scuola e alla formazione Elena Donazzan, a conclusione di un incontro a Padova con il gen. Paolo Serra, a capo del Comando Forze Operative Nord (COMFOPNORD) dell’Esercito.
“Tra le tante iniziative che la Regione Veneto condivide con l’Esercito italiano ci sono quest’anno le celebrazioni nelle scuole per il centenario della conclusione della prima guerra mondiale”, ha dichiarato Donazzan. “Con il Comando Forze Operative Nord abbiamo condiviso la comune intenzione di coinvolgere sempre più le scuole promuovendo la presenza di rappresentanti dell’Esercito in occasioni e incontri formativi, come testimoni di una funzione pubblica indispensabile per la sicurezza e la protezione dei cittadini”. In conclusione, l’assessora alla scuola in divisa - con un passato nel Fronte della Gioventù e nel Msi-Dn e l’orgoglio di appartenere ad una “famiglia di tradizione e vita professionale militare” – ha dichiarato che s’impegnerà nei prossimi mesi per “promuovere in tutte le istituzioni educative la conoscenza del Comando interforze del Nord Italia, una realtà complessa, innovativa e di grande eccellenza nel panorama delle forze armate italiane ed estere”.
Costituito il 1° ottobre 2013 nella Caserma “Piave” di Padova, il Comando Forze di Difesa Interregionale Nord svolge le funzioni di controllo delle operazioni militari terrestri su tutto il territorio dell’Italia centro-settentrionale, impiegando i relativi reparti anche in concorso alle forze di polizia (vedi Operazione “Strade Sicure”) nel pattugliamento delle città, nella vigilanza esterna ai centri di accoglienza per migranti o a siti “particolarmente sensibili tra i quali spicca, per l’importanza strategico-nazionale che esso riveste, il cantiere della TAV in Val Susa”.
Paradossalmente la giornata di “riflessione e sensibilizzazione” pro – forze armate sarà arbitrariamente imposta a tutti gli studenti veneti il prossimo 4 maggio proprio in una delle regioni più investite dai processi di militarizzazione del territorio. In Veneto sorgono infatti due dei maggiori complessi da guerra dell’esercito USA in Italia, la base di Camp Ederle e l’ex aeroscalo “Dal Molin” di Vicenza; sempre a Vicenza, presso la Caserma “Chinotto” sono stati insediati il “Centro di formazione” Coespu, cogestito dall’Arma dei Carabinieri e da US Army Africa; il Comando di Eurogendfor, la forza di Gendarmeria “europea” e il NATO Stability Policing Center of Exellence di recente costituzione. Altra base statunitense è quella di Longare (Vicenza), a cui si aggiunge un’altra struttura di “formazione” creata in ambito NATO, il Multinational CIMIC Group di Motta di Livenza (Treviso). Le forze aeree italiane, statunitensi e NATO possono contare operativamente sugli scali aeroportuali di Villafranca-Verona e Treviso, mentre periodicamente si svolgono esercitazioni militari presso gli scali di Asiago e Belluno. Buona parte delle alpi del bellunese sono utilizzate come poligoni per le attività addestrative delle forze armate italiane e dei reparti USA di stanza a Vicenza e ad Aviano, mentre la città di Venezia è sede di importanti comandi operativi delle forze navali italiane e di uno dei reparti d’élite della Marina, il Reggimento Lagunari “Serenissima”, fanti-marines in salsa tricolore.

Alternanza Scuola – Forze Armate per l’Italia del XXI secolo

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Lavoro forzato, gratuito, schiavo. Imposizione ideologica neoliberista, ipercompetitiva e ultraindividualista. Gerarchizzazione e autoritarismo. L’Alternanza Scuola Lavoro (ASL), il provvedimento sicuramente più inaccettabile della cosiddetta “Buona scuola”, ha avviato negli istituti scolastici della secondaria il laboratorio sperimentale del modello culturale, sociale, economico e politico dell’Italia della Terza Repubblica: democrazia e diritti zero; lavoratori-studenti-cittadini-soldati signorsì, sempre, comunque e dovunque. La parola d’ordine è militarizzare coscienze, luoghi, rapporti sociali e di produzione. Non è casuale dunque che alla famigerata “alternanza” guardino con sempre maggiore interesse e aggressività - contestualmente - Confindustria, transnazionali, forze armate e le industrie belliche.
L’occupazione fisica della scuola italiana e degli stessi contenuti didattico-educativi da parte delle istituzioni militari non è un purtroppo un processo nuovo. La legge n. 107 del 13 luglio 2015 di “riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione” ha tuttavia dato nuova linfa e copertura ideologica-reazionaria al rafforzamento dei binomi scuola-caserma e libro-moschetto, con però sempre meno scuola e libri e ancora più caserme e moschetti. La formalizzazione istituzionale del rimodernato rapporto istruzione-forze armate in nome del lavoro coatto e non retribuito è avvenuta il 15 dicembre 2017, quando i rappresentanti dei ministeri della Difesa, del Lavoro e della Scuola hanno sottoscritto un Protocollo d’intesa per la mutua collaborazione all’alternanza. “Il Ministero della Difesa metterà a disposizione i musei militari, gli Enti e gli istituti operativi e logistici, mentre gli studenti potranno aiutare il ministero durante il periodo dell’ASL nei suddetti spazi”, si legge nella nota emessa dal MIUR. Le forze armate, inoltre, “s’impegneranno a rafforzare e qualificare l’inserimento lavorativo dei giovani, in particolare nelle strutture civili del ministero della Difesa dedicate alla manutenzione dei mezzi militari”. Agli ufficiali delle forze terrestri, navali ed aeree viene chiesto altresì di cooperare allo sviluppo delle attività di orientamento, “per consentire agli studenti una scelta consapevole del percorso di studio e delle opportunità degli sbocchi occupazionali”.
Tutto in linea con il “nuovo” modello con cui è interpretata in sede nazionale e NATO la cosiddetta “difesa”: un inestricabile network civile-militare (CIMIC in gergo bellico), dove spariscono differenze, metodologie e confini tra le attività e le operazioni nella sfera pubblica (con i primi a sparire i “civili”) e dove è poi la stessa “sfera pubblica” ad essere sottoposta all’egemonia e al controllo dei militari e del “privato”. “La proposta di collaborazione è il sigillo del riconoscimento della propensione della Difesa al duale”, ha dichiarato il sottosegretario Gioacchino Alfano nelle ore successive alla firma del protocollo con i ministri partner dell’Istruzione e del Lavoro. “Le attività svolte dal comparto Difesa si sono dimostrate utili anche al mondo civile in tanti settori e, grazie alla sinergia interistituzionale nata oggi, potremo trasmettere ai giovani studenti le esperienze, le conoscenze scientifiche e tecnologiche e gestionali del mondo militare. Un mondo complesso che ha dovuto evolversi velocemente per affrontare le sfide globali e che, quindi rappresenta oggi il massimo che il Sistema Italia possa offrire”.
Basi navali, arsenali e sottomarini per gli studenti-soldati
Si moltiplicano intanto a vista d’occhio le convenzioni e gli accordi tra gli Stati Maggiori delle forze armate e i dirigenti scolastici per la realizzazione di stage e sessioni di alternanza scuola lavoro, non certo solo all’interno di musei e centri di documentazione militare, ma anche in basi strategiche, porti e aeroporti, installazioni di telecomunicazione e postazioni radar, arsenali, centri d’intelligence e guerra elettronica. Vediamo le esperienze più significative a partire dall’ASL con la Marina Militare.
Lo Stato Maggiore della Marina ha firmato una convenzione triennale con il Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Roma per avviare percorsi formativi per gli studenti presso vari reparti della capitale (Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione, Reparto Navi, Ufficio Generale Affari Legali, finanche il Reparto C4S che si occupa del settore IT-Information Technology). “Un panorama ampio e diversificato di attività, quindi, che vede i giovani studenti cimentarsi tra ricerche storiche sulla 1^ Guerra mondiale, comunicati stampa, social media ma anche reti informatiche, cyber-security simulazioni di modelli navali in 3D, bandi di gara, contratti e norme giuridiche per la Pubblica Amministrazione”, riporta l’ufficio stampa dello Stato Maggiore della Marina. Più specificatamente sono state svolte “alcune delle attività che caratterizzano il mondo della comunicazione: redigere un comunicato stampa e un articolo, progettare e realizzare un sito web, preparare la rassegna stampa, ideare messaggi promozionali e loghi, ecc.”. Per la cronaca, il Convitto “Vittorio Emanuele II” è ad oggi l’unica scuola italiana a cui l’AISE, l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna che coordina le attività dei servizi segreti a livello internazionale, ha permesso di visitare il Museo dell’Intelligence realizzato in una galleria sotterranea di Forte Braschi, il quartiere generale degli 007 italiani. Altra convenzione è stata firmata tra l’Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione della Marina Militare e l’istituto “Gaetano De Sanctis” di Roma per realizzare percorsi formativi ASL presso le strutture della forza armata e “promuovere attività di sviluppo dell’impiego civico e sociale dei giovani”. In particolare gli studenti del “De Sanctis” sono stati impegnati presso l’Ufficio Storico della Marina in “ricerche storiche archivistiche-documentali-iconografiche finalizzate alla redazione di articoli di argomento navale”.
Centinaia di studenti di sette istituti scolatici pugliesi (“Liside”, “Maria Pia”, “Pacinotti”, “Pitagora” e “Righi” di Taranto, “Sandro Pertini” di Grottaglie e “Falcone-Del Prete” di Sava) hanno effettuato un percorso di alternanza presso l’Arsenale di Taranto, affiancando le maestranze civili e militari nelle varie lavorazioni navali e in molteplici attività in officine, uffici, laboratori tecnologici, fisico-elettrici, chimici, ecc.. Alcuni di questi istituti hanno sviluppato percorsi di alternanza scuola-lavoro anche presso il Centro fi formazione e addestramento aeronavale di Taranto (MARICENTADD): agli studenti sono state fornite “nozioni sull’organizzazione della Marina, sulle norme in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, sull’arte marinaresca, sulle telecomunicazioni nonché dimostrazioni pratiche sulla lotta antincendio”. A MARICENTADD Taranto (centro specialistico impegnato pure in diversi progetti di cooperazione con le Marine da guerra di Algeria, Bangladesh, Cina, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Malta e Qatar), gli allievi dell’ISS “Righi” hanno svolto inoltre “attività di manutenzione dei motori a turbina e alternativi”.
Sempre a Taranto si sono svolti progetti ASL sulle telecomunicazioni presso il Comando Stazione Navale (MARISTANAV) con gli studenti dell’IS “Pacinotti” e presso il Museo dell’Arsenale (Liceo Ginnasio “Aristosseno” di Taranto).“Il progetto di alternanza Taranto e la Marina: il Museo dell’Arsenale ha lo scopo di valorizzare la funzione storico-culturale che l’Arsenale della Marina Militare ha avuto per la città di Taranto dalla sua costruzione sino ai giorni nostri”, spiega la dirigenza del liceo pugliese. “La classe opererà presso i locali del Museo dell’Industria che ospita la mostra storico-artigiana permanente della Marina Militare; inoltre, si lavorerà all’organizzazione di una mostra fotografica per la riscoperta e valorizzazione di vari siti storico-culturali all’interno dell’Arsenale militare e di altri siti significativi della Marina a Taranto, producendo materiale (dépliants, brochures, video multimediali) anche in lingua straniera”.
Da qualche mese a Taranto è stato avviato il progetto ASL presso il Centro Ospedaliero della Marina Militare per gli studenti di sei istituti scolastici locali (il Liceo scientifico “Battaglini”, il Liceo “Archita”, l‘IPS “Cabrini”, il Liceo Artistico “Calò Lisippo” e ancora una volta l’IISS “Pacinotti” e l’IISS “Righi”). Il programma è caratterizzato da laboratori e tirocini presso i vari Reparti del Centro Ospedaliero e da visite e attività presso i Comandi e gli assetti operativi della Marina. “L’intento del progetto ASL è di creare una nuova tipologia di equipaggio composto dal personale della Forza Armata, dagli studenti e dai loro insegnanti nonché dalle associazioni di volontariato, per la diffusione e la salvaguardia della cultura marittima del Paese in un percorso condiviso, innovativo e multidisciplinare”, riporta il sito del Comando navale.
Progetti di alternanza scuola-lavoro sono stati avviati con le scuole della provincia di Siracusa presso un altro importante Arsenale della Marina militare, quello di Augusta, su iniziativa del Comando Marittimo Sicilia (Marisicilia). Questo Comando ha pure sottoscritto un accordo con l’Istituto “F. Insolera” di Siracusa per avviare il progetto Abbellisci l’ambiente che ti circonda. Le classi ad indirizzo “servizi per l’agricoltura” sono state impiegate presso il comprensorio di Punta Izzo di Augusta nella progettazione e successiva realizzazione del “rinverdimento delle aiuole e delle aree destinate al verde dell’area demaniale della Marina”, la stessa che viene utilizzata periodicamente come poligono militare e per cui è previsto un piano di ampliamento e potenziamento infrastrutturale fortemente osteggiato dalla popolazione locale.
Il porto militare di Augusta, utilizzato anche in ambito NATO per la sosta e il rifornimento di unità di superficie e sottomarini a capacità nucleare, è stato meta della “visita guidata” degli studenti dell’IPSIA “Efesto” di Biancavilla (Catania) nell’ambito delle attività ASL, con tanto di “ispezione” al pattugliatore d’altura “Sirio”, alle dipendenze del Comando Forze da Pattugliamento per la Sorveglianza e la Difesa Costiera (COMFORPAT). “I militari hanno dato testimonianza diretta dell’impegno profuso in azioni di salvaguardia, tutela e soccorso in mare nei confronti del sempre crescente numero di migranti”, si legge nel report dell’istituto etneo. Come ormai sempre accade in ambito scolastico, l’unità da guerra è ovviamente descritta in maniera edulcorata e “umanitaria”, evitando ogni accenno alle passate missioni internazionali del“Sirio”, come ad esempio gli addestramenti congiunti con le unità di buona parte dei turbolenti paesi che si affacciano nel Mediterraneo e nell’Adriatico, la partecipazione all’Operazione multinazionale Cooperative Shield per “effettuare il controllo dell’immigrazione clandestina nello Stretto di Sicilia” o le “attività promozionali promosse dalla Marina Militare a favore del comparto industriale italiano in Turchia”.
Presso la Scuola Sottufficiali della Marina de La Maddalena (l’isola minore della Sardegna per anni ostaggio delle pericolose evoluzioni e soste in rada dei sottomarini a propulsione e capacità nucleare degli Stati Uniti d’America) è stato avviato un progetto ASL con il locale Istituto d’istruzione superiore “Giuseppe Garibaldi” che “consente agli studenti di affiancare il personale della Scuola e apprendere le tecniche impiegate nella manutenzione di imbarcazioni a vela e motore e lavorazioni sulla vetroresina, ecc”. Sempre in Sardegna, si svolgono gli stage degli studenti dei corsi informatica e telecomunicazioni dell’ITIS “Dionigi Scano” di Cagliari presso le principali infrastrutture della Marina Militare del capoluogo.
Stage e incontri nell’ambito dei programmi ASL sono tenuti sempre più spesso presso l’Accademia Navale di Livorno. Qui sono approdati perfino gli studenti dell’indirizzo nautico dell’Istituto “Majorana” di Gela (Caltanissetta) per “rafforzare le loro capacità organizzative e relazionali partecipando attivamente alla gestione delle attività e ad una giornata di studio assieme agli allievi Ufficiali, su argomentazioni scientifiche come la navigazione, la cartografia, l’astronomia, l’oceanografia e la meteorologia”. Collaborazione con l’Accademia di Livorno per l’ASL pure per l’ITT “Chilesotti” di Thiene (Vicenza). “Ciò ci ha consentito di conoscere le attività professionali offerte dalla Marina Militare per la difesa del Paese: da quelle in ambito internazionale, con supporto umanitario ed antipirateria, alle operazioni di ricerca e soccorso in mare, vigilanza pesca e anti inquinamento, bonifica dei fondali marini da ordigni pericolosi”.
A La Spezia, altra città sede di importanti infrastrutture della Marina, nel giugno 2017 sono stati avviati con gli studenti in ASL dell’IISS “A. Fossati-M. Da Passano”, i laboratori ludico-didattici, le conferenze e le mostre dell’evento Un Mare di emozioni, organizzato dal Centro di Supporto e Sperimentazione Navale della Marina Militare. L’iniziativa ha avuto lo “scopo di avvicinare i giovani al mondo scientifico nelle sue applicazioni legate all’ambiente marino” e ha visto la collaborazione di CNR, Interuniversity Center of Integrated Systems for the Marine Environment - ISME, Università degli Studi di Firenze, Distretto Ligure delle Tecnologie Marine e Centre for Maritime Research and Experimentation (CMRE), il centro di ricerche avanzate e tecnologie navali e sottomarine della NATO che sorge nel comprensorio spezzino. Sempre a La Spezia si tiene annualmente all’interno dell’Arsenale Militare Marittimo la rassegna internazionale Seafuture dedicata alle “innovazioni navali e marittime”, anche in questo caso dual, civili-militari. Seafutureè organizzato da Marina Militare, DLTM - Consorzio Tecnomar Liguria, Eiead, Aiad, con la collaborazione di Agenzia ICE, Regione Liguria e Comune della Spezia. Alla prossima edizione in programma dal 19 al 23 giugno 2018, oltre al premio destinato a laureati, dottorandi e dottorati di ricerca ne sarà assegnato un altro agli studenti dell’ultimo biennio delle scuole superiori per “valorizzare tesine o elaborati divulgativi riguardanti argomenti, prodotti o processi nell’ambito delle tecnologie del mare, aventi come principale tema la salvaguardia dell’ambiente e la biomimetica”..
A La Spezia, anche le Giornate di Primavera del FAI (Fondo Ambiente Italiano) dedicate alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico e culturale italiano meno conosciuto, si trasformano in occasione di propaganda militare e legittimazione dei reparti d’elite e pronto intervento delle nostre forze armate. Le ultime edizioni hanno visto l’inedita apertura al pubblico dell’Arsenale militare, del “Varignano” alle Grazie di Portovenere (sede del COMSUBIN, le forze speciali della Marina) e del Forte Umberto I, situato sull’isola Palmaria. “Ciceroni, gli studenti spezzini dei progetto ASL dell’ITIS “G. Capellini”, dell’ITNS “N. Sauro”, dell’Istituto Albergiero “Casini” e gli allievi dei Licei “Costa”, “Pacinotti”, “Cardarelli” ,”Parentuccelli”, degli ISS “Fossati Da Passano” e “Arzelà” e della Scuola Media “Fontana”. In verità negli ultimi anni si è assistito un po’ in tutta Italia alla “militarizzazione” delle Giornate FAI, con la scusa dell’apertura (per un solo giorno e con l’utilizzo di “volontari” delle scuole secondarie anche in ASL) di infrastrutture militari che sorgono in aree d’indubbio interesse naturale o storico-architettonico e la cui fruibilità viene sistematicamente negata ai residenti e agli enti locali. Non è casuale così che l’edizione 2018 delle Giornate di primaveraè stata presentata nel corso di una conferenza stampa presso il Palazzo Marina Militare di Roma, poi aperto alle visite per “offrire affreschi, fregi dipinti, marmi policromi e arredi pregiati e per la prima volta la stanza 112, intitolata al Grande Ammiraglio Thaon di Revel, protagonista della vittoria sul mare durante la prima guerra mondiale”. “Condividiamo con il FAI l’amore per il nostro Paese”, ha commentato l’ammiraglio Paolo Treu, Sottocapo di Stato Maggiore della Marina. “Con le navi e suoi equipaggi, la Marina è ambasciatrice dell’Italia nel mondo, promuove la consapevolezza della marittimità perché il futuro, il benessere e il progresso della nostra nazione dipendono dalla tutela del mare, dal suo rispetto e valorizzazione”. Oltre al Forte Umberto I nel golfo di La Spezia, hanno aperto le loro porte ai visitatori delle Giornate FAI anche l’Accademia Navale di Livorno e il Forte San Felice a Chioggia, con l’allestimento di mostre sul “contributo della Marina Militare alla Grande Guerra”.
Attività di alternanza scuola-lavoro per gli allievi di numerosi istituti nautici italiani durante la lunga crociera dall’Adriatico al Tirreno della goletta “Oloferne” con a bordo il Museo Navigante e importanti cimeli storici messi a disposizione dalla Marina Militare: fascicoli sulle operazioni navali della Grande Guerra, strumenti dell’Istituto Idrografico della Marina, ecc... Il viaggio della goletta ha preso il via il 9 gennaio 2018 a Cesenatico e si è concluso a fine marzo a Sète, in Francia. Promotrice delle attività del Museo Navigantela Lega Navale con le sue sezioni locali per “promuovere l’educazione e l’inclusione sociale attraverso la navigazione a vela”. Altrettanto ambiguo nelle sue finalità civili-militari il progetto “Sauro100”, avviato due anni fa “da un’idea dell’ammiraglio Romano Sauro, nipote dell’eroe nazionale Nazario Sauro e che vede l’ammiraglio toccare, da Sanremo a Trieste, più di 100 porti in Italia e 20 all’estero”. Questa crociera è effettuata con una barca a vela di nove metri e si pone come obiettivo quello di “testimoniare, nelle varie tappe, quei profondi sentimenti di giustizia, di libertà e di solidarietà menzionati dal Presidente Mattarella in occasione della ricorrenza dei 100 anni dalla morte di Nazario Sauro, giustiziato a Pola dagli austriaci il 10 agosto 1916”.  L’ammiraglio Romano Sauro, oggi in pensione dopo 42 anni di servizio nella Marina Militare, “utilizza ogni sosta per portare nelle scuole il racconto dei marinai che nella Prima guerra mondiale, con il sacrificio e l’impegno, formarono l’identità europea e nazionale, portando alla conoscenza dei giovani quei valori che animarono i loro coetanei di un tempo”, si legge nella brochure del progetto “Sauro 100”. Alla sua riuscita contribuiscono in particolare le convenzioni tra gli istituti scolastici e le sezioni della Lega Navale Italiana (di cui Romano Sauro è stato Commissario Straordinario nel periodo 2015-2017), stipulate nell’ambito dei percorsi ASL previsti dalla L.107/2015 e che consentono di imbarcare studenti a bordo della barca a vela nelle tratte di trasferimento da un porto a un altro.
Eccitanti navigazioni pure per gli allievi dell’ISS “Barsanti” di Massa Carrara nell’ambito del progetto ASL “Sailor School”, realizzato in collaborazione con Sail Training Association - Italia, un’associazione senza scopo di lucro fondata nel luglio 1996 dalla Marina Militare e dallo Yacht Club Italiano per “incrementare le conoscenze marinaresche in modo operativo, permettere agli studenti di entrare in contatto con il mare, maturare un senso di responsabilità e di autosufficienza, imparare ad orientarsi nel mondo fisicamente e moralmente, ecc.
Centotrenta studenti dell’IISS “Amerigo Vespucci” di Gallipoli, hanno seguito per due settimane le attività svolte presso la locale Capitaneria di Porto – Guardia Costiera. “I militari sono assistiti nell’espletamento delle pratiche amministrative che fanno capo all’Autorità Marittima e per il funzionamento dei servizi tecnico-nautici del porto”, riportano i media locali. “Sono state svolte inoltre attività di familiarizzazione a bordo dei mezzi nautici della Guardia Costiera e attività formative sulle operazioni legate alla navigazione e all’uso e al rispetto del demanio marittimo”. Esperienze analoghe sono toccate agli allievi ASL dell’ISS “Cristoforo Colombo” di Torre del Greco presso la locale Capitaneria di Porto. “Si tratta di un percorso collaborativo per l’acquisizione di competenze ed esperienze sulle professioni marittime e sulle tematiche afferenti il complesso settore dell’amministrazione e governo del mare, secondo le linee di indirizzo emanate dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto di concerto con il MIUR”, spiega l’addetto stampa della Marina. Anche a Torre del Greco come a Gallipoli, gli studenti hanno offerto il proprio “supporto al personale militare addetto agli sportelli preposti al ricevimento dell’utenza marittima”.
Altra convenzione in ambito ASL è stata sottoscritta tra l’IIS “Leonardo Da Vinci” di Sapri e l’Ufficio circondariale marittimo di Palinuro, per consentire l’accoglienza degli studenti presso gli uffici della locale Guardia Costiera e “affiancare il personale militare nell’espletamento delle attività istituzionali del Corpo”. Altro accordo quello tra la Capitaneria di Porto Torres e l’Istituto Tecnico Nautico “Mario Paglietti” per un percorso formativo di 400 ore, “durante il quale la scuola offrirà sia il personale che le dotazioni con l’obiettivo in futuro di attuare un piano di investimenti sull’hardware e sul software per potenziare le risorse della scuola”. Anche gli studenti dell’ISS “Buccari Marconi” di Cagliari sono stati accolti presso la Capitaneria di Porto del capoluogo sardo per attività teoriche e pratiche sui principali ambiti di competenza del Corpo e della Guardia Costiera e in “attività tecnico-amministrative incardinate negli uffici gente di mare, patenti nautiche, naviglio, diporto e armamento e spedizioni, e cognitive degli apparati tecnologici della sala operativa e in dotazione ai mezzi navali”.
“Full immersion nei vari uffici, naviglio e diporto, patenti, pesca, contenzioso, demanio servizio operativo e dei mezzi nautici e servizi militari della Guardia Costiera” per gli alunni ASL dell’ITIS “Galilei” e dell’Istituto Nautico “Artiglio” di Viareggio. Il tutto con tanto di “uscite con le Motovedette o le attività ispettive in area portuale ed in materia di pesca”. In Sicilia è stata firmata una convenzione tra la Guardia Costiera e l’Istituto Tecnico Aeronautico “Ettore Majorana” di Gela, per effettuare tirocini e stage presso il 2º Nucleo Aereo con sede all’aeroporto di Catania-Fontanarossa. Progetto “formativo” ed ASL della Guardia Costiera di Catania pure con gli studenti del Politecnico del Mare “Duca degli Abruzzi”, istituto che il 7 aprile 2017, nell’ambito del “percorso didattico mirato a creare una forte intesa con il mondo del lavoro”, ha ospitato un incontro seminariale con gli ufficiali della Marina Militare sul tema de L’affascinante mondo dei sottomarini.
L’ISS “Volterra – Elia” di Ancona ha dato vita invece al progetto “Naviotica”, d’intesa con la Capitaneria di Porto, il supporto del MIUR e la collaborazione della provincia di Ancona e del Consorzio Navale Marchigiano, inaugurando un Laboratorio di Simulazione Navale, il “primo esemplare al servizio del Medio Adriatico e tra i più evoluti in Italia” per formare il personale nelle procedure navali come l’entrata e l’uscita dai porti e le manovre anticollisione. Meno oneroso e certamente più divertente lo stage di alternanza scuola lavoro che gli invidiati studenti dell’ISS “Giuseppe Renda” di Polistena (Reggio Calabria) hanno svolto qualche tempo fa presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare di Venezia, in occasione del locale “Carnevale per gli studenti”...
Caccia, elicotteri e droni per l’alternanza scuola-aeronautica 
Nell’ultimo biennio, da quanto si apprende dal sito ufficiale del Comando dell’Aeronautica Militare, per lo svolgimento di attività di “tirocinio di formazione e orientamento” sono state sottoscritte articolate convenzioni tra i reparti di punta della forze aeree e numerosi istituti scolastici italiani. Nello specifico si segnalano i protocolli tra l’Istituto Statale Istruzione Tecnica “A. Manetti” di Grosseto e la 121^ Squadriglia Radar di Poggio Ballone (Grosseto); l’IISS “Euclide” di Bari, l’IISS “Flacco” di Castellaneta e il 36° Stormo di Gioia del Colle (Bari); il Liceo Statale “Enrico Medi”, l’ITIS “Guglielmo Marconi” di Verona ed il 3° Stormo di Villafranca-Verona; l’ITAS “Francesco Baracca” di Forlì e la 1^ Brigata Aerea Operazioni Speciali / 15° Stormo di Cervia-Pisignano (Ravenna); l’ITC “Fabio Besta” di Ragusa ed il Comando Aeroporto di Sigonella (“attività di controllo dello spazio aereo e della meteorologia, manutenzione dei velivoli in forza ai Gruppi Volo del 41° Stormo”). Il “Besta” di Ragusa ha avviato progetti ASL anche presso lo scalo aereo di Comiso e nella stazione dell’Aeronautica di Noto-Mezzogregorio per “studiare le telecomunicazioni e i sistemi d’antenna”; inoltre – come si legge nel sito istituzionale – “ci siamo già attivati in passato con la Guardia Costiera di Catania, dove gli alunni si sono cimentati nella manutenzione degli elicotteri destinati al progetto Frontex”. Nell’anno scolastico 2015-16, gli studenti più meritevoli dell’istituto ibleo sono stati premiati con uno stage presso il complesso Alenia-Finmeccanica di Cameri (Novara) dove vengono assemblati i cacciabombardieri a capacità nucleare F-35; a condurre in Piemonte gli allievi ci ha pensato proprio il 41° Stormo dell’Aeronautica con un pattugliatore da guerra Atlantic decollato dalla grande base aerea di Sigonella.
Il 41° Stormo ha sottoscritto una convenzione ASL conl’I.S.S. “Ettore Majorana" di Gela e l’Istituto Tecnico Aeronautico Statale “Arturo Ferrarin” di Catania (quest’ultimo propone ai propri studenti pure il corso di “Robotica in avionica”, per la progettazione dei sistemi elettronici di un aeromobile e il corso “Basico teorico pratico di droni” per l’apprendimento di “tutti i segreti della meccanica dei velivoli radiocomandati fino al conseguimento dell’attestato di pilotaggio droni”). Sempre in Sicilia, alternanza scuola-lavoro per gli studenti dell’Istituto Nautico “Leonardo Da Vinci” di Milazzo presso l’Osservatorio meteorologico di Messina, opportunità nata grazie al Protocollo di Intesa stipulato con il Comando dell’Aeronautica Militare di Sigonella per il triennio 2017/2020.
Dal sito istituzionale dell’Aeronautica si apprende poi di una convenzione per la “formazione e l’orientamento curriculare” tra l’ITS “Somma Lombarda” di Cameri (Novara) e il 1° Reparto Manutenzioni Velivoli di stanza presso lo scalo aeroportuale di Cameri, unità specializzata nella manutenzione dei cacciabombardieri “Tornado”, “Eurofigter Typoon” e dei nuovi F-35. Altri tirocini formativi sono in fase di svolgimento presso il Servizio telematico e radar del 36° Stormo dell’Aeronautica con gli alunni delle quinte classi dell’Istituto Industriale “Leonardo Da Vinci - Galileo Galilei” di Gioia del Colle. Stage presso il 36° Stormo pure per l’IISS “Leonardo Da Vinci” di Martina Franca per “osservare da vicino in che modo si possa prevedere il verificarsi di fenomeni metereologici” e “prendere visione delle attività operative dei reparti dell’Aeronautica e sulle capacità dell’Eurofighter Typhoon”. Il cacciabombardiere è descritto per l’occasione in maniera mistificata come un velivolo meramente “da intercettazione e difesa”. “Questo aereo multiruoloè uno dei più avanzati in Europa, dato il suo recente utilizzo (2011)”, si legge nell’articolo-report del sito istituzionale dell’IISS “Leonardo da Vinci”. “Il suo compito, nonostante l’artiglieria che trasporta suggerisca il contrario, non è offensivo, bensì difensivo, infatti l’unico momento in cui utilizza armi è solo in presenza di un attacco nei suoi confronti”.
Ancora in Puglia, nel novembre 2017 è stato siglato un accordo tra il Comando della Scuola Volontari di Truppa dell’Aeronautica Militare che ha sede sull’Idroscalo di Taranto e l’I.I.S.S. “Augusto Righi” per la realizzazione di due progetti ASL: il primo per gli alunni delle classi ad indirizzo costruzioni aeronautiche che “sotto la supervisione del personale militare provvederanno a restaurare un caccia-addestratore statunitense d’epoca, il T-6 Texan”; il secondo progetto per gli alunni delle classi ad indirizzo informatico “il cui compito sarà quello di realizzare un libro multimediale sulla lunghissima storia dell’Aeronautica Militare nella città di Taranto”. Sempre secondo l’accordo, il personale del Comando della Scuola Volontari Truppa “provvederà a far frequentare a tutti gli alunni coinvolti un corso di formazione antinfortunistica per lavoratori modulo generale ai sensi del D.Lgs. nr 81/2008”.
Attività di alternanza scuola-lavoro degli allievi dell’IISS “Carnaro-Marconi-Flacco-Belluzzi” di Brindisi presso l’aeroporto di Galatina (Lecce), sede del 61º Stormo, del 10º Reparto Manutenzione Velivoli dell’Aeronautica Militare e di una delle maggiori scuole di formazione dei piloti da guerra a livello internazionale. Oltre alle visite guidate agli ufficio meteo, agli hangar di sosta degli aeromobili e alle officine di manutenzione, sono previsti stage presso la sala simulatori di volo “linkati al nuovo velivolo trainer T-346A, che hanno fatto di questa esperienza un metodo didattico e di apprendimento sintonizzato con le esigenze del mondo esterno”.
L’ISS “Malignani” di Udine ha avviato un progetto ASL con il Comando militare dell’aeroporto di Rivolto con attività e stage che spaziano dalle scienze aeree, le costruzioni edili, le telecomunicazioni, la  topografia, le reti elettriche, la logistica intermodale, l’antincendio e la sicurezza. Grazie a questo progetto, la dirigenza dell’istituto spera di “rinnovare il proprio parco velivoli e con esso l’offerta didattica, ricevendo in assegnazione un cacciabombardiere AMX quando lascerà le piste di volo nel 2020”.Altra convenzione ASL è quella tra la 46^ Brigata Aerea di Pisa e il Liceo “XXV Aprile” di Pontedera; il percorso didattico è articolato in 200 ore con la “collaborazione nella realizzazione di eventi commemorativi o in occasione di seminari, mostre, ecc. come nel caso del Pisa Airshow” e la conoscenza degli “aspetti caratterizzanti l’attività quotidiana dei reparti della 46^ Brigata, dalla sicurezza dei voli alla torre di controllo, dai ricoveri in hangar degli aeroplani alla loro manutenzione, ecc.”.
In Sardegna, il Reparto Sperimentale Standardizzazione al Tiro Aereo RSSTA di Decimomannu che supporta le attività di addestramento al tiro aereo dei velivoli italiani, NATO ed extra-NATO nei poligoni sardi, ha ospitato gli studenti ASL dell’Istituto Tecnico “Dionigi Scano” di Cagliari per una visita alla Sala Radar del Nucleo Avvicinamento, alla locale Stazione meteorologica, alla Torre di controllo e ai reparti schierati nello scalo aereo. “Per l’occasione, un pilota del 61° Stormo di Galatina-Lecce, la Scuola di Volo dell’Aeronautica Militare che provvede alla formazione per il conseguimento del brevetto di pilota militare e alla formazione pre-operativa del personale navigante, ha illustrato agli studenti le caratteristiche del velivolo addestratore Aermacchi M-346A”, riporta l’ufficio stampa dell’Aeronautica. In volo con l’Aeronauticaè invece il titolo del progetto ASL dell’’ISS “Vanvitelli Stracca Angelini” di Ancona, con tanto di “giornate di familiarizzazione” con i velivoli da guerra operativi presso l’aeroporto di Falconara Marittima e “trasferimenti degli allievi” dal capoluogo marchigiano allo scalo “con automezzi militari a cura dell’Aeronautica Militare”. Altro protocollo ASL quello per gli studenti dell’ISIS “Isabella D’Este Caracciolo” di Napoli presso l’Accademia Aeronautica Militare di Pozzuoli.
Il Comando del Reparto Sistemi Informativi Automatizzati dell’Aeronautica Militare (Re.S.I.A.) di Roma che si occupa della formazione del personale nel settore informatico, della realizzazione e manutenzione dei sistemi di controllo delle banche dati e della gestione contro le minacce cibernetiche ha sottoscritto un protocollo con l’Istituto Tecnico Tecnologico “Enrico Fermi” di Frascati. Scopo dell’accordo la realizzazione di attività pratico-teoriche al fine di “introdurre gli studenti alla conoscenza dei velivoli da guerra e di altre tematiche militari” e “sviluppare dei software gestionali utili alla Forza Armata, concentrando l’attenzione sulla dinamica tematica dell’informatica e la relativa sicurezza dei sistemi in gestione”. Agli studenti è stato pure presentato il “sito riservato ai militari che permette loro di accedere a informazioni  importanti e riservate in un database”. Significativo il commento espresso dal Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare: “La collaborazione del ReSIA, con l’Istituto Fermi rappresenta un segno tangibile della visiondell’Aeronautica 4.0 che vede la Forza Armata snella, dinamica e perfettamente integrata nel contesto sociale nel quale opera, sia al servizio del cittadino alla salvaguardia delle persone, delle cose, della cultura e dei valori del Paese”. Sempre l’ITT “Enrico Fermi” di Frascati, ha sottoscritto nel febbraio 2017 specifica convenzione ASL con il Centro Studi Militari Aeronautici (Ce.S.M.A.) e il 6° Reparto Manutenzione Elicotteri di Pratica di Mare (Pomezia) per accogliere una cinquantina di studenti presso le strutture militari di riferimento per 400 ore complessive a persona. Il Centro Studi Militari Aeronautici e lo Stato Maggiore dell’Aeronautica hanno firmato una convenzione triennale ASL pure con il Liceo classico “Dante Alighieri” di Roma al fine di “valorizzare le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali, avvicinando gli studenti al mondo della Difesa per toccare con mano nuove dinamiche organizzative e di rapporto”.
Presso il Reparto Sistemi Informativi Automatizzati (Re.S.I.A.) che ha sede nell’area del parco archeologico dell’Appia Antica si sono svolti stage formativi anche per gli studenti del corso informatico–telecomunicazioni dell’Istituto Tecnico Commerciale Statale “Vincenzo Arangio Ruiz” di Roma.Stage ASL per gli studenti dell’ITT “Francesco Baracca” di Brescia presso il 6° Stormo di Ghedi, l’unico reparto italiano abilitato, in caso di guerra, al trasporto e all’uso di testate nucleari; e per gli studenti dell’Istituto Tecnico Industriale “G. Armellini” di Roma presso l’aeroporto militare di Pratica di Mare per visitare le officine di manutenzione velivoli ed elicotteri. Incontri formativi sul tema Aeronautica, ingegneria industriale e territorio: opportunità e prospettive si sono tenuti invece presso l’ISS “Mattei-Fortunato” di Eboli con i rappresentanti dell’Aeronautica militare e dell’azienda Tesi Srl. In partnership, gli Istituti Industriali “Meucci” di Firenze e “Leonardo da Vinci” di Martina Franca hanno svolto parte del loro progetto ASL presso l’aviosuperficie di Manduria (Taranto), con un “volo di familiarizzazione propedeutico al corso di pilotaggio”, lo studio-progettazione di droni e la visita conclusiva alla base del 16° Stormo dell’Aeronautica di Martina Franca.
La testa ... tra le nuvole. Orientamento al lavoro è stato invece il titolo del seminario che gli studenti dell’I.I.S. “Enrico De Nicola” di San Giovanni La Punta (Catania) hanno svolto con gli ufficiali del Comando dell’Aeronautica Militare di Sigonella. Sempre in tema di orientamento, per gli studenti delle ultime classi dell’Istituto “Giosué Carducci” di Comiso (Ragusa) è stato promosso un “progetto di collaborazione con le forze armate”, animatori tre ufficiali in forza ai reparti di volo dell’Aeronautica della grande base siciliana. Sigonella, tra l’altro, si conferma come una delle mete più ambite per le visite guidate degli istituti scolastici nell’ambito dei progetti ASL. Recentemente il Liceo Classico “Empedocle” di Agrigento si è recato presso il Comando del 41° Stormo per un “incontro con le donne aviere che ha evidenziato l’importanza della parità dei sessi e del volersi mettere in gioco in un ambiente prettamente maschile”.
In convenzione con l’Università del Piemonte Orientale, l’Istituto Tecnico “Fauser” di Novara ha realizzato un progetto ASL con uno stage di formazione presso l’aeroporto militare di Cameri a cui hanno partecipato le classi terze a indirizzo informatico e aeronautico. “Il progetto si è svolto attraverso la modalità di apprendimento learning by doing per promuovere una partecipazione attiva degli studenti al contesto sociale e creare competenze cognitive, collaborative e comunicative”, spiega la dirigenza dell’istituto novarese, noto per la presenza al suo ingresso di un velivolo Aermacchi MB 326, l’addestratore per i piloti italiani destinati alla guida dei cacciabombardieri Tornado e AMX, venduto pure a numerosi clienti internazionali: Argentina, Australia, Brasile, Congo, Dubai, Ghana, Malesia, Nigeria, Perù, Tunisia, Zambia, Sudafrica (in violazione dell’embargo internazionale decretato ai tempi dell’Apartheid).
Le dichiarate finalità pro-forze armate di alcune delle attività didattiche proposte dall’Istituto Tecnico “Fauser”, hanno indotto una trentina di sua insegnanti, qualche tempo fa, a sottoscrivere una denuncia pubblica dal significativo titolo Fauser di Novara: una scuola di guerra?. La protesta dei docenti è scaturita dopo la creazione di un corso post-diploma per tecnici aeronautici finalizzato alla costruzione del cacciabombardiere F-35 nel complesso militare-industriale di Cameri. Il futuro nello spazio. Al Fauser un percorso che porta agli F-35: questo è il titolo di un’inserzione pubblicitaria comparsa il 2 settembre 2011, su La Stampa”, si legge nell’appello dei docenti-obiettori.“Coloro che frequenteranno il corso ITS in aerospazio-meccatronica, che partirà a novembre, avranno la strada spianata per la conquista di un posto di lavoro nella fabbrica per cacciabombardieri F-35 che stanno costruendo nell’aeroporto di Cameri. Noi, che siamo insegnanti di Novara e dintorni, noi, che non stimiamo la guerra né utile né giusta, noi, che consideriamo tutte le fabbriche d’armi nient’altro che fabbriche di morte, noi ci permettiamo, a scanso di equivoci futuri, di invitare giovani e docenti a boicottare il corso di cui sopra. Sarebbe bello che nessun giovane novarese si iscrivesse ad un corso di questo genere, lasciando le aule tristemente vuote. Sarebbe pure sacrosanto che nessun docente accettasse di insegnare in questo corso destinato a formare fabbricanti d’armi e di morte”.
Decine di istituti scolastici di secondo grado vengono poi selezionati, ogni anno, in differenti province italiane per partecipare ai “Corsi di cultura aeronautica” organizzati dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare con la collaborazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, allo scopo di “promuovere e diffondere l’immagine della Forza Armata e la cultura militare aeronautica: uomini e donne che con passione e professionalità sono al servizio del Paese nel controllo dello spazio aereo nazionale, nelle missioni alleate ed internazionali per il rafforzamento ed il mantenimento della pace nel segno della solidarietà, nel soccorso alla popolazione in caso di calamità o emergenze”. Nell’ultimo biennio sono state coinvolte le scuole delle province di Catania, Ferrara, Firenze, Grosseto, L’Aquila, Milano, Padova, Pavia, Torino, Treviso, Udine e Verona, mentre alle “attività didattiche” hanno concorso ufficiali e piloti dei reparti di volo più importanti dell’Aeronautica, come ad esempio il 2° Stormo di Rivolto (Udine), il 3° Stormo di Villafranca-Verona, il 4° Stormo di Grosseto; il 41° Stormo di Sigonella; il 51° Stormo di Istrana (Treviso). Ogni corso ha una durata di due settimane durante le quali gli studenti seguono le lezioni teoriche e apprendono il funzionamento dei diversi strumenti di bordo; al termine, i frequentatori affrontano la fase pratica, con un volo di circa 30 minuti a bordo di un velivolo “SIAI-Marchetti 208M”, sotto la guida degli istruttori del 60° Stormo di Guidonia (Roma). Dal 2009 i giovani partecipanti hanno la possibilità di effettuare voli “virtuali” pure sul simulatore di volo costruito sul cockpit del velivolo MB-339 della Pattuglia Acrobatica Nazionale “Frecce Tricolori”. Gli studenti “migliori” vengono selezionati per uno stage presso l’aeroporto militare di Guidonia per assistere a lezioni teoriche su “aerotecnica, propulsione, manovre di volo, sicurezza del volo e strumenti di bordo” e volare infine con un aliante biposto. A tutti i partecipanti viene consegnato infine un diploma attestato di frequenza, che “assegna un punteggio di merito in alcuni concorsi dell’Aeronautica Militare”. Oltre a svolgere corsi di cultura aeronautica per le scuole secondarie di secondo grado, il Centro di Guidonia effettua i corsi di volo a vela per gli allievi dell’Accademia Aeronautica nell’ambito dell’iter formativo per il conseguimento del brevetto di pilota militare e per quelli della Scuola Militare Aeronautica “Giulio Douhet” di Firenze.
L’Alternanza con l’Esercito: musei, archivi e intelligence…  
“L’Esercito Italiano ha sviluppato diversi progetti di Alternanza Scuola/Lavoro sul territorio nazionale: solo nella città di Roma sono stati diversi gli Istituti Scolastici coinvolti nella realizzazione di programmi formativi che hanno consentito a diversi studenti di incontrare ed affiancare i militari nei più svariati ambiti professionali”, spiega con orgoglio il Capo di Stato maggiore dell’Esercito. Nello specifico, si ricorda che il Liceo Scientifico “Talete” ha sviluppato un progetto che ha consentito agli studenti di operare all’interno del Museo Storico della Fanteria, “dove sono stati realizzati approfondimenti di 20 cimeli della mostra Bollettino 1268. Il confine di carta”; il Liceo Classico e Scienze Umane “Plauto” ha invece impiegato i suoi alunni presso l’Ufficio Storico dell’Esercito, “dove hanno acquisito capacità professionali nell’ambito della tutela del patrimonio storico-culturale”; presso la Rivista Militare, “collaborando alla redazione di un articolo”, nonché per “attività di catalogazione presso i Musei Militari della Capitale”.
Nell’ambito di un programma di valorizzazione del patrimonio storico dell’Esercito Italiano, in accordo con il Comando Militare di Roma, il Liceo Scientifico “Torricelli” sta realizzando una piattaforma multimediale su supporto informatico, integrata a diverse strutture museali della forza armata (Museo Militare di Roma, Museo Storico di Fanteria, ISAG – Istituto Storico dell’Arma del Genio, Museo Storico dei Bersaglieri, Museo Storico della Motorizzazione Militare). L’obiettivo del progetto ASL è quello di “allestire un museo virtualeche possa mettere in rete i diversi musei favorendone la conoscenza e la fruizione tramite internet o, direttamente dagli stessi spazi museali, attraverso dispositivi mobili (tablet e smartphone)”.
Centinaia di studenti degli istituti di Padova in alternanza scuola-lavoro hanno fatto da “apprendisti Ciceroninelle Giornate di Primavera del FAI nella caserma “Carlo De Bertolini”, sede del Dipartimento Militare di Medicina Legale del Comando logistico dell’Esercito. Il Dipartimento è l’unico ente sanitario militare dell’area nord-est a fornire attività di supporto alle unità di tutte le forze armate e di tutte le forze dell’ordine in ambito medico-legale e clinico. Presso il Dipartimento, inoltre, viene svolta attività formativa di aggiornamento professionale per il personale sanitario e corsi di tecniche di pronto soccorso a favore del personale militare dei vari enti dell’Esercito.
Per lo svolgimento di “tirocini curriculari” per gli anni 2017-2020, la Scuola di Cavalleria di Lecce dell’Esercito ha firmato convenzioni con l’IISS “F. Calasso”, il Liceo classico musicale “G. Palmieri”, l’Istituto di cultura e lingue “Marcelline”, l’IISS “Cezzi De Castro – Moro” e l’IISS “P. Colonna”, tutte scuole con sede nella città pugliese. In via di definizione una convenzione tra la Scuola di Cavalleria e il liceo Scientifico e Linguistico “A Vallone” di Galatina diretta a un “gruppo di studenti particolarmente interessati alla carriera militare”.
Di sicura rilevanza, non fosse altro perché l’esperienza potrebbe presto estendersi ad altre regioni italiane, il protocollo d’intesa per la realizzazione di attività ASL che l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna ha firmato nel giugno 2017 con il Comando Militare dell’Esercito di Bologna. “L’iniziativa, rivolta ad iscritti degli istituti-tecnici ad indirizzo economico e dei licei, prevede che gli studenti in alternanza lavorino presso l’Ufficio documentale dell’Esercito, gestendo pratiche di archivio (archiviazione, riordino e catalogazione patrimonio e aggiornando i database anagrafe, documentazione e matricola del personale delle Forze armate e dei Carabinieri della Regione Emilia Romagna, ecc.)”, si legge nell’accordo.
PPresso la Scuola Telecomunicazioni Interforze di Chiavari è in corso invece da alcuni anni il progetto Giovani@Web, grazie ad un accordo siglato nel marzo 2012 da Regione Liguria, Ufficio Scolastico Regionale, Comitato Regionale delle Comunicazioni, Scuola Telecomunicazioni FF.AA., Polizia Postale (e successivamente esteso alle Regioni Sicilia e Puglia), con obiettivo, la “sensibilizzazione di studenti, dirigenti scolastici, docenti e genitori sui pericoli e le responsabilità legati all’utilizzo dei sistemi informatici, internet e social network”. La Scuola Telecomunicazioni Interforze di Chiavari è responsabile della formazione specialistica e dell’addestramento del personale del Ministero della Difesa con “particolare attenzione alle attività di certificazione dei corsi S.I.C.R.AL. (Sistema Italiano per Comunicazioni Riservate ed Allarme) svolti presso il Centro di Vigna di Valle; telematica; sicurezza delle informazioni e custodia del materiale crittografico; informatica; cyber defence”.
Per l’Istituto per Geometri “Denina” di Saluzzo, si sono aperte invece le porte dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, “fulcro nazionale dello studio del territorio e della mappatura e che svolge funzione di ente cartografico dello Stato Italiano”. Stage presso il 235° Reggimento Addestramento Volontari “Piceno”, nella caserma “Emidio Clementi” di Ascoli Piceno, per gli studenti del locale ITS “G. Mazzocchi”, per “favorire la crescita individuale dal punto di vista psicologico e comportamentale, attraverso l’acquisizione di forme di autocontrollo e di disciplina personale, l’educazione al rispetto delle regole, la capacità di effettuare scelte in autonomia e senza condizionamenti esterni”. Percorsi di alternanza scuola-lavoro sono previsti per gli studenti del Liceo “E. Medi” di Villafranca presso la Procura del Tribunale Militare di Verona; altra discutibile esperienza civile-militare ASL quella progettata sulla base di una convenzione tra il Liceo classico “Muratori-S. Carlo” di Modena e l’ANMIG (Associazione Nazionale Mutilati Invalidi di Guerra), per lo “sviluppo di competenze nella ricerca storico-documentale e visite-stage presso l’Accademia Militare di Modena”.
Attività di guide e vigilantes al fianco dei militari della Brigata Bersaglieri “Garibaldi” per oltre duecento studenti ASL dei licei “Diaz”, “Giannone” e “Manzoni”, dell’Istituto d’arte “San Leucio, degli Istituti tecnico-professionali “Buonarroti”, “Ferraris” e “Giordani” della provincia di Caserta per il percorso museale Erano Giovani e Forti – Caserta e i suoi Figli nella Grande Guerra 1917-2017, allestito lo scorso autunno nelle sale della Quadreria della Reggia vanvitelliana. L’iniziativa è stata realizzata nell’ambito delle commemorazioni ufficiali del Centenario della Prima Guerra Mondiale, per “riscoprire e valorizzare le storie, i documenti e gli oggetti che hanno contraddistinto il quotidiano dei 5.718 caduti casertani”. La mostra Erano Giovani e Forti con oltre 600 cimeli provenienti da collezioni private, musei storici civili e dell’Esercito Italiano – spiegano i promotori – “è stata soltanto uno degli eventi del progetto, iniziato nel 2015, grazie ad un protocollo d’intesa sottoscritto da Brigata Bersaglieri “Garibaldi”, Reggia di Caserta, Provincia di Caserta, Comune di Caserta, Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, Camera di Commercio, Archivio Di Stato” e che ha permesso la realizzazione di “convegni, giornate di studio, concorsi per le scuole di ogni ordine e grado e un cineforum destinato ad oltre settecento studenti di sette istituti superiori casertani”.
Sempre nell’ambito di un progetto di alternanza scuola-lavoro, 85 alunni del Liceo Statale “Alessandro Manzoni” di Caserta sono stati impiegati come “giudici di gara” all’ultima edizione della Flick Flok, la manifestazione di corsa istituita nel 1991 dalla Brigata Bersaglieri “Garibaldi” per la preparazione fisico-militare dei propri uomini, successivamente estesa ai civili e agli studenti. “La Flick Flock si fonda su tre pilastri: la famiglia, quale base della nostra società e futuro della stessa, lo sport e la solidarietà”, ha spiegato il generale Nicola Terzano, comandante della “Garibaldi”. Ospite d’onore della Flick Flock 2017 la banda della Marina Militare USA di stanza all’Allied Joint Force Command Naples, il Comando congiunto per il Sud Europa della NATO che opera dalla moderna infrastruttura realizzata a Lago Patria, nel territorio comunale di Giugliano.
Oltre che per la convenzione Flick Flock, la dirigenza del Liceo “Manzoni” di Caserta ha messo la propria firma per avviare una delle attività educative-didattiche più singolari nella storia dell’autonomia scolastica e del dirompente processo di privatizzazione e militarizzazione del sapere: un “Corso di Preparazione Sportiva Carriere Militari” riservato agli studenti che aspirano a partecipare ai concorsi per allievi, sottufficiali e ufficiali di tutti i Corpi militari. “I corsi si tengono nella palestra dell’istituto in ore pomeridiane con il fine di fornire una preparazione ottimale e creare una base eccellente per sostenere i concorsi”, si legge nel sito del liceo casertano. L’“offerta formativa”, ovviamente, è a pagamento: 250 euro per un mese di attività, 450 per due. Sport ed educazione fisica, come nel Ventennio fascista, per formare ed addestrare menti e corpi per la Guerra.

Research prodotta in occasione del Corso di formazione nazionale per insegnanti Militarizzazione dei territori, militarizzazione delle coscienze, militarizzazione della scuola?, promosso dal CESP, il Centro Studi per la Scuola Pubblica – Napoli, 21 marzo 2018.

I moderni guerrieri dell'Aosta: "Fate che i bambini vengano a Noi!!!"

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Nei giorni in cui si moltiplicano nelle scuole di ogni ordine e grado di Messina le iniziative del progetto "Esercito e Studenti Uniti nel Tricolore", voluto dalla Brigata "Aosta" in collaborazione con tanti dirigenti e fortunatamente pochi insegnanti per presentare il volto buono e ludico di uno dei reparti da guerra d'élite delle forze armate italiane, il 5° Reggimento Fanteria "Aosta" di stanza nel capoluogo dello Stretto si addestra con i propri mezzi pesanti nel martoriato poligono di Punta Bianca (Agrigento). Scopo dell'esercitazione quello di completare la formazione di "perfezionamento delle procedure di reparto mediante l'esecuzione di atti tattici con particolare riferimento al combattimento offensivo".
Quello che la Brigata "Aosta" non racconta agli studenti messinesi è che nei prossimi mesi entrerà a far parte pienamente delle Forze di Pronto Intervento della NATO (tecnicamente "Joint Rapid Response Force 2018") , per dispiegarsi in poche ore negli scacchieri di conflitto internazionale dove l'Alleanza Atlantica e gli Stati Uniti pensano di poter imporre arbitrariamente e unilateralmente il proprio dominio e quello delle transnazionali della finanza e dell'energia.
Ovviamente nessuno racconterà ai giovani allievi che il poligono di Punta Bianca per le esercitazioni della "Aosta"è una delle aree ambientali e paesaggistiche più belle e più fragili della Sicilia, a due passi dalla Valle dei Templi di Agrigento, un territorio negato alla fruibilità della popolazione, pesantemente stuprato e inquinato dalle bombe dei mortai e dagli agenti chimici dispersi con le esplosioni.
"fate che i bambini vengano a noi"è la mistificante campagna scolastica dei generali dell'Esercito italiano. Collaborare con loro è assumersi direttamente la responsabilità dei crimini di guerra del XXI secolo e del devastante processo di distruzione dei territori e dell'ambiente dell'Isola "portaerei" di forze armate italiane, UE, USA e NATO.

Il 25 aprile a Messina. Sbarco armato di migranti in una città ipermilitarizzata

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Messina non avrebbe potuto festeggiare nel peggiore dei modi il 25 aprile. “Liberazione dal fascismo, liberazione dalla guerra”, ma chi ha avuto la sventura di avvicinarsi al porto della città dello Stretto nella giornata di ieri, ha respirato a pieni polmoni stato di guerra e autoritarismi filo-fascisti. Le operazioni di sbarco di 139 migranti provenienti dal nord Africa hanno smentito tutti coloro che per ignobili scopi elettoralistici girano l’Europa per narrare di una Messina “modello di accoglienza e integrazione”, occultando volutamente come l’odierna guerra ai migranti e alle migrazioni scatenate nel Mediterraneo dall’Unione Europea e dalla NATO abbiano di fatto ipermilitarizzato intere aree urbane, convertendo il territorio peloritano in uno dei centri strategici in Italia delle politiche di “contenimento” bellico dei flussi migratori e di sperimentazione di pratiche liberticide, privazione dei diritti e confinamento coatto a danno di rifugiati e migranti.
Le foto scattate da Enrico Di Giacomo ci mostrano innanzitutto il mezzo navale impiegato per il “salvataggio” a largo delle acque libiche: una fregata lanciamissili portoghese, la “Francisco De Almeida”, armata con l’immancabile  cannone di produzione italiana Oto Melara per la “lotta antiaerea e di superficie”. Un’imbarcazione che dopo aver operato con la flotta di pronto intervento NATO nelle acque dell’Atlantico (la Standing NATO Response Force Maritime Group 1 o SNMG1), dal settembre dello scorso anno è stata chiamata al comando della Forza Marittima Europea (EUROMARFOR), formalmente costituita da Francia, Spagna, Italia e Portogallo per “assolvere alle missioni di controllo marittimo, guerra alle mine, assistenza umanitaria e di evacuazione a popolazioni, mantenimento e riacquisizione delle condizioni di pace e di gestione delle crisi”, ma che in realtà opera principalmente nell’addestramento e nella formazione militare (specie nella lotta alle migrazioni) dei paesi della sponda sud del Mediterraneo (Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libia, Marocco e Tunisia), Malta e Mauritania.
Le immagini ci presentano poi un dispiegamento spropositato di forze dell’ordine italiane, con agenti in assetto antiguerriglia urbana a far la guardia della banchina del porto (deserta), nell’attesa di poter scortare i migranti all’hotspot realizzato all’interno dell’ex Caserma “Gasparro” di Bisconte, un centro-lager dove dalla sua apertura ad oggi è accaduto di tutto e di più, nel totale disinteresse di amministratori, forze politiche e sociali e della stramaggioranza dei cittadini. Sulla nave da guerra e a terra, poi, un folto gruppo di agenti-spia della famigerata Agenzia “Frontex”, la creatura divoratrice di risorse finanziarie pubbliche voluta da Bruxelles per il “controllo esterno delle frontiere” dell’Unione. A loro, l’infame compito di identificare, interrogare e schedare i migranti, dividere i “buoni” dai “cattivi” per stipare centri d’accoglienza e lager-hotspot e, come accaduto sulla fregata portoghese, investigare e “accertare” gli “scafisti imbarca migranti”, in palese violazione del diritto e delle procedure penali. Così per il teatrino mediatico, Frontex e agenti Digos e PS si sono messi in posa con gli “scafisti” arrestati, tutti con i volti ben scoperti e senza che si utilizzasse il termine “presunti” nelle note di cronaca di buona parte delle testate tv e giornalistiche (le stesse che utilizzano il “presunto” pure per i mafiosi al 41 bis con tanto di condanna in primo e secondo grado). Peccato poi che sempre più spesso dopo i flash, i selfie e i mandati di cattura, i Tribunali ordinino la scarcerazione di quasi tutti gli “scafisti” per l’assoluta mancanza di prove nei loro confronti, l’inattendibilità delle testimonianze raccolte e la stessa arbitrarietà dei procedimenti di identificazione messi in pratica dagli agenti Frontex/Ue.
Nelle ore dello sbarco militare e militarizzato si consumava l’ennesima vergogna della malaccoglienza in salsa peloritana. A seguito di una denuncia dell’operatrice Clelia Marano e del circolo Arci “Thomas Sankara”, un’ispezione dei parlamentari messinesi del Movimento 5 Stelle confermava la presenza nell’ex caserma-lager di “Bisconte” di un bambino di tre anni originario della Costa d’Avorio, sbarcato a Lampedusa il 22 aprile, e condotto il giorno dopo nel centro di Messina dopo essere stato illegittimamente separato dalla madre ricoverata invece ad Agrigento perché prossima al parto. Una vicenda davvero infame, che pur tra la sensibilità umana di qualche operatore della caserma-lager, getta ulteriore discredito su un sistema di “accoglienza” che punta principalmente alla semidetenzione e all’annullamento delle identità, delle storie, delle soggettività e della stessa dignità degli “ospiti”. Il tutto in nome della logica dei facili profitti di pseudo organizzazioni non governative, “coop” del lavoro precario prive di professionalità e delle grandi e medie imprese del “sociale” e della ristorazione dagli impresentabili curriculum vitae.
La narrazione della malaccoglienza in salsa peloritana ha poi una caratteristica che la rende stavolta sì un “modello” in Italia. L’entità che si accaparra la fetta più grande del business migranti, dai centri di “prima accoglienza”, agli Sprar, ai centri per i minori stranieri non accompagnati alle attività (“comunali”) di supporto e assistenza per “immigrati regolari” ha sempre e solo lo stesso nome. Di questo discutibile semi-monopolio, in Prefettura e al Comune sembrano tutti felici e contenti.

Sigonella, escalation di guerra alla Piana di Catania

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Poche volte, da quando esiste (1959), la base Nato di Sigonella – in un territorio fra Belpasso. Motta Sant’Anastasia (Catania) e Lentini (Siracusa) – è apparsa movimentata come in questo momento (a parte la famosa crisi dell’85): aerei che decollano, aerei che atterrano, aerei che bombardano gli “obiettivi sensibili” del pianeta e che tornano alla base. Le fonti statunitensi parlano di “situazione sotto controllo”, ma nel movimento pacifista c’è preoccupazione per “un’escalation di guerra che potrebbe avere ripercussioni nel nostro Paese”. Antonio Mazzeo è uno degli esponenti di punta di questo movimento, non solo perché impegnato da oltre trent’anni su questo fronte, ma per la competenza e la preparazione nell’affrontare argomenti come questi.
Nei giorni scorsi c’è stato un bombardamento da parte degli Stati Uniti, della Francia e della Gran Bretagna di alcuni punti strategici del regime siriano. Nei tuoi interventi parli spesso di un rischio guerra. Il pericolo – a tuo dire – riguarderebbe anche l’Italia, segnatamente la Sicilia, per la presenza della base Nato di Sigonella. Perché?
“C’è un’escalation della guerra in Siria e del numero dei protagonisti di questa guerra. Ci sono Paesi del Patto atlantico che stanno agendo pericolosamente: penso alla Turchia, a Israele, all’Iran e alla Russia. Parlo di Paesi super armati anche a livello nucleare. Pertanto la situazione rischia di estendersi a livello globale. Questa è la mia prima preoccupazione”.
La seconda?
“Viviamo in un incredibile contesto di follia dove gli attacchi si annunciano attraverso twitter e non attraverso un dibattito democratico di fronte a un Congresso. L’attacco alla Siria è stato annunciato da un messaggino da parte del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Già questo fa capire la pericolosità di una follia del genere. A questo si aggiunge la situazione particolare del nostro Paese: c’è un ‘mezzo governo’ che, in attesa del nuovo, continua a fornire le proprie infrastrutture per le operazioni di guerra, nonostante quello che ha dichiarato il presidente del Consiglio uscente, Paolo Gentiloni, smentito dalle registrazioni dei radar, ma soprattutto dallo stesso dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che ha confermato come una parte delle operazioni abbia visto aerei con e senza pilota decollare dalla basi militari italiane, particolarmente da Sigonella e da Aviano, in provincia di Pordenone, da cui sono partiti alcuni caccia americani che hanno accompagnato i bombardieri nelle operazioni di guerra”.
Sigonella ha un ruolo più strategico rispetto alle altre basi?
“Sigonella (e i supporti presenti nel territorio come il porto di Augusta e la base di Niscemi) ormai conferma in questo conflitto siriano un ruolo fondamentale, insostituibile, determinante per tutte le operazioni strategiche delle forze armate statunitensi e italiane, prima di tutto come struttura che fornisce la manutenzione e il supporto di tutte le operazioni aeree che si svolgono nel Mediterraneo. Ovviamente un cacciabombardiere che opera in questo scacchiere e che ha bisogno di manutenzione, non può che trovare in Sigonella la sua struttura fondamentale. Sigonella in questa operazione è considerata capitale mondiale dei droni. Da Sigonella sono decollati, prima degli attacchi, i global hawh, che hanno avuto il compito di monitorare le aree interessate e di individuare gli obiettivi, lanciare le informazioni che sono state fondamentali per i raid dei cacciabombardieri”.
Tempo fa hai documentato il completamento dei lavori di trasferimento dalla Germania a Sigonella di un sistema che ha il compito di monitoraggio per operazioni dei missili nucleari a medio raggio.
“Questo sistema è stato adoperato dagli Stati Uniti per monitorare il fronte Est-Ovest. Oggi è stato trasferito nel cosiddetto ‘fronte Sud’: evidentemente gli Usa ritengono che una guerra limitata o globale possa trovare realizzazione proprio nel Mediterraneo. Purtroppo una eventuale escalation del conflitto in Siria o in altre aree Medio orientali e africane, vedrebbe Sigonella come punta avanzata di tutte le operazioni di guerra”.
Oltre trent’anni fa Giuseppe Fava su I Siciliani scriveva: “Basta premere un bottone e la Sicilia salterà in aria”. Si riferiva all’installazione a Comiso, in Sicilia, dei missili americani contro l’Unione sovietica. Ora c’è Sigonella, nel territorio fra Belpasso, Motta Sant’Anastasia (Catania) e Lentini (Siracusa), con gli aerei che partono alla volta della Siria.
“Fava è stato assassinato dalla mafia per interessi non solo locali. Attraverso il suo giornale faceva delle campagne straordinarie contro i missili Cruise che negli anni Ottanta furono comprese da buona parte dell’opinione pubblica. questo, a mio avviso, non lasciò indifferenti gli Usa. Assieme a lui, vorrei ricordare un altro grande siciliano (siamo alla vigilia dell’anniversario della sua uccisione): Pio La Torre, colui che – assieme al fondatore de I Siciliani – capì il salto di qualità geo-strategico di quest’isola in merito al processo di militarizzazione. Da intellettuali Fava e La Torre avevano compreso quali interessi economici transnazionali (soprattutto quelli legali allo sfruttamento del gas e del petrolio) si stavano spostando verso il Sud del mondo, e quindi quale era il ruolo della Sicilia in questo contesto. Purtroppo questi due profeti dell’antimafia hanno pagato la loro capacità di analisi su quello che si stava modificando sia a livello internazionale, sia a livello locale, che in fondo sono due livelli che si legano”.
Questa battaglia non rischia di essere incompresa da quella parte di opinione pubblica che – magari perdendo di vista il ruolo odierno degli Stati Uniti – vive la nostalgia per la liberazione dell’Italia e dell’Europa dall’esercito hitleriano?
“La Seconda guerra mondiale è finita da oltre settant’anni. E’ cambiata la storia, sono caduti i Muri, è caduto il conflitto Est-Ovest. Ma noi ancora – e lo dico non a caso alla vigilia del 25 Aprile – continuiamo ad essere una Repubblica a sovranità limitata. È impensabile che una Costituzione che prevede principi come la sovranità e il ripudio della guerra venga continuamente calpestata in nome delle alleanze, della Nato e delle nuove strategie. C’è un problema reale: dare un senso ai valori costituzionali ottenuti attraverso la resistenza e la lotta antifascista. L’Italia quando ha giocato ruoli di neutralità nei conflitti (penso agli anni Settanta e Ottanta) ha avuto una funzione determinante in situazioni che rischiavano di portare il nostro Paese, il Mediterraneo e il mondo intero di fronte a un conflitto mondiale”.
Cosa dici a quella parte di opinione pubblica convinta che all’Italia convenga stare con l’America?
“Penso che l’Italia debba essere un ponte di dialogo con tutti, America compresa. Ma al di là di questo metto in discussione questi massicci processi di militarizzazione che stanno enormemente limitando anche l’economia della Sicilia. Gli aeroporti di Catania e di Comiso subiscono limitazioni alla loro mobilità ogni volta che ci sono operazioni di guerra. Dall’altra parte dell’isola c’è la base militare di Trapani Birgi, aperta al traffico civile, che ha pagato enormemente un prezzo durante la guerra del 2011 contro la Libia. La crisi di questo aeroporto è dovuta alla logica militare che vuole una trasformazione di quell’area nel poligono sperimentale dei droni. Parlare di pace in Sicilia non vuol dire solo evitare nuovi conflitti, ma garantire una reale possibilità di sviluppo. È gravissimo che la politica non se ne renda conto”.

intervista di Luciano Mirone, pubblicata in L’Informazione.ue il 24 aprile 2018, http://www.linformazione.eu/2018/04/sigonella-escalation-di-guerra-alla-piana-di-catania/  

Operazione Beta. La Messina dei colletti bianchi verso il processo

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La Mafia a Messina esiste e ha peculiari caratteristiche locali ma con ramificazioni, dinamiche e interessi globali. Mafia 2.0 l’ha definita la Direzione Distrettuale Antimafia, un’organizzazione “nuova” che si presenta e manifesta grazie al “raccordo di vari mondi con quello più tipicamente mafioso”. Un clan criminale in grado di “collegare i reati di istituto mafiosi con quelli appropriativi, corruttivi e di truffa di altri sistemi, dagli appalti al gioco, riconoscere che all’intimidazione si sostituisce la passività e la rassegnazione preottenuta, la corruzione e la paura a priori di scontrarsi con il potere, e che al dominio del territorio strada si sostituisce il dominio all’interno della società in leve vitali della realtà sociale, imprenditoriale, professionale, ma anche bancaria finanziaria e politica”.
Giovedì 7 giugno, il Tribunale di Messina deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio dei 50 imputati del procedimento denominato “Beta”, scaturito a seguito dell’omonima operazione antimafia del luglio dello scorso anno, un vero e proprio terremoto giudiziario con tanto di arresti eccellenti di noti imprenditori, professionisti e legali e delle vecchie e nuove leve della criminalità peloritana. In particolare, i sostituti procuratori della Repubblica Liliana Todaro, Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti hanno contestato il delitto di associazione mafiosa per il pregiudicato Francesco Romeo inteso “Ciccio” (cognato del boss Benedetto “Nitto” Santapaola), i figli Benedetto, Pasquale e Vincenzo Romeo; il nipote Antonio Romeo; i fratelli Pietro e Vincenzo Santapaola (anch’essi nipoti di Francesco Romeo); il costruttore milazzese Biagio Grasso; Stefano Barbera (originario di Messina ma residente a Rometta); i tecnici informatici Giuseppe Verde, Nunzio Laganà e Marco Daidone. Secondo i magistrati, essi avrebbero “fatto parte di un’associazione, promossa da Francesco Romeo e diretta da Vincenzo Romeo, appartenente a Cosa Nostra e collegata al clan Santapaola-Ercolano di Catania, la quale, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dal rapporto con l’organizzazione madre e della condizione di assoggettamento  e di omertà che ne deriva, operava allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti – estorsione, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, frodi informatiche, gioco d’azzardo illegale e trasferimento fraudolento di beni, corse di cavalli - nonché per assumere il controllo di servizi di interesse pubblico (quali quello per la consegna a domicilio di parafarmacie per la distribuzione di farmaci), di autorizzazioni e concessioni (per l’esercizio dei giochi); per condizionare l’andamento di pubbliche forniture (quali quelle legate all’acquisto da parte del Comune di Messina di immobili da adibire ad alloggi); per assumere il controllo e l’esecuzione di pubblici appalti (subentrando di fatto nella gestione delle imprese Demoter e Cubo aggiudicatarie di rilevanti lavori pubblici, anche allo scopo di svuotarle dei contenuti patrimoniali per realizzare bancarotte con frode a danno dei creditori”. Sempre secondo i sostituti della Procura della Repubblica di Messina, Francesco “Ciccio” Romeo, in qualità di promotore dell’organizzazione, “sovrintende alle attività dell’associazione mafiosa, interviene negli affari e nelle decisioni più rilevanti; decide gli investimenti economici e gli esborsi; assicura il flusso di denaro necessario alla gestione degli interessi dell’organizzazione e cura il finanziamento degli affiliati e dei soggetti”.
Per gli inquirenti, il figlio Vincenzo Romeo avrebbe invece assunto il compito di dirigere le attività illecite, selezionare ed organizzare gli investimenti economici e le attività da svolgere mediante prestanomi, assicurare la gestione degli interessi sui territori, “curando i rapporti con le altre organizzazioni mafiose e, per quanto attiene al settore dei giochi illeciti e delle scommesse clandestine, dirigere e controllare il settore, mediante le società a lui riconducibili, Start Srl, Win Play Soc. Coop., di cui è dipendente, e tramite la Bet Srl, imponendo ai titolari di sale giochi e internet point l’acquisto di pc e dispositivi di gioco collegati alla rete internet, curando la gestione amministrativa e finanziaria, la predisposizione dei server e dei software, la manutenzione e la raccolta delle somme derivati dai giochi e dalle scommesse e la risoluzione delle problematiche tecnico-informatiche”.
Ai congiunti Benedetto e Pasquale Romeo i compiti di collaborare nelle attività illecite, “curare in proprio alcune attività economiche riferibili al gruppo” e “intervenire nella commissione di reati funzionali alla presenza criminale sul territorio”. Contro i fratelli Pietro e Vincenzo Santapaola, l’accusa di aver gestito direttamente o indirettamente attività economiche per contro del gruppo criminale, curando settori commerciali strategici della grande distribuzione (come ad esempio la gestione di macellerie del gruppo Giannetto), “ovvero avviando in proprio la gestione di supermercati senza investimenti economici propri”. All’imprenditore Biagio Grasso è contestata la gestione degli investimenti economici “avvalendosi delle condizioni di operatività assicurate dall’organizzazione e in concreto delle imprese e delle edilizie e degli affari della società XP Immobiliare, nonché delle società formalmente appartenenti al gruppo Borella”. Sempre Grasso avrebbe curato la partecipazione ai lavori pubblici e le “questioni legate all’andamento sociale e aziendale” del gruppo criminale. Antonio Romeo e Stefano Barbera dovranno invece rispondere all’accusa di aver operato alla “dipendenza dei capi”, il primo gestendo settori illeciti quali le corse dei cavalli, il secondo “operando in stretto raccordo con i vertici dell’associazione anche nei rapporti strategici con soggetti ed operatori economici”.
Gioco d’azzardo, internet e corse di cavalli maltrattati e dopati
Forte l’attenzione degli inquirenti per il settore scommesse clandestine curato dagli altri imputati di associazione mafiosa del procedimento “Beta”. “Nunzio Laganà collabora con Vincenzo Romeo, intrattiene rapporti con i titolari dei marchi di scommesse maltesi, mette a disposizione del sodalizio la sua competenza tecnica nel settore delle scommesse, anche mediante la creazione di skin”, riporta la richiesta di rinvio a giudizio della DDA di Messina. “Marco Daidone, in qualità di master per il sito Betgame 24, abilita i profili di gioco degli esercenti e gestisce una delle skin utilizzate. Giuseppe Verde ha l’incarico del ritiro e del versamento dei proventi delle scommesse e si occupa della soluzione delle problematiche di tipo informatico”.
Sempre a Nunzio Laganà, Marco Daidone e Giuseppe Verde, in concorso con i fratelli Vincenzo, Benedetto e Gianluca Romeo, Giovanni Bevilacqua, Giovanni Marano, Caterina Di Pietro e Fabio Laganà è contestata l’accusa di aver installato e gestito presso alcuni esercizi pubblici ubicati nel territorio di Messina (tra essi il Millenium Sport Group, Copacabana Srl, l’Associazione di promozione sociale Accademia del Biliardo, il Bar Ustica, la Biliardi Sport Srl, il Bar del Villaggio, Piazza Point di Grosso Tiziana, il Ritrovo Mondello, l’ASD Pool Direction, il Ritrovo Rowenta) slot machines, “nonché apparecchi terminali, strutturati nella forma di totem e collegati alla rete internet, per effettuare gioco a distanza, in assenza di autorizzazione da parte dell’AAMS o licenza ai sensi di legge”. Questi stessi imputati avrebbero agevolato il gioco d’azzardo all’interno dei locali pubblici ove erano installati i dispositivi elettronici di genere vietati; inoltre, in assenza di specifica licenza, avrebbero organizzato e gestito la raccolta di scommesse su eventi sportivi e su corse virtuali di cani, con attività di intermediazione per conto di un allibratore straniero anch’esso privo di concessione. “In particolare – scrivono i magistrati messinesi – effettuavano attività di gestione di scommesse quali terminali di una rete di agenzie e internet point dislocate sul territorio cittadino (quali il bar di Catanzaro Tania, Piazza Point di Grosso Tiziana, il Ritrovo Mondello, ASD Pool Direction, Ritrovo Rowenta, Gold Bet FSA), tramite siti collegati a Internet service provider allocati all’estero e in particolare a Malta, tra cui i siti Betgame24.com e Bet610.com, non autorizzati a operare in Italia, nonché tramite la piattaforma connessa al sito Racingdogs.eu, con sede a New York”.
Francesco, Vincenzo, Antonio e Benedetto Romeo, con i congiunti Gianluca e Maurizio Romeo; Antonio Rizzo, Salvatore Lipari, Paolo Lo Presti, Antonino Di Blasi, Francesco Altieri e Giovanbattista Croce, dovranno rispondere dell’accusa di aver organizzato ed effettuato in concorso “più corse clandestine di cavalli sulla pubblica via, con relative scommesse illecite”, nonché di aver sottoposto gli equini a fatiche “non sopportabili” e a veri e propri maltrattamenti, “addestrandoli e facendoli partecipare a competizioni in condizioni non adeguate alle loro caratteristiche etologiche” e “somministrando agli stessi, farmaci, al fine di incrementare artificiosamente le prestazioni agonistiche e con modalità dannose per la loro salute”.
Messina e quei colletti bianchi
Del delitto di concorso in associazione mafiosa (artt. 110 e 416 bis I. II, III e IV comma) dovrà rispondere invece il noto avvocato messinese Andrea Lo Castro, “perché senza esservi organicamente partecipe, traendone vantaggi personali, contribuiva al perseguimento degli scopi dell’associazione di tipo mafioso promossa e diretta da Francesco Romeo”. Sempre secondo i sostituti procuratori della Repubblica di Messina, Lo Castro avrebbe messo a disposizione la propria attività di professionista per “consentire il riciclaggio di denaro proveniente da reati, la falsa intestazione di beni, l’elaborazione di strategie per la sottrazione, in frode ai creditori, della garanzia patrimoniale sulle obbligazioni; prestandosi in prima persona a formare fatture, contratti e documenti falsi, ad intentare cause in qualità di attore, a fungere da prestanome per l’intestazione di beni”.
Altro potente colletto bianco protagonista dell’inchiesta “Beta”, l’imprenditore Carlo Borella, già presidente dell’ANCE, l’associazione dei costruttori edili peloritani, accusato anch’egli di “aver concorso, senza farne parte”, del gruppo Romeo-Santapaola. “In particolare – scrive la DDA – Borella poneva a disposizione occulta degli interessi economici del sodalizio mafioso le imprese Cubo S.p.A. e Brick Srl, ad egli riferibili, ed in cui erano confluiti rami di azienda della Demoter S.p.A. (dichiarata poi fallita), relativi all’esecuzione di opere pubbliche, anche in territorio diverso dalla Sicilia, e comprensivi di varie attrezzature, provento di distrazione commessa in danno della Demoter, raggiunta anche da interdittiva antimafia; in tal modo favoriva l’infiltrazione del clan nel settore degli appalti pubblici e privati, ove operava la Demoter e, successivamente la Cubo S.p.A., avvalendosi della forza del clan e dei legami della famiglia Romeo con la criminalità organizzata calabrese, per procurare la ripartenza di taluni lavori aggiudicati in Calabria alla Demoter e, quindi, trasferiti alla Cubo, ottenendo anche supporto finanziario, in cambio di una futura ripartizione di utili, conseguente al rapporto societario di fatto così instaurato dal Borella con Biagio Grasso e Vincenzo Romeo, ed avente ad oggetto anche la cessione dei mezzi delle citate imprese in danno dei creditori, per ricavare liquidità”.
Di “accesso abusivo a sistema informatico e telematico” devono rispondere gli immancabili Vincenzo Romeo e Biagio Grasso, in concorso con Lorenzo Mazzullo (autista in servizio presso la Procura della Repubblica di Messina) e altri soggetti ancora non identificati. Mazzullo, nello specifico, si sarebbe introdotto nei sistemi informatici protetti da misure di sicurezza riservati alle forze di polizia “per apprendere informazioni relative alla posizione di Romeo e Grasso (determinatori)”; agli stessi, venivano poi rivelate notizie riservate relative a procedimenti penali, “nonché la notizia della collaborazione con la giustizia intrapresa da Carmelo D’Amico, esponente di vertice della mafia barcellonese, area territoriale di provenienza di Biagio Grasso”.
Capitolo ancora da definire in tutti i suoi contorni è quello relativo alla presunta infiltrazione criminale del gruppo Romeo-Santapaola in alcune importanti operazioni di edilizia pubblica e privata avviate negli ultimi anni nella città dello Stretto. Per una di esse è imputato nel procedimento “Beta” un altro personaggio eccellente, l’ingegnere Raffaele Cucinotta, dipendente del Dipartimento Ufficio Urbanistica del Comune di Messina. Per Cucinotta, i sostituti della Procura della Repubblica hanno chiesto il rinvio a giudizio perché in concorso con Biagio Grasso, Vincenzo Romeo e Stefano Barbera, avrebbe turbato la procedura di acquisto sul libero mercato di alloggi da assegnare in locazione ai cittadini aventi diritto e che abitavano all’interno di 95 baracche in località “Fondo Fucile”, indetta dal Comune di Messina con delibera di Giunta n. 151 dell’11 marzo 2014. “Cucinotta, in particolare, per il tramite di Stefano Barbera, per consentire alla ditta privata XP Immobiliare Srl, gestita di fatto da Grasso e Romeo, di risultare aggiudicataria all’esito della procedura, riferiva notizie riservate sulla gara, attraverso il funzionario comunale Salvatore Parlato promuoveva un prolungamento del termine di presentazione delle offerte ed interveniva per evitare l’esclusione della ditta dalla gara in presenza di presupposti che ne avrebbero impedito la valida partecipazione (in particolare facendo sì che il Parlato non rilevasse la circostanza che l’immobile edificato non ricadeva su particelle di intera proprietà della ditta costruttrice, come previsto tra i requisiti di gara); ciò compiendo anche nell’interesse di Sicuro, Amenta, Gentile e Amato, amministratori delle società, ovvero proprietari dei terreni sulle quali stava sorgendo l’edificazione degli appartamenti all’uopo realizzati”.
Sempre secondo l’accusa, l’ingegnere Raffaele Cucinotta, per compiere atti contrari ai doveri d’ufficio “e al fine di realizzare la condotta di turbata libertà degli incanti o comunque per favorire la ditta privata XP Immobiliare nei rapporti con l’Amministrazione pubblica, anche a danno dei concorrenti – ovvero per evitare l’esclusione dalla gara pur in presenza di presupposti che ne mettevano a rischio la valida partecipazione, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi - riceveva quale corrispettivo dazioni in denaro, utilità economiche quali l’assunzione di Giacomo D’Arrigo e Antonina D’Arrigo presso le aziende di Biagio Grasso e di Vincenzo Romeo, e la disponibilità da parte degli stessi – gestori di fatto e dunque interessati alle vicende economiche della predetta XP – ad intervenire nelle vicende relative alla cooperativa edilizia cui lo stesso Cucinotta e la moglie erano interessati; mettendo in ogni caso il Cucinotta, dietro utilità economiche, le sue funzioni a disposizione del gruppo mafioso”.

La "Messina di Mezzo" raccontata dal collaboratore di giustizia Biagio Grasso

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Nella richiesta di rinvio a giudizio dei 50 imputati del procedimento antimafia “Beta”, c’è la conferma ufficiale a quanto era trapelato nelle settimane scorse mettendo in agitazione tanti imprenditori, funzionari pubblici, bancari, amministratori e politici della Messina di Mezzo, quella del partito unico e della borghesia che prolifera grazie all’economia criminale. Il noto costruttore Biagio Grasso di Milazzo, uno dei personaggi chiave dell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, è stato riconosciuto formalmente come collaboratore di giustizia e attualmente si trova in stato di detenzione in una località segreta, sotto il controllo del Servizio Centrale di Protezione del Ministero degli Interni. Analogo status per un’altra imputata del procedimento “Beta”, la messinese Silvia Gentile, compagna e collaboratrice di Biagio Grasso.
Già amministratore della LG Costruzioni con sede a Roma e socio di minoranza del gruppo imprenditoriale Grasso Costruzioni di Pace del Mela, l’imprenditore è accusato di aver fatto parte dell’associazione mafiosa, promossa dal pregiudicato Francesco “Ciccio” Romeo e diretta dal figlio Vincenzo Romeo, “appartenente a Cosa Nostra e collegata al clan Santapaola-Ercolano di Catania”. Grasso avrebbe ricoperto un ruolo centrale nelle operazioni di mascheramento dei capitali di provenienza illecita nella disponibilità del gruppo criminale.“Nel corso delle indagini, Biagio Grasso ha manifestato in più occasioni la propria potenza economica ed imprenditoriale celata mediante l’utilizzo di interposte persone nell’intestazione delle proprie società e l’occultamento di capitali all’estero”, riporta il Reparto Operativo Speciale (ROS) dell’Arma dei Carabinieri nella sua informativa inviata il 7 settembre 2015 ai giudici della Direzione Distrettuale Antimafia. All’udienza preliminare fissata per il 7 giugno 2018, i magistrati della Procura della Repubblica contesteranno all’imputato la partecipazione ai lavori pubblici per conto del sodalizio Romeo-Santapaola, nonché la gestione degli investimenti economici “avvalendosi delle condizioni di operatività assicurate dall’organizzazione e in concreto delle imprese edilizie e degli affari della società XP Immobiliare, nonché delle società formalmente appartenenti al gruppo Borella”, l’(ex) impero della movimentazione terra e delle costruzioni in mano all’ex presidente ANCE Carlo Borella, anch’egli imputato eccellente del procedimento penale.
Al voluminoso fascicolo del processo “Beta” sono stati inclusi ben otto verbali d’interrogatorio resi da Biagio Grasso in un periodo compreso tra il 20 luglio 2017 (subito dopo il suo arresto) e il 2 febbraio 2018. Buona parte delle pagine dei verbali è coperta da segreto istruttorio e gli onnipresenti omissis non consentono un’interpretazione organica del racconto del costruttore. Alcuni passaggi in chiaro consentono tuttavia di delineare i contorni di alcune delle vicende e delle trame che sarebbero state svelate dal Grasso, piccole scosse telluriche di avvertimento al terremoto che potrebbe scatenarsi a Messina se e quando gli inquirenti accerteranno la veridicità del suo racconto.
In verità, i verbali d’interrogatorio omissati mostrano due distinte personalità di Biagio Grasso: la prima, dal suo arresto sino al novembre 2017; la seconda a partire dal 12 dicembre 2017, data in cui davanti al Procuratore della Repubblica di Messina Maurizio De Lucia e alla sostituta Liliana Todaro, l’imprenditore formalizza la sua disponibilità a collaborare pienamente alle indagini. Esiste cioè un Biagio Grasso che tenta di provare, ambiguamente, la sua estraneità alla “famiglia” Romeo, presentandosi quasi come una vittima del pressing estorsivo criminale e, successivamente, un Biagio Grasso che ammette relazioni, contiguità, responsabilità e complicità.
Nel corso del primo interrogatorio, presente l’allora Procuratore della Repubblica Sebastiano Ardita (oggi Procuratore aggiunto a Catania), assistito dall’avvocato Salvino Mondello del Foro di Roma, Biagio Grasso si sofferma su una delle operazioni economiche più inquietanti dell’inchiesta “Beta”, il tentativo del gruppo Romeo-Santapaola di vendere al Comune di Messina alcuni alloggi popolari nell’ambito del progetto di “risanamento” della baraccopoli di Fondo Fucile (primavera-estate 2014), operazione portata avanti, secondo l’accusa, grazie alla collaborazione dell’ingegnere Raffaele Cucinotta, al tempo direttore di sezione tecnica della Ripartizione Urbanistica del Comune, successivamente Responsabile del procedimento e co-progettista per la redazione della Variante parziale al P.R.G. di tutela ambientale. “Siamo nel 2013 e si fa questo accordo con l’imprenditore Di Stefano, si va dal notaio Bruni e si costituisce la Parco delle Felci Srl e nelle more esce il bando famoso dei 24 alloggi del Comune”, riferisce Grasso. “Il bando realmente, per come era strutturato e com’è strutturato, chiaramente il requisito principale era la vicinanza dal cantiere con la zona adibita allo sbancamento, era il maggior punteggio, e in quel momento la vicinanza ravvicinata era la nostra. Quindi, voglio dire, indipendentemente da tutto quello che c’è scritto e da tutto quello che c’è fatto, noi avevamo la maggior parte dei punti rispetto a qualsiasi altro concorrente. Cioè tengo a sottolineare che questo evento è un po’ particolare, anche perché il Cucinotta non è che aveva tutta quanta questa autorità nel gestire o meno, aggiudicare o non aggiudicare, là chi gestiva era la Canale con la sua commissione”.
Proseguendo il suo racconto, Grasso rivendica la liceità dell’affaire degli alloggi di Fondo Fucile, ribadendo l’estraneità del dipendente del Comune di Messina da ogni possibile eventuale abuso. “Entriamo in contatto con Raffaele Cucinotta, ma io da principio sapevo, primo, che non c’era bisogno; secondo, il Cucinotta non poteva fare assolutamente niente per potere ostacolare l’aggiudicazione dei 24 alloggi, perché in quel momento il cantiere aveva tutte le caratteristiche per essere il numero uno nella lista, tranne una cosa, la consegna. Il Giudice istruttore dice che c’è stata fatta una proroga, ma la proroga non è stata fatta per noi, è stata fatta per i fondi che dovevano arrivare e fermo restando che la proroga di 15 o 20 giorni non poteva mai e in nessun modo aiutare a completare il cantiere. Tutto è regolare…”. Alla domanda del Procuratore Ardita sui possibili compensi economici attribuiti al Cucinotta, Biagio Grasso risponde che si è trattato solo di “un cadeu da 200 o 500 euro” e che anche l’assunzione di due congiunti dell’ingegnere comunale non era assolutamente “una cortesia in funzione di…”.
Avviata la collaborazione formale con la Direzione Distrettuale Antimafia, Grasso ha fornito un quadro in parte differente sulla compravendita di alloggi per il programma di sbaraccamento e risanamento di Fondo Fucile. Buona parte di quanto riferito di nuovo sull’affare con il Comune di Messina e sulla stessa figura di Raffaele Cucinotta è ancora secretato, ma nella deposizione resa ai magistrati il 12 dicembre 2017, c’è però un passaggio solo in parte omissato. “La vicenda di Fondo Fucile nacque con lo sbaraccamento della zona attraverso Stefano Barbera, quest’ultimo in contatto con Raffaele Cucinotta. Questi ci segnalò un ingegnere, tale Cosimo Polizzi, al quale abbiamo conferito un incarico per lo studio tecnico per gli appartamenti”, verbalizza Grasso. Il proseguo del racconto è sottoposto ad omissis, per riprendere poi con “Sia omissische il Cucinotta avevano dato la disponibilità ad aiutare l’aggiudicazione del bando al Comune nonostante il problema di una particella ove era stato costruito l’edificio (…) Nei confronti del Cucinotta vi era l’impegno che alla vincita del bando ed alla realizzazione degli appartamenti ci sarebbe stata una percentuale di guadagno nei suoi confronti”.
Contro l’ingegnere Raffaele Cucinotta, la Procura ha presentato richiesta di rinvio a giudizio: in concorso con Biagio Grasso, Vincenzo Romeo e il factotum Stefano Barbera, egli è accusato di aver “turbato la procedura di acquisto sul libero mercato di alloggi da assegnare in locazione ai cittadini aventi diritto e che abitavano all’interno di 95 baracche in località Fondo Fucile, indetta dal Comune di Messina con delibera di Giunta n. 151 dell’11 marzo 2014”. Il funzionario comunale, in particolare, “per il tramite di Stefano Barbera, per consentire alla ditta privata XP Immobiliare Srl, gestita di fatto da Grasso e Romeo, di risultare aggiudicataria all’esito della procedura, riferiva notizie riservate sulla gara, attraverso il funzionario comunale Salvatore Parlato promuoveva un prolungamento del termine di presentazione delle offerte ed interveniva per evitare l’esclusione della ditta dalla gara in presenza di presupposti che ne avrebbero impedito la valida partecipazione”.
Le indagini della DDA di Messina hanno documentato come alcune delle società riconducibili al costruttore Grasso e a cui erano interessati i membri della “famiglia” Romeo-Santapaola fossero interessate direttamente o indirettamente al devastante processo di lottizzazione e certificazione del Torrente Trapani, una delle aree a più alto rischio idrogeologico del Comune di Messina. A seguito delle difficoltà di ordine giudiziario (alcuni dei cantieri edili erano stati sottoposti a sequestro da parte dei magistrati peloritani per gravi problematiche strutturali-ambientali), Vincenzo Romeo e Biagio Grasso avrebbero valutato insieme “di spostare la cubatura del realizzando immobile in disamina interessato dal provvedimento di sequestro, su alcuni terreni siti in Messina, in Via Salandra, indicati da Vincenzo Romeo come a lui indirettamente riconducibili e quindi adatti allo scopo, grazie al citato rapporto fiduciario con Raffaele Cucinotta e con l’ingegnere Cosimo Polizzi, quest’ultimo consulente esterno del Comune di Messina”, come riporta il ROS dei Carabinieri nella sua informativa del 7 settembre 2015. In una conversazione con Romeo, lo stesso Grasso aveva spiegato di avere già individuato il sito nella centrale arteria cittadina, dove poter spostare gli appartamenti. “Grasso sostiene che il terreno verrebbe degradato a terreno agricolo e l’operazione del Comune, in riferimento alle opere di urbanizzazione, viene chiusa con il 1° e il 2° lotto e pertanto hanno già finito e gli rimane da fare una stradina privata”, annotano gli inquirenti.
Nell’interrogatorio del 19 settembre 2017, nuovamente assistito dal legale di origini messinesi Salvino Mondello, Grasso fornisce un’altra versione edulcorata sull’intenzione sua e del Romeo di puntare al trasferimento della cubatura d’immobili dal devastato Torrente Trapani a una zona più centrale e più redditizia della città. “Io dico le cose come sono e le parole vengono dette e non possono essere richiamate come i cani”, esordisce citando lo scrittore Leonardo Sciascia, nella risposta a specifica domanda del PM Liliana Todaro. “Lo spostamento della cubatura è nata dal fatto che io, da quando ha capito com’era tutta quanta la vicenda al Trapani, ho sempre sostenuto all’imprenditore Pettina che quella tipologia di intervento era completamente sbagliato e lo sanno tutti in città che era completamente sbagliato sin dal principio. Non entro in merito sul discorso di quanto era l’indice di cubatura, se era giusto, era sbagliato o quello che è, però al momento, secondo me, era giusto non edificare più su quella collina perché si andava veramente ad avere dei rischi non indifferenti. Quindi dal principio dico al Pettina, e devo dire che il figlio Salvatore era d’accordo con me, ci siamo adoperati a vedere se potevamo utilizzare questa cubatura e spostarla in altro luogo, quindi le decisioni in merito sono state sempre prese da me e Salvatore Pettina, dove si vedeva come poter spostare questa cubatura”.
Nell’ambito dello stesso interrogatorio, è il dottor Sebastiano Ardita a chiedere a Grasso se per la vicenda cubature, egli avesse in qualche modo interloquito con politici, funzionari o responsabili comunali. “Allora, i contatti con l’amministrazione, comuni correnti, per capire come funziona sempre nell’ambito imprenditoriale, qual è l’interesse dell’amministrazione, diciamo, pro tempore, anche se è palese che con l’amministrazione Accorinti e con l’ingegnere Sergio De Cola (l’assessore competente) l’intenzione era quella di non costruire più sulle colline”, spiega Grasso. “Io ho avuto qualche contatto con l’ingegnere De Cola, in termini, diciamo, di capire quali erano le sue intenzioni e devo dire che lui era perfettamente d’accordo che sul Trapani era meglio non costruire più, però non si è mai entrati in merito. L’amministrazione non è mai entrata in merito a dire SpostaNon Sposta. Anche l’ingegnere Cucinotta, che è un amico mio, che all’epoca stava all’urbanistica, era convinto che l’ideale non era più costruire sulla collina, ma diciamo, questa era la direzione su cui andava anche la Procura della Repubblica e su cui è ancora la Procura…”.
Incalzato dagli inquirenti, il costruttore fornisce qualche particolare in più sulle opzioni al vaglio del suo gruppo per il trasferimento delle cubature. “La normativa ancora non è chiara, dice che lei può spostare la cubatura su terreni attigui o che abbiano la stessa tipologia, quindi ricadiamo sempre nello stesso circolo vizioso, perché i terreni che erano attigui con la stessa normativa sono sempre nelle colline, quindi bisognava in qualche maniera scavalcare questo ragionamento”, spiega Grasso. “La mia idea era quella di spostare la cubatura nella zona ZIR – ZIS, perché quell’area lì era stata individuata come area di risanamento e quindi possibile di spostatura di cubatura in altri luoghi. In quell’area c’era un terreno che faceva capo a tale Barbagallo, che credo abbia degli incarichi con voi della Procura su Bonaffini o cose di questo tipo, è un curatore giudiziario mi pare. In quest’area qui, ex fabbrica di ghiaccio, in via Salandra, verso mare, avevamo visto dove si poteva spostare la cubatura, solo che però poi non si è arrivati a ragionamenti perché le cifre che chiedevano erano esorbitanti”.
Il costruttore milazzese spiega che il terreno in questione era per metà di proprietà del Barbagallo e per l’altra metà di un parente di Vincenzo Romeo originario di Acireale. “Io ho avuto un incontro con Barbagallo e ho capito che era lui che aveva potere decisionale, ma aveva chiesto 4 milioni di euro per quell’area, quindi i numeri non erano assolutamente convincenti e l’operazione decadde immediatamente”, aggiunge Grasso. “Mi sono recato diverse volte a fare delle verifiche sul luogo con Vincenzo Romeo che mi supervisionava perché io ero in debito con lui. Il terreno era importante perché c’era in programma di fare la Via del Mare, quindi passava adiacente a quella zona là”.
Su specifica domanda del PM in merito ad eventuali relazioni istituzionali in vista di un possibile spostamento delle cubature, il costruttore precisa di aver interloquito con l’Ufficio urbanistica del Comune di Messina. “Questo è logico, perché nel momento in cui vai a spostare una tipologia e devi andare a riposizionarla in un altro luogo, per evitare che domani un altro magistrato dica è stato aggirando le regole?, è chiaro che uno va prima a capire come si dove muovere”, spiega Grasso. “Se in base alla normativa lo spostamento non può avvenire in un terreno attiguo, però è chiaro che ci sono ulteriori possibilità, tra cui, lei fa un piano particolareggiato, com’era quello previsto nella zona ex ZIR, e il piano particolareggiato supera le norme di tutto. Quindi ci ho lavorato non solo io. Io, il dottore Vinciullo, tutte quanti le imprese più importanti di Messina, il dottore Giostra e tutto il resto, il dottore Sobrio con cui ho già fatto alcune operazioni. Abbiamo solamente avuto dei contatti per capire in che direzione muoverci, non c’è nessun tipo di ragionamento successivo, nessun tipo di richiesta e neanche una lettera protocollata dove si dice Voglio spostarla…”. “Ha dato soldi ad amministratori per ottenere provvedimenti illeciti?”, domanda allora il difensore Salvino Mondello. “Assolutamente no, anche perché, ripeto, non c’è nessuna richiesta di protocollo in merito”, ribadisce Grasso.
Due mesi dopo l’interrogatorio, la scelta di entrare nel programma di protezione dei collaboratori di giustizia del Ministero dell’Interno, la revoca del mandato al difensore Mondello e la nomina di un nuovo legale, l’avvocata Antonietta Pugliese del Foro di Messina. Saranno gli inquirenti a decidere se mettere nero su bianco nei verbali di Biagio Grasso, in quella che potrebbe trasformarsi in una seconda tranche d’inchiesta, ancora più dirompente di “Beta 1”. Che le organizzazioni criminali mafiose abbiano esercitato un ferreo controllo sul tessuto economico, sociale e politico-amministrativo della città di Messina è un dato di fatto. Il grado d’intensità e il livello di penetrazione sono però ancora da accertare e provare.

L’ex IMSA e il debito ingiusto imposto ai messinesi

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di Antonio Mazzeo e Luigi Sturniolo

Il 24.04.2018 è stata liquidata, dal Comune di Messina, la somma di € 2.034.011,15 (a cui vanno aggiunti € 80.727,80 al legale dell’ente pubblico Aldo Tigano) alla Società Gruppo Immobiliare 2R s.r.l., nella disponibilità della famiglia Rodriquez, già alla guida dell’omonima industria cantieristica peloritana. La determina di pagamento segue la delibera della Giunta Accorinti n. 861 del 14.12.2017 con la quale veniva approvata la transazione tra Comune di Messina e “Gruppo Immobiliare 2R” sui fitti dell’Ex IMSA di via Maregrosso (suo legale Antonio Saitta, già vicesindaco con l’amministrazione Genovese e odierno candidato a Sindaco della Città di Messina), transazione poi stipulata il 17.04.2018. In seguito alla delibera di approvazione della transazione votata dagli assessori di Accorinti (non tutti, giacché erano assenti alla votazione Antonina Santisi, Sergio De Cola ed Enzo Cuzzola, nonché il sindaco stesso), ogni cittadino messinese (neonati compresi) dovrà versare quasi 10 euro senza aver ricevuto alcun tipo di servizio.
La vicenda origina dalla decisione della Giunta Providenti, nel 1997, di affittare i locali dell’Ex IMSA per stabilirvi un mercato cittadino. La successiva Giunta, quella a guida Leonardi, nel 1999 decideva di sospendere l’efficacia del contratto. Da questi atti iniziali ne è derivato un contenzioso legale molto complesso che sembrerebbe concluso dalla transazione siglata nel mese scorso. E’ evidente come uno sperpero clamoroso di denaro pubblico come questo abbia attraversato tutte le amministrazioni (di centrodestra, centrosinistra, “civiche”) ed è singolare che si sia lasciato scorrere un contenzioso legale così lungo senza che fosse messo in critica il passaggio dalla produzione industriale alla rendita, un’operazione iniziale di dubbia sostenibilità economica, l’ingigantirsi del debito causato dal protrarsi del contenzioso, la richiesta da parte della società di risarcimenti perlomeno discutibili (vedi ad esempio quella per i lavori di bonifica dall’eternit dei capannoni industriali, per cui è stato richiesto il “rimborso” di € 40.686).
Come in una storia che ne contiene altre, in questa vicenda è possibile osservare un esempio della  dismissione della produzione industriale a Messina. L’IMSA degli industriali Rodriquez produceva carri merci e carrelli ferroviari, occupava 250 lavoratori e andò in crisi nel 1978 in seguito a ritardi nell’assegnazione di appalti da parte del committente FS. La famiglia Rodriquez decise di dismettere e i lavoratori, dopo una lunga lotta con occupazione della fabbrica, vennero salvati dall’intervento della Regione e delle partecipazioni statali. Lo stabile, dopo aver fruttato in tutti questi anni senza contenere alcuna produzione, per la posizione strategica in cui si trova in seguito ai progetti presenti nell’area di Maregrosso (piano particolareggiato ex ZIR, Via del Mare, ecc.), si candida oggi a generare nuovi profitti finanziari per i suoi proprietari.
Il debito che origina dall’affitto dell’Ex IMSA è presente nel piano di riequilibrio per un totale di € 2.478.000. In occasione del previsionale 2017-2019 la Giunta Accorinti dichiarava di avere a disposizione 14 milioni di euro per iniziare a pagare i creditori. Nonostante nel discorso pubblico gli assessori manifestino la volontà di voler pagare i piccoli creditori (“i fornitori di beni e i dipendenti comunali”), la delibera di Giunta contiene la variazione di bilancio che consente di espungere dal Piano di Riequilibrio il debito verso il “Gruppo Immobiliare 2R” e costituire un capitolo per i fondi necessari a soddisfare la transazione. Da questa azione si vede come la narrazione della riduzione della massa debitoria contenuta nel Piano di Riequilibrio si risolva  in un travaso dal Piano al Bilancio. D’altronde la scarsa credibilità dei pronunciamenti della Giunta in merito alla quantificazione dei debiti è testimoniata dal balletto delle cifre. Basti pensare che la Delibera di Giunta del 257/2017 (Assessore al Bilancio Enzo Cuzzola) riportava la somma di 252 milioni, mentre il Piano rimodulato in 20 anni (sempre di Enzo Cuzzola) ne riportava 299. Addirittura, l’assessore all’Urbanistica Sergio De Cola è giunto a dichiarare con eccesso di entusiasmo che l’Amministrazione Accorinti “aveva abbattuto il debito per 200 milioni...”.
Ma la domanda che va posta è perché viene fatta questa operazione? Perché si sottraggono risorse ai servizi per pagare i debiti mentre è in corso la procedura del Piano di Riequilibrio? E, soprattutto, perché si sceglie, tra i tanti creditori, il “Gruppo Immobiliare 2R”? Un’attenta lettura della visura camerale della società a responsabilità limitata, ci fornisce più di una sorpresa. Costituita nel febbraio 1984 con scopo sociale la “locazione immobiliare di beni propri o in leasing”, il “Gruppo Immobiliare 2R” ha sede proprio all’interno dello stabile ex IMSA di via Maregrosso, un capitale sociale di 2.550.000 euro e appena 3 addetti (2017). Amministratore della società dal 20 marzo 2017 è Ludovica Rodriquez con domicilio a Roma, contestualmente amministratore unico di Canard Srl, società attiva nella compravendita di beni, anch’essa con sede sociale all’ex IMSA. La stessa Ludovica Rodriquez detiene il 33% delle quote sociali del “Gruppo Immobiliare 2R”; un altro 33% è in mano al fratello Carlo Ruggero Rodriquez, mentre il restante 34% appartiene al padre Leopoldo, l’ultimo dei Rodriquez a capo dell’(ex) impero industriale e della cantieristica messinese. Sia lui che il figlio Carlo Ruggero risultano residenti a Londra, ma nonostante il trasferimento all’estero di buona parte delle loro attività finanziarie, Leopoldo Rodriquez attenziona ancora con interesse il mercato immobiliare peloritano.  Egli infatti, come persona fisica, detiene il 10% delle quote sociali di “Sviluppo Commerciale Rometta Srl”, società promotrice del controverso progetto di realizzazione di un megaparco commerciale nel territorio comunale di Rometta (il restante 90% è in mano a “Euromobiliare Fiduciaria S.p.A.” di Milano, impresa appartenente al Gruppo CREDEM – Credito Emiliano Holding). Amministratore unico di “Sviluppo Commerciale Rometta” è Giuseppe Denaro, imprenditore attivo nel settore bar-ristorazione (il noto ritrovo “Irrera”), coniuge dell’odierna assessora ai servizi sociali del Comune, Antonina Santisi. Giuseppe Denaro ha pure ricoperto l’incarico di Presidente del consiglio direttivo del “Consorzio di Urbanizzazione Due Torri”, altra società interessata alla realizzazione del megaparco di Rometta; prima di essere dichiarata “inattivo”, il Consorzio aveva sede sociale proprio all’ex IMSA. Presso lo stesso indirizzo di via Maregrosso aveva sede pure la “MIPER Srl” (società di gestione supermercati, cancellata nel 2008 per incorporazione nel gruppo SMA S.p.A.) e il cui presidente del Cda era sempre Giuseppe Denaro. Dati i rapporti economici tra i proprietari della società creditrice del Comune e uno stretto congiunto di uno dei membri della Giunta, sarebbe stato forse opportuno “congelare” l’assai discutibile transazione.  
Ma questa storia ne contiene, appunto, tante altre ancora. La transazione ci dice che, nel corso del lungo contenzioso tra le parti, in data 16.12.2016 l’ipoteca iscritta il 27.03.2013 veniva estesa ai locali di via Salandra che ospitavano la Caserma dei Vigili del Fuoco. Nelle more, con atto del 23.11.2016 (solo 23 giorni prima, cioè, dell’ipoteca del “Gruppo Immobiliare 2R”) il Comune aveva venduto intanto la caserma per € 4.300.000 all’Agenzia del Demanio, che agiva per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze; la somma sarebbe stata corrisposta solo dopo l’approvazione, la registrazione e la trascrizione del contratto, atto quest’ultimo formalizzato il 3.03.2017. In quella data il bene era ipotecato e dunque l’Agenzia del Demanio invitava il Ministero a soprassedere momentaneamente al pagamento. Da qui la “giustificazione” dell’ente per la fretta di chiudere la transazione, nonostante la ventennale querelle di ricorsi e controricorsi non si fosse ancora conclusa davanti al TAR di Catania. 
Non si può non ricavarne la considerazione dello stato di dissesto di un ente che, non essendo in grado di pagare i creditori, viene aggredito nei propri beni di proprietà; non si può non lamentare la prontezza del “Gruppo Immobiliare 2R” ad inserirsi nella vendita della Caserma dei Vigili del Fuoco; non si può non pensare che la scelta di espungere quel credito e non altri dal Piano di Riequilibrio non sia derivato anche dal fatto che la mancata vendita della Caserma, sbandierata ai quattro venti, avrebbe fatto venire meno una somma consistente tra le poche recuperate attraverso le misure del Piano di Riequilibrio.
Le numerose zone d’ombra e i potenziali conflitti d’interesse di tutta la vicenda Ex IMSA, meritano ulteriori approfondimenti in tutte le sedi. 

Operazione Beta 2. A Messina la mafia è glocal

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Dalle speculazioni edilizie ai centri commerciali nell’ultra saccheggiato territorio peloritano; dall’Expo di Milano alle alchimie finanziarie nei paradisi fiscali; dalla compravendita di petrolio in America latina e Turchia alle monocolture intensive e alla deforestazione selvaggia in Africa. Sono di dimensione locale e globale – glocal– gli affari di certa imprenditoria d’assalto della provincia di Messina, contigua o funzionale alle più invasive organizzazioni criminali e mafiose. È quanto traspare dai verbali non omissati del neocollaboratore di giustizia Biagio Grasso, il noto costruttore originario di Milazzo finito agli arresti il luglio dello scorso anno, nell’ambito dell’operazione “Beta” della DDA di Messina sulla “famiglia” Romeo-Santapaola ed i suoi più stretti consiglieri-consigliori finanziari e legali.
“Il mio ruolo all’interno dell’organizzazione era quello della gestione delle società, nella parte edile e nel rapporto con le istituzioni”, esordisce Grasso nell’interrogatorio del 12 dicembre 2017, giorno in cui è formalizzata la sua collaborazione con i magistrati antimafia della Procura della Repubblica. “Il rapporto è iniziato con Vincenzo Romeo nel 2010 e poi terminato nel periodo in cui mi sono recato in Africa, circa sei mesi prima dell’arresto. I beni di cui oggi dispongo sono la Se.Gi. Srl; XP Immobiliare; Procoimm Srl, proprietaria di 68 appartamenti in costruzione presso Fondo Fucile; Grasso Costruzioni Srl; Carmel Srl, attualmente detenuta da Francesco Bertuccelli, proprietaria di 28 appartamenti in località Torrente Trapani; AZ Shipping Srl ed Edil Raciti Srl, controllate da Franco Lo Presti (…) Io stesso sono stato tra i primi soci della Banca di Credito Cooperativo Antonello da Messina, tramite la società LG Costruzioni SpA e ho movimentato milioni di euro in contanti, nell’epoca 2007-2010 quando era direttore il dottor Fabrizio Vigorita…”.

Trame e tresche sull’impero Demoter

Il 4 gennaio 2018, il costruttore milazzese si sofferma sulle complesse operazioni per impossessarsi, grazie ad intestazioni fittizie, di parte dei beni provenienti dall’imprenditore Carlo Borella, già presidente dell’ANCE, l’associazione dei costruttori edili peloritani, anch’egli tra gli arresti eccellenti di “Beta” per “aver concorso, senza farne parte, del gruppo Romeo-Santapaola”, ponendo “a disposizione occulta degli interessi economici del sodalizio mafioso le imprese Cubo SpA e Brick Srl, ad egli riferibili, ed in cui erano confluiti rami di azienda della Demoter SpA (dichiarata poi fallita), relativi all’esecuzione di opere pubbliche, anche in territorio diverso dalla Sicilia”.
“Conosco Carlo Borella da diversi anni in quanto quest’ultimo era socio di Nino Giordano nella realizzazione del Centro commerciale Carrefour di Milazzo, i cui lavori furono curati dalla mia impresa LG Costruzioni”, racconta Biagio Grasso. “I rapporti poi si inclinarono con Giordano mentre restarono buoni con Borella. Per tale ragione, allorquando ebbi l’opportunità di occuparmi di alcune società a Milano, lo contattai. Le operazioni riguardavano in particolare le società Else SpA e Fondazioni Else (…) Io e Borella acquistammo la Else attraverso la ITC Srl con sede a Milano, il cui amministratore era Roberto Forliano, prestanome mio e di Borella. Fondazioni Else fu costituita da me, dal Borella e dalla famiglia milanese Vandoni. Nel patrimonio di Fondazioni Else confluì il patrimonio di Else SpA, consistente in lavori in corso, certificazioni ed attrezzature, idem per un ramo d’azienda riferibile a Demoter, attraverso un contratto d’affitto. Il ramo d’azienda fu affittato a Fondazioni Else perché la Demoter aveva seri problemi economici e Borella stesso mi rappresentò che erano già state presentate delle istanze di fallimento e problemi finanziari con un cantiere in Tunisia. Il canone d’affitto fu determinato dal commercialista Benedetto Panarello, d’intesa con me e Carlo Borella”.
Grasso ammette la non congruità del canone fissato rispetto al valore reale dei beni, anche perché essi erano destinati ad un maxi affaire, i lavori di realizzazione dei padiglioni dell’Expo 2016 di Milano. “Il canone aveva un margine di profitto elevatissimo anche perché conteneva delle certificazioni per lavori in sottosuolo illimitate che in quel periodo storico avrebbero generato tramite appalti diretti o subappalti, profitti per decine di milioni di euro, tenuto conto di lavorare con l’Expo di Milano, dei contatti di Vandoni, miei e di Borella, anche con contatti all’estero ove fu trasferita parte delle attrezzature, in Egitto a Porto Said”, spiega il costruttore. “Ricordo che più o meno questa vicenda si concluse tra fine 2011 e metà del 2012; del resto Fondazioni Else non proseguì l’attività in quanto fu colpita da interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Milano, credo sempre sul finire del 2011. Avverso questa interdittiva fu proposto anche ricorso attraverso l’avvocato Brambilla con studio nei pressi della Stazione Centrale di Milano, che in quel periodo fu poi anche arrestato. A quel punto avendo ricevuto sia Else che Fondazioni Else l’interdittiva antimafia, cercammo di arraffare quanto era possibile vendendo le attrezzature e commettendo una serie di distrazioni…”.
Biagio Grasso riconosce di aver ricoperto un ruolo determinante pure nelle attività finanziarie di due società nate dopo il fallimento della Demoter Spa, l’holding delle costruzioni, dei lavori pubblici e della movimentazione terra del gruppo Borella con milionarie commesse in Italia e all’estero. “Per quanto riguarda la Cubo SpA e Brick Srl devo distinguere due periodi, uno attiene alle fasi operative e a quelle relative alla costituzione di queste due società, i cui dettagli mi sono stati riferiti da Carlo Borella e da me verificati consultando la documentazione relativa allorquando esse entrarono nella disponibilità mia, di Vincenzo Romeo e dell’avvocato Andrea Lo Castro attraverso il prestanome Fabio Lo Turco; un secondo periodo riguarda la mia gestione diretta di queste due società”, spiega il collaboratore. “Come mi disse Carlo Borella, la costituzione di Brick e di Cubo rispose all’esigenza di spostare in altre società le attività sane di Demoter che versava in una situazione di allarmante insolvenza. Queste operazioni furono consigliate da Benedetto Panarello, che per come riferitomi da Borella, subentrò allo studio Cacace in un programma di riorganizzazione di tutto il gruppo, in base al quale Demoter spogliata dei rami d’azienda continuava ad essere gestita dal padre Benito Borella e dalla sorella Zelinda e contabilmente credo ancora dai Cacace, Salvatore e della di lui moglie Patrizia, mentre le nuove società Cubo, Brick ed Epuroxy ebbero come amministratori persone riferibili a Carlo Borella”. Sempre secondo Grasso, alla “consulenza fiscale e strategica” del commercialista Benedetto Panarello, fu affiancata quella prettamente giuridico-legale del noto professionista messinese Andrea Lo Castro. “Per quanto ne so, Lo Castro come avvocato di Borella e di Demoter era sicuramente a conoscenza delle vicende relative alla costituzione di Brick e di Cubo in relazione ai lavori eseguiti da Demoter in Sicilia e in Calabria”, dichiara il costruttore. “Per realizzare la cessione della Cubo in mio favore, Fabio Lo Turco, nostro prestanome storico, mio e di Vincenzo Romeo, acquistò il 100% di Brick Srl e divenne di riflesso proprietario di Cubo SpA, in quanto Brick era unica controllante della medesimo Cubo. Lo Turco acquistò Brick da Emanuela e Christian Mazzola, questi ultimi figli di Domenica Borella sorella di Carlo. Le quote non furono mai pagate. Una stanza dei miei uffici di viale Boccetta 70 a Messina fu destinata alla gestione di Brick e Cubo, la cui parte amministrativa fu curata da Patrizia Surace, quest’ultima compagna di Carlo Borella. Filippo Spadaro fu confermato quale amministratore di Cubo come richiesto dal Borella quale condizione per la conclusione di questa operazione. Spadaro continuò a gestire, ma su indicazione mia, di Lo Castro e Vincenzo Romeo; egli si occupò pure di trasferire le migliori attrezzature della Cubo provenienti da Demoter in Costa d’Avorio attraverso un affitto fittizio intercorso tra Cubo e Demoter Afrique, vicenda nella cui io ero in disaccordo ma per la quale acconsentii per evitare tensioni con Borella”.

Dagli inferni di Maregrosso e Ghana passando dai paradisi transalpini

Nel corso dei suoi interrogatori con i magistrati della DDA, Biagio Grasso rivela l’esistenza di una società-cassaforte nella disponibilità dell’imprenditore Carlo Borella, creata appositamente all’estero per sfuggire ai controllo fiscali e giudiziari in Italia. “Matura SA ha sede in Lussemburgo e fa capo solo a Carlo Borella e non ad altri componenti della famiglia”, spiega il costruttore milazzese. “La società è seguita da uno studio con sede a Lugano, in contatto con Benedetto Panarello, nel senso che Panarello portava a questo studio clienti interessati a schermare le loro proprietà attraverso fiduciari. Io stesso accompagnai Borella e Panarello in questi uffici di Lugano, nei pressi del parcheggio sotterraneo, e partecipai ad una riunione con uno dei rappresentanti dello studio. Borella infatti intendeva verificare, essendo stato coinvolto e rinviato a giudizio per fatti di mafia relativi alle vicende delle estorsioni subite, se in caso di richiesta della DDA lo studio avrebbe fornito informazioni relative alla riconducibilità al Borella e alla Matura SA. In quell’occasione gli fu risposto che, ove le richieste di informazioni da parte dell’Autorità Giudiziaria avessero riguardato fatti di mafia, essi avrebbero comunicato il nominativo del reale proprietario della società. Diversamente, la procedura sarebbe stata più lunga e richiedente anche rogatoria internazionale”.
Sempre secondo Grasso, la fiduciaria di Borella in Lussemburgo sarebbe interessata ad un centro commerciale in località Maregrosso in via di completamento e per cui la società proponente, la Risanamento Messina Srl in mano all’imprenditore Antonino Giordano, ha già presentato agli uffici comunali l’istanza di apertura e autorizzazione alla vendita.“All’operazione è interessato anche Carlo Borella tramite la Matura SA”, ha dichiarato. “lo stesso accompagnai una volta a Messina da Milazzo l’esponente della criminalità barcellonese Treccarichi, in rapporti con Carmelo D’Amico e Pietro Santapaola, perché intendeva intervenire su Giovanni Tortorella, il quale intendeva sottoporre ad estorsione Antonino Giordano che aveva in corso, con la società Procoge, la realizzazione del complesso commerciale di Maregrosso”.
Non solo lottizzazioni e cementificazioni nel portafoglio affari di Biagio Grasso e dei colletti bianchi partner delle famiglie di mafia. Le inchieste giudiziarie hanno provato da tempo come in particolare la produzione di energia eolica sia tra le attività più ambite delle consorterie criminali e così anche il neocollaboratore peloritano non poteva non fornire ulteriori tasselli per comprendere certi scenari dell’eco business. “L’avvocato Andrea Lo Castro ha gestito per conto mio, di Vincenzo Romeo e nel suo stesso interesse una operazione riguardante l’acquisizione di una società del settore eolico con sede a Bari, denominata RW Srl”, ha verbalizzato nell’interrogatorio dell’11 gennaio 2018. “L’operazione era stata segnalata a Lo Castro da Francesco Scirocco, al quale a sua volta era stata segnalata da un tale Ciccone o Cippone, soggetto pugliese. Lo Scirocco è un imprenditore della zona di Patti che è stato arrestato ed è amico e socio di Lo Castro in diverse attività. La società da rilevare era in difficoltà economica ma aveva delle ottime potenzialità, avendo il brevetto per la realizzazione di motori eolici e tecnologia avanzata. Nell’affare il Lo Castro era in società con me ed il Romeo, in quote uguali, ma apparentemente l’acquisizione l’avrei portata a termine solo io attraverso una società con sede a Londra denominata HIF Ltd, controllata al 100% da me. Io mi recai in Puglia per conoscere il titolare ed amministratore di questa società, di nome Nicola, e per verificare la fattibilità economica dell’investimento. Avendo notato l’enorme esposizione debitoria dell’impresa ho preferito non portare avanti l’operazione, comunicandolo a Romeo e Lo Castro. Il Romeo mi disse poi che essa era stata proseguita direttamente da Lo Castro con Scirocco”.
Il 20 luglio 2017, subito dopo l’arresto nell’ambito dell’operazione “Beta” ma cinque mesi prima del suo ingresso nel programma di protezione per i collaboratori di giustizia, Biagio Grasso si era soffermato su alcuni progetti d’investimento avviati direttamente con uno dei presunti leader del sodalizio mafioso, Vincenzo Romeo, figlio di Francesco “Cicco” Romeo e nipote del boss etneo Nitto Santapaola. Uno di essi riguardava nello specifico un’importante operazione immobiliare nel comune di Villafranca Tirrena. “Siamo nel 2012 e Romeo mi dice: Ti voglio presentare una persona…, tale Stefano Barbera, suo factotum, che entra in contatto con me perché insieme ad un fantomatico soggetto di nome Antonio Montero hanno un accordo con dei proprietari di terreno a Villafranca Tirrena per fare un grossissimo centro sportivo”, spiega il costruttore. “Parliamo di una cosa micidiale, quattro campi di calcio… cose fuori dal mondo, che io non capivo qual era il ragionamento sotto. Questo grosso investimento era collegato ad operazioni finanziarie con il Montero, attraverso una sua società di cui era dipendente anche Barbera. Questo Montero è portoghese, attualmente vive ad Amburgo e io l’ho conosciuto personalmente; la società si chiama Estrategia e non era italiana. Però lo stesso Romeo mi dice: No, guarda, perché secondo me comunque sono chiacchieroni, perché lui anche da questo punto di vista è molto furbo, cioè, ti mette sempre alla prova, non ti dice mai quello che pensa, ti dice sempre il contrario. Io guardo le carte ed effettivamente quel centro sportivo lì in quel posto, io conosco bene la zona, mi sembrava una cosa completamente assurda. Ho detto: Qualcosa c’è sotto, infatti poi, andando avanti, il Montero insieme a Barbera gli serviva perché dovevano fare un’operazione di finanza strutturata, come si chiamava all’epoca, dove con un progetto riuscivano a reperire dei fondi”. Nonostante il bluffdi Villafranca Tirrena, Biagio Grasso continuò a tessere relazioni con il Montero sino a progettare una possibile compartecipazione in una compravendita di greggio da fare in Turchia. “Ma era tutto fittizio”, afferma Grasso. “Io verifico che non aveva la licenza e dico a Romeo: A me l’operazione non interessa! Il Barbera con Romeo aveva un certo tipo di rapporto, non so come, convince Romeo a fare l’operazione e questi consegna a Montero e Barbera 175 mila euro in contanti presso l’Hotel Liberty. Era il 2012…”.
Fallite le operazioni speculative e finanziarie in Sicilia, Lombardia e Turchia, per Grasso sarebbe iniziato un “periodo difficile”, anche a causa – come da lui dichiarato - del peggioramento delle sue relazioni con Vincenzo “Enzo” Romeo. Così il costruttore avrebbe deciso di trasferire buona parte delle sue attività economiche nel continente africano congiuntamente a Michele Spina, imprenditore operativo in mezza Italia nel settore delle ricevitorie di scommesse, già cogestore della Sala Bingo “Jack Pot” di Piazza della Repubblica a Messina, nonché “nipote di Sebastiano Scuto, originario di San Giovanni La Punta, con precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso, ritenuto soggetto impegnato per il reimpiego ed il riciclaggio dei capitali illeciti del clan Laudani, federato ai Santapaola”, come riportano i ROS dei Carabinieri nella loro informativa alla DDA di Messina del 7 settembre 2015.“Con lo Spina siamo stati in Africa da settembre a fine ottobre 2016”, racconta Grasso. “Spina aveva un aggancio in Ghana tramite un ragazzo di Roma, mi pare che si chiama Claudio, e quindi mi disse: Biagio, andiamo in Ghana così cerchiamo di risolvere la situazione perché ci possono essere ottimi guadagni e ci leviamo Romeo da dosso perché non ce la faccio più….”.
“Erano delle operazioni sempre di leva finanziaria, tutte documentabili, che poi sono andate tutte quante male perché si è incartato il sistema del mondo, mi sono rimasti solo i contatti e la possibilità di fare operazioni tipo quelle che stavo facendo in quest’ultimo periodo tra Dubai e l’Africa, nel campo dei metalli preziosi”, prosegue l’odierno collaboratore di giustizia. “Avevo con il Governo del Ghana la possibilità di avere delle concessioni minerarie per oro e una per quanto riguarda il legno, un’operazione molto, molto, molto grossa. Praticamente le comunità locali hanno piantato circa vent’anni fa tutta una serie di alberi che oggi sono pronti ad essere recisi, però non hanno né le capacità organizzative né tantomeno quei pochi fondi che ci vogliono per reciderli. Quindi, c’è un accordo già fatto dove io mettevo a disposizione sia la mia esperienza sia i miei canali. Il 50% delle somme di ricavo andava a loro e il 50%… un’associazione in partecipazione. Mentre un altro grosso business, che non so se posso dire avevo o ho in corso, è sempre col Ghana per quanto riguarda gli investimenti in campo agricolo, sia in mais che in riso e in altre tipologie del genere, perché c’è una grossissima richiesta interna. A Dubai avevo invece un aggancio con una persona, Mohamed Kamal, un mio carissimo amico che ha tutte le licenze per fare in training di metallo, oro e diamanti”.
Un ecocrimine di dimensioni planetarie quello perpetuato dalle transnazionali del cibo e del legno in territorio africano. Solo in Ghana, la meta di Grasso & soci, le monocolture di prodotti agricoli (primo fra tutti il cacao) e il saccheggio di legname per l’esportazione hanno prodotto negli ultimi quindici anni la distruzione di 120.000 ettari di aree protette e di circa 7.000 km quadrati di foreste pluviali…

Transitati da Augusta i rifiuti della Marina USA sequestrati in Veneto?

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Sei volte negli ultimi due anni e mezzo. Sono le soste che l’incrociatore lanciamissili balistici “USS Porter” della Marina Militare Usa ha effettuato nel porto NATO di Augusta in Sicilia. L‘unità da guerra è al centro dell’inchiesta che l’autorità giudiziaria di Venezia ha avviato dopo il sequestro, tre giorni fa nella città di Mira, di un tir dell’azienda di trasporti “Zuccaro” di Catania con a bordo 150 fusti con ben venti tonnellate di “rifiuti speciali”, etichettati con la scritta, appunto, “USS Porter”. Il carico, molto probabilmente proveniente direttamente dalla base di Augusta o dalla vicina stazione aeronavale di Sigonella da cui gerarchicamente dipende il pontile in uso alla VI Flotta della Marina statunitense, era diretto al Centro Risorse di Motta di Livenza, azienda che opera nella gestione dei rifiuti industriali.
La prima sosta dell’incrociatore nel porto siciliano risale al 10 settembre 2015: in quell’occasione l’unità si rifornì di carburante prima di partecipare all’esercitazione NATO di guerra antisottomarina “Dynamic Manta 2015” nelle acque del mar Ionio. Dopo una breve sosta nella base navale di Souda Bay, in Grecia, l’“USS Porter” fece ritorno ad Augusta il 23 settembre per poi ripartire il giorno successivo alla volta di Valona, Albania.
Il 2 novembre 2015, l’incrociatore lanciamissili effettuava una breve sosta ad Augusta per consentire il cambio di una parte dell’equipaggio e ripartire per la stazione aeronavale di Rota, in Spagna. Un ulteriore breve stop ad Augusta per rifornimenti veniva effettuato da “USS Porter” il 23 marzo 2016. L’incrociatore approderà nel porto siciliano ancora una volta il 1° maggio 2016 dopo aver partecipato a una complessa esercitazione aeronavale multinazionale nelle acque del Mediterraneo orientale con tanto di sosta tecnica in Israele. L’ultimo approdo di “USS Porter” nel pontile di Augusta risale invece all’1 giugno 2016, alla vigilia di una lunga campagna di pattugliamento navale della VI Flotta nel Mediterraneo. Molto probabilmente, dunque, lo scarico dei 150 fusti di “rifiuti speciali” è avvenuto in una di queste sei soste in Sicilia. Recentemente, l’incrociatore lanciamissili, è approdato comunque in altri due scali in territorio italiano: il 15 giugno 2016 presso il pontile per il rifornimento di carburanti della NATO di Gaeta; il 30 dicembre 2016 presso il terminal intermodale del porto di Venezia, dove si è trattenuto per altri tre giorni consentendo ai marines di festeggiare l’anno nuovo nel capoluogo. Il 28 ottobre e il 30 novembre 2017, USS Porter ha invece attraversato lo Stretto di Messina, entrando in acque territoriali nazionali.
L’incrociatore statunitense ha partecipato operativamente all’attacco missilistico sferrato il 7 aprile 2017 contro la base aerea di Shayrat in Siria, lanciando sugli obiettivi una trentina di missili da crociera “Tomahawk Land Attack Missiles (TLAMs)”. Alla vigilia della sanguinosa azione di guerra, l’unità aveva partecipato all’esercitazione NATO “Dynamic Manta 2017”, sotto la direzione del Comando Usa di Sigonella. In quell’occasione, alcune delle navi e dei sottomarini a capacità e propulsione nucleare in forza alle marine dell’Alleanza Atlantica, fecero una sosta tecnica ad Augusta: nell’elenco ufficiale di quelle in rada presso il terminal petrolifero militare siciliano non c’è però traccia dell’incrociatore scarica rifiuti.

Operazione Beta – La zona grigia della borghesia messinese

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Né bianca né nera ma un’infinita area “grigia” dove convivono, ignorandosi ipocritamente o facendo affari comuni, imprenditori di successo, bancari, commercialisti, avvocati, instancabili factotum e le vecchie e nuove leve della criminalità organizzata. È la Messina di Mezzo descritta e investigata dalla Direzione Distrettuale Antimafia nella monumentale ordinanza di custodia cautelare emessa nel luglio dello scorso anno contro i “presunti” appartenenti alla consorteria mafiosa peloritana, con stretti legami operativi e familiari con il potente e feroce clan Santapaola-Ercolano che domina la Sicilia orientale. Una “famiglia”, quella con a capo Francesco “Ciccio” Romeo e il figlio Vincenzo Romeo, capace di tessere fitte trame con noti professionisti e facoltosi esponenti della borghesia locale. Il prossimo appuntamento di quella che è stata definita Operazione antimafia Betaè previsto per il 7 giugno, giorno in cui il Tribunale di Messina si pronuncerà sulla richiesta di rinvio a giudizio dei 50 imputati, tra cui spiccano, oltre a un gran numero di componenti della famiglia Romeo, alcuni personaggi eccellenti della Messina bene e da bere, uno fra tutti il costruttore Biagio Grasso, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e divenuto collaboratore di giustizia negli scorsi mesi. Le sue dichiarazioni, in buona parte ancora omissate, potrebbero essere determinanti per provare il quadro accusatorio, ma soprattutto potrebbero aprire nuovi scenari d’indagine sulle capacità di penetrazione delle organizzazioni di mafia nel tessuto politico, sociale ed economico della città capoluogo dello Stretto.   

Alveari abitativi ad altissimo rischio idrogeologico

“Il mio ruolo all’interno dell’organizzazione era quello della gestione delle società, nella parte edile e nel rapporto con le istituzioni”, ha verbalizzato Grasso nell’interrogatorio del 12 dicembre 2017, quando fu formalizzata la sua collaborazione con la DDA di Messina e avviato il programma di protezione del Ministero dell’Interno. “Io ho conosciuto Vincenzo Romeo grazie ad un rapporto con Ivan Soraci, rapporto iniziato attraverso una operazione immobiliare della Edil Raciti Srl di Santa Margherita avvenuta nel febbraio 2010. In tale operazione il Romeo investì circa 50 mila euro”.
Il costruttore ha poi descritto con dovizia di particolari un secondo programma immobiliare che lo ha visto protagonista insieme al pregiudicato Vincenzo Romeo, e che ha contribuito alla cementificazione di una delle zone a più altro rischio idrogeologico della città di Messina. “Nel Torrente Trapani il costruttore Oscar Cassiano cedette il 50% dell’operazione, per un corrispettivo di 60 mila o 100 mila euro”, ha verbalizzato Grasso. “In questa operazione era presente un secondo prestanome, Fabio Lo Turco, e venne creata la società Solea. Nell’aprile 2010 la Solea acquista, presso il notaio Bruni, il 100% della Se.Gi Srl. In quell’operazione, Cassiano, nel cedermi l’operazione, mi disse che l’imprenditore Pettina doveva riservare una quota del terzo lotto per compensare quanti avevano favorito l’approvazione del piano costruttivo. Non ricordo i nomi di questi pubblici amministratori, ma erano all’interno del Comune di Messina, comunque nel periodo in cui venne varato il programma costruttivo”.
Sempre secondo il collaboratore, gli appartamenti destinati ai pubblici amministratori sarebbero stati ben 14, posti nel terzo lotto del programma insediativo e tutti nella disponibilità dell’impresa Pet Srl della famiglia Pettina, attualmente IBG Srl. “Per motivi di risparmio economico, in quella edificazione sono state realizzate palificazioni in numero inferiore a quello previsto”, ha aggiunto. “Io entro nell’operazione perché Cassiano non aveva più le risorse per portare a termine i lavori. Mi contattò Antonino Giuffrida, detto bluff, avvocato di fiducia dell’ingegnere Cassiano, e mi propose di entrare nell’affare. Soraci, saputo che ero entrato in questa operazione, mi dice di coinvolgere anche il Romeo in questi termini: 25% io, 25% il Soraci e il resto Romeo. In verità i fondi li conferimmo io e Vincenzo Romeo, metà ciascuno. Analoga situazione si verificò con la Carmel Srl”.
Nel corso dell’interrogatorio dell’11 gennaio 2018, Grasso fornisce ulteriori particolari sulla vera natura e i protagonisti più o meno occulti dell’affaire- nella grande collina di sabbia che si erge sul centro città a due passi dallo svincolo autostradale di Boccetta. “Nella vicenda del Torrente Trapani l’avvocato Andrea Lo Castro ha avuto ruoli diversi a seconda delle fasi ed i soggetti interessati”, ha spiegato il collaboratore. “In una prima fase egli era l’avvocato della famiglia Pettina, mentre l’avvocato di Oscar Cassiano era Antonio Giuffrida. Quando io rilevai la Se.Gi. nel 2010, per un breve periodo continuai ad avvalermi della consulenza dell’avvocato Giuffrida; successivamente mi rivolsi anch’io all’avvocato Lo Castro. Dopo poco tempo informai Lo Castro che nell’affare era interessato Vincenzo Romeo, nipote di Nitto Santapaola. Da lì, iniziò quel rapporto di collaborazione, anche a livello societario, che poi si è sviluppato nelle vicende riguardanti la Demoter SpA dell’imprenditore Carlo Borella e altre operazioni. Il Lo Castro si occupò di tutta la parte legale dell’operazione anche relativa allo spostamento di cubatura, sia per conto della Pet della famiglia Pettina, sia per conto della Carmel Srl. Gli accordi tra me, Vincenzo Romeo, lo stesso Lo Castro e Domenico Bertuccelli, intestatario fittizio della Carmel per conto mio e di Romeo, erano quelli di riconoscere al legale un appartamento sito nel corpo D, e vi è anche un preliminare trascritto. In alcuni casi veniva pattuita una ripartizione in parti uguali tra me, Lo Castro e Romeo; in altri casi al Lo Castro veniva riconosciuta una quota diversa e minore a seconda dell’apporto fornito. È capitato anche che il Lo Castro mi richiedesse il rilascio di fatture per operazioni inesistenti ai fini di detrazione fiscale. Intendo precisare che quest’ultimo era l’avvocato del gruppo criminale, nel senso che non vi era un ordinario rapporto cliente-professionista, ma egli metteva a disposizione la sua professionalità per le varie esigenze del gruppo stesso. Era sostanzialmente a disposizione anche con comportamenti spregiudicati, non tirandosi indietro di fronte ad azzardate ed illecite operazioni…”. Sempre secondo Biagio Grasso, tra le attività che l’avvocato Lo Castro avrebbe svolto nell’interesse del gruppo Romeo, vi sarebbe stata anche la “predisposizione, unitamente al notaio Bruni, di quel contratto borderline riguardante la cessione del lotto D del complesso Torrente Trapani alla Carmel”. “Si trattava di un’operazione anomala e potenzialmente in frode ai creditori avendo di fatto questo contratto svuotato il patrimonio della Se.Gi. cedendolo alla Carmel; un meccanismo congegnato da me, dall’avvocato Lo Castro e dal notaio Bruni”, ha specificato il costruttore.
Il 19 settembre 2017, tre mesi prima cioè di entrare nel sistema di protezione dei collaboratori di giustizia, Grasso spiegava chi e come avesse fatto da prestanome dei Romeo nella cementificazione del Torrente Trapani. “Soraci, il punto di contatto fra me e questi soggetti, mi presenta tale Maurizio Romeo”, racconta Grasso. “Lui, Soraci, viene a sapere che sto facendo questa operazione e mi dice: Sai, ci potrebbe essere una persona che ti può aiutare sia a vendere e sia a gestire e mi presenta Maurizio Romeo, che all’epoca io ero totalmente non a conoscenza della sua vera discendenza familiare”. Fu Maurizio Romeo, il fratello di Vincenzo, ad indicare a Grasso un giovane esperto che lo avrebbe potuto supportare nella complessa gestione finanziaria dell’affaire. “Così nel 2010 conobbi attraverso Ivan Soraci tale Fabio Lo Turco”, ha aggiunto il costruttore. “Ho preso informazioni su di lui, veniva da una famiglia per bene, lo zio era stato Presidente, mi pare, del Tribunale; il papà è stato un medico importante; la sorella era giornalista…”.
Vennero così intestate fittiziamente a Lo Turco le società Solea, Brick e Green Life. “Per tale ruolo Fabio Lo Turco percepiva uno stipendio mensile, pari a circa 1.500 euro, corrisposti da me o da Vincenzo Romeo”, ha dichiarato Grasso nell’interrogatorio dell’11 gennaio 2018. “Ricordo che quando Maurizio Romeo e Ivan Soraci vennero da me a Milano per reclamare una parte delle somme da loro investite nell’operazione di Torrente Trapani, io rilasciai circa 30 assegni per un totale di 150 mila euro tratti dal conto intestato alla mia società ITC Srl sul Banco di Credito Cooperativo di Landriano. Io firmai gli assegni in bianco e li consegnai a Maurizio Romeo e Ivan Soraci; loro poi li intestarono a Fabio Lo Turco, il quale a sua volta, li girò a soggetti o società tutte riconducibili a Enzo Romeo, anche perché quest’ultimo era in parte destinatario finale della somma insieme ad Ivan Soraci, al quale verosimilmente saranno andati circa 40.000 euro (…). Lo Turco si impegnò anche a gestire in prima persona il locale che volevamo rilevare, e cioè il Dolce, avendo lui i rapporti con la precedente gestione ed avendo portato l’operazione”. Fabio Lo Turco è attualmente sottoposto al divieto di soggiorno nel Comune di Messina; all’udienza preliminare del 7 giugno del processo “Beta” dovrà rispondere di “aver concorso” con Vincenzo Romeo, Biagio Grasso, Andrea Lo Castro e altri nell’intestazione fittizia dei beni “al fine di eludere le disposizioni in materia patrimoniale, con l’aggravante di avere agito avvalendosi delle condizioni ed al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Santapaola-Romeo”.

E ci vedevamo tutti all’Irrera bar

Non compare invece né tra i 45 indagati dell’Operazione “Beta” del luglio 2017 né tra i 50 imputati che si dovranno presentare all’udienza preliminare del prossimo 7 giugno, Ivan Soraci, figura sconosciuta alle cronache giudiziarie ma che, secondo Biagio Grasso, avrebbe invece ricoperto un ruolo di trait d’union tra certa borghesia imprenditrice e la criminalità. “Ivan Soraci ha detenuto armi per conto del Romeo presso la propria abitazione”, ha verbalizzato Grasso il 28 dicembre 2017. “Ricordo un episodio in cui il Soraci minacciò con la pistola un tale in occasione di un litigio avvenuto nella zona di Bisconte. Ricordo il particolare perché il Romeo venne raggiunto da una telefonata che lo informò di quanto accaduto, e questi rimproverò Soraci intimandogli di non utilizzare le armi senza la sua esplicita autorizzazione”.
Nel corso del suo primo interrogatorio dopo l’arresto, il 20 luglio 2017, il costruttore aveva fornito importanti elementi sulla figura del Soraci. “Io partirei per ricostruire tutto quanto il meccanismo e inserire delle persone che sono chiave, tra cui un tale Ivan Soraci, che è lievemente toccato da questa vicenda, ma che è importante”, esordì Grasso. “Soraci era dipendente del bar Irrera dove uno dei soci era Giuseppe Denaro, nonché mio socio in un investimento insieme a Giuseppe Puglisi a Villafranca Tirrena, area ex Pirelli. Ecco perché lo conoscevo, perché andavo lì insieme agli altri due soci e quindi lui era il direttore, diciamo, del locale. Eravamo coetanei quindi nacque una simpatia. Circa due anni. Nel 2010 mi dice: Ti voglio presentare una persona che è nell’ambito della compravendita immobiliare. Io mi ero affacciato su Messina perché stavo vedendo quell’altra maledetta operazione che mi ha venduto l’ingegnere Cassiano (…) Quindi Soraci mi presenta Maurizio Romeo che all’epoca lavorava con l’agenzia immobiliare Gabetti di Francesco Mancuso. Dopo di che il Soraci mi incalza dicendo: Dobbiamo fare lavorare sto ragazzo perché lo dobbiamo portare avanti. Mi devi fare la cortesia, se prendi l’operazione lì sopra, dagli gli appartamenti da vendere”.
Sempre Grasso sostiene che Maurizio Romeo operava anche nel settore della ristorazione insieme al “direttore” dell’Irrera bar. “All’epoca Soraci e Romeo erano soci del locale la Botte Gaia”, riporta il costruttore. “In uno di questi incontri, Soraci mi presenta Vincenzo Romeo, dicendo: No, guarda, ti presento il fratello, Vincenzo, che poi, alla fine, è lui il più grande dei fratelli, è quello che gestisce tutte quante le vicende e anche lui avrebbe il piacere se c’è qualche operazione a farla, anche perché ha fatto qualche cosa, mi sembra che avesse detto con Bonaffini, sempre comprando e vendendo appartamenti e poi è uno forte nel campo dei giochi pubblici…”  
Sarebbe stato sempre Ivan Soraci a svelare a Grasso chi erano in verità i Romeo. “Il Soraci mi disse: Sì, la mamma dei Romeo è la sorella di Nitto Santapaola, ma loro sono persone zenit, pulite, incensurate, ti puoi informare, non hanno omicidi, non fanno estorsioni”, spiega Grasso, “Dopo di che il Soraci sa che ci ho questa partecipazione insieme a Puglisi e insieme a Giuseppe Denaro per un terreno a Villafranca che avevamo vinto all’asta e mi dice: Fai una cosa. C’è il terreno là, lo vendi…; Ok, vendilo, la mia quota vale un milione, perché all’epoca valeva tantissimo quel terreno, è commerciale, metà glielo avevamo venduto a Eurospin e l’altra metà, avendo un’attività commerciale grossa là, aveva preso molto di valore. Dice: Sì, un milione, ora vedo…  Che fa? Va dal suo principale, diciamo dal suo capo, che è Giuseppe Denaro e che all’epoca era il proprietario di Irrera Bar. Va da Denaro e gli dice: Ti devi comprare la quota di Grasso perché Grasso ha debiti con me”.
A questo punto Biagio Grasso riferisce di essere stato raggiunto telefonicamente dall’altro suo socio di Villafranca Tirrena. “Al che a me mi chiama immediatamente Pippo Puglisi, con cui siamo molto amici. Giuseppe Puglisi della Puglisi Costruzioni, lui è stato anche presidente di ANCE Sicilia, insomma, un personaggio importante. Insieme a loro tre, io che ero, diciamo, lo specialista dei capannoni, avevamo fatto questa società e ci siamo aggiudicati questo terreno a Villafranca. Il Soraci lo sapeva perché era il dipendete di Denaro, anche perché gli seguiva cose bancarie, gli seguiva le carte, quindi sapeva tutte le situazioni, e obbliga in maniera, diciamo, pazzesca il Denaro a comprarsi il terreno. Ragion per cui a me mi chiama un giorno Pippo Puglisi e mi dice: Ti devo parlare urgente; gli ho detto: Che c’è?, perché io non credevo che il Soraci riuscisse a trovare la forma di qualcuno che si compra un terzo di una partecipazione con altri due terzi di calibro di due imprenditori grossi. Chi lo fa? A meno che non siano in contatto. Dice: Vedi che mi ha chiamato Giuseppe Denaro perché Soraci gli dice che tu hai dei debiti importanti con lui e quindi ti devi vendere il terreno. Gli ho detto: Pippo ma cu si l’avi a cattari?, dice: No, vedi che lo sta obbligando a comprarselo. Ma se Giuseppe Denaro in quel momento aveva fatto un investimento… Non ha soldi, come fa?, dice:Vedi che lo sta obbligando in maniera pesante e credo che gli abbia fatto il nome, perché io avevo anche i debiti con Santapaola, no?”.
Nel corso del suo interrogatorio, Biagio Grasso ricostruisce la modalità con cui Denaro sarebbe entrato in possesso della sua quota di terreni a Villafranca Tirrena. “Dopo di che il Denaro è costretto ad attivare un mutuo presso la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, all’epoca c’era, e penso ancora ora, tale direttore che si chiamava Tanino; è stato obbligato ad attivare un mutuo di 250 mila euro per acquistare la mia quota”, spiega il costruttore. “Chiaramente il Denaro prende due piccioni con una fava, perché riesce a prendere una quota di un terreno che vale almeno il triplo a 250, no? Quindi alla fine, sì, viene estorto, ma fa anche il business. Perché attualmente Denaro lavora con Nino Giordano…”.
“Quindi mi chiamano e mi dicono: L’operazione è chiusa, non ti puoi tirare indietro”, aggiunge Grasso. “Al che interviene anche Vincenzo Romeo, sempre però in maniera super educata, dicendo: Ma noi abbiamo problemi, qua è là… E da lì nasce il rapporto. Gli ho detto io: Guarda, Enzo, ma ti sembra corretto?Dico, con un investimento di X io devo pagare Y, ma mi state facendo estorsione? Mi state facendo usura?. Dice: No, però gli impegni sono questi, c’è Soraci, c’è mio fratello, ormai gli impegni sono questi e vanno mantenuti… (…) Fatto sta che dalla banca di Giuseppe Denaro, attraverso un debito presunto, e là entra in ballo il Lo Turco, poveraccio, è veramente una bravissima persona e si è trovato anche lui incastrato in questa rete di ragni che poi non riesci ad uscire più… Gli chiedono di fargli la cortesia di creare… tipo che avevamo un debito, in modo tale che questi soldi andavano a Lo Turco, perché gli ho detto: Io soldi contanti non ne esco, ve lo potete levare dalla testa, ma perché volevo pure… Ho detto: Domani almeno mi rimangono traccia, infatti è successo così. Quindi si crea questo debito fittizio fra me, la mia società, che all’epoca era amministrata da mio padre, che non sapeva completamente niente, lui, poveraccio, veniva e firmava, e quindi mi beccano altri 250 mila euro, totalmente ingiustificati. Quella cosa all’epoca la seguì Benedetto Panarello, ma per onore del vero, non ha nessuna responsabilità. La società che avevamo con Denaro e Puglisi si chiama ancora oggi P & F Srl”.

Puzzle rompicapo e triangolazioni societarie

In attesa che siano gli inquirenti a verificare l’attendibilità del racconto di Biagio Grasso sull’operazione di Villafranca Tirrena (importante sottolineare comunque che ad allo stato attuale non sono scaturiti procedimenti sulle persone e sui fatti raccontati dal collaboratore), la visura camerale della società citata dal collaboratore ci consente di aggiungere ulteriori tasselli alla vicenda. Costituita il 20 marzo 2004 ma operativa solo dal 10 settembre 2008, la P & F Srl ha come oggetto sociale la compravendita di beni immobili e sede in via Ugo Bassi 52, Messina, la stessa di alcune società nella titolarità dell’amministratore unico Giuseppe Puglisi (GPA Srl – Romarea SAS di Puglisi Giuseppe, Tulip Srl, GMA Srl). Con un capitale sociale di 16.250 euro, la P & F risulta non avere attualmente dipendenti  a carico; i suoi soci sono la GDH Srl di Giuseppe Denaro (55,5%), GPA Srl di Giuseppe Puglisi (33,5%) e la Società Gestioni Immobiliari - So.Gest.Im. Srl, interamente controllata da Antonino Denaro, fratello di Giuseppe (11%). Dalla stessa visura è inoltre possibile sapere che in data 31 ottobre 2011, il presunto “prestanome” del gruppo Grasso-Romeo, Fabio Lo Turco, aveva ceduto alla GDH Srl una quota sociale di P & F pari a 11.500 euro (19.425 euro è il valore della quota dell’immobiliare attualmente in mano a Giuseppe Denaro).
Secondo quanto ricostruito dal Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) dell’Arma dei Carabinieri, Lo Turco avrebbe operato per contro di Biagio Grasso anche in altre importanti operazioni di acquisizione e vendita di società edili e immobiliari. “Il 18 febbraio 2010 Fabio Lo Turco ha fondato la società Solea Srl (alla costituzione ha versato l’intero capitale sociale di 15.000 euro), vendendola poi nel novembre del medesimo anno a Biagio Grasso per 15.000 euro, rimanendo però amministratore unico fino al 30 giugno 2011, per essere poi sostituito da Franco Lo Presti, altro prestanome di Biagio Grasso e Vincenzo Romeo”, riportano i ROS nella loro informativa alla DDA di Messina del 7 settembre 2015.Il 6 luglio 2011, Fabio Lo Turco acquistava dalla Carmel Srlriconducibile a Biagio Grasso, rappresentata da Nicola Biagio Grasso padre di Biagio, l’intera quota del capitale della società P & F Srldi sua proprietà pari a 11.550 euro, per il prezzo di 220.000 (che la parte cedente dichiara essere stata corrisposta dall’acquirente mediante estinzione del credito da esso vantato nei confronti della cedente a seguito di precedente operazione commerciale), e nella cui compagine sociale vi era inserita l’ormai cancellata società LG Costruzioni SpA di Biagio Grasso”. Come abbiamo visto, appena quattro mesi dopo, Fabio Lo Turco ha trasferito quella stessa quota dell’immobiliare alla GDH Srl dell’imprenditore Denaro.
Interessanti omonimie si ripetono nelle tortuose vicende relative ad un’altra società presente nei programmi di lottizzazione e “urbanizzazione” del Torrente Trapani, la Carmel Srl. “Capitale sociale 54.000 euro (deliberato e sottoscritto ma di cui 13.500 versati), la società ha sede legale a Messina in via Monsignor D’Arrigo n. 90 (la stessa sede legale delle società riconducibili a Biagio Grasso, denominate Solea S.r.l. e Se.Gi. S.r.l.)”, aggiunge il ROS dei Carabinieri. “Il 27 febbraio 2009 Giuseppe Puglisi quale amministratore unico della GPA S.r.l. (quota pari a 18.920 euro dell’intero capitale sociale); Simona Ganassi, amministratore unico della Sibi General Construction S.r.l. (quota pari a 17.820 euro); Giuseppe Denaro, amministratore unico della GDH S.r.l. (12.150), Vincenza Gangemi per conto di Antonino Denaro, quale amministratore unico della Società Gestioni Immobiliari S.r.l. (5.940), costituivano la Carmel S.r.l., versando il 25% del capitale sociale pari a 13.500 euro. Il 5 novembre 2009 Simona Ganassi cedeva la propria quota di partecipazioni a Lucia Russo (coniugata con Nicola Biagio Grasso). Lo stesso giorno erano pure Giuseppe Puglisi, Giuseppe Denaro e Antonino Denaro a cedere le proprie quote di partecipazione, complessivamente di 36.180 euro (di cui versati 23.680), per la cifra di 23.680,50. Così da quel giorno Carmel S.r.l. è intesta ai genitori di Biagio Grasso, Nicola Biagio e Lucia Russo che l’hanno acquistata per un prezzo complessivo pari a 28.135,50 euro”. Provando ad esemplificare, nel novembre 2009 sono i fratelli Denaro e l’imprenditore Pippo Puglisi a cedere alla famiglia Grasso le proprie quote di Carmel Srl; mentre due anni più tardi è Fabio Lo Turco a trasferire a Giuseppe Denaro la quota dell’immobiliare P & F Srl acquistata un paio di mesi prima dalla Carmel Srl, del valore di 11.550 euro (ma, come abbiamo visto, pagata 220.000 euro per estinguere un debito).
Non c’è invece traccia in tutte queste operazioni di Ivan Soraci, la “persona importante” indicata da Biagio Grasso, “dipendente-direttore” dell’Irrera bar di proprietà Denaro. Il suo nome compare invece in qualità di amministratore unico, dal 15 febbraio 2007 al 14 settembre 2011, dell’Antica Pasticceria Irrera Srl, sede in via XXVII luglio 40 e capitale sociale di 40.000 euro, società “sorella” dell’Irrera 1910 Srl (quest’ultima controllata quasi per intero dalla GDH di Giuseppe Denaro). Alla guida dell’Antica Pasticceria, Soraci sostituì Vincenza Gangemi, la rappresentante di Antonino Denaro nell’acquisizione di una quota della Carmel Srl; alla cessazione del suo incarico, gli subentrò invece Giuseppe Denaro e, dall’agosto 2015 ad oggi, Daria Denaro, figlia di un terzo fratello Denaro, Filippo. A Daria Denaro risulta intestato il 98% delle quote sociali dell’Antica Pasticceria Irrera; il restante 2% è invece in mano ad Antonina Santisi, assessora comunale ai servizi sociali di Messina, nonché consorte di Giuseppe Denaro.

La Scuola appalta all’Esercito il racconto della Grande Guerra

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Gli istituti scolastici siciliani affidano alle forze armate lo studio della tragica Prima Guerra Mondiale, di cui ricorre quest’anno un secolo dalla sua conclusione. Con una lettera ai dirigenti di tutte le scuole statali e paritarie della Sicilia, l’Ufficio Scolastico Regionale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha invitato ad aderire e partecipare alle “Celebrazioni del centenario della Grande Guerra” organizzate dal Comando della Brigata Meccanizzata “Aosta” in sinergia con il Comando Militare dell’Esercito “Sicilia”. Si tratta nello specifico di “un insieme di eventi con lo scopo di coinvolgere gli studenti delle scuole secondarie di I° e II° grado della Regione Sicilia per rievocare i fatti salienti del Primo conflitto mondiale”.
Le celebrazioni avranno inizio martedì 22 maggio a Messina, città sede del Comando della Brigata “Aosta”, con una “mostra di reperti e materiali bellici e degli elaborati realizzati dagli studenti siciliani” presso il sacrario militare “Cristo Re”. La mostra che “vuole raccontare le vicende e i diversi aspetti della Grande Guerra” sarà aperta alle scolaresche sino a giovedì 24 maggio e si soffermerà in particolare su “sanità, medicina e chirurgia; luoghi della memoria; il progresso della tecnologia militare; immagini e propaganda; il volontariato”.
Mercoledì 23 maggio, studenti, docenti e genitori potranno invece assistere presso il teatro “Vittorio Emanuele” al “concerto interforze congiunto” della Brigata “Aosta”, della Fanfara del 6° Reggimento bersaglieri di Trapani e della Fanfara del 12° reggimento carabinieri “Sicilia”. Il 24 maggio, invece, “evento conclusivo con rievocazione storica” con docenti universitari, alunni e professori della provincia di Messina “circa i lavori rievocativi della Grande Guerra” e l’immancabile esibizione musicale dei complessi bandistici della Brigata “Aosta”, oggi reparto d’élite delle forze armate italiane e delle unità di pronto intervento della Nato. “La finalità formativa – conclude l’Ufficio scolastico regionale - è quella di favorire, attraverso la partecipazione all’evento commemorativo, una conoscenza più approfondita della grande Guerra e la valorizzazione del contributo di una generazione di giovani italiani al conflitto bellico”. Ovviamente nessun accenno agli immani massacri di quella orribile guerra o ai comportamenti di tanti generali dell’esercito che mandarono a morire inutilmente i propri uomini in impossibili attacchi lanciati contro le trincee nemiche o, peggio, che decretarono la condanna a morte di chi ebbe l’ardire di dire signor no.
La “celebrazione” di fine maggio segue di qualche settimana gli eventi di occupazione da parte della brigata “Aosta” di alcune scuole di Messina per l’ennesima operazione di manipolazione storica sulla Grande Guerra con il progetto “Esercito e studenti uniti nel Tricolore”, realizzato in sinergia con i dirigenti scolastici “per promuovere tra i giovani il valore dell'identità nazionale”. Concerti musicali, seminari storici e alzabandiera verde-bianco-rossa sono stati proposti a bambini di età compresa tra i tre e dieci anni, preadolescenti e adolescenti “per ricordare quegli uomini nati tra il 1874 e il 1899 che tra gli angusti spazi delle trincee e le imponenti cime dei monti contribuirono in maniera decisiva all’unità nazionale, sacrificandosi con generosità e coraggio”.
Solo eroi e arditi i militi narrati e rappresentati nelle aule delle Buona Scuola dell’Italia della terza repubblica. Una scuola sempre più in guerra, più di guerra, più per la guerra.

Che nelle scuole si torni a disobbedire ad ogni guerra…

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“Aver più volte denigrato l’operato di codesta istituzione scolastica, screditando la figura dirigenziale e danneggiando l’immagine il decoro della scuola sui social networks”. Queste le motivazioni della contestazione di addebito e avvio del procedimento disciplinare nei miei confronti da parte della dirigente dell’Istituto Comprensivo “Cannizzaro-Galatti” di Messina, dove insegno ininterrottamente da 34 anni. Un’accusa grave, che mi ferisce dolorosamente, scaturita dalle mie prese di posizioni in una lettera aperta alla dirigente e in successivi articoli giornalistici, relativamente all’adesione (mai formalizzata dagli organi collegiali) all’evento-progetto “Studenti e Militari uniti nel Tricolore” che la Brigata Meccanizzata “Aosta” dell’Esercito italiano, reparto d’elite e di pronto intervento NATO negli scacchieri di guerra internazionali, ha promosso in alcuni istituti scolastici della provincia di Messina.
Le “ragioni” delle contestazioni addebitatemi sono così elencate: “aver definito tale evento iniziativa gravissima ed in palese contrasto con i valori didattici-educativi della nostra istituzione scolastica”; “aver definito tale attività didattica uno pseudo-progetto, illegittimo perché mai discusso ed approvato dal collegio dei docenti”; “aver definito il suddetto evento una parata bellico-musicale con la partecipazione obbligatoria di bambini e preadolescenti della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria”; “aver definito una doppia mistificazione storico-sociale, quella dell’Esercito e di quei dirigenti scolastici che in violazione del dettato costituzionale e con ordini di servizio palesemente illegittimi hanno imposto le attività musico-militare ai propri docenti ed alunni”; “aver paragonato l’attività didattica svoltasi nel cortile alle parate fasciste del 1942, scrivendo pubblicamente Era perlomeno dal 1942 che nel cortile dell’Istituto Comprensivo Cannizzaro-Galatti di Messina non si teneva una parata bellico-musicale, dando adito e seguito a commenti indecorosi senza alcuna Sua replica o diniego”; “aver definito tale attività didattica vergognosi spettacoli di manipolazione della verità e delle coscienze”; “Aver scritto gli atti del tutto illegittimi della dirigenza impediscano de facto l’obiezione di tanti insegnanti e ha definito ancora una volta la manifestazione illegittimo e indegno evento-attività obbligatoria di ‘formazione’ per alunni delle terze classi della scuola media… Al peggio non c’è mai fine”. In conclusione, si rileva nei miei confronti che “in più di un’occasione ed in più di un contesto, aver tenuto in pubblico comportamenti integranti violazione dei doveri fondamentali ed elementari di fedeltà e correttezza che gravano al lavoratore” e che le “esternazioni in pubblico riguardanti l’istituzione scolastica e la figura dirigenziale non possono essere ricondotte ad una legittima critica dell’operato del datore del lavoro e ciò sia per la loro offensività e per i termini utilizzati con potenziale gravissimo pregiudizio per l’istituto scolastico stesso”.
Non è questa la sede per rispondere alle contestazioni; di certo, quanto da me affermato, risponde a ciò che ho sempre espresso relativamente ad ogni attività di “militarizzazione” delle istituzioni scolastiche e del sapere e di manipolazione a fini bellici delle coscienze di alunni e studenti. Ciò che si dimentica o si omette di ricordare in tutta questa triste vicenda, è che la mia opposizione ad ogni progetto tra forze armate e scuola è stata espressa da sempre in iniziative pubbliche, incontri, seminari, riunioni di collegi e consigli di classe, assemblee studentesche e di insegnanti, finanche corsi riconosciuti dal MIUR e in cui ho pure ricoperto il ruolo di formatore o relatore. Si dimentica e si omette il mio impegno di sempre di attivista pacifista e antimilitarista; di peace researcher, giornalista e blogger specializzato proprio sui temi della pace, della guerra e dei processi di militarizzazione del territorio; nonché di saggista proprio sul tema specifico della crescente e pericolosissima “occupazione” da parte delle forze armate italiane, USA e NATO delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
Continuerò a battermi in ogni modo al processo di aziendalizzazione, privatizzazione e militarizzazione della scuola, nel pieno rispetto dei principi costituzionali. Continuerò ad oppormi, ad obiettare e disertare, qualsivoglia attività di “relazione” tra forze armate e studenti, a difesa delle sacrosante prerogative didattico-pedagociche che spettano solo agli insegnati e agli educatori. Continuerò a sostenere ed argomentare in tutte le sedi che ogni attività o programma che vede “cooptare” i minori in ambito bellico-militare rappresenta una grave violazione dell’art. 38 della Convenzione internazionale a difesa e protezione dei diritti del fanciullo, così come viene fatto da anni a livello internazionale da giuristi e pedagogisti o dalle organizzazioni sindacali degli insegnanti e degli educatori di numerosi paesi europei e latinoamericani.

Stop alla deriva reazionaria della Scuola

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Antonio Mazzeo, docente dell'ICS "Cannizzaro-Galatti" di Messina, è vittima di un provvedimento disciplinare da parte della Dirigente Scolastica dell'Istituto in cui lavora, per aver contestato la presenza della propaganda militare e dell’Esercito nella scuola. Essendosi espresso con chiarezza contro la visita di una delegazione della Brigata Aosta, mai deliberata dagli organi collegiali e in aperto contrasto con i valori didattico educativi della scuola, si ritrova accusato di aver pubblicamente danneggiato l'immagine della scuola per aver espresso la propria opinione pubblicamente, opinione che è nei fatti in pieno accordo con il dettato costituzionale. Di seguito un’intervista al collega, cui USB esprime tutta la sua solidarietà.

Il rapporto della scuola pubblica statale con le Forze Armate e quelle di Polizia c'è sempre stato, retaggio anche del ventennio fascista. La Buona Scuola,  in modo particolare con l'Alternanza Scuola Lavoro, hanno portato un salto di qualità. Insomma, ancora "Libro e moschetto, fascista perfetto", dopo oltre 70 anni dalla Resistenza?

Beh, consentitemi una precisazione. La scuola post-fascismo, per quanto ancora permeata di autoritarismo e velleità ideologiche post-unitarie e del Ventennio, anche forse proprio per le tragedie e le vergogne militariste dei primi 45 anni del secolo, non si era caratterizzata come centro “educativo” e terreno di conquista delle forze armate. Il complesso processo di democratizzazione e di apertura culturale segnato dai movimenti di lotta del ’68 e degli anni ’70 ha poi garantito anticorpi solidi contro i tentativi di ri-militarizzazione delle istituzioni scolastiche e del sapere. Così i fragili tentativi dei militari di cooptare, nell’allora esercito di leva, le menti e i corpi migliori (vedi gli “orientamenti” per i soli maschi nell’ultimo anno della scuola superiore) si scontravano con sempre più ampie contestazioni da parte di studenti certamente più politicizzati e soprattutto no-guerre. Il processo di democratizzazione e apertura liberale e “pacifista” si è purtroppo interrotto a partire dalla fine degli anni ’80, contemporaneamente all’aziendalizzazione-privatizzazione del sistema educativo nel quadro del piano di ristrutturazione dei rapporti sociali ed economici del neoliberismo. La “Buona Scuola” è solo l’ultimo tassello, purtroppo, di questa controrivoluzione e si accompagna al piano di revisione “ideologica” e strutturale delle forze armate italiane (e NATO), dove l’obiettivo chiave è il cosiddetto “CIMIC”, un’unitarietà fisica-ideologica-culturale civile-militare, dove si cancella qualsivoglia linea di demarcazione tra quelli che in passato erano due mondi distinti e – talvolta – in aperto conflitto. Scuole-caserme e studenti-soldati funzionali alle logiche spietate del mercato che annulla identità, differenze, soggettività, disobbedienze, relegando tutti in una lotta disumana per la sopravvivenza, precaria.     

Sulla deriva reazionaria di tante dirigenze scolastiche. Non si contano più le studentesse e gli studenti denunciati alle procure della Repubblica anche per delle assemblee spontanee all'interno degli istituti. E la presenza della Digos, chiamata dalla preside o dal preside, all'interno delle scuole, è diventata una presenza ordinaria. In questo contesto, il corpo docente perché non agisce, come lamentano i movimenti studenteschi?

Credo si stia pagando oggi nella scuola l’inesorabile processo dell’ultimo trentennio fatto di isolamento della categoria, delegittimazione della funzione dell’insegnamento e del sapere, imposizione autoritaria di concetti neofascisti, ecc. Trent’anni significano ben altre identità, storie, patrimoni culturali delle figure educatori-insegnanti, questi ultimi ovviamente con radici e formazioni del tutto distinte da chi è comunque cresciuto in un Paese che ha conosciuto quella mobilità sociale e limitata democratizzazione che erano state negate dopo l’Unità d’Italia e ovviamente con il regime fascista. In fondo la scuola ha rappresentato per tanti anni l’ultima frontiera di resistenza culturale al dominio del mercato e della concorrenza spietata. Quella frontiera è crollata per ricostruire nuove frontiere-muri fatti di isolamento, solitudine, paura, frustrazione, senso di precarietà, quanto ormai caratterizza cioé il quotidiano essere della maggior parte del personale docente. Da qui il silenzio-assenso di fronte i vergognosi comportamenti dei dirigenti-questori e la crescente repressione di ogni forma di dissenso e “alterità” di studenti e colleghi.  

La valenza politica dell'attacco repressivo nei tuoi confronti è chiara e forte. Tu non sei solo un insegnante. Sei anche un giornalista, che non ha mai piegato la schiena davanti a nessuno. Una miscela esplosiva per la scuola che non ha mai dismesso l'idea del binomio "fascista libro e moschetto". Quindi, si apre ufficialmente una stagione per la difesa della democrazia all'interno dell'istituzione scuola, che dovrebbe essere essa stessa un'avanguardia per la difesa della democrazia...

Non mi piace assolutamente personalizzare questa vicenda, perché aldilà della sua specificità, è paradigmatica di quanto sta accadendo un po’ ovunque: cancellazione dei diritti costituzionali in tema di uguaglianza, pace-guerra, libertà di espressione e insegnamento, ecc.; mortificazione degli organi collegiali e del senso di agire e operare collettivamente; il predominio del disvalore scuola-azienda e degli indicatori economicisti e neoliberisti sui valori e i contenuti pedagogici; autoritarismo, verticismi piramidali e assoggettamento alla logica “organizzativa” di stampo militare; espropriazione dell’azione insegnante e affidamento dei “contenuti” (e della loro rielaborazione strumentale) ai soggetti “esterni” (imprenditori, industriali, manager, generali, ammiragli, ecc.). Siamo davvero al punto-limite, alla data cruciale. O riparte l’opposizione sociale generale (da parte del personale scolastico, degli studenti, delle organizzazioni di rappresentanza sindacale, politica, ecc.), oppure si chiuderà definitivamente questo processo storico, con la cancellazione totale delle conquiste democratiche, sociali, salariali. I margini di resistenza sono davvero pochi. Per questo dobbiamo difenderli in ogni modo. Soprattutto noi, la generazione che si è vista rubare sotto gli occhi l’agibilità politica e sindacale e che rischia di consegnare ai propri figli un mondo e una scuola cento, mille volte peggiore di quella ricevuta dai propri padri.  

Tantissimi, in queste ore, nei tuoi confronti gli attestati di solidarietà e di vicinanza. Chi manca?

Mancano ad oggi, purtroppo, proprio coloro che pur sproloquiando di “democrazia”, “diritti”, “libertà”, “pace”, hanno trasformato l’Italia in una caserma-lager per annientare corpi, anime e speranze (i “migranti” sono stati per anni le cavie della sperimentazione di questo modello oggi esteso ai “cittadini” e ai “lavoratori-studenti”). Ma non importa. Nelle nostre lotte di questi anni, dalla resistenza ai processi di militarizzazione dei territori e in difesa dei beni comuni, per i diritti, il lavoro degno e contro la precarietà e ogni forma di sfruttamento, questi soggetti non li abbiamo mai avuti accanto.


Intervista a cura di USB – Unione Sindacale di Base – Pubblico Impiego Scuola, pubblicata in Scuola.Usb.it, il 27 maggio 2018, http://scuola.usb.it/index.php?id=20&tx_ttnews[tt_news]=102733&cHash=fe4225cbae&MP=63-1027

No ai militari nelle scuole. Solidarietà con l'insegnante obiettore

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LA PETIZIONE DI CHANGE.ORG CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE ITALIANE E PER SOLIDARIZZARE CON L'INSEGNANTE OBIETTORE DI MESSINA

Solidarietà ad Antonio Mazzeo, pacifista e docente dell’ICS “Cannizzaro – Galatti” di Messina, contro il quale la Dirigente Scolastica ha avviato un procedimento disciplinare per aver contestato la presenza della propaganda militare e dell’Esercito nella scuola. Un fatto di gravità inaudita, incompatibile con il carattere democratico della scuola italiana, significativo di un clima culturale intollerabile che si respira, ormai, in tanti istituti.

Contro il modello che vede la scuola italiana assimilata da un lato ad un'azienda privata, e dunque d'impronta gestionale verticistica e autoritaria, e dall'altro ad una caserma, dove educatori ed alunni non insegnano né imparano altro che l'obbedienza e la sottomissione al potere, nel sistematico soffocamento di qualsiasi spunto di riflessione critica;

E contro i militari nelle scuole, sempre più presenti e in forma ogni giorno più invasiva, in tutti i gradi del percorso di formazione scolastica;

Chiediamo:  

La revoca immediata dell’ingiusto e illegittimo provvedimento disciplinare contro il prof. Antonio Mazzeo.

Il rifiuto di ogni forma di militarizzazione dell’Istituzioni Scolastiche e del sapere.

Il rifiuto di ogni attività con le Forze Armate, per una scuola che torni ad essere laboratorio di cultura di pace e disarmo.

Il rispetto della libertà d'opinione di ogni cittadino e lavoratore.

La tutela dei principi costituzionali e della vocazione educativa della Scuola Italiana.

Il rispetto della Convenzione di Ginevra sui diritti del Fanciullo (art.38) che rigetta il coinvolgimento dei minori in qualsiasi attività militare.



Cacciabombardieri NATO nei cieli del Montenegro. Ci sarà pure l’Italia

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La NATO rafforza i propri dispositivi di guerra nei Balcani. A partire dal prossimo 5 giugno, i cacciabombardieri dell’Alleanza Atlantica saranno chiamati a pattugliare lo spazio aereo del Montenegro, paese indipendente dal 2006 e che da meno di un anno è entrato a far parte della NATO. Da quanto trapelato dal comando alleato di Bruxelles, le operazioni di pattugliamento saranno affidate ai caccia a disposizione delle aeronautiche militari di Italia e Grecia.
La richiesta di intervento NATO era stata formalizzata a fine ottobre dal ministro della difesa del Montenegro, Predrag Boskovic; lo stesso aveva aggiunto che era in via di definizione un accordo tecnico per definire con gli alleati i termini e le modalità delle operazioni. “Come altri paesi dell’Alleanza Atlantica (Slovenia, Albania, Islanda e Repubbliche Baltiche), il Montenegro non dispone di propri aerei da combattimento, così ha chiesto agli Alleati di contribuire alla sicurezza del proprio spazio aereo”, spiega il portavoce della NATO. “Le missioni di pattugliamento hanno il compito di proteggere i cieli degli alleati che non hanno una propria forza aerea e il Montenegro contribuisce alle attività di sicurezza dell’Alleanza fornendo proprie truppe alla missione di addestramento NATO in Afghanistan e sostenendo finanziariamente le forze armate afgane”.
Nel suo comunicato ufficiale, il Comando NATO spiega che le operazioni di pattugliamento sono “missioni di routine che si svolgono da lungo tempo a salvaguardia dell’integrità” dello spazio aereo dell’Alleanza. “Secondo le regole della NATO, le forze alleate hanno sempre pronti operativamente i propri caccia, 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana, in tutta Europa”, aggiunge Bruxelles. “Alternativamente, gli Alleati senza forze aeree possono richiedere soluzioni multinazionali a difesa del proprio spazio aereo. Spagna, Portogallo e Francia partecipano attualmente al pattugliamento del Baltico in Lituania, Lettonia ed Estonia. L’Italia concorre periodicamente alla copertura dello spazio aereo della Slovenia, mentre l’aeronautica militare del Regno Unito supporta il pattugliamento della Romania”.
Relativamente alle operazioni previste in Montenegro, il Comando NATO ha dichiarato che i caccia italiani e greci “continueranno ad essere dislocati nelle basi aeree di appartenenza” e che essi “raggiungeranno i cieli montenegrini quando sarà necessario”. Molto probabilmente, l’Aeronautica militare assegnerà a rotazione per pattugliare lo spazio aereo montenegrino i caccia Eurofighter Typhoon del 4° Stormo di Grosseto, del 36° Stromo di Gioia del Colle e del 37° Stormo di Trapani-Birgi.
Il 28 giugno 2017, il generale Claudio Graziano è stato il primo capo di stato maggiore della Difesa di un Paese NATO a recarsi ufficialmente in visita in Montenegro dopo il suo ingresso nell’Alleanza. Numerosi i temi al centro degli incontri del generale italiano con le autorità politiche e militari del piccolo paese balcanico. “In agenda – riporta il comunicato del Ministero della difesa - le collaborazioni bilaterali e multilaterali, la necessità di incrementare i momenti di formazione comune tra le Forze armate dei due Paesi, l’importanza di una rivitalizzazione delle organizzazioni internazionali che devono necessariamente essere coinvolte nelle iniziative per la gestione delle crisi, la particolare attenzione che merita il fianco sud della NATO e la costituzione dell’Hub che avrà sede a Napoli”.
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