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Insegnante contesta presenza esercito a scuola. E la dirigente lo sanziona…

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In concomitanza con l’avvio delle lezioni dell’anno scolastico 2018-19, mi è stata notificata dalla dirigente dell’Istituto Comprensivo “Cannizzaro-Galatti” di Messina (scuola in cui insegno ininterrottamente da 35 anni), la sanzione disciplinare dell’avvertimento scritto a conclusione del procedimento avviato a seguito della mia lettera aperta in cui stigmatizzavo la parata musicale-militare della Brigata Meccanizzata “Aosta” all’interno del cortile dell’istituto nella primavera 2018, con la partecipazione obbligatoria di tutte le alunne e gli alunni della scuola dell’infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado. L’iniziativa, mai deliberata dal collegio dei docenti, rientrava all’interno del cosiddetto “Progetto Esercito e Studenti Uniti nel Tricolore”, promosso dal Comando della Brigata Aosta in collaborazione con alcuni dirigenti di scuole e istituti della città di Messina per “promuovere tra i giovani il valore dell’identità nazionale” ed esaltare gli “atti di eroismo” dei militari italiani nel corso della 1^ Guerra Mondiale.
“Valutato che non è stata fornita alcuna motivazione sufficiente a giustificare il comportamento tenuto – scrive la dirigente Giovanna Egle Candida Cacciola  - ritenuto che i fatti, pienamente provati, costituiscano violazioni della normativa vigente; ritenuta l’intenzionalità del comportamento e considerata l’inesistenza di precedenti sanzioni, si irroga la sanzione disciplinare dell’avvertimento scritto. Si richiede e sollecita per il futuro una condotta da parte della S.V. rispettosa e rispondente ai doveri professionali previsti dal Contratto collettivo nazionale di lavoro e della normativa vigenti”.
Nella sua sanzione disciplinare, la dirigente a cui le leggi attribuiscono contestualmente i poteri e lo status di inquirente, pubblico ministero e giudice, omette di specificare quali siano gli articoli delle leggi o del contratto di lavoro che avrei “violato”; inoltre si afferma l’inesistenza di “motivazioni sufficienti a giustificare” le mie dichiarazioni e le mie innumerevoli denunce contro il processo di militarizzazione delle istituzioni scolastiche e del sapere, nonostante la documentale memoria difensiva prodotta congiuntamente dall’avvocato Nello Papandrea del Foro di Catania, dalle avvocate Filippa Di Marzo e Paola Ottaviano, dalla consulente del lavoro Anna Bonforte e con la collaborazione dei Cobas Scuola.
A ulteriore prova di come ormai i principi cardine del diritto e della giurisprudenza non abbiano più cittadinanza nella Buona Scuola architettata dal governo Renzi, la dirigente ammette candidamente nella sua sanzione disciplinare di “avere svolto un’ulteriore indagine istruttoria” successivamente alla produzione della suddetta memoria difensiva in data 11 giugno 2018, con la “raccolta di note a verbale e depositate” nel periodo compreso tra l’11 giugno e il 9 settembre 2018: si tratterebbe in tutto di 16 atti “d’indagine” mai sottoposti al sottoscritto o ai suoi legali e della cui esistenza (ma non dei suoi contenuti) siamo venuti a conoscenza solo con la notifica della sanzione disciplinare.
Ribadendo ancora una volta la fondatezza e legittimità delle mie affermazioni pubbliche contro il “progetto” della Brigata “Aosta” di esaltazione del disvalore della guerra e di mistificazione di una delle pagine più nere della storia italiana (il 1° Conflitto mondiale), riaffermo il diritto-dovere come educatore, pacifista, antimilitarista e obiettore di coscienza di respingere ogni forma di militarizzazione delle istituzioni scolastiche. Per questo rifiuto nel contenuto e nella forma la sanzione intimidatrice nei mie confronti. Se nel corso di quest’anno scolastico, si riterrà di dover ospitare nel mio istituto altre becere attività di propaganda delle forze armate, non farò mancare il mio totale dissenso pubblico, nelle stesse modalità – civili e democratiche – da me manifestate alla vigilia della parata dell’Aosta del 17 aprile 2018.

L’ultima verità della prof Patrizia Livreri, la Zarina del MUOS

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Patrizia Livreri, docente presso il Dipartimento di Energia, Ingegneria dell’informazione e Modelli matematici dell’Università degli Studi di Palermo, è da sempre una delle più convinte sostenitrici della innocuità per uomo e natura delle emissioni elettromagnetiche del MUOS, il sistema di telecomunicazioni satellitari di proprietà ed uso esclusivo delle forze armate USA, entrato in funzione all’interno della riserva naturale orientata di Niscemi, Caltanissetta. In qualità di “consulente scientifica” della Presidenza della Regione Siciliana, nel 2011 ha certificato la piena sostenibilità ambientale delle tre mega-antenne del MUOS; ciò ha spianato la strada alle autorizzazioni per la loro installazione e alle conseguenti contestazioni dei pacifisti e degli ecologisti siciliani che da allora soprannominano Livreri la Principessa del MUOS. Oggi, dopo una lunga intervista al quotidiano della comunità italiana negli Stati Uniti d’America, la docente palermitana può aspirare però al titolo e al trono di Zarina del MUOS.       
“Patrizia Livreri, l’ingegnere spaziale che ha la fiducia degli Stati Uniti”, il titolo dell’articolo comparso nell’edizione de La Voce di New York del 12 settembre 2018. “Abbiamo intervistato l’ingegnere elettronico che collabora con gli Stati Uniti dal 1992. Siciliana e docente universitaria, lavora come consulente per la US Navy nel settore aerospaziale e della difesa satellitare”, riporta il sommario. “Dal 1988 con laurea e tesi in comunicazioni satellitari si imbarca per l’avventura americana, dal 1992 ho svolto in Italia attività di ricerca e didattica per il corso di Laurea in Ingegneria Elettronica dell’Università di Palermo, alternando lunghe permanenze nella Silicon Valley. Oggi vive a New York lavorando come consulente e ricercatore per l’esercito americano”. A seguire il racconto di Patrizia Livreri sul suo sogno a stelle e strisce. “La fiamma di Plutarco che si accese mi portò a sbarcare i primi di dicembre del 1988 negli States con un passaporto nuovo di zecca e un visto che occupava due pagine. La tesi di Laurea sulla progettazione di sistemi di ricezione a microonde per trasmissioni via satellite, svolta alla seconda università di Roma, fu una scelta importante che mi aprì le porte degli Stati Uniti, la patria della tecnologia elettronica. Due anni dopo ero negli Stati Uniti per lo svolgimento del Dottorato di Ricerca sulla progettazione di sistemi di ricezione a microonde in monolitico: Boston, New York, Washington. Furono tre anni intensi di ricerca dediti alla progettazione di sistemi a microonde e all’integrazione spinta dei circuiti: si avviava velocemente il processo della miniaturizzazione dei circuiti elettronici. La tesi di dottorato fu coronata dall’invenzione di una equazione matematica per la progettazione di amplificatori a basso rumore a microonde. Aver vinto un concorso di ricercatore universitario mi portò di nuovo in Italia nel 1992. Ma sia io che il tempo sapevamo bene che non sarebbe stato un addio. Da allora ho svolto in Italia attività di ricerca e didattica per l’Università di Palermo, fino a quando dalla California arrivò una chiamata di un cliente chiedendo di visionare il mio curriculum. Dopo poco capì che mi si stava offrendo la possibilità di essere Consulente per un progetto dell’US Navy. Realizzai in quello stesso istante che avevo vissuto due Americhe e forse anche due vite. All’incarico di recente si è aggiunto quello per una società americana nel settore aerospaziale e della difesa”.
Livreri ammette le finalità prettamente belliche e i finanziatori delle sue odierne ricerche scientifiche. “Mi occupo di progetti militari”, spiega la docente. “E qui la sintesi degli ingegneri si sposa con la riservatezza degli incarichi. Per la US Navy ho curato il progetto MUOS, un sistema di comunicazione satellitare. Per la società di difesa americana sto curando un progetto di ricerca”.
La Livreri, dunque, ha curato (e non solo valutato) il progetto MUOS. Un’ammissione differente dalle dichiarazioni che la stessa docente aveva rilasciato nel corso di una seduta pubblica sul MUOS di Niscemidelle Commissioni Territorio e Ambiente e Sanità dell’Assemblea Regionale Siciliana, il 5 febbraio 2013. “Devo precisare che sono stata chiamata da una società italiana, non dagli americani”, esordìPatrizia Livreri. “Sono stata contattata dalla società d’ingegneria e consulenza ambientale URS di Milano e ho preso a riferimento i dati relativi alle emissioni elettromagnetiche registrate in un’analoga postazione di antenne MUOS operante nelle isole Hawaii. Noi abbiamo espresso un parere non su un’arma di guerra ma di telecomunicazioni, migliorativa rispetto all’esistente. Il MUOS è un sistema di difesa del territorio, un sistema dell’ONU”. Incalzata dai parlamentari dell’ARS, la Livreri aggiunse che “i dati completi sul MUOS sono secretati, per cui li potremo dare fino ad un certo punto, perché abbiamo firmato un non-disclosure act con la Marina Usa”. L’ingegnera palermitana era stata convocata in audizione in qualità di“consulente” dell’allora Presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo “per la valutazione dell’impatto ambientale del sistema MUOS della US Navy”.
“La professoressa Livreri è un tecnico neutrale e non ingaggiata sicuramente dal Ministero della difesa o dalla Nato, ma segnalata in maniera particolare dal Rettore dell’Università di Palermo”, spiegò il presidente Lombardo a Niscemi, il 16 febbraio 2011, quando furono presentate agli amministratori locali le conclusioni a cui erano giunti i consulenti scientifici. “Le nuove antenne statunitensi del MUOS, da come espresso dai tecnici in materia, fanno meno male rispetto a quelle che insistono già nel territorio di Niscemi, asserì Lombardo in Consiglio comunale. “Il MUOS è un’innovazione tecnologica a bassissimo impatto ambientale che non comporta condizioni di rischio per la salute dell’uomo”, aggiunse la professoressa Livreri. Le tre antenne del sistema mandano il segnale al satellite ma non funzionano contemporaneamente. Il loro scopo è di trasmettere i dati elaborati sulla stazione base e ovviamente il funzionamento è previsto per una, due antenne. Un’altra è sempre di riserva per dare continuità alla trasmissione. Il successivo 22 febbraio 2011, su carta intestata del Dipartimento d’Ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni dell’Università di Palermo, la docente qualificò il MUOS come un sistema migliorativo poiché presenta valori di campo elettromagnetico di gran lunga inferiori a quelli generati dal sistema di comunicazioni attualmente esistente nella base americana di Niscemi.
Due anni più tardi, la docente palermitana fornì una seconda “verità” sulla sua collaborazione con il controverso progetto di telecomunicazioni satellitare. “Per chiarire, non so chi abbia incaricato il gruppo URS di Milano per il MUOS di Niscemi”, dichiarò Livreri a un giornalista di una testata siciliana. Poi, il 26 luglio 2014, sul suo curriculum professionale con carta intesta dell’Università degli Studi di Palermo, Patrizia Livreri autocertificò un incarico professionale dal 19 luglio al 26 luglio 2010 (datore di lavoro URS) per “redigere una relazione sui possibili effetti sulla popolazione e sulle biocenosi, con particolare riferimento all’avifauna, del sistema MUOS della Marina Militare Americana, nel sito di Caltanissetta - Produzione di proposta di Piano di monitoraggio e delle misure di mitigazione per salvaguardare popolazione e avifauna stanziale e migratoria”.
Realmente difficile credere che gli “incaricati” di URS Milano non fossero a conoscenza dell’identità del committente degli studi sugli impatti del MUOS. Al tempo, la società lombarda era interamente controllata da URS Corporation, holding internazionale con sede a San Francisco (California) operante nel campo dell’ingegneria militare, nucleare, spaziale, ecc. e dell’offerta di servizi di progettazione, manutenzione, ampliamento e dismissione di siti militari. Più specificatamente, come riportava il sito internet di URS Italia “la società fornisce di norma la propria consulenza al Dipartimento della Difesa sull’applicabilità delle normative ambientali e tecniche nazionali alle basi dell’esercito, della marina e dell’aeronautica militare Usa in Italia”. Nel solo periodo compreso tra il 2006 e il 2013, la società milanese ha sottoscritto con il Pentagono contratti per un ammontare di 1.280.886 dollari per non meglio specificati servizi di ingegneria e valutazione di impatto ambientale.
Dal luglio 2014, URS Corporation (e dunque la controllata URS Italia) è stata interamente acquisita da AECOM Technologies Corporation, società di Los Angeles leader nel comparto delle progettazioni industriali in campo civile e militare. Coincidenza vuole che quattro mesi fa, AECOM – URS Italia SpA (la controllata italiana del colosso californiano) ha redatto per conto di US Navy un progetto dal valore di 3 milioni e mezzo di euro per ampliare e modernizzare le infrastrutture stradali e la rete perimetrale della stazione di telecomunicazioni militari di Niscemi, interventi che se venissero autorizzati dalla Regione Siciliana comporteranno ulteriori devastanti impatti ambientali e paesaggistici all’interno della Riserva naturale “Sughereta”.

Messina e Il Terzo Livello. Emilia Barrile e quel lido a Capo Peloro

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Come il Terzo Livello amministra la cosa pubblica, cooperative e imprese, incamerando voti e consensi popolari a gogò. Le 775 pagine dell’Informativa riepilogativa delle indagini svolte a Messina dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) e che, ai primi di agosto, hanno condotto in carcere o agli arresti domiciliari esponenti politici, imprenditori, professionisti e più o meno noti pregiudicati locali, ricostruiscono le spregiudicate modalità con cui tanti, troppi - nella città capoluogo dello Stretto - controllabo e governano politica, economia, terzo settore, sport e “cultura”. Filone chiave delle indagini il cosiddetto sistema B, cioè il tessuto di tarme e relazioni amicali e clientelari tessuto da Emilia Barrile, ex Presidente del Consiglio comunale (eletta con il Pd e poi passata a Forza Italia), aspirante candidata all’Assemblea Regionale Siciliana e/o alla Camera dei deputati.
Coop, patronati e società sportive nella propria disponibilità e tanta altra disponibilità nell’appoggiare, aiutare e favorire costruttori, operatori economici amici e potenziali grandi elettori. E, anche qualche ristoratore-gestore di uno dei lidi balneari più gettonati della lunga estate messinese, a un tiro di schioppo dall’incantevole scenario di Punta Faro e dello Stretto tra Scilla e Cariddi.
Attraverso il professionista Francesco Clemente, Emilia Barrile è entrata in contatto con Salvatore Laganà, imprenditore nel campo dell’edilizia e titolare, tra l’altro, di interessi nel lido La Punta Peloro che si trova in località Torre Faro nella spiaggia antistante il Pilone”, annotano gli inquirenti. Inizialmente i rapporti tra l’esponente politica e Salvatore Laganà (quest’ultimo, come rileva la DIA, figlio di Eugenio e di Francesca Ingemi, sorella del noto pregiudicato Lorenzo Ingemi) hanno avuto ad oggetto l’intervento di Barrile per risolvere una serie di problemi che, nel tempo, si sono presentati per l’attività del lido gestito da Laganà, anche se lo stesso non ha mai assunto alcun ruolo formale nella società che opera a Torre Faro (La Punta Peloro Srl, costituita il 15 marzo 2015 e le cui quote sono ripartite al 33%, rispettivamente, all’ingegnere Viviana Celona; a Concetta Cutugno, moglie di Salvatore Laganà; a Margherita Scarfì, moglie di Claudio Laganà, fratello di Salvatore; e, per il restante 1%, a Claudio Laganà, amministratore unico).
“Le vicende, che iniziano per lo più in epoca antecedente all’avvio delle operazioni di intercettazione sulle utenze di Barrile, sono state ricostruite dall’analisi delle conversazioni intercettate sull’utenza di Francesco Clemente, che funge da intermediario, e riguardano il montaggio del contatore della società AMAM presso il lido; l’emissione dell’autorizzazione per l’apertura del lido, rilasciata dal Dipartimento Urbanistica del Comune di Messina; l’intervento per evitare che nel villaggio Torre Faro venisse deliberata dalla giunta Comunale l’isola pedonale”, riporta la DIA. “Successivamente, nel periodo di intercettazione dell’utenza di Barrile, sono state captate conversazioni dirette tra questa e Laganà e si è compreso che quest’ultimo si è offerto di dare appoggio politico alla donna nel mentre lei ha continuato a curare gli interessi dell’imprenditore”.
Tutto prende il via il 28 aprile 2015 quando Salvatore Laganà si rivolge telefonicamente all’amico Francesco Clemente per avere informazioni per fare montare un contatore dell’acqua alla rete idrica del lido, in quanto quello preesistente era stato oggetto di furto. “Clemente spiega che deve fare una richiesta all’AMAM, precisandogli che la persona a cui lui poteva chiedere la cortesia era andata in pensione e che, in ogni caso, lui avrebbe fatto un giro di telefonate per vedere se individuava qualcuno che lo possa aiutare”, riportano gli inquirenti. “Subito dopo Clemente richiama Laganà e gli detta un numero di cellulare in uso ad Antonino “Nino” Cardile, dipendente di AMAM e amico di Barrile e che deve presentarsi dicendo che lo sta chiamando a nome del Presidente del Consiglio, Emilia Barrile”. I primi di giugno 2015, Laganà ricontatta Clemente e gli chiede un ulteriore favore che riguarda “una non meglio precisata autorizzazione che l’architetto Danilo De Pasquale, del Dipartimento Urbanistica del Comune di Messina, non pare intenzionato a firmare poiché ha rilevato delle anomalie rispetto a quanto richiesto dalle norme”. Sempre secondo la DIA, “Laganà chiede a Clemente in modo esplicito se ha la possibilità di intercedere presso l’architetto in modo che si trovi la soluzione per ottenere l’autorizzazione; in considerazione della vitale importanza di detta autorizzazione, spiega a Clemente che si deve arrivare a tutti i costi all’architetto De Pasquale, aggiungendo che questo gli chiede a posto della Segnalazione certificata d’inizio attività (SCIA) l’autorizzazione di edilizia. Clemente lo rassicura e gli chiede un promemoria nella mattinata del lunedì del successivo 8 giugno 2015, così cercherà di risolvere il problema”.
Il giorno concordato Salvatore Laganà contatta Clemente per ricordargli di chiamare l’architetto. “Quest’anno al lido volevamo fare le cose in regola ma siamo andati incontro a dei problemi”, si lamenta Laganà. “Tutto è complicato... ci stanno ostacolando per l’apertura della stagione estiva e ci stanno procurando un danno economico”. Nei giorni seguenti Laganà tempesta di chiamate e messaggi Clemente chiedendogli se fosse riuscito a contattare De Pasquale e se avesse, pertanto, notizie da dargli. “Clemente spiega di non essere ancora riuscito a mettersi in contatto con l’architetto, ma che comunque gli aveva messo di sopra pure ad Emilia Barrile e anche lei non era ancora riuscita a contattarlo”, riportano gli inquirenti. “Laganà continua a sottolineare che sono a posto con tutta la documentazione e che Clemente deve fare capire proprio questo fatto a De Pasquale affinché quest’ultimo non deve rompere più i coglioni”. In realtà Clemente conta esclusivamente su Emilia Barrile per contattare il dipendente comunale. “Ciò lo dimostra la conversazione dell’11 giugno 2015 in cui Clemente chiede all’esponente politica se conosca l’architetto De Pasquale, specificandole che questi sta ostacolando un suo amico perché ha una pratica, Lido La Punta Peloro e sa sta’ baliannu per firmargli l’autorizzazione per l’apertura del lido. Barrile si mette a disposizione di Clemente assicurandogli di conoscere De Pasquale e che lo avrebbe subito contattato”.
Il pomeriggio dello stesso giorno, la Presidente del Consiglio raggiunge telefonicamente Clemente e lo informa che in quel momento “da De Pasquale c’è l’ing. Giovanni Martensini”, il tecnico che sta curando la pratica del lido di Laganà. “La donna racconta che De Pasquale, gli ha detto che l’unica cosa di modificare e a me sembra ovvio, che non può togliere il passaggio dal mare alla gente, cioè lui che dice davanti al mio lido non deve passare nessuno per una passeggiata, vuole chiudere tutto. Figlioli, sempre beni comuni sono, eh giusto? Clemente le assicura che ora lo avrebbe detto lui a Laganà. Infine Barrile riferisce che De Pasquale le ha promesso che quando lui gli porterà l’integrazione di questa cosa qua, dice: gli do subito l’autorizzazione”.
Subito dopo Clemente telefona a Salvatore Laganà per raccontargli quanto appreso da Barrile e per rassicurarlo circa il buon esito della pratica del lido. “Va bene tutto ad eccezione del fatto che dovete lasciare libero il passaggio ai bagnanti dal bagnasciuga”, spiega il professionista. E Laganà: “Scusa, in che senso? Il passaggio... non è 5 metri....”, ma Clemente gli ribadisce che comunque lo deve lasciare libero. Poi Laganà richiama Clemente passandogli la socia Viviana Celona che racconta che il suo collega Giovanni Martensini ha finito di parlare con l’architetto De Pasquale, il quale gli ha detto ovviamente facendo sempre un po’ di polemica, che a lui va bene tutto. L’unica cosa è che se lui si fa una passeggiata con sua moglie dalla strada, il lido gli ostruisce la visuale del mare… Giovanni gli ha detto, guardi, la questione particolare del lido sotto il pilone non c’è, perché il pilone è un basamento altissimo, dieci metri, e ha una duna tutta intorno per cui siamo dietro questo basamento e il problema non sussiste. Lui gli ha detto che è dispostissimo a metterglielo per iscritto, però lei domani mi converte la SCIA in autorizzazione. Lui ha detto poi vediamo... No, vediamo niente.“Viviana Celona – annota la DIA - si lamenta cioè dell’incertezza che, ancora, De Pasquale avrebbe lasciato trapelare dicendo: non esiste questo vediamo, quindi sono rimasti che domani si vedono prima di questa riunione che ci sarà a Palazzo Zanca…. La donna quindi invita Clemente ad interessare Barrile per ottenere la conversione della SCIA in semplice autorizzazione e gli chiede: siccome lui ha fatto riferimento alla Barrile, magari se gli dite allora la convertiamo questa SCIA in autorizzazione edilizia…. Clemente rassicura Viviana Celona che lo fa chiamare subito”.
Nei giorni seguenti Laganà continua a telefonare a Clemente per avere notizie e “sapere se le sue aspettative saranno soddisfatte, anche perché il suo tecnico ha avuto segnali negativi da parte di De Pasquale mentre Clemente, che confida su Barrile, lo continua a rassicurare”. La vicenda sembra sbloccarsi il 17 giugno 2015, quando Emilia Barrile si reca personalmente nell’ufficio dell’architetto De Pasquale. “Mentre è con questi, Barrile chiama Clemente a cui passa l’architetto”, riporta la DIA. “Quest’ultimo lo informa che durante la giornata in corso, o al massimo nel giorno successivo, presso l’ufficio VIA (Valutazione Impatto Ambientale) sarebbe stato pronto lo screening, l’ultimo documento mancante per definire la pratica, ed una volta ritirato glielo avrebbero recapitato così lui avrebbe firmato l’autorizzazione. Clemente allerta immediatamente Laganà dicendogli di mandare l’ingegnere Martensini all’ufficio VIA per ritirare lo screening e di portarne subito una copia all’architetto De Pasquale, il quale gli avrebbe firmato la tanta attesa autorizzazione”.
Salvatore Laganà riferisce quanto appreso da Clemente all’ingegnera Celona, che però, non si mostra molto convinta dell’iter proposto e così fa richiamare il professionista da Laganà per rappresentargli che loro non dovevano fare la VIA e che lo screeningglielo avevano già portato. “Chiusa la conversazione, Clemente contatta Barrile e le spiega, come appreso prima dagli interessati, che la VIA non ci voleva, e la donna risponde che lei è ancora lì insieme a Giuseppe Chiarella (marito di Angela Costa, amministratrice della cooperativa Peloritana Servizi) per risolvere un problema riguardante un altro lido, e così gli ripassa l’architetto De Pasquale che fa presente a Clemente che la VIA è necessaria e che l’ingegnere Martensini lo sa bene, tant’è che l’aveva richiesta e tra quel giorno o il successivo sarebbe stata pronta”, scrivono gli inquirenti. “Clemente, successivamente, il 17 giugno, riceve la telefonata da Giovanni Martensini che lo informa di aver finito di parlare con l’architetto De Pasquale e che quest’ultimo gli aveva chiesto una copia dello screening, nonché di risolvere il problema dell’oscuramento della vista del mare alle persone che transitano sulla strada. Martensini spiega che riguardo la copia non ci sono problemi perché Amelia Leotta e Raffaele Cucinotta gli hanno garantito che in serata gliela fanno avere; viceversa per il problema della vista del mare, al quale lui non sa dare una soluzione se non quella già prospettata in precedenza a De Pasquale, cioè montare la struttura del lido in vetro. Clemente lo tranquillizza dicendogli di fargli sapere quando gli porterà la copia dello screening, e che al resto ci avrebbe pensato lui”.
Il 22 giugno Francesco Clemente viene informato da Laganà che l’ing. Martensini ha depositato al funzionario comunale copia della valutazione di impatto ambientale. “Clemente risponde di saperlo già e gli rammenta di stare tranquillo”, scrivono gli inquirenti. “In serata Salvatore Laganà richiama Clemente chiedendogli se lo può aiutare, questa volta, per evitare l’attuazione dell’istituzione dell’isola pedonale nel territorio della frazione di Torre Faro, precisandogli di averlo saputo direttamente dall’assessore alla viabilità. Nel contempo gli fa presente che lui, insieme al presidente di quartiere Santino Morabito, aveva tentato di fare desistere i proponenti ma questi non intendono venire meno alla loro iniziativa. Clemente gli chiede se il proponente è l’assessore Sebastiano Pino oppure Sergio De Cola, e Laganà, su suggerimento dell’ing. Viviana Celona, risponde che non si tratta di nessuno dei due e gli chiede se può farlo parlare con qualcuno che abbia voce in capitolo per bloccare tale progetto. Clemente risponde che lui può parlare con Emilia”.
Nello specifico l’amministrazione comunale guidata da Renato Accorinti (assessore alla Viabilità il vicesindaco Gaetano Cacciola) aveva previsto una nuova pianificazione del traffico nell’area di Torre Faro, prevedendo la creazione di un parcheggio denominato “Torri Morandi” distante dal lungomare ed un servizio navetta per la spiaggia, mentre alcune aree disponibili nei pressi della spiaggia e dei lidi venivano trasformati in parcheggi a pagamento con l’emissione di pass per residenti. La soluzione prospettata è però fortemente osteggiata dagli operatori economici locali, primi fra tutti, ovviamente, i gestori degli stabilimenti balneari. “Laganà prende contatti con Barrile e le rappresenta il problema di un parcheggio antistante il lido che proprio in quell’estate viene chiuso, nonché i problemi legati alla decisione del Comune di rendere la sosta a pagamento in quella porzione di litorale; queste circostanze creano un danno economico a Laganà che chiede a Barrile un intervento per perorare la sua causa”, riporta l’Informativa. Clemente, da parte sua, contatta ripetutamente Emilia Barrile a cui sottopone lo spinoso problema e le organizza un incontro con Salvatore Laganà per il successivo 23 giugno. I due s’incontrano a Palazzo Zanca e a conclusione, Laganà telefona a Clemente e “gli racconta che Barrile ha telefonato, davanti a lui, all’ingegnere Mario Pizzino, dirigente della Viabilità, e questi le ha detto di non sapere nulla dell’isola pedonale che doveva essere fatta a Torre Faro e aveva concordato con Barrile un incontro per parlarne di presenza in seguito”.
“Numerosi altri sono i dialoghi tra Laganà e Clemente sull’ipotesi della creazione dell’isola pedonale a Torre Faro, circostanza che preoccupa molto l’imprenditore per il rischio di una sostanziosa diminuzione della clientela del lido; Clemente, comunque, lo rassicura sull’impegno di Barrile per contrastare l’iniziativa”, aggiunge la DIA. “Effettivamente la Presidente del Consiglio comunale si interessa attivamente alla vicenda ed organizza un incontro nel suo ufficio con l’Assessore Gaetano Cacciola ed il Dirigente Mario Pizzino, cui fa partecipare anche Salvatore Laganà”. Alcuni giorni dopo l’incontro, Emilia Barrile telefona a Francesco Clemente per fargli sapere che grazie al suo impegno, l’ipotesi isola pedonale è naufragata. “Chiama i tuoi amici di Torre Faro, quelli del lido. Ci sono riuscita... Non si fa l’isola pedonale... Però metteranno in azione i carri attrezzi....”, riferisce Barrile. E Clemente, immediatamente, annuncia a Laganà la buona novella.
Clemente e Laganà non si sentiranno più per alcuni mesi finché quest’ultimo, il 29 settembre, chiama l’amico professionista per “manifestare la sua intenzione, di cui ha già parlato durante l’estate con Barrile, di attivarsi per dare una mano (ndr politicamente) alla donna nella zona Nord che è scoperta completamente, come segno di riconoscenza da parte sua verso l’esponente politica che con lui si è comportata benissimo. Laganà suggerisce a Clemente di studiare qualche iniziativa, qualcosa di culturale, una cosa da fare assieme e fanno figurare lei. Clemente apprezza l’idea ma dice che lui da tanto non si occupa di organizzare iniziative a sfondo politico, ma lo invita comunque ad incontrarsi per riflettere insieme su come sviluppare al meglio quest’idea”.
Le attività d’indagine e le intercettazioni successive proveranno come Salvatore Laganà sia entrato in stretta confidenza con Emilia Barrile: con l’avvio delle attività tecniche sull’utenza della donna, tra i due si conteranno ben oltre 400 contatti telefonici. La Presidente del Consiglio si offre perfino ad aiutare Laganà “nelle pratiche quotidiane, confidando che questi possa allargare il suo bacino elettorale”. Così l’imprenditore si trasforma in un attivo sostenitore politico di Barrile, partecipando in prima persona anche ad alcuni dei suoi impegni pre-elettorali. “Nella conversazione ambientale registrata l’11 dicembre 2015, Barrile - a bordo dell’auto di Clemente mentre si sta recando con il precitato ad un incontro presso l’abitazione dell’on. Francantonio Genovese e a cui interverranno altri sostenitori convocati dalla donna - discute delle future strategie politiche e si sofferma sugli incontri che ha avuto con Salvatore Laganà, spiegando che questi si impegna per il suo sostegno politico e che lei vi può fare affidamento. E ho portato pure Salvatore, hai capito? Così lo coinvolgiamo. Minchia, quest’altro è partito ... pure là, ha chiamato tutti i suoi amici…. riferisce la donna”.
Il reciproco sostegno s’intensificherà nei mesi successivi. L’8 marzo 2016, Laganà chiama l’esponente politica per riferirle di essere insieme a tutti i commercianti di Torre Faro che sono contrari a quella cosa, chiedendole cosa debbano fare. “Barrile gli propone di organizzare un incontro per la domenica seguente in cui lei porterà la copia della delibera del quartiere con cui è stata fatta la proposta, così tutti i commercianti la potranno firmare e poi lei metterà per iscritto la loro contrarietà”, annota la DIA. “Poco dopo Laganà ricontatta Barrile e le fa presente l’entusiasmo dei commercianti della zona all’idea che la donna vada ad incontrarli, raccomandandole di non mancare perché la riunione è in corso di organizzazione. Barrile conferma che andrà e Laganà le dice che poi fisseranno il suo stipendio, sottolineando, con una battuta ironica, il lavoro di proselitismo che fa per lei. I due concordano di sentirsi per stabilire l’orario della riunione e poi, dopo l’assemblea, faranno uscire un documento”. Gli inquirenti hanno accertato la partecipazione di Barrile all’incontro organizzato da Laganà con i commercianti di Torre Faro, in compagnia di Francesco Clemente.
Dalla fine di marzo 2016, Laganà è nuovamente in fibrillazione per le autorizzazioni del suo lido per l’imminente stagione estiva, e comincia a parlarne con Clemente e poi anche con Barrile”, prosegue l’Informativa. “In particolare, lo angustia la questione del piano dei parcheggi nella zona di Torre Faro, di cui discuterà in diverse conversazioni sia con Clemente che con Barrile, cui chiede di fare presente all’ingegnere Pizzino, responsabile del dipartimento Mobilità Urbana, che sarebbe opportuno che tutto rimanga come era in precedenza. Ovviamente questa pretesa non potrà essere accolta. Viceversa Barrile si è adoperata per fargli avere, in tempi brevissimi, dall’AMAM le autorizzazioni per l’allaccio alla rete fognante e l’attivazione del contatore per la fornitura dell’acqua (…) A fine aprile Laganà chiama Barrile e le dice che deve parlarle di una cosa importantissima ma Barrile lo stoppa e cambia argomento, riferendogli che Pizzino quel giorno deve fare il sopralluogo da lui perché glielo ha chiesto il quartiere; Laganà sostiene che avevano proposto di fare i parcheggi al Seaflight, una struttura abbandonata sita nei pressi del Pilone di Torre Faro, ma alcuni consiglieri di quartiere si sono opposti e quindi lei deve fare presente all’on. Genovese che se vogliono andare avanti nel loro discorso deve intervenire su queste persone”.
Il 5 maggio l’imprenditore chiama nuovamente Barrile. “La donna gli riferisce che ha parlato con l’ing. Pizzino della problematica dei parcheggi e della viabilità a Punta Faro, ma che questi le ha detto che non ci sono soldi a disposizione e quindi non può fare nulla. Laganà ribatte che allora resta tutto come prima, e si potrà parcheggiare sulla spiaggia come l’anno scorso. Il riferimento è al tratto di piano sterrato adiacente il Pilone e prospiciente il lido di Laganà, quindi utilizzato dai suoi clienti. Il terreno appartiene al Demanio marittimo e, a partire dall’estate del 2015, la Capitaneria di Porto e l’amministrazione comunale lo hanno chiuso con l’apposizione di transenne fisse per impedire il parcheggio (…) Successivamente Laganà, scherzando ma non troppo, dice alla sua interlocutrice che deve chiamare a Francantonioper fargli due discorsi: dapprima deve fare da lui il pranzo del partito con 500 commensali, e poi gli deve dire che lui là, al lido non vuole rotte le scatole altrimenti combina un bordello. Continua affermando che la pagina facebook del lido ha avuto 1.600 likein poche ore e se lei vuole possono essere tutti voti per lei; ribadisce di fare due chiacchiere con Francantonio se vogliono essere tutti dalla stessa parte, e poi di sbattere i pugni per ripristinare i parcheggi come erano prima…”.
All’inizio dell’estate, gli inquirenti registrano una nuova telefonata in cui Laganà chiede a Emilia Barrile di essere aggiornato sulla situazione dei parcheggi. “Lei dice che probabilmente il 2 luglio apriranno il parcheggio alle Torri Morandi, anche se ancora nulla è pronto”, annotano gli inquirenti. “Laganà chiede a Barrile di riferire a Pizzino di non fargli scassare la minchia quando parcheggiano nella spiaggia, perché a seguito di ciò nel suo lido non è andato più nessuno, ed inoltre di fargli avere tutti i PASS possibili e immaginabili appena attiveranno il parcheggio”.
Il giorno dopo Laganà richiama Barrile; alla donna che gli chiede cosa voglia, l’uomo risponde 50 PASS e di fargli incontrare l’ing. Pizzino.“Nelle settimane seguenti numerose sono le conversazioni tra Laganà e Barrile in cui questi torna a lamentarsi del problema dei parcheggi e dei pass”, spiega la DIA. “A partire dal 2 luglio 2016 l’amministrazione comunale ha determinato l’applicazione del parcheggio a pagamento e la chiusura della zona demaniale alla sosta della auto nelle vie adiacenti la spiaggia di Capo Peloro; Laganà si è dovuto rassegnare alla situazione anche se ripetutamente si è lamentato con Barrile, affermando di sentirsi maltrattato. Egli ha ottenuto alcuni pass, in numero non quantificato ma comunque insoddisfacente per la sua attività, lagnandosi del comportamento di Pizzino perché, anche i lidi concorrenti presenti in zona hanno ottenuto i pass”.
Ciò non incrina tuttavia la relazione tra l’imprenditore e l’esponente politica. In una telefonata intercettata il 24 luglio 2016, Emilia Barrile racconta all’amico e consigliere Marco Ardizzone della serata che ha appena trascorso presso il lido La Punta Peloro, in compagnia di Salvatore Laganà e dei suoi familiari. “Si può contare su dipendenti, familiari e soci…. Salvatore mi ha presentato molte persone, gli amici suoi... Mi ha presentato il cuoco che lavora alla SIREMAR, che sono famiglie grossissime di là, di Ganzirri, e faroti... E lui mi presenta a tutti e gli fa: ormai per me c’è solo Emilia, perciò non prendete impegni con nessuno capito!? Tutti i suoi dipendenti ti presenta… Salvatore andava e veniva.... Mi fa: tu devi conoscere la gente, devi essere presente, perché ormai siamo in campagna elettorale.... C’è la socia Viviana, poi c'è il fratello di Salvatore, Claudio… Ormai per loro sono di casa, un’amica, perché sono disponibile, una persona tranquilla...”.

Articolo pubblicato in Stampalibera.it, il 17 settembre 2018, http://www.stampalibera.it/2018/09/17/esclusiva-messina-e-il-terzo-livello-emilia-barrile-e-quel-lido-a-capo-peloro/ 

Quel pasticciaccio della palazzina di via Felice Bisazza

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Una speculazione edilizia su un’ampia superficie di terreno tra la via Felice Bisazza e la via San Sebastiano, l’ennesimo mostro di cemento per lacerare ancora di più il paesaggio e territorio del centro cittadino di Messina. L’operazione ordita dai soliti leoni dell’imprenditoria d’assalto con la collaborazione di professionisti e politici sodali è emersa nel corso delle indagini della Direzione Investigativa Antimafia sul cosiddetto Terzo livelloe che, appena due mesi fa, hanno condotto all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti, tra gli altri, dell’ex Presidente del Consiglio comunale Emilia Barrile e di alcuni tra i suoi consiglieri-consigliori politici ed economici. Sino ad oggi, fortunatamente, l’affaire lottizzazione è saltato per le sopraggiunte difficoltà a volturare i terreni, ma l’intero pasticciaccio della maxipalazzina di via Felice Bisazza è certamente una delle vicende più emblematiche del sistema politico-amministrativo-imprenditoriale che governa da sempre la città capoluogo dello Stretto in barba alle leggi e alla pianificazione intelligente e partecipata del territorio. 
“Le intercettazioni avviate nel procedimento penale a carico dell’ingegnere Francesco Clemente hanno posto in evidenza la nascita del suo rapporto con l’imprenditore edile di Milazzo, Vincenzo Pergolizzi, storicamente ritenuto contiguo a temibili contesti della criminalità organizzata barcellonese e sottoposto in ragione di ciò a procedimento di prevenzione personale e patrimoniale”, riportano gli inquirenti nell’ordinanza cautelare emessa il 30 luglio 2018. “Venivano, in tal modo, alla luce i rapporti affaristici che Francesco Clemente intratteneva con l’imprenditore ed in particolare il forte interessamento del Pergolizzi per una speculazione edilizia da effettuarsi su un terreno sito in Messina, in relazione alla quale l’imprenditore caldeggiava, e otteneva, per il tramite di Clemente, l’interessamento di Emilia Barrile, al tempo presidente del Consiglio Comunale di Messina”. Cresciuto all’ombra delle famiglie democristiane doc, poi esponente Udc e candidato alle elezioni provinciali e regionali siciliane in quota D’Alia, Francesco Clemente, professione ingegnere e imprenditore, aveva stretto un rapporto con il costruttore milazzese, tanto che Pergolizzi era divenuto il “consigliere” di Clemente. “Al contempo – spiega la DIA - Clemente mette a disposizione di Pergolizzi la sua rete di relazioni e conoscenze maturate sia attraverso la sua professione di ingegnere sia, soprattutto, attraverso la sua esperienza politica e di dirigente del Comune di Milazzo durante l’amministrazione Italiano. Proprio dall’esperienza politica origina, anche, il suo rapporto di amicizia con Emilia Barrile, con cui militava nello stesso partito”.
Dalle attività investigative è emerso che Francesco Clemente, “su indicazione e richiesta di Pergolizzi, ha interessato Emilia Barrile inizialmente affinché questa, approfittando del proprio ruolo di Presidente del Consiglio Comunale, agevolasse la cessione di due porzioni di terreno di proprietà comunale - seguendo l’iter della delibera di sdemanializzazione - funzionali a completare un appezzamento su cui poi potere edificare una palazzina residenziale.  Dopo questa prima fase, Clemente ha nuovamente interessato Barrile per chiederle di organizzare incontri con funzionari comunali per agevolare i passaggi burocratici propedeutici alla realizzazione dell’operazione immobiliare. Questi interventi sono stati tutti, sempre, nell’interesse di Pergolizzi, che non compare mai però direttamente nell’operazione”. Sottoposto al tempo all’obbligo di dimora nel comune di Milazzo, Pergolizzi aveva delegato infatti la gestione di buona parte delle attività allo stesso Clemente e al geometra Carmelo “Elio” Cordaro, dipendente nelle imprese del suo gruppo, nonché suo uomo di fiducia.
La tormentata vicenda della realizzazione del complesso residenziale di via Felice Bisazza prende origine l’1 luglio 2009, quando gli architetti Giuseppe ed Alessandra Sorrenti,entrambi con studio in Messina, per conto dei fratelli Bartolo Vittorio, Giacoma, Santa e Antonino Cuscinà (residenti tutti nel comune di Valdina) depositano il relativo progetto in Comune finalizzato al rilascio della concessione edilizia. Il 14 febbraio 2012 e il 9 luglio 2012, i professionisti presentavano alcuni adeguamenti ed integrazioni agli elaborati progettuali. Nel maggio 2012 i fratelli Cuscinà avevano anche presentato un’istanza al Dipartimento Patrimonio del Comune di Messina (poi reiterata il 6 maggio 2013), nella quale i predetti, proprietari di alcune aree site tra la via San Sebastiano angolo via Felice Bisazza, chiedevano la cessione a titolo oneroso, previa sdemanializzazione, di due particelle di terreno, adiacenti e confinanti ai suddetti, di proprietà del Comune. Nel luglio 2014 il valore delle suddette particelle veniva stimato dai tecnici comunali incaricati (l’ing. Armando Mellini, il direttore amministrativo Giuseppe Caizzone ed il direttore del Dipartimento ing. Maurizio Natale Castronovo), in euro 76.950, con la clausola che gli stessi sarebbero rimasti vincolati alla verifica della superficie del lotto.
“La pratica rimaneva ferma pel circa un anno, per poi essere riesumata in concomitanza con il coinvolgimento nell’affare di Vincenzo Pergolizzi il quale, per il tramite del Clemente, otteneva il sollecito intervento della Barrile presso gli uffici comunali competenti al suo rapido disbrigo”, riferisce la Direzione Investigativa Antimafia. “Non si hanno evidenze circa l’andamento della vicenda per i mesi seguenti fino al marzo del 2015, quando l’intercettazione dell’utenza in uso a Clemente registra i primi dialoghi relativi alla necessità di sbloccare la delibera di sdemanializzazione dei terreni dei fratelli Cuscinà”.
La prima conversazione riconducibile all’affaire edilizio viene registrata il 10 marzo 2015, allorquando Francesco Clemente chiede a Emilia Barrile di “spostare l’appuntamento presso l’Ufficio dell’Urbanistica del Comune di Messina al giorno seguente”. Due mesi più tardi i colloqui tra i due si fanno più espliciti. “Ti ricordi di quella delibera di Felice Bisazza? Puoi vedere com’è? Me lo fai sapere entro domani?”, domanda Clemente a Barrile nel corso di una telefonata intercettata il 19 maggio 2015. “Barrile si mette a disposizione ma chiede di inviargli il nome della ditta con un sms. Clemente, per reperire l’informazione richiestagli da Barrile, chiama Elio Cordaro che, a specifica domanda sull’intestazione della delibera, risponde: A nome di Cuscinà è fatto...”. Poco dopo la conversazione, è Barrile a chiamare Clemente, informandolo di avere trovato la delibera. “Ce l’ha lui ancora là messa, tutta da fare... Mi ha detto che ora la guarda e la manda in giunta…”, spiega l’esponente politica.
Il 20 maggio, mentre si trova a Milazzo insieme a Vincenzo Pergolizzi, Clemente chiama Emilia Barrile e le fa numerose domande sull’iter dell’atto. “Già è quantificata, 76 mila euro mi sembra…”, risponde Barrile. “C’è già la delibera pronta. La debbo portare in giunta. Già c’è il parere di Castronovo che ha quantificato l’importo. Poi il parere deve essere sottoposto ai revisori e poi dei quartieri. Ed ho paura che lì, i quartieri, perché Palano Quero è contro la costruzione, no...! (…) La delibera la guardo un attimo, meglio, ora. Lui ora la dovrebbe fare subito e darla al consiglio comunale. Ora lui la deve passare in giunta e poi portarla a me per la parte. Comunque, domattina riscendo...”.
Nei giorni seguenti Francesco Clemente continua a pressare Emilia Barrile affinché segua la questione. L’esponente politica, secondo gli inquirenti, “non si sottrae mai alle richieste, anzi si fa spesso parte attiva per risolvere le problematiche e rimuovere gli intoppi”. I due si risentono telefonicamente il 26 maggio. “Di quella delibera ti farò sapere dopo, perché prima devo sentire l’assessore competente per chiedergli se l’ha portata in giunta”, spiega Barrile. “Non ho nessuna novità anche perché l’assessore che è Sebastiano Pino non mi ha dato notizie…”, aggiorna Barrile in una nuova telefonata, due giorni dopo. “Comunque ci vado subito personalmente a trovarlo perché lui non ha imparato che quando io lo chiamo mi deve rispondere, comunque ora vado e me la prendo breve mani...”.
Come promesso, Barrile si attiva per avere informazioni sullo stato della delibera ed il 29 maggio informa Clemente che si erano registrati inaspettatamente dei ritardi. “C’era una piccola cazzata tecnica da sistemare, quindi, è ritornata al patrimonio… Il parere era favorevole, quindi ora, vediamo lunedì, vado io brevi mano, vediamo dov’è... Mi faccio sistemare questa cosa... Va bene, quindi gli puoi dire di stare sereno… La faccio passare in giunta e poi ce l’ho io come consiglio comunale”.
Per circa un mese non si registrano ulteriori conversazioni sull’argomento. “In tale lasso temporale Clemente interessa Barrile per altre questioni e pratiche da agevolare presso il Comune o l’AMAM, ed i due hanno diverse conversazioni sulla situazione politica”, riporta la DIA. Poi, il 22 giugno 2015, la delibera torna al centro delle loro conversazioni. “Quella cosa là di via Felice Bisazza è bloccata...!”, esordisce Barrile. “Perché non è previsto il PEG dove devono andare questi soldi, perché l’hanno tolto... Ora il ragioniere generale deve fare di nuovo il PEG. Perciò noi per le sdemanializzazioni, i soldi in entrata, per quanto ho capito, non c’è un fondo dove possono essere messi e quindi devono rifare il PEG. Ora sto andando dal ragioniere e gli dico di farla”.Il 2 luglio Barrile ragguaglia Clemente con un sms: L’impiegata che si occupa di questo oggi non c’è. Mi hanno detto che domani mi daranno dettagli. Se ciò non avviene, lunedì agirò a mio modo. L’indomani la Presidente del Consiglio fornisce a Clemente altri particolari. “Niente, in pratica questa delibera non può essere votata perché non c’è il PEG. E per fare il PEG si deve votare il bilancio. Ora io ho parlato con la funzionaria che ha la pratica e gli ho detto di passarla lo stesso. Si fa un emendamento fino all’approvazione, fino all’apertura del PEG (…) Ora vediamo con questa qua se riusciamo a trovare la soluzione, perché i pareri sono tutti a favore. Quindi se arriva in consiglio non ci dovrebbero essere problemi…  Però è assurdo che il Comune non ha un PEG per le sdemanializzazioni. Ma se lui ora non me la fa, io gli faccio una interrogazione e lo salo, a lui ed a Signorino. Perché è impossibile che in due anni non hanno previsto un PEG. Perciò noi non possiamo vendere niente. Cioè siamo un Comune quasi al dissesto e non possiamo vendere e quindi incrementare le nostre casse...”.
Sono gli inquirenti a chiarire i contorni della querelle nella loro Informativa di reato del 6 ottobre 2017. “Il problema è sorto alla Ragioneria del Comune di Messina, perché non può riscuotere i soldi della vendita del terreno sdemanializzato, in quanto non è attivo, nel P.E.G. (Piano Economico di Gestione che costituisce lo strumento di pianificazione operativa degli enti locali) del bilancio dell’anno in corso, il capitolo riscossione proventi di vendite dei terreni sdemanializzati”, scrive la DIA. Ciononostante Barrile assicura che il problema lo avrebbe risolto ugualmente, anche se l’unica soluzione prevista dalla leggerichiederebbe la stesura del nuovo bilancio comunale e non appare sanabile con il bilancio in corso. Si è accertato, invero, tramite le informazioni presenti sul sito internet del Comune di Messina, che fino al 31 marzo 2016 l’Ente ha operato in proroga con il previsionale del bilancio dall’anno 2014, poiché i bilanci degli anni 2015/2017 sono stati approvati con deliberazione n. 239 proprio in data 31 marzo 2016”.
Il 6 luglio 2015, Emilia Barrile chiarisce a Clemente le problematiche che bloccano l’emissione della delibera, ma spiega di avere comunque trovato l’escamotage per superarle. “La sto risolvendo, perché non appena ce l’ho in aula la voto… Il PEG per la sdemanializzazione… La cosa è molto grave. Li dovrei denunciare… Ma siccome non mi posso mettere ad andare all’attacco se no non risolvo il problema... Glielo ho dovuto spiegare io come dovevano fare la delibera. Hai capito? Perché si fa un emendamento, il tempo che si fa tutta la procedura amministrativa, intanto si guarda in commissione quella è l’ultima parte finale...”.
Sono ancora una volta gli investigatori della Direzione Antimafia di Messina a stigmatizzare il modus operandi di Emilia Barrile, ma anche della stessa amministrazione comunale del sindaco Renato Accorinti, rea di aver dato il proprio assenso a un atto presumibilmente affetto da vizi di legittimità. “La delibera che è stata successivamente approvata - per bypassare la mancanza del capitolo previsto dal PEG nell’attuale bilancio grazie all’escamotage trovato da Barrile - è stata redatta in maniera non conforme alla legge”, riporta l’Informativa. “Infatti la delibera indica alla voce Autorizzano: I Servizi Finanziari e di Ragioneria ad introitare, alla risorsa 640/11 Entrate reperite dal Patrimonio Comunale Disponibile, la somma di € 76.950 che sarà corrisposta in un’unica soluzione dagli acquirenti tramite bonifico bancario sul c/c Unicredit intestato a Comune di Messina, prima della stipula del relativo Atto di Vendita…. Questa soluzione ha utilizzato una posta di bilancio diversa, non prevista dal PEG, mentre la riscossione della vendita può essere effettuata solo nel capitolo regolato dal predetto PEG predisposto, solo ed esclusivamente, entro 20 giorni dell’apertura del bilancio dell’anno in corso”.
Forse il problema è stato risoltoè l’sms inviato l’8 luglio 2015 da Emilia Barrile a Francesco Clemente. Il giorno seguente sempre Barrile spiega all’amico-consigliere che “la pratica adesso è al Patrimonio, poiché all’ufficio di Ragioneria ha già risolto, come gli aveva anticipato”. “L’ufficio Patrimonio ha chiesto il nulla osta alla Sovrintendenza per i Beni Architettonici per verificare che non vi siano scavi archeologici sulla porzione di terreno interessato e già, informalmente è stato anticipato un parere positivo”, annota la DIA. “Il Patrimonio, a dire di Barrile, ha già pronta la trasmissione della delibera e aspetta solo la risposta della Sovrintendenza; Barrile suggerisce, pertanto, a Clemente di dire alla ditta di interessare eventuali conoscenze alla Sovrintendenza per accelerare. Ancora, aggiunge che trattandosi di una sdemanializzazione di comparto e non un lotto basta la delibera di Giunta, e non bisogna passare dal consiglio comunale; Barrile conclude ripetendo che il Patrimonioè in attesa del nulla osta e che, non appena arriva, mandano subito la delibera e lei la porta in giunta e la fa votare: precisa pure di ha già parlato anche con l’assessore Sergio De Cola”.
Nelle settimane successive Clemente continua a mantenere i contatti con la Presidente del Consiglio comunale per conoscere l’iter della delibera. Finalmente, il 7 agosto 2015 Clemente comunica a Vincenzo Pergolizzi che è arrivato il nulla della Soprintendenza e che quindi Barrile porterà lunedì la deliberaall’Ufficio Affari della Giunta per la sua approvazione. Come accertato dagli inquirenti, l’atto n. 561 sarà presentato proprio il 7 agosto e quattro giorni dopo approderà in Giunta dove sarà votato e approvato (assessore proponente il capitano Sebastiano Pino). Il 3 dicembre 2015, la Giunta Accorinti approverà un’altra delibera sulla sdemaniliazzione dei terreni di via Felice Bisazza, la n. 738, di semplice correzione materiale nella redazione della delibera originale per un errore di digitazione nella formula di calcolo del valore immobiliare del bene.
“L’emissione della delibera non esaurisce però l’impegno di Barrile in favore di Pergolizzi attraverso Clemente”, continua la DIA. “Infatti la donna continua da interagire con gli uffici comunali per agevolare la stipula del contratto e successivamente, su sollecitazione di Clemente come sempre pressato da Pergolizzi, interviene verso vari altri uffici per agevolare lo svolgimento dei vari iter burocratici”. “Uno dei soci domani può andare da Giuseppe Caizzone al Dipartimento Demanio, Patrimonio ed Espropriazioni del Comune, però deve andare per indicare il notaio e così loro gli mandano tutto e prepara l’atto”, suggerisce Barrile a Clemente, il 2 settembre. “Però se loro vanno mi devono cercare di Caizzone comunque, perché lui mi ha detto che ha copia della delibera e gliela posso mettere in un file…”.
Nei giorni seguenti viene organizzato a Milazzo un incontro tra Vincenzo Pergolizzi, Elio Cordaro ed i fratelli Cuscinà (assistiti da due professionisti, l’arch. Giuseppe Sorrenti e l’avv. Vincenzo Puglisi). “L’incontro presso gli uffici del costruttore è stato fortemente voluto proprio da Pergolizzi che, risulta utile qui ricordare, in quel periodo era ancora sottoposto al provvedimento della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Milazzo, ed era colui che avrebbe dovuto di fatto costruire la palazzina sui terreni dei fratelli Cuscinà anche se in quel momento il precitato non era titolare di alcuna ditta per poterlo fare, in quanto le sue ditte erano sottoposte a sequestro ed amministrazione giudiziaria”, scrivono gli inquirenti. “Peraltro, in nessuna conversazione intercettata, è emerso un intervento posto in essere dai Cuscinà presso gli uffici comunali per seguire l’andamento della già discussa vicenda della delibera. Come pure, questi non si sono mai rivolti a Clemente o ad Emilia Barrile per spingere i tempi per l’emissione della citata delibera. Né si interesseranno in alcun modo delle ulteriori vicende che riguardano il progetto per la costruzione della palazzina”.
Intanto dall’esame dei progetti insorgono ulteriori problematiche che convincono i proponenti a richiedere nuovamente l’interessamento di Emilia Barrile. “Il primo intervento è stato chiesto per fissare un incontro tra Carmelo Cordaro e Francesco Clemente con l’ing. Mario Pizzino, dirigente del Dipartimento Mobilità Urbana e Viabilità del Comune di Messina; la donna, non solo si adopera per fissare l’appuntamento, ma accompagna i due precitati dal dirigente comunale”, riporta la DIA. “Lo scopo dell’incontro, come appreso dalle conversazioni intercettate, verteva sul chiedere l’autorizzazione al Dipartimento per la concessione di un passo carrabile funzionale al progetto per la costruzione della palazzina di via Felice Bisazza; tale richiesta necessitava di una particolare intermediazione, poiché vi era un problema in quanto l’accesso progettato non rispettava la distanza di 12 metri dall’incrocio prevista dalla norma. Il 31 ottobre si capta la conversazione tra Clemente e Barrile con quest’ultima che lo rassicura: Vedi che ho parlato con Pizzino, mi diceva domani, a mezzogiorno potrebbe andare a nome mio…”.
Clemente informa subito il geometra Cordaro sull’appuntamento in Comune, e quest’ultimo gli chiede se è necessario portare la planimetria “per fare capire meglio all’ing. Pizzino quanto da loro richiesto”. “Clemente sostiene che per lui il problema non si pone, che si tratta solo di una questione di soldi: paghi e l’hai”, verbalizzano gli inquirenti. “A Elio Cordaro che insiste nel dire di portarsi solo la planimetria, Clemente gli ribadisce di portarsi anche un porpitteddu. Il giorno seguente Francesco Clemente informa Vincenzo Pergolizzi che lui non sarebbe potuto andare all’appuntamento con l’ing. Pizzino, ma che comunque sarebbero potuti andare Emilia Barrile e Cordaro; aggiunge però che lui con l’ingegnere (Pizzino ndr) ha ottimi rapporti e che quindi sarebbe meglio se ci fosse pure lui. Pergolizzi concorda nel rinviare l’incontro”.
L’importante appuntamento avviene finalmente il 4 novembre 2015, come documentato da un servizio di osservazione predisposto all’esterno del Dipartimento di Mobilità Urbana e Viabilità del Comune di Messina. “Le indicazioni ricevute dall’ingegnere Pizzino richiedono un aggiustamento della planimetria, come si comprende dal contenuto della conversazione tra Pergolizzi e Clemente in cui il primo raccomanda all’interlocutore di non dimenticarsi di farla sistemare a sua moglie, l’architetto Daniela Ruggeri”, spiega la DIA. “Le problematiche di progettazione emerse mettono in ansia Pergolizzi che richiede a Clemente di organizzare un incontro anche con l’arch. Salvatore Parlato, coordinatore dell’UOC 5 del Dipartimento Edilizia Privata del Comune,per sottoporgli due perplessità. Clemente lo informa di avere perso il numero di telefono e di non sapere come rintracciarlo. Pergolizzi suggerisce di disturbare la loro amica(Emilia Barrile) perché sicuramente sa come contattarlo. Anche stavolta Barrile si metterà a disposizione e telefonerà all’architetto Parlato per fissare un appuntamento per il 9 novembre”. Eh! Domani ti dico meglio perché io ho una sua sensazione, però è finita bene, commenterà telefonicamente Clemente a Pergolizzi alla fine dell’incontro con l’architetto Parlato.
“Nei giorni seguenti Pergolizzi e Clemente vengono a capo del problema legato alla progettazione per il passo carrabile”, prosegue l’Informativa. “L’interesse di Pergolizzi continua ad essere altissimo e frenetico, ed egli raccomanda a Clemente di interessarsi per quelle due cose. La prima è il fatto di Pizzino, l’altra è la verifica della possibilità di inserire nel progetto la costruzione di un ulteriore piano per cui vorrebbe organizzare un incontro con l’ingegnere Nunzio Santoro, Coordinatore dell’UOC 2 del Dipartimento Edilizia Privata del Comune di Messina”. “Questa mattina ho parlato con Elio, vediamo se ci può fare un piano in più”, spiega Pergolizzi a Clemente in un colloquio intercettato il 25 novembre 2015. “Diventano più stretti, perché la cubatura è quella là. Ma allungo come verande in tutti gli appartamenti e nello stesso tempo l’ultimo piano lo faccio sempre in quel modo con la mansarda…”.
Clemente si impegna con l’interlocutore di reperire il numero di protocollo della pratica all’ufficio Viabilità ed il nome del funzionario incaricato. “L’1 dicembre viene contattato da Emilia Barrile; Clemente le comunica che il documento consegnato alla Viabilità si trova ora presso i Vigili Urbani, da tale Cislaghi, e che quell’ufficio ha chiesto alcune cose; la invita, pertanto, a chiamare per sapere cosa vogliano di preciso. Clemente continua nella conversazione invitando la Barrile ad accompagnarlo da Nunzio - verosimilmente l’ing. Nunzio Santoro, Responsabile del Servizio E.S.U.L. presso il Comune di Messina”.
Il 3 dicembre 2015, Francesco Clemente raggiunge l’amica Barrile a Palazzo Zanca e la donna convoca Nunzio Santoro per un appuntamento al bar. “All’incontro partecipa anche Elio Cordaro che successivamente informa Pergolizzi dell’esito”, scrivono gli inquirenti. “Gli spiega che ha avuto un Niaggiungendo che vi era, forse, la possibilità di utilizzare un terzo della zona del portico come garage senza che venisse aggiunto alla cubatura totale e che, quindi, adesso andrà dall’arch. Sorrenti per predisporre i progetti da presentare. La decisione finale spetta a Parlato, ma Cordaro spiega anche che Santoro gli ha fatto capire che ultimamente questo orientamento sta diventando abituale, mentre prima era vietato; quindi dovranno attendere questo ulteriore passaggio”. L’arch. Sorrenti s’incarica di redigere gli aggiustamenti progettuali conformi alle indicazioni ricevute dal funzionario comunale. Il 7 dicembre Vincenzo Pergolizzi chiama Clemente per chiedergli di fissare un appuntamento con Salvatore Parlato e Nunzio Santoro per partire come si deve partire. Ancora una volta il professionista si rivolge all’amica Barrile per organizzare gli appuntamenti con i funzionari dell’urbanistica.
L’incontro viene fissato per il successivo 14 dicembre. “Già al mattino Clemente contatta Barrile per concordare dove incontrarsi e la donna propone davanti al Comune perché alle ore 8.50 deve incontrare l’ing. Pizzino”, aggiunge la DIA. “Clemente, pertanto, le raccomanda di rammentare allora l’istanza che riguarda il passo carrabile di via Felice Bisazza. Poco dopo Barrile chiama Santoro ma questi le dice che quel giorno non c’è poiché è impegnato con gli esami di Stato e rinvia l’incontro di due giorni (…) Il 16 dicembre Francesco Clemente aggiorna Pergolizzi sull’esito dell’avvenuto incontro e afferma che hanno definite praticamente tutto ed adesso bisogna solo fare il progetto”.
Negli stessi giorni si complica però la trattativa per l’acquisizione dei terreni dei fratelli Cuscinà da parte del gruppo Pergolizzi. Emergono in particolare complicazioni sui pagamenti necessari: Pergolizzi e Cordaro pretendono infatti che i Cuscinà paghino i 47 mila euro di spese previste. “I Cuscinà, a loro volta coinvolti nell’operazione in cambio del 30% del volume costruito, sono disposti eventualmente a rinunciare solo ad una piccola parte di metratura di permuta ma non a dare denaro”, spiega la DIA. “Cordaro non riesce a trovare un accordo soddisfacente con i Cuscinà, pertanto Pergolizzi, dopo averlo maltrattato verbalmente, gli intima di non discutere più della questione e dispone di fare condurre la trattativa all’avvocato Vincenzo Isgrò, titolare di uno studio legale a Milazzo”. Il problema dei pagamenti dovuti si trascinerà nei mesi seguenti, e, nonostante i vari tentativi di mediazione, alla fine sarà il motivo del fallimento dell’operazione edilizia.
Nonostante l’empasse della trattativa con i Cuscinà. Vincenzo Pergolizzi e collaboratori provano comunque a risolvere i vari problemi burocratici insorti e a predisporre gli adeguamenti progettuali. “L’1 aprile 2016 Pergolizzi chiama Clemente e gli chiede come fare per avere un appuntamento personale con Parlato”, riporta l’Informativa. “Clemente contatta Barrile: Senti una cosa, mi ha chiamato da Milazzo per via Felice Bisazza. Ci accompagni? Però stavolta viene pure lui da Parlato.... La donna acconsente e aggiunge inizialmente che avrebbe telefonato subito al funzionario del Comune. Effettivamente, l’incontro tra Clemente, Barrile, Pergolizzi e Cordaro è avvenuto ed i quattro si sono recati, il 5 aprile 2016, presso i locali dell’ufficio Urbanistica ubicati all’interno dell’ex Liceo Artistico Dante Alighieri. Nei giorni a seguire, ulteriori conversazioni chiariranno che l’appuntamento è stato propedeutico ad ulteriori incontri finalizzati ad aggiustare il progetto in maniera che potesse superare il vaglio dei tecnici”.
“Ha voluto lasciato tutte cose e ha detto che per il fine settimana gli farà sapere”, riferisce Clemente a Barrile subito dopo un nuovo incontro al Comune, il 6 aprile 2016. “Ah, forse si scanta… Comunque domani passerò a verificare la situazione…”, commenta la donna. Come promesso, due giorni dopo Emilia Barrile si reca presso gli uffici dell’urbanistica per verificare il buon andamento della questione. “Quella cosa in linea di massima tutto bene...”, informa Clemente all’uscita. “Deve fare qualche verifica, martedì mattina puoi andare a vedere... Però dice tranquillizza tutti...”. Il 12 aprile Francesco Clemente ed Elio Cordaro si presentano, come concordato, presso gli uffici dell’urbanistica; all’uscita, i due chiamano Pergolizzi. “Tutto fatto! Niente di particolare, va bene come è ... Qualche aggiustamento ... un controllo là nei balconi, fesserie. Già cose che avevamo fatto!”, spiega Cordaro. “Ora dobbiamo aspettare l’atto!”.
“Ottenute le rassicurazioni dai funzionari degli uffici tecnici comunali e l’accordo con i fratelli Cuscinà, Pergolizzi è fiducioso di potere avviare a breve la costruzione”, conclude la DIA. “Tutto sembra essere pronto alla costruzione, ma sorge un nuovo inatteso problema che non potrà essere superato. I terreni acquisiti per usucapione dai Cuscinà - che unitamente a quelli da acquistare dal comune di Messina, concorrono a costituire il fondo su cui edificare - risultano gravati ipoteche e tutt’ora intestati anche ad eredi e parenti delle persone nei confronti dei quali era stata ottenuta la sentenza di usucapione. Pergolizzi darà mandato al suo avvocato di fiducia Vincenzo Isgrò ed a Cordaro per risolvere la situazione senza riuscirci. Alla fine Isgrò ha intentato una causa, con richiesta di sequestro dei terreni, nei confronti dei Cuscinà, a nome del fittizio intestatario del rapporto contrattuale con costoro, cioè Michele Adige, genero di Pergolizzi…”. Intanto però l’affare è sfumato…


Articolo pubblicato in Stampalibera.it, il 21 settembre 2018, http://www.stampalibera.it/2018/09/21/terzo-livello-i-documenti-inediti-quel-pasticciaccio-della-palazzina-di-via-felice-bisazza/

La tormentata vita del lido di Capo Peloro tanto caro ad Emilia Barrile & C.

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Un lunga querelle amministrativa fatta di notifiche, divieti, ricorsi, sentenze e controricorsi: da una parte i gestori di uno dei lidi più frequentati a Capo Peloro; dall’altra gli uffici del Dipartimento Edilizia Privata e i Vigili urbani del Comune di Messina. Nel 2015 a Palazzo Zanca c’era chi dubitava sulla legittimità dell’occupazione di un’ampia area demaniale, nella splendida spiaggia che si affaccia sullo Stretto, da parte dello stabilimento balneare. Venivano sollecitati gli accertamenti ispettivi in loco e, dopo la verifica della relativa documentazione presso gli uffici competenti della Regione Siciliana, nel giugno 2017 veniva notificata al legale rappresentante della società La Punta Peloro Srl un’ordinanza di “cessazione immediata dell’attività di gestione dello stabilimento balneare Punta Peloro e della connessa attività di somministrazione di alimenti e bevande poiché esercitate senza le valide autorizzazioni amministrative”.
Il drastico provvedimento a firma del dirigente Servizi alle imprese del Comune di Messina, Carmelo Giardina, scaturiva da un’ispezione eseguita a fine aprile dalla Polizia Municipale che aveva accertato “l’esistenza a Torre Faro di un lido balneare gestito in assenza delle previste autorizzazioni amministrative”. Immediatamente il Comune notificava ai gestori l’avvio del procedimento di divieto di prosecuzione delle attività nonché copia della contestuale richiesta fatta al Demanio marittimo, l’organismo regionale titolare dell’area, di accertamento della legittimità ad occupare l’area demaniale in questione.
“Si rappresenta che Claudio Laganà, amministratore unico della società, non ha ottenuto e non ha in itinere amministrativo l’affidamento in gestione del lido balneare”, rispondevano i funzionari del Demanio. “A maggior chiarimento si precisa che a tutt’oggi agli atti dell’ufficio non risulta essere pervenuta nessuna richiesta da parte della ditta Punta S.a.s. di Alessi Filippo & C di affidamento in gestione a favore della ditta Punta Peloro S.r.l. di Claudio Laganà”. Stando agli accertamenti, la spiaggia in cui era sorto il lido era stata data in concessione sino al 2020 alla società in accomandita semplice Lido La Punta di Filippo Alessi & C., costituita a Messina l’11 febbraio 2014 e composta dai soci Filippo Alessi (accomandatario) e accomandanti Concetta Cutugno (moglie di Salvatore Laganà, gestore de facto del lido); Antonino Alessi e Claudio Laganà (fratello di Salvatore Laganà).Il 30 marzo 2015 la società di Filippo Alessi aveva poi affittato l’attività commerciale alla Lido La Punta Peloro S.r.l.costituita 14 giorni prima dai soci Viviana Celona, Concetta Cutugno, Margherita Scarfì (moglie di Claudio Laganà) e dallo stesso Claudio Laganà che aveva assunto la carica di amministratore unico.
Contro il provvedimento di chiusura del lido, veniva presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale di Catania; il 9 luglio 2017, il Tar accoglieva la domanda di misura cautelare provvisoria presentata dai legali della società amministrata da Laganà, gli avvocati Antonino Andò e Patrizia Silipigni e dall’avv. Ernesto Fiorillo in qualità di Presidente nazionale di Consumatori Associati, decretando la sospensione dell’ordinanza del Comune e - in conseguenza - la ripresa delle attività per la stagione estiva 2017. “Il titolare ha messo in atto tutte le procedure per le necessarie autorizzazioni amministrative ed era in regola avendo rispettato l’iter previsto per tutte le domande per la concessione demaniale”, commentava la Lido La Punta Peloro S.r.l. in una nota stampa. “I Consumatori Associati sono da sempre vicini agli imprenditori e ai commercianti che con abnegazione e sacrifici cercando di portare avanti un’attività e sono spesso vittime della burocrazia e rimangono inermi perché non sanno come reagire a delle palesi ingiustizie”, era invece il commento dell’avv. Ernesto Fiorillo, schieratosi a fianco dei titolari della società.
Tornavano così a popolare la spiaggia ombrelloni, sedie a sdraio e utenti-bagnanti ma dopo appena qualche giorno si verificava l’ennesimo colpo di scena. Il 19 luglio, il Tar di Catania (collegio con presidente Pancrazio Maria Savasta, relatrice Maria Stella Boscarino, consigliere Giuseppa Leggio), entrando sul merito della querelle, rigettava la richiesta della società dei fratelli Laganà di sospensiva dell’ordinanza con la quale il Comune aveva chiuso lo stabilimento. Venivano così apposti ancora una volta i sigilli e i legali de La Punta Peloro dovevano ricorrere in secondo grado davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa per ottenere il riconoscimento delle proprie ragioni e la riapertura del lido.
“Un’altra sentenza, stavolta della sezione penale del tribunale di Messina, ad aprile 2017 aveva archiviato un procedimento penale ai danni della Punta Peloro Srl, assolvendo l’amministratore della società dall’ipotesi di aver occupato abusivamente l’area, e rimandando alla sede civilistica le dispute tra Punta Peloroe Punta Sas, società che detiene la concessione dell’area”, ricordava in quei giorni la testata online LetteraEmme.it. Il contenzioso per l’ambito lido nella spiaggia di Cariddi aveva cioè avuto uno strascico giudiziario anche in sede penale e civile.
Trascorso un anno, altri inediti particolari sul tormentato iter delle concessioni per il lido di Capo Peloro sono emersi con l’inchiesta della Direzione Investigativa Antimafia sul cosiddetto Terzo livelloche ha condotto agli arresti domiciliari l’ex presidente del Consiglio comunale e candidata a sindaco alle ultime elezioni amministrative, Emilia Barrile. “Nel giugno 2015 insorge un problema legato all’autorizzazione per l’apertura del lido La Punta Peloro che si trova in località Torre Faro nella spiaggia antistante il Pilone”, scrivono gli inquirenti nella loro Informativa del 6 ottobre 2017”. “Giorno 25, l’ingegnere Giovanni Martensini, il tecnico che sta curando la pratica del lido di Salvatore Laganà, contatta il professionista Francesco Clemente per raccontargli che l’architetto Danilo De Pasquale del Dipartimento Urbanistica del Comune di Messina aveva firmato l’autorizzazione e l’aveva mandata al dott. La Cava per la firma finale, ma poi era intervenuto l’assessore Sergio De Cola che aveva bloccato tutto ed aveva fatto richiedere un parere legale per comprendere se fosse corretto il modo in cui erano state rilasciate le autorizzazioni. Martensini dice che De Pasquale ha detto che rilasceranno la concessione, ma vi è un problema di competenze tra Demanio e Comune che verrà risolto nel giro di due o tre giorni, per meglio capire come scrivere l’autorizzazione. Martensini si lamenta con Clemente che assicura che contatterà la sua amica Emilia Barrile per vedere come fare”.
Al momento di dargliela, l’assessore De Cola gli ha praticamente bloccato tutto… Pure l’ing. Bonasera del Demanio... Ha bloccato tutto ed ha chiesto un parere legale”, riferirà Clemente a Barrile in serata. “Diconoche l’area è demaniale, non devono dare concessione... Ma se lo ricordano a Ferragosto?”. “Allora tutti quelli che abbiamo concesso sono da rivedere!!!”, esclama la donna. Clemente: “Ma chiama questo deficiente di De Cola...”. E Barrile gli assicura che avrebbe immediatamente contattato l’assessore.
Subito dopo il colloquio con l’esponente politica amica, l’imprenditore raggiungeva telefonicamente Salvatore Laganà. “Emilia non lo sapeva, l’ho informata io, ma sta chiamando subito a De Cola, ma non ti so dire... Io veramente, meno uno sta a Messina meglio è…, riferisce Clemente, precisando di attendere eventuali risvolti con l’intervento di Barrile. All’epoca Emilia Barrile non era sottoposta a controllo tecnico e quindi non si hanno riscontri del suo interessamento presso l’assessore De Cola”, annotano gli inquirenti. “Al contempo, il mattino dopo Barrile ha incontrato Laganà di persona e quindi può avere riferito a lui direttamente se la soluzione al problema prospettatole era stata trovata. Sta di fatto che sull’argomento dell’autorizzazione per il lido non sono state captate ulteriori conversazioni telefoniche, ma nella stagione estiva 2015 il lido ha potuto operare, segno che quindi, alla fine, le problematiche sono state superate senza ulteriori intoppi”.
Il 7 agosto 2018, l’ex assessore Sergio de Cola è stato sentito dagli inquirenti che indagano sul Terzo livello come “persona informata sui fatti” proprio in relazione alla vicenda delle autorizzazioni per il lido di Torre Faro. “Nella Giunta Comunale che ha amministrato Messina dal 2013 al 2018, ho ricoperto il ruolo di Assessore alle Politiche del Territorio e ai Lavori Pubblici per tutta la durata della sindacatura, mentre per i primi due anni e mezzo circa, sono stato anche assessore alla Protezione Civile e alle Politiche della Casa, mentre per gli ultimi due anni e mezzo ho abbandonato queste due deleghe per assumere quelle all’innovazione tecnologica e ai rapporti con il Consiglio Comunale”, ha esordito De Cola. “La realizzazione di un’isola pedonale a Torre Faro è un tema del quale si è occupato l’Assessore alla Mobilità Gaetano Cacciola e, quindi, non ho conoscenza, se non per sentito dire, di tale progetto. Non ricordo di essere mai intervenuto nel relativo iter in quanto materia che esulava la competenza degli assessorati da me ricoperti nel tempo. Per quanto concerne le autorizzazione relative all’apertura di lidi balneari, preciso che le concessioni vengono rilasciate dalla Regione, mentre il Dipartimento Edilizia Privata che all’epoca dei fatti dipendeva da me forniva solo parere non vincolante. Ricordo che in alcuni casi il Dipartimento aveva dato un parere negativo poi del tutto disatteso dalla Regione che aveva autorizzato. Ricordo che in un caso Emilia Barrile mi aveva sollecitato il rilascio di alcune concessioni per lidi balneari, di cui non ricordo il nome, sostenendo come fossero iniziative idonee a creare posi di lavoro. Anche in quella occasione ribadii che il Comune non rilasciava le autorizzazioni ma solo dei pareri”.
“Con la Barrile ci siamo visti all’interno di Palazzo Zanca”, ha aggiunto De Cola. “Mi chiese espressamente di interessarmi al fine di accelerare e rilasciare l’autorizzazione per un lido che si trovava in zona di Capo Peloro. Alle sue pressanti richieste, spiegai che non era il Dipartimento a rilasciare la concessione bensì il Demanio. Io non mi sono interessato né a livello locale e né a livello regionale per la pratica che mi era stata sollecitata. Ricordo che Barrile si è interessata solo in quella occasione per il lido ed in seguito non mi ha mai più chiesto nulla in merito (…) In qualità di assessore avevo competenze in tema di alienazioni di beni facenti parte del patrimonio del Comune di Messina, ma solo per la vendita dei cosiddetti alloggi sociali che fanno capo al Dipartimento Politiche della Casa. Preciso che solo in tale ambito sono stato interessato alla vendita di alcune abitazioni il cui iter veniva seguito dal dipartimento che era alle mie dipendenze sino alla prima metà del mandato. In merito agli alloggi sociali, più volte la Barrile mi ha chiesto di favorire un nucleo familiare facendolo scavalcare di rilevanti posizioni dalla graduatoria al fine di fargli ottenere l’assegnazione. Alle sue reiterate richieste ho sempre, in modo categorico, risposto che non era possibile, essendo la graduatoria per l’assegnazione di alloggi generata da dati oggettivi che non potevano essere modificati. Non mi ricordo di chi mi abbia chiesto di agevolare la pratica…”.
Non si hanno notizie se al tempo l’indebito pressing della presidente del Consiglio fu segnalato all’autorità giudiziaria (Sergio De Cola non ne parla nel suo interrogatorio); tuttavia l’8 agosto 2018, l’ex assessore si è ripresentato spontaneamente davanti agli inquirenti per produrre la documentazione attestante i pareri espressi dal Comune sulle differenti concessioni ai lidi. “Ieri mattina mi sono recato presso gli uffici del Dipartimento di Edilizia Privata ed ho chiesto all’arch. Danilo De Pasquale copia dei pareri negati o con prescrizione che nel periodo nel quale ero assessore, avevo unitamente al personale del Dipartimento e nello specifico dell’arch. Antonella Cutroneo, formulato i predetti pareri”, ha verbalizzato De Cola. “Tra gli altri, produco il parere-accertamento con protocollo del 27 marzo 2017, espresso nei confronti della ditta Punta Peloro Srl. Ricordo che la Barrile mi ha sollecitato, vicino l’aula consiliare, la definizione favorevole e con una certa urgenza di una pratica inerente un lido in località Capo Peloro che presumibilmente penso sia quello denominato Punta Peloro. La stessa asseriva che i proprietari avevano necessità di lavorare al più presto. Alla sua richiesta, le spiegai che le concessioni venivano date dall’A.R.T.A. Regionale e che noi avremmo dovuto solo dare un parere che avremmo formulato con assoluta serenità. Non sono a conoscenza se la Barrile abbia chiesto informazioni o abbia fatto pressioni in merito a questa pratica direttamente con i funzionari del Dipartimento”.
Il documento del 27 marzo 2017 consegnato dall’ing. De Cola, era stato redatto dall’Ufficio UOC 3 del Dipartimento Edilizia Privata del Comune ed inviato al Servizio di Tutela del territorio della Polizia Municipale e all’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente – Ufficio Demanio Marittimo di Messina. “Facendo seguito alla nota indicata a margine del Servizio di Tutela del Territorio del 18 febbraio 2017, in data 24 u.s. lo scrivente arch. Danilo De Pasquale, congiuntamente agli Ispettori della Polizia Municipale Sebastiano Musumeci e Giuseppe Caputo, si è recato in località Torre Faro, via Fortino del Comune di Messina, presso l’area occupata dal lido balneare denominato Punta Peloro Srl.”, vi si legge. “Sui luoghi sono state riscontrate delle strutture, consistenti in una serie di manufatti adibiti a zona vendita, laboratorio e locali accessori, servizi igienici e spogliatoi, su una pedana in legno con pergolato, e un manufatto per la postazione avvistamento per la sicurezza durate la balneazione. Dagli atti si rileva che la società Punta Peloro Srl, nella persona del legale rappresentante sig. Claudio Laganà, ha ottenuto l’autorizzazione edilizia comunale n. 51/2015 del 30 giugno 2015, per la stagione balneare 2015, per la realizzazione di pedane in legno con recinzione dell’area in pali in legno e cordone o nastri in tessuto, montaggio di elementi prefabbricati e posa di sdraio e ombrelloni, su area demaniale marittima. Il titolo abitativo sopra citato, a carattere stagionale, richiama l’osservanza delle prescrizioni contenute nel parere espresso dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA. dal VIEC del Genio Civile. Quest’ultimo è stato rilasciato a carattere temporaneo, limitatamente alla stagione balneare”.
“Con nota datata 3 giugno 2016, il sig. Claudio Laganà, comunica al Dipartimento Servizi alle Imprese, la prosecuzione dell’esercizio delle attività assentite in concessione per la stagione balneare 2016, atteso che il titolo abilitativo perdura per tutta la durata della concessione demaniale – così come da atto di indirizzo e applicativo del 19 aprile 2016, a firma dell’Assessore per il Territorio e l’Ambiente e dell’Assessore per i Beni Culturali. Si precisa che in merito a tale prolungamento per la stagione balneare 2016, nessuna comunicazione è pervenuta dall’Ufficio del Demanio Marittimo di Messina, in merito all’obbligo informativo di quanto sopra (…)  Visto quanto accertato sui luoghi e constatato agli atti del Dipartimento, si conclude rilevando che le strutture riscontrate sui luoghi di accertamento sono attualmente sprovvisti di titolo abitativo, in quanto l’autorizzazione edilizia comunale n. 51/2015 del 30 giugno 2015, a carattere stagionale, prolungata per la stagione estiva 2016 dal sig. Claudio Laganà … è in assenza della necessaria autorizzazione demaniale di affidamento, in quanto valevole fino al 30 settembre 2015, e comunque non rimossa in occasione della conclusione della stagione balneare”. da qui l’inevitabile apposizione dei sigilli al lido tanto caro ad Emilia Barrile & C., ad inizio estate 2017….


Articolo pubblicato in Stampalibera.it, il 19 settembre 2018, 

Messina e il sistema B. Diciannove indagati di Terzo livello

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Avviso di chiusura delle indagini preliminari da parte del Pubblico Ministero Fabrizio Monaco nei confronti di 19 indagati, nell’ambito del procedimento della Procura della Repubblica di Messina sul cosiddetto Terzo livello, esponenti politici, professionisti, imprenditori e pluripregiudicati che avrebbero condizionato attività economiche e amministrative nella città capoluogo dello Stretto tra il 2014 e il dicembre 2016. In posizione epicale l’ex Presidente del consiglio comunale Emilia Barrile, candidata a sindaco alle ultime elezioni amministrative di giugno, transitata più di due anni fa dal Partito democratico a Forza Italia.
Associazione per delinquere, traffico di influenze illecite, turbata libertà del procedimento di scelta del contribuente, accesso abusivo ad un sistema informatico, trasferimento fraudolento di valori e ricettazione, i reati ravvisati dall’accusa nel procedimento Terzo livello. Più specificatamente, la Procura rileva che Emilia Barrile (in concorso con gli imprenditori Giuseppe ed Angelo Pernicone e il commercialista Marco Ardizzone), “in più occasioni, pubblico ufficiale, quale Presidente del Consiglio comunale di Messina, sfruttando relazioni esistenti con altri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio accettava dai Pernicone, la promessa, per sé o per altri, di utilità economiche, come prezzo della propria mediazione illecita, per compiere o avere compiuto atti contrari ai doveri di ufficio (in violazione, tra l’altro, dei doveri di imparzialità, correttezza ed autonomia), ponendo il suo ruolo e la sua influenza a disposizione del privato”. “In particolare, Barrile costituiva per i Pernicone un punto di riferimento per la copertura amministrativa in favore di istanze di loro interesse avanzale presso il Comune di Messina, essendo a costoro legata, con Marco Ardizzone, da rapporti economici occulti afferenti, tra l’altro, alla gestione dei parcheggi dello stadio San Filippo, in occasione delle partite di calcio disputate dall'A.C.R. Messina (oltre che da un rapporto di collaborazione professionale, in forza del quale Ardizzone effettuava le comunicazioni relative alle assunzioni di personale presso lo stadio da parte del Consorzio Sociale Siciliano, riconducibile ai Pernicone); interferiva, in particolare, sull’operato degli uffici comunali, esercitando un’attività di pressione e di condizionamento, in ordine ad una pratica amministrativa di interesse dei Pernicone ed avente ad oggetto la concessione dello stadio San Filippo per lo svolgimento del concerto musicale della band Pooh (laddove i Pernicone avrebbero gestito le attività di steward, ed i parcheggi nelle aree di pertinenza dello stadio), ricevendo, in contropartita, dai Pernicone, la promessa che, in occasione del concerto in questione, nell’attività di ristorazione prevista, e nella percezione dei relativi introiti, sarebbe stata coinvolta anche la cooperativa Peloritana Servizi ( o, comunque, altra impresa riferibile a Emilia Barrile e Marco Ardizzone, o soggetti a costoro, parimenti, riferibili)”. Secondo il PM, il commercialista Marco Ardizzone concorreva moralmente nel reato, istigando o rafforzando il proposito criminoso della Barrile.
L’esponente politica (in concorso ancora una volta con Marco Ardizzone e con il costruttore milazzese Vincenzo Pergolizzi e l’ingegnere Francesco Clemente), “in più occasioni, sfruttando relazioni esistenti con altri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio”, avrebbe interferito sull’operato degli uffici comunali, “esercitando un’attività di pressione e di condizionamento, in ordine ad una pratica amministrativa di interesse di Vincenzo Pergolizzi e Francesco Clemente, concernente la vendita di un terreno comunale, funzionale alla successiva realizzazione di una palazzina, in via Felice Bisazza di Messina, sollecitandone sistematicamente la trattazione presso gli uffici competenti, dando la garanzia che, nel caso fosse necessario il passaggio della pratica in Consiglio Comunale, essa sarebbe stata approvata, anche tramite escamotage irregolari - che ella suggeriva e tali da consentire di approvare la pratica - benché non fosse possibile una regolare imputazione contabile dell’entrata derivante dalla vendita dell'area comunale; rendendosi disponibile a presentare, nel caso le sue sollecitazioni non fossero accolte, strumentali interrogazioni consiliari, per censurare I’operato dell’Assessore competente e del Ragioniere generale del Comune; dopo l’approvazione della delibera di cessione dell’area, interveniva presso i vari funzionari comunali, per velocizzare l’iter relativo al rilascio della concessione edilizia e delle altre autorizzazioni necessarie per la realizzazione dell’opera, accompagnando Pergolizzi, il suo factotum Elio Cordaro, e Clemente, presso gli uffici interessati, dispiegando, dunque, sui funzionari incaricati la sua influenza, al fine di velocizzare le pratiche, esercitando pressioni affinché i progetti fossero visionati dai funzionari, prima delle valutazioni inerenti l’approvazione, ottenendo suggerimenti ed indicazioni per modifiche progettuali e correzioni, in modo da avere certezza dell’approvazione medesima; ricevendo, in contropartita, dal Pergolizzi - oltre alla promessa di sostegno elettorale - la promessa che, nei lavori di realizzazione della palazzina in questione, sarebbe stata coinvolta un’impresa ad ella riferibile, in modo da ottenere utilità economica e sostegno elettorale”. Per questo capo d’accusa, ad Ardizzone e Clemente è contestato aver svolto il ruolo di “rafforzatori del proposito criminoso, interessati al ritorno economico ed elettorale dell’accordo corruttivo concluso con Pergolizzi; Clemente anche quale intermediatore tra Pergolizzi e la Barrile”.
Ancora ad Emilia Barrile (con Francesco Clemente e Marco Ardizzone, è contestato di aver ricevuto dall’imprenditore Antonio “Tony” Fiorino, “per sé o per altri, utilità economiche o ne accettava la promessa, come prezzo della propria mediazione illecita, interferendo sull’operato degli uffici comunali, in ordine alle pratiche amministrative concernenti la realizzazione di un centro commerciale, in località Sperone, di interesse di Tony Fiorino, sollecitandone sistematicamente la trattazione, ed accompagnando personalmente l’imprenditore presso gli uffici interessati, dispiegando sui funzionari incaricati la sua influenza al fine di velocizzare le pratiche”. Barrile, inoltre, sarebbe intervenuta “con pressioni, false allusioni relative a pubblici interessi (asseritamente ad ella rappresentati dai consiglieri di quartiere), dei quali ella faceva intendere, falsamente, di rendersi portavoce come vertice del civico consesso, ed ulteriori allusioni relative alla realizzazione di possibili abusi - sui responsabili degli uffici comunali competenti, perché le fornissero informazioni riservate sullo stato delle pratiche concernenti l’avvio di iniziative imprenditoriali da parte di terzi, in concorrenza con attività economiche del Fiorino, tentando di ostacolarne la nascita, ed interferendo, in tal modo, sulla imparziale formazione della volontà della pubblica amministrazione comunale”. L’esponente politica accedeva altresì “abusivamente al sistema informatico del Comune di Messina, relativo ai dati anagrafici, ottenendo informazioni riservate che forniva al Fiorino, per avvantaggiarne lo svolgimento dell’attività economica; sollecitava - minacciando o sollecitando ripercussioni sui dipendenti comunali, ove non accondiscendessero alla velocizzazione da ella richiesta - la pronta trattazione di una pratica relativa ad una richiesta di accesso agli atti, formulata dal Fiorino medesimo, e concernente parimenti i suoi interessi economici: ricevendo, in contropartita, dal Fiorino - oltre alla promessa di sostegno elettorale per le elezioni regionali – l’assunzione di plurimi soggetti da ella segnalati presso le imprese riconducibili al privato (o la promessa di sottoporli a colloqui per successive assunzioni), la promessa che, nei lavori di realizzazione del centro commerciale, sarebbe stata coinvolta un’impresa ad ella riferibile, in modo da ottenere utilità economica e sostegno elettorale, e la corresponsione di contributi economici in favore della squadra di pallamano ove militavano le di lei figlie”. Ancora Barrile e Tony Fiorino, la prima in qualità di pubblico ufficiale, il secondo quale privato istigatore, “tramite un dipendente comunale - indotto ad effettuare gli accertamenti su richiesta della Barrile, visto lo status di esponente di vertice nel Comune di Messina, si introducevano abusivamente il 5 luglio 2016 nel sistema informatico, protetto da misure di sicurezza, costituito dai registri anagrafici comunali, effettuando accertamenti di interesse di Fiorino, concernenti la situazione anagrafica e familiare di Tindara Aiello, i cui esiti venivano dalla Barrile riferiti al medesimo Fiorino”.
Altro capitolo delle indagini sul Terzo livello riguarda la presunta turbativa della gara per l’affidamento del servizio di pulizia degli immobili dell’A.M.A.M., Azienda Meridionale Acque Messina, S.p.A. (con un importo di spesa pari ad € 85.535 più € 18.817,70 per IVA), aggiudicata alla cooperativa Universo e Ambiente. Secondo il Pubblico Ministero, Emilia Barrile, Leonardo Termini, Marco Ardizzone e Giovanni Luciano, “in concorso tra loro e con altri soggetti non individuati, con collusioni e altri mezzi fraudolenti, turbavano la gara, con le condotte di seguito descritte: Termini Leonardo, presidente dell’A.M.A.M., colludeva con la Barrile, segnalandole che la cooperativa Universo e Ambiente, ad ella riferibile, non risultava inserita nell’elenco delle ditte di fiducia e, come tale, non avrebbe potuto essere invitata alla gara, adoperandosi perché detta impresa fosse prontamente inserita in detto albo; Giovanni Luciano interveniva sugli uffici dell’A.M.A.M. affinché la cooperativa citata fosse inserita in tale elenco, ottenendo, comunque, che, nel novero di cinque imprese da invitare a partecipare alla gara in questione, oltre alla Universo e Ambiente, fosse compresa anche la cooperativa Peloritana Servizi, parimenti riferibile alla Barrile (tacendo, dunque, sulla riferibilità dell’impresa al medesimo centro di interesse), determinando, in tal modo, l’esclusione di almeno un’altra impresa che, in astratto, avrebbe potuto essere invitata alla gara ed alterando, quindi, la libera concorrenza. Ardizzone concorreva moralmente nel reato, istigando o rafforzando il proposito criminoso della Barrile e di Luciano”.
Contro Emilia Barrile pure l’accusa di aver sollecitato presso gli uffici comunali, la “velocizzazione di una pratica amministrativa di interesse di Sergio Bommarito (imprenditore cui è riconducibile il gruppo FIRE)”, interferendo sull’operato dei funzionari per ottenere I’esito positivo della medesima pratica, avente ad oggetto la ristrutturazione di un immobile (villa Bommarito); nel pressare ripetutamente su Leonardo Termini, presidente dell’AMAM S.p.a. - società a capitale interamente pubblico, detenuto dal Comune di Messina, sul quale aveva capacità di incidere in ragione del rapporto corrente tra Comune e società partecipata, e dei conseguenti poteri (interpellanze, ispezioni, inchieste, ecc.), spettanti quale consigliere comunale e Presidente del Consiglio comunale - prospettandogli che Bommarito era disposto a corrispondergli del denaro, perché sbloccasse una serie di pagamenti di somme di denaro in favore della FIRE S.p.A., affidataria, per conto dell'AMAM, del servizio di recupero crediti, pagamenti ritenuti da Termini non dovuti”. In cambio delle sue indebite pressioni, sempre secondo l’accusa, Emilia Barrile “riceveva da Sergio Bommarito, per sé o per altri, utilità o ne accettava la promessa: in particolare, otteneva la stabilizzazione lavorativa o, comunque, migliori condizioni economiche, in favore di Angela Costa, collaboratrice presso I’impresa del Bommarito (e prestanome della Barrile nel ruolo di amministratore della cooperativa Peloritana Servizi), nonché la promessa di assunzione, presso una impresa del medesimo Bommarito, della propria figlia Stefania, ed un contributo in denaro in favore della squadra di pallamano ove militavano le di lei figlie”. Concorrente morale, istigatore o “rafforzatore del proposito criminoso di Barrile”, l’immancabile consigliere-consigliore Ardizzone.
Anche l’ATM, Azienda Trasporti Municipalizzata, controllata dal Comune di Messina, sarebbe stata oggetto di interessi illegittimi da parte dell’ex Presidente del consiglio comunale. Secondo gli inquirenti, infatti, Barrile avrebbe fornito a Daniele De Almagro, direttore amministrativo dell’A.T.M., documentazione amministrativa concernente i rapporti tra il Comune di Messina e I’Azienda “senza che costui ne facesse richiesta ufficiale”; “nel rimarcare il suo ruolo di Presidente consigliere comunale più votato, e nel promettere, segretamente, a De Almagro sostegno politico, benché egli fosse riconducibile allo schieramento a sostegno della Giunta comunale, a lei avverso, per un eventuale rinnovo o conferma nell’incarico di direttore amministrativo della predetta azienda municipalizzata; induceva De Almagro, pubblico ufficiale, che abusava della sua qualità e dei suoi poteri relativi all'ufficio pubblico ricoperto, a corrispondere indebitamente ad altri una utilità economica; in particolare, De Almagro segnalava alla Temporary S.p.A. - affidataria per conto dell’A.T.M. della procedura per la selezione di personale da adibire a conducente di autobus presso I'Azienda - i i nominativi di tre soggetti, indicati dalla Barrile, che avrebbero dovuto superare la selezione, uno dei quali, Francesco Macrì, veniva indebitamente collocato in graduatoria in posizione utile, e successivamente assunto dalla società, ottenendo la relativa retribuzione”.
Infine viene contestato ad Emilia Barrile, Marco Ardizzone, Giovanni Luciano, Angela Costa, Carmelo Pullia e Francesco Clemente di “avere preso parte ad un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di plurimi delitti contro la pubblica amministrazione, in special modo (…) Barrile ed Ardizzone, attraverso la gestione delle cooperative Universo e Ambiente e Peloritana Servizi; Luciano, intervenendo sugli uffici dell’A.M.A.M. per turbare le gare affidate da detta azienda pubblica, con il compito di gestore operativo delle cooperative ed esecutore delle direttive impartite da Barrile ed Ardizzone; Angela Costa quale prestanome di Barrile e Ardizzone nell’ambito della cooperativa Peloritana Servizi; Pullia con il compito di intervenire sui lavoratori della cooperativa Universo e Ambiente per reprimere proteste e rivendicazioni, e con il ruolo di protettore della Banile, incaricato di tutelarla, con ricorso ad atteggiamenti intimidatori, dalla irruenza dei soggetti appartenenti a vari contesti criminali, con i quali ella veniva a contatto, ed ai quali faceva favori; Clemente con iI compito di consigliere della Barrile, svolgendo nei confronti del gruppo attività utili (anche con il procacciamento di contatti tra la Barrile ed esponenti della locale classe imprenditoriale, nell'interesse dei quali ella dispiegava la sua influenza, al fine di ottenere vantaggi economici e di propaganda politica), e concorrendo nella realizzazione dei delitti fine indicati in rubrica, finalizzati ad una crescita della posizione economica e politico-clientelare della Barrile. Barrile ed Ardizzone con il ruolo di capi, promotori”. Quest’ultimo deve anche rispondere di detenzione abusiva di due pistole, di “modello e calibro allo stato non individuati”.
Del reato previsto dall’art. 512 bis del codice penale (trasferimento fraudolento di valori) devono rispondere in concorso gli indagati Michele Adige, Carmelo “Elio” Cordaro, Vincenzo Pergolizzi, Stefania Pergolizzi, Teresa Pergolizzi, Vincenza Merlino e Sonia Pergolizzi. “In più occasioni, Pergolizzi Vincenzo, titolare effettivo della impresa PER. EDIL. s.r.l. e della CO.STE.SON. s.r.l.. attribuiva fittiziamente a terzi la proprietà delle imprese e, poi, dei beni immobili già costituenti il patrimonio sociale, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale”, riporta il PM Fabrizio Monaco. “In particolare, su istigazione o determinazione di Pergolizzi Vincenzo, Cordaro Elio, con atto del 24.3.2016, diveniva socio di maggioranza della PER.EDIL. s.r.l., acquistando le quote di proprietà di Pergolizzi Stefania, e, quale amministratore della impresa, concludeva plurimi atti di compravendita: alla ER.GI. Costruzioni s.r.l., intestata ad Adige Michele e Pergolizzi Teresa, venivano ceduti dalla PER.EDIL. s.r.l.. con atto del 2.2.2017, sei immobili siti in Messina, a fronte di un debito inesistente pari ad € 70 mila, gravante sulla PER.EDIL s.r.l. nei confronti del medesimo Adige Michele; alla ER.CI.COSTRUZIONI s.r.l.. intestata ad Adige Michele e Pergolizzi Teresa, con atto del 12.5.2017, venivano ceduti, dalla PER.EDIL. s.r.l., sette immobili siti in Messina (un appartamento e sei posti auto) per un prezzo pari ad euro 90 mila (di cui 30 mila già versati); alla ER.GI. Costruzioni s.r.l., con atto del 5.7.2017, venivano ceduti dalla PER.EDIL. s.r.l. due ulteriori immobili siti in Messina (due aree urbane), per un prezzo pari ad euro 5mila, versati con un assegno; a Merlino Vincenza, venivano ceduti, dalla PER.EDIL. s.r.l., con atto del 23.5.2017, 13 immobili siti in Messina a fronte di un debito inesistente pari ad € 280 mila, gravante sulla PER.EDIL. nei confronti di Merlino Vincenza; alla Co.Ste.Son. s.r.l. - riconducibile a Sonia e Stefania Pergolizzi - con atto del 2.5.2017, veniva ceduto dalla PER.EDIL. s.r.l. I'immobile sito in Milazzo, via Nardi (ove vi è la sede di Co.Ste.Son.), per un prezzo di 20 mila euro, a fronte di un valore almeno pari ad € 110.000; alla ER.GI. Costruzioni s.r.l., con atto del 19.5.2017, veniva ceduto dalla Co.Ste.Son. s.r.l. un appezzamento di terreno sito in Roma, della superficie effettiva di circa mq. 2.106, al prezzo di € 8l.967,21 oltre I.v.a.; alla Co.Ste.Sson. s.r.l., con atto del 26.9.2017, venivano ceduti dalla PER.EDIL. s.r.l. in liquidazione, rappresentata da Vincenzo Pergolizzi, tre immobili, siti rispettivamente in Messina via Ducezio, in Torregrotta, viale Europa ed in Gualtieri Sicaminò, contrada Canali, aventi un valore superiore al corrispettivo pattuito, pari ad euro 23.600.00, a titolo di penale, quale datio in solutum, per il mancato adempimento di un impegno al trasferimento di un immobile, risalente all’anno 2010”.
Infine, la Procura accusa Michele Adige, Carmelo Cordaro, Vincenza Merlino, Vincenzo, Stefania, Sonia e Teresa Pergolizzi, “al fine di sottrarre le società PER.EDIL. s.r.l. e Co.Ste.Son. s.r.l. al pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi e sanzioni relativi a dette imposte”, di avere alienato e/o acquistato “simulatamente gli immobili indicati al capo che precede, compiendo altri atti fraudolenti su detti beni e sulle quote societarie, in modo da rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva”.
Tutti gli indagati, entro il termine di venti giorni dalla notifica dell’avviso di chiusure indagini, avranno la possibilità di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore o di chiedere di essere sottoposti ad interrogatorio davanti al PM.

Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 21 settembre 2018, http://www.stampalibera.it/2018/09/21/tutti-i-dettagli-i-nomi-terzo-livello-chiuse-le-indagini-19-indagati/ 

Barrile e il Terzo livello. Il pressing in Comune per le buone pratiche del costruttore Pergolizzi

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“Le attività d’indagine rivelavano la consuetudine di Emilia Barrile allo sfruttamento della considerazione e potere di influenza che le derivava dall’importante ruolo pubblico e politico ricoperto per esercitare, con tratti di allarmante sistematicità, pressione su dirigenti e funzionari amministrativi del Comune di Messina al fine di garantire il pronto soddisfacimento di interessi privati facenti capo a un ristretto gruppo di potenti imprenditori cittadini a lei collegati da una inquietante logica del do ut des in ragione della quale, a fronte dell’impegno profuso, ella veniva ricompensata dalla corresponsione di utilità di vario genere, essenzialmente costituite, anche in una più ampia prospettiva di ritorno elettorale…”.
Pressing negli uffici comunali, costante, insistente, in cambio di favori e voti. Viene descritto in questo modo il modus operandi dell’esponente politica ex Pd poi Forza Italia, Emilia Barrile, nell’ordinanza di custodia cautelare emessa il 30 luglio 2018 dalla Sezione per le indagini preliminari del Tribunale di Messina nei suoi confronti e di alcuni dei più stretti collaboratori. Uno di essi, l’ingegnere Francesco Clemente, anch’egli con trascorsi politici ma nelle file della Dc e dell’Udc peloritana, segue ogni passo dell’ambizioso progetto di Emilia Barrile di candidarsi ad una poltrona sicura all’Assemblea Regionale Siciliana o, meglio ancora, alla Camera dei deputati, con il sostegno dell’intramontabile ras dello Stretto, Francantonio Genovese. Il professionista, grazie ad una recente esperienza da dirigente presso il Comune di Milazzo (sindaco Lorenzo Italiano, giunta di centro-destra), ha avuto modo di entrare in contatto con uno dei costruttori più attivi della zona tirrenica, Vincenzo Pergolizzi, ottenendo incarichi professionali per sé e per la moglie. E anche Clemente, nella ferrea logica del do ut des, in cambio dell’impegno di Barrile ad accelerare qualche pratica negli assessorati competenti del Comune di Messina, le presenta l’imprenditore mamertino che potrebbe tornare utile il giorno dell’agognato balzo nella politica che conta.
I particolari dell’alleanza Barrile-Clemente-Pergolizzi emergono nell’Informativa riepilogativa della Direzione Investigativa Antimafia sul cosiddetto Terzo livello, redatta il 6 ottobre 2017. Un anno dopo, il Pubblico ministero del Tribunale di Messina, il dottor Fabrizio Monaco, ha fatto proprie le risultanze dell’inchiesta DIA, firmando l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di Emilia Barrile e di altre 18 persone. E tra i delitti contestati all’esponente politica, oltre a quello di associazione per delinquere, ci sono pure quelli di concorso formale e traffico di influenze illecite (artt. 81 e 346 bis del codice penale) “perché, in più occasioni, pubblico ufficiale, quale Presidente del Consiglio comunale di Messina, sfruttando relazioni esistenti con altri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, accettava dall’imprenditore Vincenzo Pergolizzi, la promessa, per sé o per altri, di utilità economiche, come prezzo della propria mediazione illecita, per compiere o avere compiuto atti contrari ai doveri di ufficio (in violazione, tra l’altro, dei doveri di imparzialità, correttezza ed autonomia), ponendo il suo ruolo e la sua influenza a disposizione del privato”. In particolare, spiega il Pm, Barrile “interferiva sull’operato degli uffici comunali, esercitando un’attività di pressione e di condizionamento, in ordine ad una pratica amministrativa di interesse di Vincenzo Pergolizzi e Francesco Clemente, concernente la vendita di un terreno comunale, funzionale alla successiva realizzazione di una palazzina, in via Felice Bisazza di Messina, sollecitandone sistematicamente la trattazione presso gli uffici competenti, dando la garanzia che, nel caso fosse necessario il passaggio della pratica in Consiglio Comunale, essa sarebbe stata approvata, anche tramite escamotage irregolari - che ella suggeriva e tali da consentire di approvare la pratica - benché non fosse possibile una regolare imputazione contabile dell’entrata derivante dalla vendita dell’area comunale”. Sempre secondo l’accusa, l’esponente politica si sarebbe resa disponibile a presentare, “nel caso le sue sollecitazioni non fossero accolte, strumentali interrogazioni consiliari, per censurare I’operato dell’Assessore competente e del Ragioniere generale del Comune”; dopo l’approvazione della delibera di cessione dell’area, Barrile sarebbe poi intervenuta presso i vari funzionari comunali, “per velocizzare l’iter relativo al rilascio della concessione edilizia e delle altre autorizzazioni necessarie per la realizzazione dell’opera, accompagnando Pergolizzi, il suo factotum Elio Cordaro, e Clemente, presso gli uffici interessati, dispiegando, dunque, sui funzionari incaricati la sua influenza, al fine di velocizzare le pratiche, esercitando pressioni affinché i progetti fossero visionati dai funzionari, prima delle valutazioni inerenti l’approvazione, ottenendo suggerimenti ed indicazioni per modifiche progettuali e correzioni, in modo da avere certezza dell’approvazione medesima; ricevendo, in contropartita, dal Pergolizzi - oltre alla promessa di sostegno elettorale - la promessa che, nei lavori di realizzazione della palazzina in questione, sarebbe stata coinvolta un’impresa ad ella riferibile, in modo da ottenere utilità economica e sostegno elettorale”.
Le indagini della Direzione Investigativa Antimafia hanno ipotizzato un impegno di Emilia Barrile presso gli uffici di comunali anche a favore di altre pratiche amministrative riconducibili al noto costruttore di Milazzo. Gli inquirenti hanno acquisito presso il Dipartimento Edilizia Privata del Comune di Messina oltre ai documenti relativi al progetto di realizzazione della palazzina nella centrale via Bisazza, gli atti e le richieste presentati nell’ultimo quinquennio da Vincenzo Pergolizzi. “Successivamente la ricerca è stata estesa andando più indietro nel tempo”, riporta la DIA. “Giova precisare che, la maggior parte degli atti sono stati forniti su supporto informatico e si tratta per lo più di comunicazioni certificate che consentono di risalire solo attraverso l’uso dello specifico software alla data di emissione ed al loro originatore. Ciononostante, alcuni degli atti forniti sono risultati danneggiati, e non è stato possibile visionarli. Altri, citati all’interno dei documenti esaminati, non sono stati reperiti nella documentazione consegnata e visionata”.
“Dall’esame degli atti acquisiti è emerso che, in concomitanza con l’intervento di Barrile per aiutare lo sviluppo della pratica relativa alla palazzina in via Felice Bisazza, anche altre pratiche urbanistiche di interesse di Pergolizzi hanno ripreso il loro iter, sopito da tempo in concomitanza con l’esecuzione del provvedimento di prevenzione che aveva spogliato il costruttore della titolarità della società Per.Edil.”, aggiungono gli inquirenti. “Si tratta, in particolare, di due pratiche urbanistiche: una avviata nel settembre 2011 riguardante la modifica di un muro di contenimento per ampliare una zona di parcheggio; l’altra, del settembre 2013, riguardante modifiche interne ad una abitazione su due piani ricadente nella particella catastale adiacente a quella del muro di contenimento. Entrambe avevano avuto un avvio negativo e sono state rivisitate a partire dal marzo del 2016 fino a giungere a conclusione positiva nell’arco di pochi mesi, ed in taluni casi con atti svolti con una rapidità sorprendente. Lo sviluppo positivo di queste pratiche è stato concomitante con le ripetute visite presso quegli uffici di Emilia Barrile che ha accreditato Carmelo Cordaro”.
La prima delle due veloci pratiche superveloci era stata avviata il 29 marzo 2013, quando il curatore speciale Cappadona, agendo per conto della ditta Per.Edil Srl, aveva richiesto al Dipartimento Attività Edilizie Repressione Abusivismo del Comune di Messina, la concessione edilizia in sanatoria per le modifiche, apportate al progetto originario, interne ed esterne ad un fabbricato di due piani costruito in via Ducezio, nei pressi del complesso residenziale “Aralia” (protocollo d’entrata del 26 settembre 2013, così come riportato nella relazione  tecnica redatta dallo studio Falzea). “Il 18 giugno 2014, il Comune di Messina comunicava alla ditta Per.Edil. - e per conoscenza, all’arch. Giuseppe Falzea, nonché all’Ufficio Agibilità dell’Edilizia Privata di Messina - che non si può procedere all’istruttoria per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria del fabbricato per carenza di documentazione della regolarità tecnica-amministrativa dell’immobile”, annotano gli inquirenti. Nella stessa nota, veniva indicato il termine di trenta giorni dalla ricezione per integrare la documentazione richiesta; decorso tale termine, l’istanza presentata era da intendersi priva di effetto.
L’ 8 marzo 2016, il Dipartimento Edilizie Privata comunicava alla Per.Edil., di non aver ancora ricevuto la documentazione necessaria per la definizione della pratica richiesta nel giugno 2014, dando una presunta giustificazione, “che ciò possa essere successo per un possibile errore dell’indirizzo della PEC”. Anche in questo caso, i dirigenti del Comune fissavano il termine perentorio di trenta giorni dalla notifica per la presentazione della documentazione richiesta. “L’amministratore della Per.Edil, Carmelo Cordaro, spedisce al Dipartimento Edilizia Privata una lettera in data 6 aprile 2016, con cui trasmette le integrazioni richieste nella nota del 26 settembre 2013 e la domanda per concessioni ed autorizzazione, redatta il 4 aprile 2016”, riporta la DIA. “Il 13 aprile 2016, il suddetto Dipartimento del Comune di Messina, facendo riferimento alla comunicazione del 26 settembre 2013, comunica alla ditta - e per conoscenza all’U.O.C. 9 - Repressione abusivismo del medesimo Comune - che, dall’esame delle integrazioni trasmesse dalla Per.Edil. nell’aprile 2016, gli interventi richiesti non sono ammissibili”. Ciononostante, il 17 maggio 2016, il Comune di Messina, comunicava alla ditta di Pergolizzi che “dalle verifiche effettuate negli elaborati tecnici allegati alla lettera acquisita il 22 aprile 2016 (documentazione non trovata negli atti acquisiti), risulta la completezza documentale della pratica e la conformità dell’intervento proposto allo strumento urbanistico ed alle norme vigenti in materia”.
“L’esame della documentazione porta ad alcune interessanti considerazioni”, commenta la Direzione Investigativa Antimafia. “Innanzitutto, sono gli uffici comunali, in apparenza, a riavviare l’iter burocratico della pratica inviando una comunicazione alla Per.Edil - attraverso il suo tecnico, arch. Falzea - in cui segnalano un possibile errore nell’indirizzo PEC su cui era stata inviata la richiesta di integrazione della documentazione nel mese di giugno 2014 (…) La pratica, dopo questa comunicazione, riceve l’impulso con lettera datata 6 aprile 2016 e assunta a protocollo l’11 aprile. Solo due giorni dopo, l’ufficio - con nota firmata dall’istruttore Salvatore Bruno, dal coordinatore arch. Danilo De Pasquale e dal dirigente arch. Antonella Cotroneo - ha espresso un netto parere negativo che quindi non ha richiesto particolari studi o valutazioni, segno che ai tre professionisti, era apparso immediatamente che le opere richieste non rientravano tra quelle sanabili. Tuttavia, in pochi giorni lavorativi, la Per.Edil. e il suo tecnico Falzea hanno prodotto ulteriore documentazione depositata il 22 aprile 2016, non reperita in atti, che ha prodotto lo stravolgimento del convincimento dei funzionari dell’ufficio comunale tanto che, il 17 maggio 2016, hanno radicalmente modificato il proprio parere”.
Similare l’iter relativo al secondo procedimento avviato negli stessi mesi dai più stretti collaboratori del costruttore Pergolizzi. “L’amministratore della Per.Edil., Carmelo Cordaro, con lettera redatta in data 4 marzo 2016, chiede al Dipartimento di Edilizie Privata l’esame urgente del progetto in sanatoria depositato in data 12 settembre 2011 (documentazione non trovata negli atti acquisiti)”, annota la DIA. In risposta alla domanda, il 30 marzo 2016 il Comune di Messina richiede alla società alcuni versamenti per la tariffa Urbanistica e la presentazione entro il termine di cinque giorni dalla notifica di un’istanza di autorizzazione di edilizia in sanatoria, pena l’archiviazione della pratica con effetti di diniego. “Il 6 aprile 2016, l’amministratore Cordaro trasmette al Dipartimento Attività Edilizia e Repressione Abusivismo del Comune, una lettera con le integrazioni richieste per la definizione del progetto a firma dell’arch. Giuseppe Falzea”, annotano gli inquirenti. “Otto giorni più tardi viene redatto dal Comune il Rapporto istruttorio; il 25 maggio viene invece rilasciato l’Attestato di Regolarità Amministrativo/Contabile da parte del Dipartimento Edilizie Privata. Infine, l’8 giugno viene redatta l’Autorizzazione Edilizia (il numero non è indicato), a firma del coordinatore dell’U.O.C. 8 dott. Carmelo Pino, del Coordinatore tecnico arch. Danilo De Pasquale e del dirigente del Dipartimento, arch. Antonella Cutroneo, con la quale si approva l’esecuzione dei lavori inerenti il Progetto in sanatoria di un immobile sito in Via Ducezio – Parco Mira, complesso Aralia, ricadente nel P.R.G. vigente in zona “B4c”.
Interessanti anche in questo caso le considerazioni a cui giunge la Sezione operativa di Messina della Direzione Investigativa Antimafia. “I documenti da cui origina questa pratica non sono stati consegnati dagli uffici dell’edilizia privata, mentre vi è la trasmissione della lettera datata 4 marzo 2016 con cui si richiede di esaminare con urgenza il progetto all’epoca trasmesso”, riporta l’Informativa. “Questa pratica all’apparenza scorre senza intoppi o anomalie, ma è legata strettamente a quella precedente sopra indicata. In estrema sintesi lo scopo delle due pratiche è quello di suggellare con la sanatoria la situazione di fatto che ha visto la modifica della suddivisione dell’immobile su due piani per costruire un muro di contenimento e ridisegnare la strada all’interno del complesso Parco Mira per ottenere un maggior numero di posti auto (…)  La tempistica delle due pratiche è perfettamente sovrapponibile e coincide con gli interventi presso quegli uffici di Emilia Barrile in favore di Pergolizzi e Cordaro”.
Le indagini hanno evidenziato la “piena conoscenza” da parte di Emilia Barrile del ruolo imprenditoriale di Vincenzo Pergolizzi; la donna arriva a suggerire all’amico-consigliere Francesco Clemente di acquistare insieme a Pergolizzi una proprietà dell’on. Francantonio Genovese per avviare un’operazione edilizia. “Comunque pure tu, con Francantonio ... pure lui che ha i terreni ... che doveva costruire ... perché non gli dici o ti vende la proprietà e gliela vendi a Pergolizzi e costruisce lui. Quella che c’è alla salita di Sperone alla destra... Là è suo, che dovevano costruire... Quello là di fronte a McDonald è suo, a Tremestieri, a Contesse...”, dice Barrile a Clemente in un colloquio intercettato il 16 febbraio 2016.
Gli inquirenti ritengono poi che Francesco Clemente era “certamente” a conoscenza dei “rapporti di contiguità con la criminalità organizzata” imputati a Vincenzo Pergolizzi e del procedimento di prevenzione personale e patrimoniale a cui era stato sottoposto. “Questo lo si comprende da numerose intercettazioni e, a titolo esemplificativo, si riporta ciò che egli spiega alla propria collaboratrice Domenica Milioti nel corso di una conversazione captata il 5 marzo 2016”, scrive la DIA. “Milioti: Ma insomma è mafioso oppure no?. Clemente: E' più, più articolato il ragionamento… Non è mafioso in senso che lui ha campato con la mafia, no, ma di natura secondo me sì, pure più (ndr ride) del miglior mafioso che esiste al mondo. lo so che cazzo gli è successo a questo cristiano, secondo me lui si è affascinato a questo modo, hai capito?”.
“Appare rilevante comprendere anche le motivazioni che hanno spinto Barrile a prestarsi ed a mettersi a disposizione di un soggetto controindicato come Pergolizzi”, prosegue la DIA. “Come in quasi tutti gli episodi e le circostanze oggetto della presente informativa, le motivazioni di Barrile vanno ricercate principalmente, se non quasi esclusivamente, nella sua ambizione politica. D’altro canto Clemente ha la certezza che Barrile sia disponibile a favorire lui e Pergolizzi; i due, in passato, hanno già cooperato, come emerge dai dialoghi intercettati da cui si evince come il loro rapporto sia fortemente connaturato da questa insana aspirazione politica. Clemente, il 12 maggio 2016 si trova a bordo della sua autovettura in compagnia di Pergolizzi e dell’imprenditore Giuseppe Pettina, residente a Patti. Pergolizzi parla del fatto che secondo lui tutti cercano voti. Clemente è d’accordo con lui e gli racconta che, quando lui era in politica, si offrivano buoni di benzina e soldi per ottenere dei voti e che lui ha usato questa strategia; a Gravitelli lui era stato aiutato da Emilia (riferimento ad Emilia Barrile) in cambio di elargizioni di buoni di benzina e soldi. Pergolizzi chiede se abbia utilizzato questo sistema solo con lei, affermando che, secondo lui, sicuramente ci sono stati pure altri. Clemente risponde: Certo - e dicendo che questo tipo di sistema è stato sempre usato e ricorda quando la madre prendeva la pasta; ma continua affermando che da un po' di anni a questa parte questo sistema non può più essere attuato. Pergolizzi chiosa sostenendo altresì che se uno cammina dritto non porta paglia a Lipari (modo di dire per intendere che se non si traffica in modo illecito non si guadagna a sufficienza)”.
Ancora più emblematico il contenuto di un altro dialogo intercettato il 17 luglio 2016, mentre Francesco Clemente transita in via Tommaso Cannizzaro prima ed in via Pietro Castelli poi, in compagnia della moglie e del figlio tredicenne. “Clemente racconta che lui una volta era sindaco di quel quartiere; poco dopo aggiunge che lui in quelle case prendeva 600 voti”, annota la DIA. “Giunti sulla via Pietro Castelli, Clemente precisa al figlio che lui in quelle case popolari prendeva il 50% dei voti grazie alla sua amica Emilia che viveva in quel rione; la moglie di Clemente ripete al figlio che è stato grazie ad Emiliache il padre è riuscito ad ottenere tutti quei voti...”.

Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 24 settembre 2018, http://www.stampalibera.it/2018/09/24/terzo-livello-i-documenti-inediti-barrile-e-le-pressioni-sugli-uffici-comunali-nellinteresse-di-pergolizzi-clemente-i-voti-con-buoni-benzina-e-soldi/ 

Tutti i droni di Sigonella

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La Sicilia è sempre più trampolino di lancio di pericolose operazioni militari. I droni sono i nuovi strumenti di guerra e Sigonella è la loro capitale mondiale.

Oltre 550 attacchi con missili a guida laser e Gps; centinaia di omicidi extragiudiziali di presunti combattenti Isis”; top secret il numero delle “vittime collaterali”, donne, bambini, anziani rei di essersi trovati nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Questo il bilancio ufficiale delle operazioni in Libia condotte dal 2011 dalle forze armate USA con l’utilizzo dei droni killer, i famigerati MQ-9 “Reaper” (letteralmente macchina falciatrice), buona parte dei quali decollati dalla base aerea siciliana di Sigonella, ormai nota in ambito militare come la “capitale mondiale dei droni”. In quella che è da decenni l’installazione chiave per gli interventi del Pentagono e della NATO in Africa, Medio oriente, est Europa e sud-est asiatico, dal 25 marzo 2011 è operativo il 324th Expeditionary Reconnaissance Squadron dell’US Air Force, reparto d’élite che ha per motto il Veni, Vidi, Vici che Giulio Cesare pronunciò dopo aver sconfitto nel 47 a.C. l’esercito di Farnace II del Ponto a Zela, nella Turchia orientalee per sistema d’armamento i droni da ricognizione e sorveglianza Predator e quelli d’attacco Reaper. Un mese dopo lo schieramento del 324th Squadron, la prima azione falciatrice a Misurata, seguita da un sanguinoso raid a Tripoli. Secondo quanto dichiarato al periodico investigativo The Interceptdal colonnello Gary Peppers, già comandante del reparto statunitense operante in Sicilia, in quella tragica primavera del 2011 gli attacchi con droni in Libia furono ben 241. D’allora, l’uso di Sigonella come piattaforma di lancio dei droni d’intelligence ed esecuzione extragiudiziale non ha conosciuto interruzioni: le operazioni si sono estese a tutta l’Africa sub-sahariana e alla Somalia, mentre solo per restare in ambito libico, la base siciliana non ha avuto rivali nell’escalation dei bombardamenti USA contro i “terroristi”. Quando nel 2016 l’Amministrazione Obama lanciò un’offensiva contro le milizie filo-Isis presenti nella città di Sirte (operazione Odyssey Lighting), in meno di cinque mesi furono effettuati 495 raid, il 60% dei quali con i Reaper di Sigonella. Una ventina quelli già autorizzati da Donald Trump in Libia: gli ultimi, in ordine, il 6 e 13 giugno 2018, quando i droni manifestarono la loro potenza di fuoco contro presunti leader pro al Qaida, colpendo però anche ignari e innocenti passanti.
Non ha scandalizzato nessuno il recente reportage di Repubblica e The Intercept sulla guerra segreta in Libia condotta da Washington da una base in territorio italiano. Anche Amnesty International ha pubblicato un documentato rapporto sul network internazionale che consente le esecrate e criminali operazioni di sterminio del Pentagono con l‘utilizzo dei droni, riservando proprio a Sigonella uno dei ruoli chiave. Ad oggi nessun  governo ha ritenuto doveroso informare il Parlamento e l’opinione pubblica sugli accordi sottoscritti per consentire l’uso del territorio e dello spazio aereo nazionale da parte dei velivoli senza pilota statunitensi. Secondo il Centro Studi Internazionali (CeSI) di Roma, il Ministero della Difesa ha concesso, con mere “comunicazioni” del 15 settembre 2012 e del 17 gennaio 2013, un’autorizzazione “temporanea” allo schieramento dei droni d’intelligence e armati nella base di Sigonella, concessione poi estesa nel numero dei velivoli e nelle funzioni alla vigilia dell’attacco a Sirte del 2016. “Concedendo le autorizzazioni, le autorità italiane hanno fissato precisi limiti e vincoli alle missioni di queste specifiche piattaforme”, aggiunge il CeSI. “Ogni operazione che abbia origine dal territorio italiano dovrà essere condotta come stabilito dagli accordi bilaterali in vigore e nei termini approvati. Nello specifico, si possono autorizzare le sortite di volo volte all’evacuazione di personale civile, e più in generale non combattente, da zone di guerra e operazioni di recupero di ostaggi e quelle di supporto al governo del Mali secondo quanto previsto nella Risoluzione n. 2085 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Il bollettino di guerra stilato dalle testate giornalistiche e da Amnesty International attingendo alle fonti del Pentagono, ha però documentato un quadro assai differente. In base alle norme sulla trasparenza degli atti amministrativi, l’European Center for Constitutional and Human  Rights (ECCHR) di Berlino, in collaborazione con la cattedra di Diritto penale internazionale dell’Università di Milano, ha chiesto poter visionare il testo degli accordi sull’uso di Sigonella come base dei droni USA, ma dopo l’ennesimo rifiuto del Governo, ha dovuto presentare un ricorso in sede di giustizia amministrativa. Mentre si attende un pronunciamento definitivo dei giudici, le forze armate USA continuano ad eseguire impunemente dalla Sicilia le sentenze di condanna a morte contro gli indiziati di “terrorismo internazionale”.
Dal 2008, l’US Air Force schiera a Sigonella pure 4-5 aerei senza pilota Global Hawk, utilizzati per le operazioni d’intelligence in Africa e Medio oriente, nei Balcani e più recentemente anche in Crimea e Ucraina.Lo scalo siciliano è stato inoltre prescelto dalla Marina USA come base operativa avanzata del sistema MQ-4C Triton, anch’esso con velivoli senza pilota d’intelligence e telerilevamento. Le infrastrutture necessarie saranno completate entro quest’estate (costo 40.641.000 dollari), mentre i nuovi droni dovrebbero operare dalla Sicilia a partire del giugno 2019. Come se ciò non bastasse, Sigonella sarà presto impegnata pure nelle attività di comando, controllo, gestione, telecomunicazioni via satellite e manutenzione di tutti i droni da guerra schierati dagli Stati Uniti a livello planetario, grazie al sistema UAS SATCOM Relay Pads and Facility in via di installazione. “Sigonella garantirà la metà delle trasmissioni del Sistema dei velivoli senza pilota e opererà in appoggio al sito di Ramstein (Germania)”, spiega il Pentagono. Secondo quanto riportato da The Intercept, l’UAS Satcom Relay di Ramstein è il vero “cuore hi-teach della guerra USA dei droni”. “Ramstein fa viaggiare sia il segnale satellitare che dice al drone cosa fare, sia quello che trasporta le immagini che il drone vede”, spiega il periodico. “Grazie al sistema UAS Satcom il segnale riesce a viaggiare senza ritardi in modo da permettere ai piloti di manovrare un velivolo a migliaia di chilometri con la necessaria tempestività”. L’UAS Satcom Relay di Sigonella opererà come stazione “gemella” dell’infrastruttura ospitata in Germania, assicurando la trasmissione dei dati alla base aerea di Creech (Nevada), la principale centrale di US Air Force per le operazioni dei velivoli senza pilota.
Anche la NATO ha scelto la stazione aerea siciliana come centro di comando e logistico del nuovo sistema di “sorveglianza terrestre” AGS (Alliance Ground Surveillance): esso si articolerà in stazioni di terra fisse, mobili e trasportabili per la pianificazione e il supporto operativo alle missioni e da una componente aerea basata su 5 velivoli a controllo remoto RQ-4 Global Hawk, dotati di sofisticati sensori termici per il monitoraggio di oggetti fissi ed in movimento. I droni potranno volare da Sigonella con un raggio d’azione di 16.000 km, sino a 18.000 metri di altezza e a una velocità di 575 km/h, in qualsiasi condizione atmosferica. A fine maggio, la NATO ha firmato un contratto per il valore di 60 milioni di euro con il colosso delle costruzioni Astaldi S.p.A. di Roma per la progettazione e l’esecuzione dei lavori di ampliamento dell’area per le operazioni dei velivoli AGS. Nello specifico, a Sigonella saranno realizzati 14 edifici per il “rimessaggio-attrezzaggio degli aeromobili” e uffici-comando per circa 800 addetti dell’Alleanza Atlantica. “Da Sigonella inizierà un viatico per proiettare la stabilità proprio sul confine meridionale della NATO, in collaborazione con lo Strategic Direction South Hub, basato presso il comando militare dell’Alleanza Atlantica di Napoli e che dal 2017 ha la finalità di aumentare la capacità di identificare e monitorare le molteplici minacce dal confine sud della NATO, con un centro di coordinamento per le operazioni di anti terrorismo, raccolta ed analisi dati ed informazioni sulle principali aree di crisi del Vicino oriente e dell’Africa settentrionale”, spiega l’analista Alessandra Giada Dibenedetto del Ce.S.I. di Roma. Secondo il quartier generale della NATO, il primo Global Hawk AGS dovrebbe raggiungere in volo Sigonella dagli Stati Uniti nel corso del 2019.
Anche l’Aeronautica militare italiana concorre attivamente al processo di trasformazione di Sigonella nella base strategica delle nuove dottrine di guerra  “automatizzata” del XXI secolo. Il 10 luglio 2017 è stato costituito nel settore sotto controllo italiano, il 61° Gruppo Volo Ami, dotato di droni MQ-1C Predator, “allo scopo di consolidare e rafforzare il dispositivo di sicurezza nazionale per l’attività di sorveglianza nell’area del Mediterraneo, davanti alle coste del Nord Africa”. Il rischiaramento a Sigonella dei velivoli senza pilota alle dipendenze del 32° Stormo di Amendola (Foggia), è stato ufficialmente avviato nell’ambito della missione anti-terrorismo e anti-migrazioni Mare Sicuro, ma nei report dell’Aeronautica si parla altresì di “protezione delle linee di comunicazione, dei natanti commerciali e delle piattaforme off-shore nazionali, ecc.”. Attualmente i Predator italiani sono disarmati, ma è imminente la riconversione di alcuni di essi o l’acquisizione di droni-killer, così anche Roma potrà mietere, anzi falciare, vite umane in Libia e nell’Africa sub-sahariana.

Articolo pubblicato in Mosaico di Pace, n. 8, settembre 2018

Supermercati da Terzo livello. E l’assessorato all’Urbanistica è casa loro…

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Sette iper e supermercati in centro città e provincia con insegna Despar, oltre 150 dipendenti e fatturati da capogiro. Uno dei maggiori business della distribuzione alimentare nel messinese, con a capo due grandi società, Fi.Di.Al. S.p.A. e Fiorino S.r.l., interamente controllate dalla storica famiglia dei Fiorino. Amministratore unico e titolare del capitale sociale congiuntamente a fratelli e sorelle, l’imprenditore Antonio “Tony” Fiorino, pure amministratore di una società di costruzioni, la Green Building Srl di Messina.
Antonio Fiorino è oggi uno dei personaggi eccellenti dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Messina sul cosiddetto Terzo livello che i primi di agosto ha condotto agli arresti domiciliari l’ex presidente del Consiglio comunale e candidata a sindaco alle ultime amministrative Emilia Barrile e alcuni dei suoi più stretti collaboratori e consiglieri. A causa di certi suoi discutibili (e consolidati) rapporti con l’esponente politica, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale peloritano ha applicato al noto operatore della distribuzione alimentare la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali e di ricoprire uffici apicali in seno ad imprese e persone giuridiche. Le indagini sul Terzo livello, infatti, avrebbero evidenziato indebiti scambi di favori che Emilia Barrile, attraverso la sua ingerenza politica, avrebbe fatto a Fiorino nei vari uffici del Comune di Messina.
“In più occasioni - scrive il giudice nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari - Barrile, pubblico ufficiale, quale Presidente del Consiglio Comunale di Messina, sfruttando relazioni esistenti con altri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio riceveva dall’imprenditore Tony Fiorino, per sé o per altri, utilità economiche o ne accettava la promessa, come prezzo della propria mediazione illecita, interferendo sull’operato degli uffici comunali, in ordine alle pratiche amministrative concernenti la realizzazione di un centro commerciale, in località Sperone, di interesse di Tony Fiorino, sollecitandone sistematicamente la trattazione, ed accompagnando personalmente l’imprenditore presso gli uffici interessati, dispiegando sui funzionari incaricati la sua influenza al fine di velocizzare le pratiche”.
L’esponente politica (eletta con il Pd e poi transitata in Forza Italia sulla scia degli onorevoli Francantonio Genovese e Franco Rinaldi), secondo gli inquirenti, sarebbe intervenuta “con pressioni, false allusioni relative a pubblici interessi (asseritamente ad ella rappresentati dai consiglieri di quartiere), dei quali ella faceva intendere, falsamente, di rendersi portavoce come vertice del civico consesso, ed ulteriori allusioni relative alla realizzazione di possibili abusi - sui responsabili degli uffici comunali competenti, perché le fornissero informazioni riservate sullo stato delle pratiche concernenti l’avvio di iniziative imprenditoriali da parte di terzi, in concorrenza con attività economiche del Fiorino, tentando di ostacolarne la nascita, ed interferendo, in tal modo, sulla imparziale formazione della volontà della pubblica amministrazione comunale”. L’esponente politica accedeva altresì “abusivamente al sistema informatico del Comune di Messina, relativo ai dati anagrafici, ottenendo informazioni riservate che forniva al Fiorino, per avvantaggiarne lo svolgimento dell’attività economica; sollecitava - minacciando o sollecitando ripercussioni sui dipendenti comunali, ove non accondiscendessero alla velocizzazione da ella richiesta - la pronta trattazione di una pratica relativa ad una richiesta di accesso agli atti, formulata dal Fiorino medesimo, e concernente parimenti i suoi interessi economici: ricevendo, in contropartita, dal Fiorino - oltre alla promessa di sostegno elettorale per le elezioni regionali – l’assunzione di plurimi soggetti da ella segnalati presso le imprese riconducibili al privato (o la promessa di sottoporli a colloqui per successive assunzioni), la promessa che, nei lavori di realizzazione del centro commerciale, sarebbe stata coinvolta un’impresa ad ella riferibile, in modo da ottenere utilità economica e sostegno elettorale, e la corresponsione di contributi economici in favore della squadra di pallamano ove militavano le di lei figlie”. Ancora Barrile e Tony Fiorino, la prima in qualità di pubblico ufficiale, il secondo quale privato istigatore, “tramite un dipendente comunale - indotto ad effettuare gli accertamenti su richiesta della Barrile, visto lo status di esponente di vertice nel Comune di Messina, si introducevano abusivamente il 5 luglio 2016 nel sistema informatico, protetto da misure di sicurezza, costituito dai registri anagrafici comunali, effettuando accertamenti di interesse di Fiorino, concernenti la situazione anagrafica e familiare di Tindara Aiello, i cui esiti venivano dalla Barrile riferiti al medesimo Fiorino”.

Quel supermercato in via Botta non s’ha da fare

Stando alla ricostruzione della Sezione Operativa di Messina della Direzione Investigativa Antimafia, Tony Fiorino avrebbe richiesto la collaborazione di Emilia Barrile principalmente per ottenere lo sblocco dell’iter autorizzativo per la costruzione da parte della società Fi.Di.Al. SpA di un importante punto vendita nella zona nord del comune di Messina, lungo il torrente Papardo, in località Sperone. Successivamente, il noto imprenditore avrebbe chiesto una mano a Barrile per cercare di impedire l’apertura di un supermercato concorrente proprio di fronte ad uno dei suoi storici punti vendita nel centro città.
“Il 20 gennaio 2016 Barrile contatta l’ingegnere Francesco Clemente affinché anche egli contribuisca a verificare qual è il problema che blocca l’iter della pratica autorizzativa presso i competenti uffici tecnici del Comune”, annota la DIA. Lo stesso giorno Barrile chiama l’amico commercialista Marco Ardizzone. La donna inizialmente lo informa di avere appena incontrato Tony. Poi Barrile ricostruisce la vicenda di questo supermercato, il cui iter realizzativo è stato avviato da oltre un decennio senza che Fiorino ne sia ancora venuto a capo.“Ti devo dire una cosa...”, esordisce Barrile. “In pratica, la persona che mi sono vista deve cominciare ora, aspetta la concessione edilizia lì, a Sperone che stanno facendo un grosso supermercato. E ora deve capire pure a chi darlo in gestione la costruzione alla società… Qualcosa gliela sta seguendo Scoglio che è un ex avvocato, perché ora deve fare la convenzione con il Comune. Gli stanno facendo fare la muffa… Dice: è dal 2006 che cerco questa autorizzazione… Nel 2011 abbiamo fatto la delibera noi, ora vuole una copia autentica per presentarla al notaio per fare questa convenzione e poi chiedere la concessione edilizia per iniziare a costruire...”.
“Barrile– scrivono gli inquirenti nell’Informativa riepilogativa delle indagini datata 6 ottobre 2017 - sempre in maniera estremamente farraginosa e continuando a raccontare il dialogo che ha avuto con Fiorino, riferisce che questi - per effettuare i paventati lavori di costruzione del supermercato - le ha fatto il nome di una persona amica del suo onorevole (riferimento all’on. Francantonio Genovese N.d.R.) e molto amica anche di Clemente, mentre lei gli ha fatto presente che preferirebbe che la scelta ricada su una persona che lei già conosce, così un domani quando dovrà essere aiutata in alcune cose (elettoralmente ndr), lei può agire direttamente ed in autonomia (…) Sempre nel contesto della stessa telefonata, Barrile afferma di aver detto all’onorevole Genovese che Tony Fiorino è contento che lei sia transitata in Forza Italia, precisando che l’imprenditore le ha assicurato il suo appoggio affinché la stessa venga eletta alle elezioni regionali: Io gli ho detto all’onorevole, l’unico contento di questa cosa è Tony, perché lui è di destra come imprenditore… Poi me l’ha detto chiaro: comunque su di te dobbiamo lavorare perché tu devi uscire bene alle regionali ...”.
Il 29 gennaio 2016 Emilia Barrile contatta Fiorino e questi le propone un incontro per il giorno successivo con la partecipazione anche dell’ingegnere Clemente. “Per la copia conforme della delibera, non so se ci sono problemi ancora all’urbanistica”, spiega l’imprenditore. “La donna conferma l’appuntamento e lo informa che la copia conforme della delibera - di cui avevano parlato nel precedente incontro - ...l’ha fatto il dirigente..., e nello stesso tempo gli assicura che ora lei verificherà se la dovranno ritirare loro o se verrà trasmessa direttamente d’ufficio”, riporta la DIA. Nella stessa conversazione Barrile spiega al suo interlocutore di non sapere quale sia il passaggio che bisogna fare per il notaio, ma Fiorino la rassicura dicendo che ora lui farà seguire la pratica al suo avvocato, Gianfranco Scoglio.
“Il ruolo che Clemente dovrà assumere viene in parte chiarito da alcuni dialoghi intercettati a bordo della sua auto ed intercorsi tra lui e il costruttore milazzese Vincenzo Pergolizzi”, si legge nell’Informativa. “Già lo stesso pomeriggio dell’incontro, Clemente racconta a Pergolizzi che quella cosa di Fiorino riguarda le opere di urbanizzazione, poiché comprende la realizzazione di una strada e di una rotonda sul torrente Papardo e per i cui lavori servono circa 240 mila euro di computo metrico. Spiega, tra l’altro, che Fiorino, per la predetta opera, vuole che il calcestruzzo sia preso dallo stabilimento di Saro Arcovito, titolare della Bentocal Srl con sede a Pace del Mela. Clemente aggiunge che Fiorino ha dato a lui l’incarico di visionare tutte le carte relative alla progettazione del predetto lavoro”.
Il giorno 30 gennaio, come da accordi telefonici, Barrile e Fiorino si incontrano a Messina in un bar del centro. “Le conversazioni captate già durante quest’incontro chiariscono che i due si sono incontrati per discutere di problematica diversa dalla costruzione del nuovo supermercato che, in quei giorni, attanagliava Fiorino, ovvero quella dell’imminente apertura di un supermercato da parte di operatori della concorrenza nei locali ove, in passato, vi era il negozio Euronics a pochi metri di distanza dal supermercato Despar di via Carlo Botta”, spiega la DIA. “Barrile, mentre è ancora in compagnia di Fiorino, chiama Salvatore (successivamente identificato in Salvatore Mastroianni, funzionario dell’ufficio Annona del Comune di Messina), per chiedergli conto della vicenda. Pretestuosa, e meritevole di attenzione, appare la falsa motivazione che Barrile fornisce a Mastroianni per giustificare i motivi della sua richiesta. Barrile, infatti, facendo leva sulla sua carica di Presidente del Consiglio Comunale e per fare pressioni sull’interlocutore, lascia intendere che la costruzione di questo nuovo supermercato aggraverebbe la già precaria situazione viaria della zona - carenza parcheggi ed elevato traffico - e manderebbe in sofferenza i supermercati già esistenti. Analoghe considerazioni Barrile le esprimerà alcuni giorni dopo, parlando con un funzionario dell’urbanistica, l’ing. Salvatore Parlato, al quale, addirittura, lascia trapelare che dette sollecitazioni le sarebbero pervenute direttamente dai consiglieri di quartiere…”.
L’impegno a tutto campo di Emilia Barrile per favorire Tony Fiorino trova conferma nella sua conversazione del 23 febbraio 2016 con il commercialista Marco Ardizzone. “Niente, ora vado al Comune, e mi faccio..., e mi prendo... Vado con Cardile. Devo andare un attimo all’ufficio Annona... e una cosa per Tony devo vedere”, spiega Barrile. Arrivata presso gli uffici, la donna  annuncia la sua presenza al funzionario Mastroianni. “Mentre è lì – annota la DIA - Barrile chiama Fiorino per farsi dare il nome della ditta concorrente e questi le risponde: E io non lo so, perché non so con quale società stanno lavorando…; poi Barrile gli da il numero dell’ufficio di Carmelo Polito, responsabile della Direzione Servizio gestione PEC – Medie strutture del Comune di Messina e Fiorino la chiama al fisso. Subito dopo aver parlato con Tony - ed avere appreso da questi il possibile nome della società che doveva aprire il nuovo supermercato - Barrile chiama Salvatore (Parlato ndr) per chiedere se nei locali dell’ex negozio La Via Lattea in via Carlo Botta, stanno aprendo un supermercato di generi alimentari con la denominazione Gicap o Capone, e questi risponde che le farà sapere. Mentre la conversazione sta per essere chiusa, Barrile afferma, come già anticipato, che glielo chiedevano alcuni consiglieri di quartiere se era vero…”. “Io ho parlato... cioè l’urbanistica, dovrebbe essere Parlato, ma dice che lui non si ricorda, ora guardava...”, spiega subito a Fiorino.Quest’ultimo le domanda allora “se ha chiesto all’arch. Cutroneo, dirigente del Dipartimento di Edilizia Privata, e Barrile risponde di Noe che innanzitutto: eh, là... là, la Cutroneo, però bisogna vedere se loro hanno fatto l’autorizzazione per la concessione edilizia, per la sanatoria, bisogna vedere che tipo di fascicolo hanno presentato”.
Emilia Barrile continua a prodigarsi incessantemente per risolvere il problemadi Tony Fiorino ed il giorno dopo lo chiama per comunicargli che l’indomani si sarebbe recata presso gli uffici del Dipartimento di Urbanistica. “Perché sicuramente è tutto all’urbanistica, quella situazione ancora...”, spiega Barrile rassicurandolo che parlerà della questione anche con Eleonora Giovinazzo, funzionaria dell’Area Coordinamento del Dipartimento Politica del Territorio e responsabile della pratica relativa alla costruzione del supermercato a Sperone. “Il 26 febbraio Barrile informa Ardizzone che in mattinata si sarebbe recata all’urbanistica per verificare lo stato di alcune pratiche raccomandatele da più persone, perché c’è da guardare come sono messe... da tanto che devo farla, sopratutto quella di Tony, che gliel’hanno ribloccata… Lui merita va!!!.”, riporta l’Informativa. “Tre giorni dopo l’ing. Salvatore Parlato riferisce a Barrile che - con riferimento alla richiesta che aveva caratterizzato i loro precedenti colloqui - in quegli uffici non c’è nessuna di cambio d’uso dei locali dell’ex negozio La Via Lattea e che come Gicap risultano due pratiche: una che riguarda un punto vendita del viale Giostra, e l’altra riguardante un punto vendita di Tremonti. Barrile ribadisce che a lei interessa sapere solo se esiste qualche concessione che autorizza l’apertura di un supermercato in via Carlo Botta e Parlato risponde che dalla ricerca che sta effettuando in quel frangente, non risulta nulla neanche come Capone. Il precitato continua dicendo che risulta, invece, una richiesta formulata nell’anno 2012 da Franchina (oggi ed all’epoca dei fatti titolare del negozio ad insegna Euronics – La Via Lattea) per il cambio d’uso dei predetti locali e - alla donna che afferma che potrebbe essere quella che interessa loro - spiega che la richiesta l’ha formalizzata l’ing. Colonna per conto di Franchina, assicurandole che comunque continuerà la ricerca. Effettivamente, dopo meno di 10 minuti, Parlato ricontatta Barrile e le conferma il cambio d’uso degli ex locali del negozio di via Carlo Botta precisando che, in data 6 marzo 2016, è stata rilasciata una concessione per l’utilizzo per uso parcheggio dell’area di un fabbricato sito in via Del Bufalo, a circa 300 metri di distanza dalla ex Via Lattea. Barrile commenta negativamente questa circostanza ed addirittura si informa per sapere se era stata rilasciata anche l’agibilità dei locali”.
Nella stessa mattinata del 26 febbraio, Emilia Barrile informa Fiorino su quanto appreso dal funzionario comunale. Nella stessa conversazione l’imprenditore le chiede se lei è riuscita a parlare con la Giovinazzo, ma Barrile risponde di No ma che l’avrebbe chiamata al più presto. “Nonostante le indagini di Barrile ed i suoi tentativi di impedire l’apertura del supermercato in concorrenza con Fiorino, alla data odierna è stato aperto in via Carlo Botta il supermercato ad insegna Maxi Sidis, con parcheggio in via Felice Bisazza, a poche decine di metri dal Despar”, scrivono gli inquirenti.

Il miracolo di santa Emilia a Sperone

Esaurito lo sforzo (inutile) di ostacolare i diretti concorrenti in centro città, Tony Fiorino & C. si concentrano sul procedimento amministrativo volto alla realizzazione del supermercato in località Sperone. “In quegli stessi giorni Francesco Clemente ha terminato l’esame della documentazione fornitagli da Fiorino ed ha preparato il preventivo da sottoporgli, come si apprende da due dialoghi tra questi e la collaboratrice Domenica Milioti in cui la donna vorrebbe accompagnarlo a presentare l’offerta a Fiorino ma Clemente chiarisce che la farà pervenire tramite Barrile e per questo Milioti lo rimprovera”, riporta la DIA. “Il 3 marzo 2016 si registra una conversazione in cui Clemente informa Fiorino di aver completato quello studio lì e gli chiede di vedersi il giorno seguente presso la sede dell’imprenditore a Giammoro. Il giorno dopo questo incontro, Clemente, a bordo della sua autovettura, ne racconta al costruttore Pergolizzi i passi salienti. Di fatto Clemente riferisce che Fiorino, dal mese di aprile 2006, attende di avere l’autorizzazione per l’inizio lavori per la costruzione dell’ipermercato e che, sebbene abbia già speso 4 milioni di euro, ancora non ha visto nulla. Fiorino gli ha fatto inoltre capire che affiderà a lui la progettazione di quell’intervento inerente il preventivo di 370 mila euro”.
Altri importanti spunti per comprendere l’evoluzione della vicenda giungono da una conversazione captata tra i collaboratori di Clemente, Domenica Milioti e Giuseppe Ruggeri. “Dobbiamo vedere se si riesce a sbloccare la situazione, così ci possiamo sedere per organizzare i lavori”, spiega Milioti. “Tutto è bloccato da circa 10 anni, perché dove si deve costruire è un posto dove transitano gli uccelli migratori, vivono le lucertole e le formiche… Per questo non gli hanno concesso le autorizzazioni per la costruzione, perché non possono modificare lo stato dei luoghi”.
Parallelamente agli aspetti progettuali portati avanti dall’ingegnere Clemente, prosegue l’impegno di Emilia Barrile affinché Fiorino ottenga tutte le autorizzazioni. “Invero, l’8 marzo 2016, questi la stimola inviandole un sms con il seguente testo: x la convenzione tempi esasperanti!, e lei, poco dopo, per dargli piena soddisfazione e fargli percepire il suo concreto appoggio, lo chiama e gli fa ascoltare parte della conversazione che, su un’altra linea, sta conducendo con la dott.ssa Giovinazzo, funzionaria che tratta la pratica di Fiorino e che, quest’ultimo le aveva chiesto di contattare”, riportano gli inquirenti. “Barrile proferisce la seguente frase: speriamo in settimana di riuscirci, grazie dottoressa Giovinazzo, buon giorno.... La donna, dopo aver concluso la telefonata, chiede a Fiorino se ha sentito il predetto colloquio e lui, soddisfatto, conferma di aver sentito tutto; lo informa, altresì, che lei la settimana precedente ha parlato di lui anche con l’arch. Schiera, dirigente preposto al settore”. Il giorno dopo, Clemente chiama Barrile e la informa di essersi incontrato con Tony, aggiungendo di avere riscontrato, nei documenti, che la causa di tutto l’impasse burocratico deriva dall’arch. Anna Maria Cacopardo, funzionario direttivo tecnico del Servizio Edilizia del Comune. “Già gli ho telefonato ieri e in settimana gliela da”,risponde Barrile. “Il ritardo si è verificato perché dice che con il suo avvocato, hanno fatto tre modifiche alla convenzione e quindi l’hanno dovuto rifare…. Stando agli inquirenti, il riferimento alla funzionaria Cacopardo fatto da Clemente, sarebbe però un errore: “tutto il contenuto del dialogo si attaglia infatti alla figura della dottoressa Giovinazzo mentre l’architetto Cacopardo non pare, dall’esame degli atti acquisiti, avere avuto alcun ruolo nell’iter procedurale di questa autorizzazione”.
Sempre nel contesto del reciproco scambio di favori ed interessi tra Barrile e Fiorino, il 14 marzo 2016 la donna chiama l’imprenditore e, con la scusa di sapere se abbia novità, gli chiede quando possa mandare un ragazza per un colloquio; Barrile sollecita via sms questo colloquio anche nei giorni seguenti e giorno 17 Fiorino le risponde con il seguente sms: Sì verso le 14.30 p.s. Se puoi sollecitare la Giovinazzo.“Una cosa ti volevo chiedere, è da tanti giorni veramente che ci penso, ma quella cosa di Fiorino là con la Cacopardo com’è finita?”, domanda Clemente a Barrile nella telefonata intercettata il 14 aprile 2016. “La donna gli dice che ha saputo che la convenzione è stata firmata e che lei lo ha saputo da Scoglio (avvocato di Fiorino ndr)”, riporta la DIA. “I due poi discutono dell’iter da seguire affermando che adesso, che c’è la convenzione, bisogna procedere con la fase progettuale e discutono anche dei pareri che mancano e che, secondo Clemente, sono marginali tranne solo quello della Viabilità. In effetti, a riscontro di quanto sopra detto, in data 7 aprile 2016 è stata firmata la convenzione relativa al piano di lottizzazione per la realizzazione di un centro commerciale in Messina località Papardo – villaggio Sant’Agata tra la ditta Fi.Di.Al. S.p.A. ed il Comune di Messina”.
Nonostante la firma della convenzione, i problemi burocratici di Fiorino non vengono del tutto superati, in quanto alla sottoscrizione della convenzione deve seguire l’approvazione del piano di lottizzazione ed il rilascio del permesso di costruire. “Effettivamente, Barrile e Fiorino concordano un incontro la mattina del 18 aprile nel corso del quale l’imprenditore ha, evidentemente, rappresentato degli ulteriori problemi a Barrile; quest’ultima, però, alcuni giorni dopo gli invia un sms tranquillizzandolo: Mi dicono tutto ok. Martedì torno. Come promesso, il martedì seguente, giorno 26 aprile, Barrile telefona a Fiorino per avere conferma che fosse tutto a posto e questi, però, le dice che è ancora in attesa della concessione edilizia; la donna lo rassicura: uhm, vabbè io domani mattina sono lì alle nove.... L’indomani Barrile si è recata all’urbanistica, come risulta dalla conversazione con Marco Ardizzone. La donna racconta al suo interlocutore di essersi recata presso l’ufficio Urbanistica con Ciccolo per cercare degli atti che non ha trovato (si tratta dei documenti di conformità dell’abitazione di proprietà di Ciccolo che Barrile sta acquistando per la figlia Rosaria Ndr), e mi sono fatte quelle cose di Sergio, quella là di Tony e me ne sono andata e lui è rimasto là…. Lo stesso giorno Barrile chiama Fiorino e fa presente che il problema potrebbe essere legato ad un pagamento mancante e che potranno andare a parlare con la Giovinazzo il lunedì successivo, così il martedì gli consegneranno l’autorizzazione-concessione. Così, il lunedì 2 maggio, Fiorino contatta Barrile per andare presso gli uffici comunali; nell’occasione Barrile si vanta del fatto che la pratica aveva subito un forte rallentamento e che lei, grazie al suo interessamento ed alle lusinghe fatte proprio alla signora Giovinazzo, era riuscita a sbloccarla, lasciando sottintendere che, in precedenza, vi erano stati dei problemi tra Scoglio - l’avvocato che stava seguendo la pratica per conto di Fiorino - e quest’ultima; in conclusione dice che se ne occuperà lei e gli farà sapere”. Come d’accordo, Emilia Barrile più tardi ragguaglia l’imprenditore Fiorino sulla necessità di effettuare i versamenti dovuti, perché la cosa è pronta...”.
La mattina seguente la donna ricontatta Fiorino per concordare un appuntamento presso il Dipartimento Urbanistica per ritirare la concessione edilizia. “Quando Fiorino spiega che, per non disturbarla, potrebbe andarci da solo, Barrile ribatte dicendo: No, no, io devo venire perché sono andata all’Inps, quindi ora sto venendo là all’Urbanistica”, annotano gli inquirenti. “Qualche ora dopo Barrile telefona ad Ardizzone e lo informa che ho risolto quella cosa di Tony. Era contento..., anche se c’è un’altra procedura e pertanto si devono vedere, con gli impiegati dell’ufficio urbanistica, martedì prossimo. Però, già il giorno seguente Fiorino chiama Barrile per chiederle se lo può accompagnare dall’ing. Nunzio Santoro, coordinatore del settore Dipartimento Attività Edilizia del Comune, perché ha necessità di chiarire alcuni aspetti della Dichiarazione Inizio Attività (DIA). La donna, che però si trova a Roma, manifesta subito la sua disponibilità ed addirittura lo esorta ad andarci anche da solo perché lui non ti crea problemi, ci possiamo sentire alle otto, otto e mezza, io gli faccio uno squillo...”.
Barrile non si disinteressa tuttavia dell’esito della vicenda e alcuni giorni dopo telefona a Fiorino per ricordargli di recarsi a ritirare la concessione edilizia. “Va bene domani pomeriggio, fammi sapere se vuoi che venga anch’io”, chiede la donna. “Sì, mi serviva poi fare una chiacchierata con… come si chiama… per vedere che documentazione...”, risponde l’imprenditore. Barrile fissa l’appuntamento per le nove dell’indomani mattina e poi andare insieme a parlare nel preposto Ufficio del Dipartimento Urbanistica. “Il motivo della visita all’urbanistica si esplicita in una conversazione di Barrile con Ardizzone, il 10 maggio 2016, nel corso della quale quest’ultimo chiede quale sia la necessità di accompagnare Fiorino e la donna precisa che non si deve solo ritirare la concessione, ma poi deve parlare sotto pei i piani di lottizzazione là, deve fare un’altra domanda, lui ha avuto la concessione edilizia, ora deve presentare il piano di urbanizzazione, perché lui deve fare dei lavori di compensazione...”, spiega la DIA.“In pratica, bisogna avviare l’iter per le opere di compensazione urbanistica e queste pratiche vengono trattate dall’altro dipartimento ubicato sempre nello stesso palazzo; Barrile afferma che necessitano degli approfondimenti tecnici, devono dare la risposta altrimenti se non rispondono entro settantacinque giorni c’è il silenzio assenso quindi... vediamo come conviene meglio, per cui Fiorino verrà accompagnato dal suo tecnico che ha bisogno di sapere alcune cose; chiude l’argomento affermando: intanto gli ho fatto il miracolo”.

E la Presidente diede la scossa agli impiegati comunali

Barrile e Fiorino non si sentono per buona parte dell’estate, ma dalla fine del mese di agosto 2016, i contatti tra i due diventano costanti, soprattutto perché l’imprenditore ha bisogno dell’esponente politica per sbloccare le autorizzazioni definitive per i lavori di urbanizzazione presso il torrente Papardo e per altri piccoli favori in Comune. “Ancora una volta Fiorino chiede alla Barrile un intervento per velocizzare l’iter burocratico”, riporta la DIA. “Al fine di riscontrare il contenuto dei dialoghi si è acquisita, in data 26 settembre 2016, presso gli uffici del Dipartimento Politiche del Territorio del Comune di Messina, la documentazione riconducibile alle richieste effettuate da Tony Fiorino. Tra queste, vi era quella relativa al piano di lottizzazione presentato dalla ditta Fi.Di.Al. SpA nell’anno 2006. L’analisi del relativo incartamento non ha evidenziato i motivi per i quali, nell’arco di un decennio, non erano state rilasciate le autorizzazioni richieste. Parte dei pareri erano stati raccolti negli anni fino al 2009 e poi, in data 20 aprile 2011 e il Consiglio Comunale dell’epoca aveva emesso una deliberazione, divenuta esecutiva il 10 maggio 2011, con cui approvava il piano di lottizzazione. Dopo questo atto, però, la pratica ha rallentato in maniera evidente e fino al termine del 2015 - quando la Fi.Di.Al. SpA, rappresentata dall’avv. Gianfranco Scoglio, ritrasmetteva parte della documentazione, già trasmessa negli anni precedenti, con lettera del 2 dicembre 2015, nulla di nuovo era avvenuto”.
“Alcune settimane dopo questa lettera, Fiorino coinvolge attivamente Barrile, e questa a sua volta Clemente, e la pratica accelera in maniera significativa; gli atti amministrativi, che hanno atteso anni, vengono cadenzati quasi mensilmente e sembra proprio il miracolo di cui si vanta Barrile nella conversazione con Ardizzone”, proseguono gli inquirenti. “Nello specifico in data 8 febbraio 2016 viene rilasciata l’Attestazione di destinazione urbanistica con annessa attestazione di linea di demarcazione; in data 7aprile 2016, presso gli uffici del Dipartimento Politiche del Territorio, viene firmata la convenzione tra la ditta Fi.Di.Al. rappresentata da Antonino Fiorino, ed il Comune di Messina, rappresentato dall’arch. Vincenzo Schiera (l’atto è redatto dal notaio Alessia Marsiglio); in data 4 maggio 2016, il Dipartimento Politiche del Territorio di Messina ha rilasciato l’autorizzazioneper la lottizzazione dei terreni n. 56”.
L’emissione dell’autorizzazione non ha però posto fine alle richieste di Fiorino e la Barrile “per i motivi/interessi alla base della sua disponibilità, a sua volta continua sempre ad assecondarlo ed a favorirlo”. I due si sentono e pianificano incontri anche nei mesi di settembre ed ottobre 2016. Alla fine di novembre, Barrile chiama Fiorino e questi le dice che in un modo o l’altro devo avvicinare, perché bisogna capire là all’urbanistica come si sta muovendo per una pratica.... La donna però gli fa presente che vi è una novità, cioè che gli uffici hanno predisposto la delibera da presentare in Consiglio Comunale. Il pomeriggio dell’1 dicembre 2016 l’uomo ritelefona a Barrile per chiederle informazioni su una delibera sui parcheggi e questa risponde che potrà trovarle sul sito del Comune perché l’ha approvata la Giunta! Una a giugno e una ad agosto mi pare... Sì, perché loro già l’hanno votata! Il consiglio ancora no!
“Le attività tecniche concluse alla fine dell’anno 2016 non hanno fornito ulteriori significativi spunti sulla costruzione del centro commerciale”, annota la DIA. “A riscontro, si segnala che in data 9 agosto 2017 personale dipendente si è recato in località Sperone, lungo il torrente Papardo, constatando che erano in corso i lavori di realizzazione di una rotatoria, con bitumazione e creazione della viabilità di accesso ai terreni nei quali dovrà sorgere il centro commerciale. Sul posto non erano presenti cartelli identificativi del tipo di lavori e delle relativa autorizzazioni. Gli accertamenti sugli autoveicoli e sui mezzi d’opera presenti nell’area di cantiere hanno consentito di individuare e di ricondurre gli stessi alle ditte Venumer (amministratore unico Stefano Venuto) e Bitumer (amministratore unico Giuseppe Venuto)”.
Nel mese di dicembre 2016 Fiorino richiede l’intervento di Barrile per ottenere della documentazione dagli uffici del Dipartimento Edilizia Privata del Comune di Messina. “Tale richiesta nasce dall’intenzione di Fiorino di proporre un ricorso al TAR contro un qualche provvedimento amministrativo, emesso verosimilmente da tale ufficio, in favore di un terzo che non viene esplicitato nei dialoghi”, spiegano gli inquirenti. “Dal contenuto complessivo delle intercettazioni, l’intenzione di ricorrere potrebbe però essere legata al provvedimento che ha consentito l’apertura del supermercato ad insegna Maxi Sidis, in concorrenza con il punto vendita di proprietà di Fiorino in via Carlo Botta, per il quale aveva già interessato Barrile alcuni mesi prima (…)  Il 13 dicembre 2016 Fiorino chiama Barrile per informarla che l’impiegata Maria Luisa Martino (Direttore di Sezione amministrativa del Dipartimento Edilizia Privata del Comune di Messina) ha detto, alla persona da lui incaricata del ritiro dell’accesso agli atti, tale Teresa Passaro, che lei non era al corrente di alcuna documentazione da consegnare. Ovviamente Barrile rimane sorpresa ed infastidita, ed assicura che la farà richiamare. Immediatamente la donna telefona ad Antonella, identificata in Antonina Cannavò, e le chiede di chiamare dove hai telefonato ieri che devono consegnare quei documenti, dice che non sanno nulla e quello è là che aspetta, quella di Fiorino, della Despar. Continua dicendole di controllare perché la dottoressa Martino ha detto, alla persona inviata da Fiorino, che lei non sa nulla delle carte che dovevano essere consegnate. Cannavò, sorpresa, risponde che sono state loro (le persone dell’ufficio cui fa capo Martino, ndr) che le hanno detto che gli avevano mandato pure la comunicazione”. Dopo sette minuti circa Teresa Passaro chiama Barrile; quest’ultima invita l’interlocutrice a recarsi dalla dottoressa Martino per il ritiro della documentazione. “Ci sono andata ma mi ha detto che non è stata ancora protocollata...”, risponde la collaboratrice di Fiorino.Ma se ieri mi ha detto che possiamo andare... Va bene, in caso mi fai sapere e avvicino io, perché non è che si può strafare così, replica Barrile.
Il tam tam di telefonate si sussegue, ma Teresa Passaro non riesce a ritirare il documento sebbene Barrile si sia spesa con numerosi dipendenti comunali, funzionari e dirigenti”, riporta l’Informativa. “In particolare il 13 dicembre 2016 la donna telefona all’architetto Antonella Cutroneo (Dirigente del Dipartimento dell’Edilizia Privata del Comune) e le spiega che sta andando da lei una signora che aveva fatto una richiesta di accesso agli atti. Barrile le chiede di firmargliela subito perché la richiedente entro domani ha bisogno di queste carte. Cutroneo l’assicura che lei sta per arrivare in ufficio. A distanza di otto giorni Fiorino telefona a Barrile lamentando che: io ho problemi sempre con l’ufficio per ottenere quegli atti che ho fatto richiesta ufficiale… Mi dispiace disturbarti ma non so che fare…. Sono sempre le stesse carte, quelle di allora non me le hanno date, perché dice che dovevano passare i termini per fare la comunicazione alla controparte e va bene quello ci sta, ora invece ieri siamo andati di nuovo e manca la dirigente per firmare. Fiorino continua spiegando a Barrile che le carte gli servono per presentare il ricorso al TAR. La donna assicura che all’indomani se ne sarebbe occupata lei chiamando il dirigente preposto”.
Il 22 dicembre Teresa Passaro informa Barrile che quella mattina aveva telefonato alla dottoressa Martino e questa le aveva detto: che la comunicazione dell’accesso agli atti è stata firmata, eh la devono solamente protocollare! Quindi ora ho chiamato quella che fa il protocollo, la segretaria della dirigente! Mi ha detto: ah guardi, non lo so qual è, mi richiami... Barrile ribatte affermando che avrebbe chiamato lei la dirigente; infine convengono che Passaro avrebbe fatto sapere la risposta ricevuta dagli impiegati del predetto ufficio tecnico. Successivamente Barrile parla con l’arch. Cutroneo. “Senti, sta venendo questa persona che deve ritirare degli atti, quelli che ti ho detto l’altra volta”, spiega Barrile. “Non mi ricordo la società, comunque erano Fiorino, che dovevano fare un ricorso al TAR ed avevano chiesto dei documenti. Non vorrei alle tre questa viene e non glieli danno, perché non si fa così... Martedì li deve dare all’avvocato...”. “Eh, io gli avevo parlato, ora però devo vedere...”, risponde la dirigente. “Non so se si doveva fare la comunicazione all’altra parte, che è per legge... Ora vediamo. Chiamo alla Martino glielo chiedo e ti richiamo, va bene?”. Prima di concludere la telefonata, Emilia Barrile, con tono di autorevolezza, replica: “Ogni tanto a questi impiegati una scossa bisogna darla, mi sa che si cullano troppo”. In serata Barrile telefona a Teresa Passaro: “Poi tutto apposto al Comune vero?”. “Sì, c’è stato qualche altro intoppo ma comunque è superato!”, risponde grata, l’impiegata di Fiorino…

Articolo pubblicato in Stampalibera.it, il 26 settembre 2018, http://www.stampalibera.it/2018/09/26/i-documenti-inediti-supermercati-da-terzo-livello-e-lassessorato-allurbanistica-e-casa-loro/

Dall’Arsenale militare all’Azienda acque di Messina, i grandi affari delle coop di Terzo livello

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“Nel corso delle indagini emergeva, altresì, la riconducibilità ad Emilia Barrile di due cooperative, che l’indagata gestiva tramite prestanome e che venivano utilizzate come schermo per celare gli interessi economici di cui era portatrice, sia interfacciandosi con gli imprenditori amici allorquando arrivava il momento di riscuotere la contropartita economica al proprio interessamento, sia conseguendo l’affidamento di servizi dall’amministrazione comunale o da aziende municipalizzate, in modo da mascherare l’altrimenti evidente situazione di conflitto di interesse e, ancor più a monte, le illecite manovre compiute per ottenere la commessa”. Due società cooperative, dunque, Peloritana Servizi e Universo e Ambiente, che per la Procura della Repubblica di Messina avrebbero fatto da salvadanai e fabbriche di voti e consensi per l’ex Presidente del Consiglio comunale finita i primi di agosto agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto Terzo livello nella città capoluogo dello Stretto. Una gestione diretta neanche poi tanto occulta, insieme all’amico-consigliere Marco Ardizzone, commercialista messinese residente a Subiaco, che ha consentito nel tempo ad Emilia Barrile di rafforzare il proprio potere clientelare e, conseguentemente, il suo bacino elettorale. “Le due cooperative sono intestate a terze persone, ma Barrile è domina di fatto”, scrivono gli inquirenti. “E’ la donna, infatti, con l’ausilio del sempre presente Marco Ardizzone, a gestire la contabilità della cooperativa decidendo come ripartire i guadagni, a detenere le autorizzazioni per utilizzare i conti correnti,a curare le assunzioni e i rapporti contrattuali con i dipendenti, a interfacciarsi con le controparti contrattuali e a decidere la partecipazione alle gare d’appalto”. Due le persone su cui Barrile e Ardizzone possono disporre per lo svolgimento delle attività quotidiane delle coop, Giovanni Luciano e il pluripregiudicato Carmelo Pullia, quest’ultimo formalmente assunto dalla Universo e Ambiente sin da quando era ammesso al regime di semiliberta nell’aprile 2013 e, da allora, divenire uno dei pochi dipendenti che svolgeva l’attività lavorativa per tutte le settimane dell’anno.
“La Peloritana Serviziè stata creata nel settembre 2015 con lo scopo di gestire la ristorazione e i parcheggi dello stadio San Filippo in forza di un accordo con la società calcistica ACR Messina”, annotano gli inquirenti. La società cooperativa Universo e Ambiente, braccio operativo di Emilia Barrile, è stata costituita invece 6 ottobre 2006 da Domenico Spanò, Domenico Barresi, Margherita Adamo, Francesco Prisa, Maria Spanò e Rosaria Spanò. “All’atto della costituzione, la sede della cooperativa viene indicata in Messina via Pietro Castelli n. 48 e l’amministratore unico e rappresentante della società viene individuato in Margherita Adamo”, riporta l’Informativa della Direzione Investigativa Antimafia. “Tre dei soci fondatori sono persone strettamente imparentate con Emilia Barrile: vi sono infatti la madre Rosaria Spanò ed i cugini Domenico e Maria Spanò, entrambi figli di Antonino Spanò, fratello di Rosaria. Margherita Adamo e Francesco Prisa, a loro volta, sono persone che le intercettazioni dimostrano essere molto vicine a Barrile; l’unico socio che non è emerso più in stretto contatto con l’esponente politica è Domenico Barresi, che risulta anagraficamente emigrato a Colleferro, Roma. Nel corso degli anni la società ha cambiato diverse volte sede passando a via Nicola Fabrizi n. 81, poi in via F. Todaro n. 11 e da ultimo in piazza Immacolata di Marmo n. 4. Anche dal punto di vista degli amministratori unici, vi sono state delle variazioni: Adamo- che ha sempre conservato il ruolo di responsabile tecnico - è stata sostituita da Giacomo Crupi, anch’egli imparentato con Barrilepoiché è coniugato con Carmela Ciraolo, di Giovanni e Anna Spanò (quest’ultima sorella della madre di Emilia Barrile). Da ultimo, a gennaio 2016, il ruolo di amministratore unico della società è stato assunto da Giovanni Luciano, factotum della Barrile”.
Nonostante Universo e Ambiente sia stata iscritta al Registro delle imprese il 23 novembre 2006 e all’albo delle cooperative il 13 febbraio 2008, la società ha iniziato la sua attività solo nel settembre 2009. “La cooperativa non è però in possesso né di attestazioni SOA né di certificazioni di qualità”, annota la DIA. “Dall’esame del fascicolo camerale emerge che i dipendenti censiti, con riferimento ai trimestri dell’anno 2016, sono poco più di 20. L’esame delle liste dell’ultimo quinquennio evidenzia però che al codice fiscale della cooperativa coincidono due distinte matricole INPS. I lavoratori raramente sono impiegati per tutto l’anno e le retribuzioni sono piuttosto basse per tutti, anche per coloro che hanno lavorato per molte settimane nell’anno, indicazione del fatto che i contratti sono comunque stipulati per poche ore di lavoro. Negli anni il numero dei dipendenti è sensibilmente diminuito (da 112 nel 2012 a 6 nel 2015), così, come le retribuzioni, peraltro modeste, che si sono ridotte fino a quasi dimezzarsi nello stesso periodo temporale (da 136 euro per settimana nel 2012 a 71 nel 2015)”. Poi, nel 2016, si registra un’improvvisa impennata nelle retribuzioni medie (170 euro).

Amicizie  e rapporti a Termini…

Rilevanti i rapporti di lavoro consolidati dalla coop con gli enti pubblici. In particolare, il primo, in ordine di tempo, è stato quello con l’Arsenale della Marina militare di Messina ove dall’anno 2009, con contratti annuali, la cooperativa ha gestito il servizio mensa per un importo annuo di circa 125 mila euro. “Tra gli altri enti pubblici con i quali è emerso che la cooperativa abbia stipulato contratti vi sono il Comune di Messina e il Comune di Milazzo”, riporta la DIA. Nel luglio 2012 la coop si è pure aggiudicata la gara indetta dall’Università degli Studi di Messina per la scerbatura di siepi ed aiuole della facoltà di Scienze con un ribasso del 35,6% (importo 4.150 euro). Ma tra i principali lavori effettuati da Universo e Ambiente ci sono soprattutto quelli affidatele dall’AMAM - Azienda Meridionale Acque Messina, la società per azioni a totale capitale pubblico con unico azionista il Comune di Messina, che si occupa, principalmente, della gestione del servizio idrico integrato (dalla captazione, adduzione, distribuzione e depurazione idrica ai servizi fognari). Affidamenti, che secondo la Procura della Repubblica di Messina, sarebbero stati condizionati dal pressing personale e politico dell’allora presidente del Consiglio comunale e, per taluni di essi, anche dal Presidente del Consiglio di amministrazione di AMAM SpA, il dottore Leonardo Termini (nominato alla guida della municipalizzata con decreto del sindaco Renato Accorinti nel giugno 2015, dopo aver ricoperto per conto della stessa amministrazione il ruolo di consulente a titolo gratuito per l’analisi contabile delle società partecipate). “Da una serie di conversazioni oggetto di captazione nel mese di maggio del 2015, in seguito riscontrate dagli accertamenti investigativi, emergeva che gli esiti della gara per l’affidamento di lavori di pulizia bandita dall’AMAM per il biennio 2016/2017 venivano condizionati dal presidente dell’azienda pubblica, Termini Giovanni (Leonardo Ndr), a favore della cooperativa Universo e Ambiente, per altro già aggiudicataria dell’appalto per il biennio precedente”, riporta la Sezione dei Giudici per le Indagini Preliminari nell’ordinanza cautelare del 30 luglio 2018. “Il Termini si spendeva a più livelli a favore di Emilia Barile. In primo luogo, la presenza di tale importante entratura nell’azienda garantiva all’indagata di conoscere con decisivo anticipo le determinazioni dell’amministrazione e di rimediare a eventuali criticità in tempo utile per non essere pregiudicata nei propri interessi…”.
Sono le intercettazioni effettuate all’inizio del mese di maggio 2016 ad allertare gli inquirenti sugli affari della cooperativa in casa AMAM. “In ordine ai lavori conferiti alla Universo e Ambiente, da una serie di conversazioni è emerso un problema legato alla sua iscrizione presso le liste dell’albo dei fornitori dell’AMAM”, riporta la DIA nell’Informativa Terzo livello. “Tale complicazione poteva compromettere la partecipazione della cooperativa alla gara indetta dall’azienda per il servizio di pulizia; inoltre, in attesa dell’esperimento di quest’ultima gara, si rendeva necessaria la proroga proprio in favore della citata cooperativa che aveva in conduzione l’appalto per la pulizia degli uffici dell’AMAM per il biennio 2014/2015”.
Nella mattina del 4 maggio 2016 viene captato un dialogo tra Giovanni Luciano e Carmelo Pullia nel corso del quale il primo spiega che dall’indomani al 99% potranno riprendere il lavoro presso l’AMAM in quanto egli aveva appreso che era in fase di preparazione la proroga dell’appalto e anche il bando per la nuova gara. “Quello stesso giorno, nel tardo pomeriggio, Leonardo Termini chiede un incontro urgente a Barrile invitandola a raggiungerlo presso gli uffici dell’AMAM”, riporta la DIA.A distanza di breve tempo, Barrile informa immediatamente Ardizzone, che risulta molto infastidito della richiesta di incontro formulata da Termini negli uffici dell’AMAM e che - temendo che da questo incontro possano scaturire pericoli per indagini a carico della donna - cerca di farle capire che è preferibile evitare tale appuntamento e ogni altra situazione potenzialmente compromettente. Barrile, incurante di tali consigli, fa capire all’interlocutore che è quasi obbligata ad incontrarsi con Termini perché ha interesse a farlo. Proseguendo il dialogo con l’intento di scoraggiare il suddetto incontro, Ardizzone ricorda a Barrile, riferendosi verosimilmente a quanto già asserito da Termini stesso, che questi prima si faceva problemi ogni qualvolta lei lo raggiungeva all’AMAM perché, per loro, incontrarsi lì era molto controproducente e rischioso. Barrile, quasi indifferente agli avvertimenti datele, ugualmente raggiunge Termini presso l’AMAM”.
Sempre secondo l’accurata ricostruzione degli inquirenti, mentre è ancora in compagnia di Leonardo Termini, Emilia Barrile contatta Giovanni Luciano convocandolo di lì a poco nei pressi della propria abitazione. “Prima che Luciano risponda, si è avuto modo di percepire alcune battute del dialogo tra Barrile e Termini in merito alla mancata iscrizione nell’albo fornitori dell’AMAM della società cooperativa Universo e Ambiente: la donna afferma che nell’anno 2015 non erano stati inseriti nel predetto albo perché una persona (riferendosi presumibilmente ad una impiegata di AMAM) li aveva cancellati dall’elenco”, scrivono gli inquirenti. “Tale affermazione trova riscontro nei documenti acquisiti presso gli uffici dell’AMAM: effettivamente la cooperativa non risulta inserita nell’albo delle ditte fornitrici di servizi relativo al 2015”. Dopo aver concluso l’incontro con Termini, l’esponente politica si preoccupa di informare l’amico Ardizzone dei problemi emersi. “Niente, non risulta iscritto in nessun posto”, esordisce Barrile. “Guarda, non ce la faccio più, ti giuro, guarda... Luciano mi aveva assicurato di avere la ricevuta del protocollo relativa a tre iscrizioni per pulizia, verde e fontane.... Domani mattina lui deve venire qua, ora lo ho chiamato... non si deve muovere da qui finché non risolve questa minchia di cosa...”.
Nel proseguo del dialogo, “Barrile rappresenta ad Ardizzone che lei si era accorta che non era stata presentata la domanda per l’iscrizione e quindi l’anno precedente, prontamente, ha provveduto a fargliela fare, anche se, sempre a dire della Barrile, qualcuno ha dimenticato di inserire la cooperativa negli elenchi; pertanto adesso dovranno provvedere ad aggiornarli poiché la cooperativa è ora anche in possesso del protocollo di deposito. Infine, nello spiegare quanto accaduto, Barrile racconta del piglio autoritario con cui ha trattato Termini: Gliel’ho detto: Guarda, non scherzate... non giochiamo stavolta. Barrile aggiunge che la signora che se ne occupava all’AMAM è andata in pensione e quindi, per risolvere il problema, ha incaricato Giovanni Luciano di andare la mattina seguente all’AMAM per sistemare il tutto mediante le copie in possesso e prendere a quella per le orecchie e farle aggiornare gli elenchi; verso la fine della conversazione Barrile rivolge un breve commento sugli uffici dell’AMAM, asserendo che all’interno non funziona nulla e che è tutto uno schifo perché non vi è una ditta delle pulizie, aggiungendo che Termini non è idoneo al ruolo”.
Il 6 maggio 2016, il factotum Luciano raggiunge telefonicamente Ardizzone. “Tutto a posto, ho risolto ogni problema, sono stato lì sopra all’AMAM e abbiamo controllato le buste di novembre ed ottobre 2015”, spiega Luciano. “Ancora, continua la conversazione informando che nell’elenco non era stato inserito qualche ditta a loro vicino anche se alla fine è riuscito a sistemare la situazione”, annota la DIA. “Lunedì mattina deve tornare all’AMAM; afferma anche che quando è stato lì hanno stilato l’elenco (verosimilmente delle società da invitare per la gara) ed in tale fase aggiunge, facendo risaltare quanto siano ben inseriti e radicati all’interno degli uffici dell’AMAM e quali poteri abbiano, che ha fatto inserire nell’elenco delle società invitate per la partecipazione alla gara delle pulizie anche l’altra loro società cooperativa, la Peloritana”.
Sempre il 6 maggio 2016, proprio in concomitanza con la trasmissione da parte dell’AMAM della lettera di invito alla gara, Leonardo Termini chiama Giovanni Luciano per chiedere di incontrarlo. “Quest’incontro emerge dalla conversazione avvenuta tra lo stesso Luciano e Carmelo Pullia, quando il primo riferisce che sta salendo all’AMAM poiché è stato chiamato dal presidente, sottolineando di essere stato tutta la mattinata presso quegli uffici, di essersi sbrigato tante cose e di essere venuto a conoscenza che tra poco faranno la gara delle pulizie”, riporta l’Informativa. “Pullia, durante la conversazione, aggiunge di essere venuto a sapere che hanno concesso la proroga per il servizio di pulizie; ma Luciano, facendo notare di avere in anteprima molte notizie riservate, lo informa che ancora non l’ha firmata.... perché se non partono prima gli inviti della gara per il servizio delle pulizie, non possono preparare la proroga”.
“La presenza di Carmelo Pullia all’interno degli uffici dell’AMAM e le costanti puntate di Giovanni Luciano, consentono loro di permearne gli uffici ed ottenere informazioni che li agevolino nella formulazione delle offerte economiche in considerazione delle gare di loro interesse”, stigmatizza la DIA. “Invero, in un passaggio di una conversazione tra i due, Luciano riferisce a Pullia che dovrà andare all’AMAM perché deve vedere un paio di cose ed anche preparare la busta per la gara del 23. Il comportamento tenuto da Luciano e la sua necessità di preparare la busta di partecipazione negli uffici di AMAM, appaiono indicativi di una turbativa della procedura di scelta del contraente, anche perché egli è in grado di influire sugli uffici se, come visto, può suggerire le ditte da invitare…”.
Durante il periodo di svolgimento della gara per l’appalto delle pulizie, vengono documentati contatti e incontri anche tra Emilia Barrile e il presidente Termini.Conversazione interessante è quella intercorsa il 20 maggio 2016 tra l’impiegata della coop Universo e Ambiente Concetta CettinaMusianoe Carmelo Pullia”, scrivono gli inquirenti. “Musiano racconta che quella mattina Emilia Barrile era andata, presso gli uffici di AMAM, e poi era arrivato anche Luciano ed aggiunge che il martedì seguente ci sarebbe stata la gara. Musiano afferma di avere parlato con Cardile (non è possibile comprendere con certezza se il riferimento sia all’ing. Francesco Cardile, direttore generale facente funzioni, oppure a Antonio Cardile, impiegato di AMAM), con cui ha parlato anche Emilia Barrile…”. L’1 giugno 2016, due giorni dopo cioè l’apertura dei plichi della gara e l’aggiudicazione provvisoria in favore della cooperativa Universo e Ambiente, “il presidente Termini, che si trova in compagnia di Nino Cardile, prova a contattare ripetutamente Barrile alternandosi proprio con questi nelle chiamate; alla fine Cardile e Barrile riescono a parlare ed il contenuto della conversazione compiuta verte sulla programmazione di un appuntamento tra la stessa ed il presidente”.
“Di non trascurabile interesse risultano i rapporti che intercorrono tra Emilia Barrile e l’impiegato dell’AMAM Antonino Cardile, soggetto che svolge attività prettamente amministrative all’interno della società a partecipazione pubblica”, commenta la DIA. “Sebbene quanto riportato non configuri autonome ipotesi delittuose, è certamente un dato significativo per dimostrare la capacità di permeazione di Barrile. Tra questi e Antonino Cardile, oltre all’esistenza di un rapporto professionale regolato dalle normali relazioni preesistenti tra i due Enti, si segnala una peculiare relazione amichevole, tant’è che spesso si incontrano anche a casa della Barrile. In merito a tali rapporti si segnalano alcune conversazioni che vanno ad intersecarsi approssimativamente con le date della formazione di documenti inerenti la procedura negoziata per l’aggiudicazione del servizio di pulizie all’interno dell’AMAM (…) Cardile si rivela fonte di preziose informazioni per Barrile e, molto spesso, funge anche da intermediario nei contatti tra lei e Leonardo Termini, soprattutto quando i rapporti tra i due passeranno attraverso un momento di tensione come ricostruito nel corso delle indagini”.

Quelle gare sospette in casa AMAM

In riferimento all’espletamento della gara con oggetto il servizio di pulizia degli immobili dell’azienda Meridionale Acque Messina S.p.A. per il biennio 2016-2017, (importo di spesa pari ad 85.535 euro più 18.817,70 euro per IVA), la Sezione Operativa della DIA di Messina ha acquisito tutta la documentazione inerente la procedura. “Da un preliminare controllo si è avuto modo di notare che le società inviate a partecipare erano state individuate dall’elenco dell’albo fornitori relativo all’anno 2016”, scrivono gli inquirenti. “La lettera di invito, datata 6 maggio 2016 è stata regolarmente trasmessa alle cinque ditte individuate: Coop. Service Soc. di Produzione e Lavoro Arl; Dual Power Impianti Srl; Edil Impianti Srl; Peloritana Servizi Soc. Coop. Scc; Universo e Ambiente. Di particolare rilievo risulta essere la questione che su cinque ditte invitate, due di esse - la Universo e Ambiente e la Peloritana Servizi sono di fatto controllate da Barrile, anche se in quel momento formalmente sono amministrate da Giovanni Luciano la prima, e da Angela Costa l’altra. Un altro elemento che potrebbe inficiare il corretto espletamento della gara, emerge dai rapporti che esistono tra Barrile, e quindi Luciano, con uno dei titolari della società Dual Power Impianti Srl, i cui soci titolari risultano Mario Caroè e Giuseppe Cardile. Quest’ultimo è il fratello proprio dell’impiegato dell’AMAM Antonino Cardileche, dalle conversazioni censite, risulta essere un uomo di fiducia della Barrile all’interno degli uffici dell’AMAM. Il rapporto di conoscenza, e quasi di amicizia, esistente tra Barrile e Giuseppe Cardile non è solo mediato dal fratello Antonino, ma è anche diretto: vi sono contatti telefonici tra i due in quanto Barrile raccomanda a vari amici Giuseppe Cardile per lavori di elettricista ed impiantista”.
Delle cinque società invitate, solo tre di esse hanno però presentato le buste con le offerte: Dual Power Impianti, Universo e Ambiente e Coop Service. La commissione di gara composta dall’ing. Francesco Cardile, direttore generale facente funzione di AMAM (presidente); dall’ing. Alessandro Lo Surdo (componente) e dall’ing. Luigi Lamberti (segretario verbalizzante) si è riunita il 30 maggio 2016 per verificare la documentazione e valutare l’importo delle offerte: -18,17% Dual Power Impianti; -9% Coop Service; - 20,17% Universo e Ambiente. Da qui l’aggiudicazione della gara alla cooperativa del gruppo Barrile. “Da un ulteriore e dettagliato controllo della documentazione amministrativa presentata dalle ditte partecipanti alla procedura negoziata, si è avuto modo di accertare che tutte e tre le società, inaspettatamente, avevano stipulato le polizze fideiussorie dalla stessa agenzia assicurativa Amissima Assicurazione S.p.A. di Antonino Giunta, con sede a Messina”, annota la DIA. “Si ritiene, con razionale convinzione, che delle due ditte invitate e astenutesi a partecipare alla gara, la Peloritana Servizi (riconducibile alla Barrile) non abbia volutamente partecipato in quanto inserita – grazie alle pressioni di Luciano - tra le cinque ditte invitate al solo fine di impedire che altre ditte potessero partecipare; sistema questo che preclude alle altre società concorrenti la possibilità di partecipare ed eventualmente aggiudicarsi l’appalto ai danni delle società gestite dalla Barrile e delle altre società satelliti a lei vicine”.
Stando sempre agli inquirenti, gli interessi dell’allora Presidente del consiglio comunale verso l’azienda municipalizzata sarebbero stati “ancor più ampi” della semplice aggiudicazione degli appalti alle sue cooperative. “Emilia Barrile ha interesse a creare un cartello di ditte accreditate presso AMAM, appartenenti a persone a lei vicine, allo scopo di partecipare al maggior numero possibile di gare potendo influire, grazie al suo ruolo ed alle sue relazioni, dapprima sulle scelte dell’AMAM nella fase degli inviti delle ditte tratte dall’elenco fornitori, e poi, nella fase delle offerte, sulle amicizie con i titolari delle ditte; inoltre, la sua amicizia con Termini la accredita ulteriormente come intermediaria presso AMAM in favore di persone che a vario titolo vantano crediti verso l’azienda municipalizzata”, si legge nell’Informativa Terzo livello. “Al momento in cui ci si doveva iscrivere negli elenchi fornitori, il 26 ottobre 2015 Barrile chiama Giovanni Luciano facendogli presente che questi deve attivarsi per iscrivere le loro cooperative all’albo fornitori sia del Comune di Messina che di quello istituito presso l’AMAM. (…) Luciano cerca di rassicurarla asserendo che provvederà ad integrare per una ditta l’iscrizione già presentata per il Comune nel settore edile, mentre per l’altra farà l’iscrizione sia al Comune che all’AMAM, anche se gli mancano ancora alcuni documenti. Il giorno seguente Barrile, dopo avere dato disposizioni a Luciano per l’iscrizione delle società a lei riconducibili, si propone in prima persona e comincia a contattare alcuni imprenditori amici per avvertirli che, a breve, si chiuderà il termine ultimo per la presentazione delle istanze per l’iscrizione nell’albo fornitori di AMAM e che, se non iscritti, tale carenza precluderà la loro partecipazione alle gare pubbliche”. In particolare Emilia Barrile chiama l’ingegnere e suo consigliere Francesco Clemente per raccomandargli di iscrivere immediatamente negli elenchi AMAM la sua società Mercuria S.r.l., inserendola in più settori: fognature, edilizia e acquedotti.... Inoltre, Barrile suggerisce a Clemente di iscriversi pure negli elenchi fornitori del Comune di Messina. “Barrile chiama, sempre in quei giorni, anche l’imprenditore residente a Barcellona Pozzo di Gotto, Alessandro Pinto Vraca e gli dice che stava cercando invano di contattare il padre, Carmelo Pinto Vraca”, annota la DIA. “Alessandro le risponde che questi si trova in Sardegna. Ed allora Barrile, visto il poco tempo disponibile, informa l’interlocutore che le loro società - la Loveral e la Megaedil, entrambe con sede sociale a Patti - non risultano iscritte presso l’albo fornitori dell’AMAM poiché le istanze dell’anno precedente sono state annullate e, pertanto, adesso non rientrano tra le ditte fiduciarie correndo il rischio di non essere chiamate a partecipare alle gare pubbliche. Quindi, la donna gli raccomanda di fare in fretta l’iscrizione, spiegandogli che l’albo dell’anno precedente è stato azzerato, che stanno preparando un nuovo albo e che la cosa positiva per loro e che sono solo poche ditte a saperlo e quindi hanno maggiori chance nel riuscire ad ottenere l’aggiudicazione di una gara”. Il giorno successivo Carmelo Pinto Vraca raggiunge telefonicamente Emilia Barrile per comunicarle di avere già provveduto a fare la richiesta sollecitatagli all’AMAM.
“I rapporti tra la Barrile e Carmelo Pinto Vraca, sono consolidati da anni ed i due, mediamente una volta al mese, si incontrano di persona”, spiega la DIA. “Pinto Vraca in occasione delle festività provvede a piccole regalie nei confronti della Barrile ed anche delle persone che lavorano per lei. In particolare da una conversazione intercorsa tra i due il 12 agosto 2016 sembra che Pinto Vraca si offra di provvedere al costo della casa di vacanza di Barrile in località Rodia (…) Il 22 dicembre 2015 Barrile racconta a Marco Ardizzone che Pinto Vraca le ha chiesto di interessarsi per trovare un capannone per fare il compostaggio di rifiuti e lei aveva pensato ad un capannone all’ASI di Larderia. Sempre nel corso di questa conversazione, la donna racconta che le ha lasciato un pensiero per la nipotina, 500 euro in contanti. Ardizzone le chiede se abbia fatto un regalo anche a lei e Barrile spiega che ogni anno le lascia 100 euro presso una pasticceria ove lei si serve, e poi fa dei regali alimentari ai ragazzi del patronato. Pinto Vraca, infine, si offre anch’egli di sostenere politicamente Barrile: a tale scopo le presenta il nipote, Marcantonio Pinto Vraca, il quale, sebbene con modesti risultati, era stato candidato alle elezioni politiche 2013 nel collegio Sicilia 1 nella lista Centro Democratico”.
Nella loro Informativa sul Terzo livello, gli inquirenti documentano analiticamente altri affidamenti dell’AMAM SpA in favore della società Universo e Ambiente. “Nell’arco dell’ultimo quinquennio, anche quando non era presidente Leonardo Termini, sono stati rilevati lavori aggiudicati alla cooperativa riconducibile a Emilia Barrile”, annotano. “L’analisi dettagliata della documentazione acquisita ha permesso di verificare che la citata cooperativa, dall’anno 2013 e sino all’ultima gara espletata nell’anno 2016 per il servizio di pulizie, ha contratto con l’azienda a partecipazione pubblica cinque appalti (compreso quello delle pulizie dei locali AMAM di cui si è ampiamente trattato sopra), di cui tre attraverso procedura negoziata e due mediante affidamento diretto. Nello specifico, esaminando il verbale di gara provvisorio del 14 marzo 2013 inerente l’affidamento del servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria delle fontane monumentali di Messina anno 2013, si notano delle anomalie ancora più evidenti di quelle precedentemente evidenziate per la gara delle pulizie. Tra le cinque ditte individuate nell’albo di fiducia delle azienda (Megaedil Soc. Coop; Ecoambiente Soc. Coop.; Universo e Ambiente; Ecol 2000 Srl; Pinto Vraca Carmelo) sono state invitate due società riconducibili allo stesso contesto familiare, ovvero quello dei Pinto Vraca, selezionando sia la ditta individuale Pinto Vraca Carmelo che quella del figlio di questi, Alessandro Pinto Vraca, amministratore unico della società Megaedil. Nel dettaglio, delle cinque ditte inviate, solo quattro hanno presentano le buste con la documentazione e la relativa offerta economica. La circostanza che si ravvisa, e di cui si fa eccezione, è che le suddette società riconducibili alla famiglia Pinto Vraca, amici della Barrile, vengono escluse per banali e meri errori materiali: ovvero, la ditta individuale di Carmelo Pinto Vraca, per avere dimenticato di inserire tra la documentazione amministrativa la polizza fideiussoria; mentre la ditta del figlio, la Megaedil, per avere presentato la busta delle offerte priva del timbro in ceralacca. Errori o mancanze elementari poste in essere dalle due società, quasi come a volersi tirare fuori autonomamente dalla procedura di selezione delle ditte partecipanti, lasciando il campo aperto agli altri pretendenti”. Nel corso della seduta dell’11 aprile 2013, la commissione ha aggiudicato la gara alla coop Universo e Ambiente che aveva offerto un ribasso irrisorio pari al 3,27%.
“Ancora, nell’anno 2013 alla stessa società cooperativa viene affidato direttamente, senza l’espletamento di una gara, un lavoro di scerbatura e pitturazione degli impianti idrici e fognari del Comune di Messina zona Sud, per un importo complessivo pari a 20.000 euro”, aggiunge la DIA. “In seguito, nell’anno 2014, la Universo e Ambiente è stata invitata a partecipare, mediante procedura negoziata, alla gara per l’affidamento del servizio di pulizia degli immobili dell’AMAM S.p.A. anni 2014/2015, unitamente ad altre cinque ditte (Effe Costruzioni; Euro Service Group Srl; Pegaso Multiservice; Pulisud Servizi; Ri.So. Soc. Coop.); dal verbale di gara dell’1 aprile 2014 è stato possibile verificare che, delle sei ditte invitate, solo tre hanno partecipano alla gara presentando la documentazione (Universo e Ambiente, Euroservice Group e Ri.So. Soc. Coop). Inoltre, la commissione ha inizialmente rinviato la seduta per la verifica della documentazione presentata allorquando hanno proceduto all’apertura delle offerte e, tenuto conto degli alti valori dei ribassi percentuali presentati (Universo e Ambiente 41,17% e Ri.So. Soc. Coop. 41.08%), hanno ritenuto di chiedere delle giustificazioni alla ditte, rinviandone l’aggiudicazione. Solo in data 22 luglio 2014 la commissione si riunisce nuovamente e, a seguito della verifica delle giustificazione prodotte, ha ritenuto, con riguardo alle voci che determinano il costo medio orario di lavoro (10,98 euro), che lo stesso era congruo; con la conseguente aggiudicazione in via provvisoria del servizio di pulizie a Universo e Ambiente per l’importo netto di 58.895,61 euro + 2.884,72 euro non soggetto a ribasso per oneri di sicurezza”. Poco tempo dopo, però, l’affidamento della gara veniva sospeso a seguito di un ricorso presentato dalla terza società classificatasi, Euroservice Group; dopo l’ordinanza del 14 novembre 2014 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, l’AMAM disponeva tuttavia la ripresa dei lavori nei confronti della coop sociale di Barrile & C., a partire del 17 novembre 2014. “In ultimo, nell’anno 2014, sempre alla stessa cooperativa viene affidato direttamente, senza l’espletamento di una gara, il servizio di conduzione, manutenzione e pronto intervento delle fontane monumentali di Messina anno 2014per un importo complessivo pari a 10.000 euro”, conclude la DIA.
Gli investigatori non riportano nell’Informativa un’altra gara espletata dall’AMAM il 29 agosto 2014, a cui ha partecipato la cooperativa Universo e Ambiente, relativa all’affidamento del Servizio di scerbatura e pitturazione degli impianti idrici e fognari del Comune – anno 2014 (commissione presieduta dall’ing. Luigi La Rosa, componente il dott. Giacomo D’Arrigo, verbalizzante l’ing. Francesco Cardile), per un importo di 48.779 euro + 1.221 euro per gli oneri di sicurezza. Alla gara venivano invitate dieci ditte, ma si presentarono alla fine solo in tre: Universo e Ambiente, Intercontinentale Srl e Messina Sud Srl, quest’ultima esclusa per la mancata presentazione della polizza fideiussoria. Nella seduta del 10 ottobre 2014 la commissione di gara decretava pure l’esclusione di Universo e Ambiente per “irregolarità della certificazione DURC”, assegnando cos’ i lavori all’unica offerta pervenuta, quella di Intercontinentale Srl con un ribasso del 7,63%. Titolare della società vincente l’imprenditore Natale Micali, anch’egli, secondo gli inquirenti, in “rapporti di confidenza ma anche di interesse” con Emilia Barrile.

Articolo pubblicato in Stampalibera.it l'1 ottobre 2017, http://www.stampalibera.it/2018/10/01/i-verbali-inediti-dallarsenale-militare-allazienda-acque-di-messina-i-grandi-affari-delle-coop-di-terzo-livello/ 

Azienda Meridionale Acque Messina, l’albero della cuccagna del Terzo livello

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Da una parte il dottore commercialista Leonardo Termini, prima consulente a titolo gratuito dell’amministrazione Accorinti, poi presidente dell’AMAM - Azienda Meridionale Acque Messina SpA con unico azionista il Comune capoluogo dello Stretto. Dall’altra Emilia Barrile, ex Presidente del Consiglio comunale e candidata a sindaco alle ultime elezioni amministrative. Politicamente distanti, in teoria, il primo già candidato con Alleanza nazionale (quella a guida Domenico “Mimmo” Nania e colonnello Peppino Buzzanca); la seconda eletta con il Pd e transitata poi in Forza Italia sempre al seguito, fedele, del potente onorevole Francantonio Genovese. Entrambi devono rispondere in concorso davanti ai magistrati del Tribunale di Messina del reato di turbativa d’asta nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto Terzo livello. Secondo l’avviso di conclusioni indagini preliminari a firma del Pubblico Ministero dottor Fabrizio Monaco, Barrile e Termini, congiuntamente a due dei più stretti collaboratori dell’esponente politica, il commercialista Marco Ardizzone e Giovanni Luciano (più altri soggetti non individuati), “con collusioni e altri mezzi fraudolenti” avrebbero turbato la gara per l’affidamento del servizio di pulizia degli immobili dell’AMAM (con un importo di spesa pari a 85.535 euro più 18.817,70 di IVA), alla cooperativa Universo e Ambiente.
Nello specifico, Termini, presidente AMAM, “colludeva con la Barrile, segnalandole che la cooperativa suddetta, ad ella riferibile, non risultava inserita nell’elenco delle ditte di fiducia e, come tale, non avrebbe potuto essere invitata alla gara, adoperandosi perché detta impresa fosse prontamente inserita nell’albo; Giovanni Luciano interveniva sugli uffici dell’AMAM affinché la cooperativa fosse inserita in tale elenco, ottenendo, comunque, che, nel novero di cinque imprese da invitare a partecipare alla gara, oltre alla Universo e Ambiente, fosse compresa anche la cooperativa Peloritana Servizi, parimenti riferibile alla Barrile, determinando, in tal modo, l’esclusione di almeno un’altra impresa che, in astratto, avrebbe potuto essere invitata alla gara ed alterando, quindi, la libera concorrenza”.
Che qualcosa fosse andato storto in quella maledetta gara per la gestione dei servizi di pulizia e, più in generale, nell’azione di pressing esercitata da lungo tempo presso gli uffici AMAM, l’allora Presidente del Consiglio comunale lo avvertiva nell’aria. La sempre più frequente attenzione mediatica sulla tormentata vita dell’azienda e un’inattesa denuncia da parte dell’anima movimentista del fronte pro-amministrazione, avevano fatto presagire scure nubi in casa AMAM. E così Emilia Barrile non nascondeva con amici e collaboratori il timore di poter essere attenzionata nel corso di una possibile inchiesta giudiziaria su certi appalti dell’azienda.

Quelle strigliate d’orecchi ai giornalisti un po’ curiosi

Sono gli uomini della Sezione di Messina della Direzione Investigativa Antimafia che indagano sulle trame del Terzo livello a cogliere lo stato d’agitazione e la rabbia di Emilia Barrile per la tempesta che sta investendo l’AMAM e alcune delle cooperative e delle aziende vicine. “In tale contesto, risulta apprezzabile la circostanza per cui, all’inizio del mese di agosto 2016, alcuni consiglieri comunali hanno effettuato una ispezione presso la società AMAM e redatto una relazione, segnalando una serie di affidamenti di lavori pubblici e servizi ritenuti anomali e divulgando in occasione di una conferenza stampa il risultato del loro operato”, riportano nell’Informativa di reato redatta il 6 ottobre 2017. “Tra gli affidamenti evidenziati vi erano anche quelli in favore della Universo e Ambiente. La stampa locale ha ripreso la notizia riproponendo l’accostamento del nome di Emilia Barrile alla citata cooperativa, con la pubblicazione di un variegato e corposo articolo sulla testata giornalista Gazzetta del Suddel 4 agosto 2016. L’articolo ha spunto dal dossier stilato dai consiglieri comunali del gruppo Cambiamo Messina dal Basso a seguito della citata ispezione: viene fatta una panoramica degli appalti, degli affidamenti diretti e dei conferimenti di lavoro in somma urgenze, compiuti dall’AMAM nel corso degli anni, evidenziando in particolare alcune società privilegiate”. Nell’articolo di spalla si fa specifico riferimento alla cooperativa cara alla Barrile, sostenendo che essa sarebbe stata in grado di condizionare politicamente le scelte dell’azienda; a conclusione venivano indicati gli appalti che la stessa Universo e Ambiente si era aggiudicata negli ultimi anni.
Opportuno rileggere alcuni dei passaggi più significativi dell’esaustivo articolo a firma del giornalista Sebastiano Caspanello. “Tra le ditte sempre presenti all’AMAM c’è la cooperativa Universo e Ambiente, già ricorrentein casa Ato3. Ditta sulla quale, secondo Cmdb, potrebbe pesare un certo condizionamento politico. Quale? Alcuni dati. La coop, dopo la sede originaria a Gravitelli, si trasferisce in via Nicola Fabrizi n. 31 (ora ha cambiato di nuovo), nello stesso palazzo in cui aveva lo studio l’avv. Piero Cami (insieme a Francantonio Genovese). Entrambi condividevano lo stesso padrone di casa: la Caleservice dello stesso Genovese. E poi: prima amministratore unico, poi responsabile tecnico è stata Margherita Adamo, da sempre vicina all’attuale presidente del Consiglio (e punta di diamante elettorale della galassia Genovese) Emilia Barrile. Ex amministratore unico, del resto, era Giacomo Crupi, marito della cugina della Barrile. E le figlie della Barrile stessa hanno lavorato per un periodo in Universo e Ambiente. La coop nel 2014 ha ottenuto per quasi 106 mila euro il servizio di pulizia degli immobili dell’AMAM per il biennio 2014-2015. Stessa cosa quest’anno confermata (per 68 mila euro) per il biennio 2016-2017”.
L’articolo della Gazzetta del Sud si sofferma poi su quello che il gruppo di lavoro di Cambiamo Messina dal Basso ha definito il “Sistema AMAM”. “Appalti a pioggia senza gare, affidamenti diretti, somme urgenze, cottimi fiduciari: un sistema che predilige le vie brevi, nell’assegnazione di lavori profumatamente pagati, anche per quegli interventi che di straordinario non hanno nulla”, scrive Caspanello. “Quel sistema, che era già presente nell’Azienda acque prima dell’avvento dell’amministrazione Accorinti ma che, evidentemente, è andato avanti come se nulla fosse anche sotto la presidenza dello sfiduciato Leonardo Termini, merita un approfondimento anche secondo il sindaco stesso, che infatti ha trasmesso il dossier alla Procura. Dal documento a cui Cmdb ha lavorato per oltre sei mesi emerge una certa continuità nell’affidamento alle stesse ditte degli stessi appalti. Prendiamo il 2014. In quell’anno sono stati affidati 101 appalti per un totale di circa 5 milioni di euro. Appariva anomalo, si legge nel dossier, il fatto che di essi 60 siano stati assegnati con affidamento diretto, 34 in cottimo fiduciario e solo 7 con altra procedura (trattative private o somme urgenze). Cmdb parla di casi sospetti. Sospetti o no, è un fatto che ci siano ditte che ricorrono più di altre. Ad esempio la Cms Srl, destinataria di tre appalti per un totale di oltre 736 mila euro; la Pettinato Costruzioni, un cottimo fiduciario ed un affidamento diretto, entrambi di poco sottosoglia e con oggetto dell’appalto praticamente identico, per un totale di 229 mila euro; la Italsat, tre affidamenti con oggetto similare che sommano oltre 197 mila euro; la Intercontinentale di appalti ne ottiene cinque (secondo Cmdb viene meno il principio di rotazione tra le imprese) totalizzando poco più di 370 mila euro; la ditta Amuso Antonino, con tre lavori da 187 mila euro (due degli appalti hanno oggetto identico); la 2G Costruzioni, due appalti di poco sottosoglia per un totale di 239 mila euro. La Celeste Costruzioni è tra le ditte preferite dall’Amam: nel 2014 ottiene tre appalti per un totale di ben 272 mila euro. Anche nel 2013 aveva avuto incarico per due lavori (totale meno di 50 mila euro). E sempre la Celesti ha fatto il pieno nel 2015: tre appalti per un totale di addirittura 633 mila euro. Infine la cooperativa Universo e Ambiente, tre lavori da 125 mila euro in totale. Allarma– scrive Cmdb nel dossier a proposito della coop – il possibile condizionamento politico che avrebbe la società cooperativa secondo alcuni articoli di stampa. Molte di queste ditte le ritroviamo nell’anno ancora in corso: riecco la Celesti (due appalti da 219 mila euro), la Cms (385 mila euro con procedura negoziata), la Intercontinentale (cottimo da 100 mila euro) e sempre la Universo e Ambiente, 68 mila euro”.
La presentazione del dossier da parte di Costruiamo Messina dal Basso e l’attenzione riservatagli dalla Gazzetta del Sud e da altre testate giornalistiche infastidisce e fa preoccupare molto Emilia Barrile che, nel corso della giornata del 4 agosto, giorno di pubblicazione dell’articolo, ne discute ripetutamente con il consigliere-consigliore Marco Ardizzone. “Questi inizialmente minimizza il tutto ritenendo che si tratti sempre delle solite accuse (già in passato alcuni articoli di stampa avevano accostato Barrile alla cooperativa Universo e Ambiente); diversamente Barrile, seguendo il testo dell’articolo, sostiene che si tratti di un attacco politico perché hanno scritto che grazie alle sue pressioni politiche la cooperativa è riuscita ad aggiudicarsi delle gare dalla società AMAM, riferendosi alla gara per il servizio di pulizia, tanto che la donna ipotizza anche di querelare il giornalista”, riporta la DIA. “Ardizzone, nel suo ruolo di mentore, le fornisce consigli su come affrontare la situazione mettendole quasi in bocca le parole da dire: inizialmente le rammenta che a lei non interessa la cooperativa - allora questo a te di quello che ha fatto questa cooperativa non te ne frega un cazzo - e poi le suggerisce di fare un comunicato stampa o una intervista, non in qualità di presidente del consiglio ma solo come Emilia Barrile, in cui dovrà dire che si è stancata di essere attaccata sempre con le stesse dicerie: dirai, io francamente mi sono pure stufata di rispondere, quando purtroppo i giornalisti... la politica non sa attaccarti sui contenuti e una parte di giornalismo è faziosa ah... questi sono i contenuti, mi auguro che questa testata giornalistica abbia tutte le carte in regola per poter affrontare un processo che sicuramente io intenterò nei loro confronti, che già ho dato mandato agli avvocati, quindi questo poi sarà la formula dell’articolo. Barrile racconta ancora che hanno scritto che le sue figlie hanno lavorato per conto della cooperativa, e asserisce che il gruppo Cambiamo Messina dal basso ha trasmesso un nutrito dossier alla Procura della Repubblica inerente tutti i lavori e servizi che l’AMAM ha affidato alle società fornitrici. Prima di chiudere la conversazione Ardizzone le consiglia anche di parlare della situazione con l’avvocato, quello di Francantonio Genovese: te l’ho detto un milione di volte, quindi non spendere soldi e faglielo fare a Emilio Fragale, oppure Fragale, tramite loro gli danno incarico ad altri, ci siamo... ma fagli spendere i soldi a lui per queste cose, visto che tanto ti attacchi a lui...”.
Nella stessa mattinata Emilia Barrile richiama Ardizzone e lo informa che sta per andare a parlare con il legale. “Dopo essersi confrontata con il professionista, prontamente Barrile aggiorna Ardizzone di quanto discusso e gli dice che il legale ritiene che l’articolo possa essere utilizzato per aprire una inchiesta”, annotano gli inquirenti. “Da questo momento il suo modo di affrontare al telefono l’argomento del suo rapporto con la cooperativa diventa immediatamente più prudente e distaccato, e si potrebbe dire falso alla luce di quanto accertato nel corso di questa indagine: infatti, dopo il consulto, afferma, quasi a spiegare ad Ardizzone la linea difensiva, che una volta era più vicina alla cooperativa dove anche le figlie avevano lavorato, ma adesso non si interessa minimamente di quello che succede. L’amministratore unico è il cugino il quale non può certo rinunciare a lavorare solo perché è suo cugino. Barrile riferisce che non c’è stata alcuna pressione politica sull’AMAM da parte sua perché i lavori sono dati con gare pubbliche a chi ha i requisiti, ed inoltre che lei con Leonardo Termini, presidente dell’AMAM, ha solo rapporti di amicizia; aggiunge che il gruppo Cambiamo Messina dal basso è contrario alla figura di Termini alla presidenza dell’AMAM e che non si è dimesso e quindi sapendo che lei gli è vicina - essendo amico suo - cercano in tutti i modi di attaccarlo in modo che ne abbia delle dirette conseguenze lei stessa”.
Questa linea difensiva viene esposta dalla donna il giorno seguente in una telefonata al vicecapo servizio della Gazzetta del Sud. “Barrile, che non vuole controbattere pubblicamente per non alimentare la notizia, vuole però veicolare, attraverso il giornalista, sostanzialmente tre messaggi: la scorrettezza del giornalista e quindi del giornale nei suoi confronti; la sua estraneità alla gestione della cooperativa ed alle gare di appalto presso AMAM; il movente politico dei consiglieri di Cambiamo Messina dal Basso”, riporta l’Informativa. “Barrile fa trapelare quanto sia stata infastidita; poi, riferendosi al giornalista che ha firmato l’articolo, afferma: Certo non me lo sarei aspettato da Sebastiano Caspanello... Non fa niente, significa che i rapporti umani, io li metto su altro livello... Ma mi poteva pure chiamare no? Mi diceva sai Emilia... per i rapporti che ci sono.... Il giornalista le fa intendere che ha piena possibilità di replicare con lo stesso mezzo, ma Barrile non ha interesse a mantenere viva l’attenzione sulla notizia e prontamente cerca di far scivolare l’attenzione sull’aspetto politico della vicenda: Là c’è scritto una presunta pressione politica..., siccome pressione politica non ne ho fatto a nessuno, se poi Cambiamo Messina dal Basso, ce l’ha con Termini perché è amico mio… Facciamoli uscire che lo dicano pubblicamente e poi li denuncio, questo è sicuro, va!. Barrile ribadisce che non è interessata a replicare alle accuse formulatele, in quanto, dopo aver letto l’articolo, asserisce che alla fine hanno spiegato la storia di una società che si è aggiudicata una gara con il 41% di ribasso e che, se avesse avuto alle spalle il sostegno di una forte pressione politica, non se la sarebbe aggiudicata con un margine così basso di guadagno. Barrile dopo aver difeso a spada tratta la suddetta società, di converso sostiene che lei adesso è totalmente estranea alla gestione, riferendo di non sapere neanche come l’amministrino (…) Tornando a quello che le preme, Barrile, per criticare il comportamento dei consiglieri, afferma che avrebbero dovuto rivolgersi alla Procura piuttosto che ai giornali, ribadendo il concetto dell’attacco politico a Termini ed a lei stessa. Prima di chiudere la conversazione Barrile ritorna a lamentarsi del comportamento assolutamente denigrante tenuto del giornalista Caspanello nei suoi confronti”.
Nelle stesse ore, gli inquirenti intercettavano un’altra conversazione a bordo del veicolo in uso all’ingegnere Francesco Clemente, altro importante collaboratore della Barrile, avvenuta tra lo stesso e il fratello Giuseppe Clemente, presenti pure il noto imprenditore edile Vincenzo Pergolizzi e il factotumElio Cordaro. “Ma l’hai letto di Emilia, oggi stamattina?”, domanda Giuseppe Clemente. “No, che ha fatto? L’hanno arrestata?”, risponde il fratello Francesco. “All’AMAM la sua cooperativa... non sa quanto milioni pigghiau… Ma era segnata, a me questa cosa me l’hanno detto che la dovevano arrestare... ma non ora....”, commenta Giuseppe. “E' da tre mesi che la devono arrestare... fra poco l’arrestano....”, conclude profeticamente l’ingegnere Clemente.

Un cartello d’imprese amiche per spartirsi le gare AMAM

Due mesi dopo l’articolo sul dossier gare AMAM, gli uomini della Direzione Investigativa Antimafia si recavano presso la sede dell’azienda per acquisire la documentazione riguardante gli affidamenti di lavori alle società  Intercontinentale Srl, Eco Ambiente Soc. Coop. e Universo e Ambiente. Meno di una settimana dopo, il 18 ottobre 2016, il presidente Leonardo Termini si presentava presso gli uffici DIA a Messina manifestando la volontà di rendere delle dichiarazioni spontanee. “Nello specifico Termini riferiva in ordine alla gestione della società AMAM nel corso degli anni precedenti la sua presidenza, con particolare riferimento ad alcuni contratti ed affidamenti che egli non riteneva corretti”, riportano gli inquirenti nell’Informativa Terzo livello. “Il principale di questi è quello legato alla gestione del recupero dei crediti affidato, fino al 31 dicembre 2015, alla società Fire SpA (riferibile all’imprenditore Sergio Bommarito); tale società, a dire del Termini, ha incassato per un decennio cifre tra i 700 ed i 900 mila euro per anno”.
Ecco quanto raccontato da Leonardo Termini nel corso del suo primo faccia a faccia con gli inquirenti. “Posso dire che, nello svolgere il mio ruolo ho preso cognizione del contratto vigente all’epoca del mio insediamento nel mese di giugno 2015, con la società di riscossione crediti denominata Fire SpA, con la quale l’AMAM aveva stipulato, un contratto nell’anno 2004 con procedura non aderente al codice degli appalti all’epoca vigente e che, nel corso degli anni, era stato periodicamente e sistematicamente prorogato in maniera non conforme al codice degli appalti. Anch’io per un periodo di soli due mesi ho dovuto prorogare questo contratto al fine di concludere l’annualità solare riferita all’esercizio 2015. Esso si è concluso in data 31 dicembre 2015 e pertanto, il servizio di riscossione è stato gestito in house in termini di efficienza ed economicità per l’azienda. Negli anni di vigenza di questo contratto, che io ritengo nullo ab origine, AMAM, ha riconosciuto, tra gli altri, a Fire un aggio dell’11% prima e del 9,75% poi, sui crediti riscossi, ed anche per altre attività che reputo non siano state interamente svolte (…) Sintetizzando il compenso medio annuo variava tra i 700 mila ed i 900 mila euro. In ordine a questa vicenda, posso produrre la documentazione dalla quale si evince la nullità degli atti corredati da un parere legale”.
Poi Leonardo Termini improvvisamente tira in ballo Emilia Barrile accusandola di avergli offerto una ricompensa in denaro nel caso in cui lui avesse deciso di procedere al pagamento dei mandati in favore della Fire SpA che erano in sospeso ed ammontavano ad un milione e quattrocento mila euro circa. La proposta gli sarebbe stata fatta anche per un’altra ditta, di cui Termini dice di non ricordare il nome, ma che il personale DIA, in seguito, ha accertato essere la Intercontinentale Srl dell’imprenditore Natale Micali.
“Un preliminare riscontro alle dichiarazioni di Leonardo Termini è costituito dalla circostanza che Emilia Barrile è certamente in stretti in rapporti con entrambe le persone che devono beneficiare dei mandati di pagamento arretrati di AMAM”, riportano gli inquirenti. “Del rapporto tra Barrile e Natale Micali si è rilevata la circostanza che Micali dovesse pagare delle somme di denaro in favore della cooperativa Universo e Ambiente non appena fosse stato, a sua volta pagato dal Comune di Messina; nelle indagini si è dato atto dell’interessamento di Barrile affinché venissero liquidate le fatture di tale ditta. Quindi esistono rapporti di confidenza ma anche di interesse tra Barrile e Natale Micali (…) Del rapporto privilegiato esistente tra Emilia Barrile e Sergio Bommarito si pone in evidenza: l’interessamento di Barrile presso gli uffici dell’Urbanistica per una pratica di ampliamento della villa di Bommarito; la richiesta di fare stabilizzare da Fire SpA l’amica di Barrile, Angela Costa; l’interessamento di Bommarito per fare assumere la figlia dell’esponente politica, Stefania Triolo, dalla Banca di Credito Peloritano”.
Il presidente Leonardo Termini ha pure riferito sulla presunta sussistenza di accordi tra le diverse ditte per spartirsi i lavori presso l’azienda messinese. “Ravviso che intorno ad AMAM si sono creati cartelli di ditte che si suddividono i lavori affidati dalla società ripartendosi le gare”, ha spiegato Termini. “Sebbene io, per il mio ruolo, non gestisco direttamente nessuna procedura di gara ma ne ho conoscenza per presa visione in quanto visto la richiesta della necessità del servizio da mettere in gara (…) Fatta questa premessa aggiungo che la struttura organizzativa di AMAM si ripartisce in tre grandi ambiti. Quello dell’acquedotto, quello delle fognature e quello dell’autoepsurgo. In ognuno di questi ambiti ho potuto constatare che si è creata una situazione di cartello che porta ad una gestione non limpida delle gare”.
“Nell’ambito autoespurgo, prima del mio insediamento, dietro le ditte aggiudicatarie vi era la presenza di tale Sarino Buscemi il quale mi compulsava sia personalmente che attraverso un suo geometra per il pagamento di alcune fatture relative a ditte formalmente a lui non riconducibili; in particolare la Opera Appalti ed un’altra che, se non ricordo male, si chiama Geos o qualcosa di simile”, ha aggunto Termini. “Queste fatture, ad eccezione di una, non sono state ancora pagate poiché mi si diceva che era solo un giro di prestanomi e pertanto non me la sono sentita di liquidarle. In ordine all’acquedotto la situazione riguarda invece due società direttamente riconducibili a Tiberio Celesti ed altre che sono comunque a lui riferibili per commistioni di interesse. Anche Celesti mi ha chiesto, in alcune occasioni, di effettuare pagamenti di fatture in favore di queste ditte terze perché a loro volta dovevano dargli del denaro. Ad esempio, tra quelle c’era la ditta Parrino ed altre di cui adesso non ricordo le denominazioni (…) Per le fognature il cartello è riconducibile a Barillà o Barrilà, non ricordo l’ortografia del cognome. Ho inteso, da quello che mi ha detto che a questa persona è riferibile anche la ditta Giunta. Faccio presente, per inciso, che tra le ditte di cui mi sono stati richiesti i documenti da voi, vi era anche la Intercontinentale a proposito della quale ho constatato, e per questo ho fatto procedere gli uffici competenti, che non stava portando a compimento i lavori affidati in maniera conforme al contratto, in quanto questa ditta utilizzava per il servizio gli stessi mezzi utilizzati dalla ditta vincitrice di analogo affidamento in altro settore della città, ditta quest’ultima, peraltro, la cui proprietà è del fratello del proprietario di Intercontinentale. In sintesi avrebbero dovuto usare un mezzo grande ed uno più piccolo per ciascun settore della città, mentre ne utilizzavano soltanto uno per entrambi settori”. Gli inquirenti hanno avuto modo di identificare i soggetti indicati da Leonardo Termini nel corso del suo interrogatorio: Rosario Buscemi detto “Sarino”; Gaetano Celesti detto “Tiberio”; Antonio Barrilà; Natale Micali (titolare di Intercontinentale Srl) e il fratello Giuseppe Micali. Tutti loro operano o hanno operato per conto di AMAM.

Verità, mezze verità e omissioni

Ulteriori particolari sulle discusse modalità con cui l’AMAM avrebbe affidato parte dei lavori sono stati forniti ancora dal Presidente Leonardo Termini, nel corso di una successiva escussione con gli inquirenti, il 9 dicembre 2016. “In quest’ultimo periodo non ci sono state altre sollecitazioni in relazione agli affidamenti in itinere; viceversa, ci sono state in ordine al pagamento dei mandati in favore di alcune ditte”, ha esordito. “In particolare Tiberio Celesti, titolare della Celesti Costruzione ed Edil Condotte, in più occasioni mi ha chiesto il pagamento di somme di denaro a suo dire vantate da ditte per le quali lui ha speso il suo interesse (…) La settimana scorsa, io ero al mio ufficio in AMAM e Celesti è arrivato fino alla sala posta all’ingresso proprio mentre io passavo nel corridoio. In tale contesto, mi ha detto: Leonardo possiamo stare da soli? Io gli ho risposto che non c’era motivo e sono andato per la mia strada. Dopo circa un ora, l’ho incontrato nuovamente appena fuori dai locali dell’AMAM e lui nuovamente mi ha chiesto di vederci da soli. Gli ho risposto che dovevo andare via e lui mi ha detto questa frase I seghiri si stannu ‘nfracidennu, toccandosi la tasca. Dopo questo episodio, ho incrociato Celesti all’AMAM dove lui aveva portato dei documenti. Lui mi ha cercato al telefono più volte, ma non ricordo se gli ho risposto oppure gli ho risposto che era impegnato. Questa mattina, invece, non essendo in sede il direttore generale e poiché i dipendenti AMAM non riuscivano a contattare i dipendenti di Celesti per un intervento, allora l’ho chiamato direttamente io”.
“Mi viene chiesto se vi siano stati ulteriori incontri con Emilia Barrile legati alle promesse di denaro in mio favore in caso avessi pagato i mandati Fire ed all’altra ditta e rispondo che ho incontrato qualche volta Barrile o al Comune o in altre circostanze e lei mi ha chiesto se io avessi fatto i pagamenti, ed io ho risposto di no”, ha spiegato Termini. “Lei mi ha più volte cercato per organizzare degli incontri, ma io non ho aderito a queste richieste sino al punto che lei si è arrabbiata con me ed il giorno 8 novembre mi ha mandato un sms con cui diceva di volere chiudere ogni rapporto personale limitandosi solo a quelli istituzionali. Da allora non ci siamo più sentiti. Una volta però, Celesti mi ha portato dalla Barrile con l’inganno. Celesti mi ha chiamato, rappresentandomi la sua urgenza di parlarmi. Io ho ritenuto che fosse per problemi a Calatabiano sulla condotta. Mi ha raggiunto nei pressi del mio studio. Sono sceso quando lui ha suonato e l’ho raggiunto sulla sua auto. Dopo i convenevoli, lui mi ha detto che mi avrebbe portato da un’amica comune. Poiché gli ho rappresentato che non avevo nessun amica in comune con lui, lo stesso mi disse che la persona che ci aspettava era Emilia Barrile. Intanto lui si spostava verso la via I° settembre angolo viale San Martino, dove c’era Emilia Barrile che parlava con una persona. A quel punto sono sceso dall’auto insieme a Celesti. Appena incontrati, lei mi ha fatto le sue rimostranze perché io non le rispondevo al telefono ed io le ho ribadito che non avevo motivo di rispondere e che lei non aveva motivo di avere alcuna rimostranza. Celesti ha fatto alcune battute per cercare di stemperare il clima ma io ho preso il caffè e me ne sono andato, inizialmente a piedi e successivamente in auto, quando Celesti mi è venuto dietro e mi ha raccolto, accompagnandomi allo studio (…) Non ricordo se Barrile mi abbia fatto una richiesta specifica a favore di Celesti, ma ha fatto un riferimento generico a tutte le ditte che si lamentano per le modalità dei pagamenti. Celesti ha lavori in corso con AMAM ed ha svolto lavori anche a Calatabiano in occasione delle precedenti emergenze. Purtroppo Calatabiano è un mio chiodo fisso. Voglio precisare che quando parlo di Celesti come di Barillà si tratta di persone che lavorano da oltre 20 anni con AMAM e sono di casa negli uffici ed hanno rapporti confidenziali con tutto il personale…”.
Stando alle risultanze delle indagini, parte delle dichiarazioni rese da Leonardo Termini presenterebbero, però, delle “gravi incertezze logiche e delle chiare omissioni che ne adombrano la piena affidabilità”. “Egli, infatti, inizialmente riferisce che non vi sono state altre offerte di denaro da parte di Barrile affinché egli sbloccasse i pagamenti, spiegando che ha avuto con lei solo incontri casuali ed occasionali; mentre ha evitato di aderire alle richieste di incontri fattegli, al punto che lei, il giorno 8 novembre, gli ha inviato un sms con cui affermava di volere chiudere ogni rapporto con lui”, riporta l’Informativa. “L’attività tecnica ha in effetti riscontrato tale affermazione. La donna, dopo alcuni tentativi di chiamata effettuati - il primo nel tardo pomeriggio del 7 novembre ed altri due nella mattina del giorno 8 novembre - ha inviato un sms a Termini con il seguente testo: È urgente. Non ricevendo risposta da questi per tutto il pomeriggio, alle ore 20.50 ha mandato altri sms da cui emerge che Barrile è offesa del comportamento da questi tenuto; questo è il tenore degli sms: Ti ringrazio della grande considerazione che hai nei miei confronti. Stai sicuro che Nn ti cerco più e gradirei se cancelli il mio numero. Da adesso in avanti X me ci saranno solo ed esclusivamente rapporti istituzionali se saranno necessari altrimenti neanche più quelli. Ti auguro buona fortuna Presidente. Ma i rapporti tra Termini e Barrile non si sono affatto interrotti dopo l’8 novembre, come egli ha perentoriamente affermato; e ciò, non solo per il riferito episodio dell’incontro organizzato da Celesti. Si dà conto che, la stessa sera del 8 novembre, vi sono tre tentativi di chiamatada Termini verso Barrile, cui la donna non risponde, intramezzati da un sms inviato sempre da Termini con il seguente testo Ma cosa...?!. Queste comunicazioni appaiono chiaro segno della volontà di Termini di non tagliare i rapporti con Barrile. Nei giorni seguenti vi è un’interruzione dei rapporti telefonici fino al giorno 21 novembre; da quella data, i contatti tra i due saranno abbastanza frequenti fino al 30 novembre, momento in cui si interrompono nuovamente”.
In particolare gli inquirenti hanno accertato che il 23 novembre Emilia Barrile ha chiamato Termini per pressarlo “affinché provveda a fare i pagamenti in favore della persona che era andata il giorno precedente riferendosi verosimilmente a Antonio Barillà”. Il giorno successivo Barrile ha invitato a pranzo Termini e nell’occasione lo ha fatto incontrare con Celesti in un locale in via Garibaldi. “Nei momenti che sono stati osservati, il clima del dialogo è apparso sereno, al punto che al termine del pranzo Termini e Celesti si salutano baciandosi; nelle sue dichiarazioni, Termini ha però completamente omesso di riferire di questo incontro”, annota la DIA.
Nei giorni seguenti Barrile cerca ancora di contattare Termini; il 28 novembre, dopo gli inutili tentativi della donna, è il Presidente di AMAM a richiamarla. Dopo diverse chiamate andate a vuoto, la mattina del 30 novembre Barrile riesce finalmente a parlare con Termini. “Ma come cazzo ragioni?”, esordisce l’esponente politica. “Io ti avevo detto avantieri che era una questione personale mia, vero? E tu tinni futtisti! Tu sei quello impegnato e che mi ghianti sempre, infatti ieri neanche al messaggio mi hai risposto, perché non ti conveniva vero? Adesso ci vediamo al bar qua sotto…”. Gli inquirenti ignorano se l’incontro sia poi avvenuto; di certo è stata questa l’ultima telefonata intercettata tra i due.
“Le propalazioni di Termini appaiono non del tutto genuine e pienamente attendibili soprattutto in ordine ai suoi reali rapporti con Emilia Barrile”, riporta la DIA. “Dalle attività tecniche svolte emergono poi con chiarezza i rapporti tra Emilia Barrile ed i principali creditori di AMAM – Rosario Buscemi, Gaetano Celesti, Natale Micali, Antonio Barillà e Sergio Bommarito - ed altrettanto chiaramente emergono riscontri inequivoci in ordine alle pressioni che Barrile ha esercitato su Termini al fine di fargli effettuare i pagamenti in favore di questi soggetti. Al contempo, l’atteggiamento di Termini è ondivago e reticente: dapprima accusa in maniera esplicita Barrile di avergli fatto promesse di denaro in cambio dello sblocco dei pagamenti in favore di Bommarito e Micali, mentre nega qualunque interessamento specifico in favore degli altri; poi introduce velatamente il tema delle pressioni di Celesti con una sottintesa promessa di denaro, senza accostarlo a Barrile, mentre invece si è documentato come, anche per Celesti, Barrile interviene e direttamente. Ancora, Termini riferisce che ha interrotto i rapporti con Barrile dall’8 di novembre mentre, come visto, così non è: d’altro canto è vero che egli tenta di sottrarsi, ogni volta che può, al confronto, ma ciò non di meno omette di riferire completamente del lungo incontro con Celesti e Barrile del 24 novembre (…) Anche sul momento della sua presentazione a questa P.G. nulla vi è di casuale ed autonomamente spontaneo. Si è evidenziato che il 12 ottobre quest’ufficio ha recapitato al Direttore Generale facente funzioni di AMAM, ing. Francesco Cardile, la richiesta di acquisizione di atti che interessava i rapporti tra AMAM e la cooperativa Universo e Ambiente, cioè di fatto Barrile, nonché quelli con la Intercontinentale Srl, cioè Micali. Proprio quel giorno Termini ha incontrato Barrile e Micali e, stranamente pochissimi giorni dopo, ha avuto l’irrefrenabile necessità di rendere delle dichiarazioni sulla precedente cattiva gestione di AMAM”.
Sempre secondo la DIA, durante le indagini è emerso che in taluni degli incontri con Leonardo Termini “volti a spingerlo ad effettuare i pagamenti dei mandati in sospeso”, la stessa Emilia Barrile avrebbe agito anche per conto di Sarino Buscemi, Antonio Barrilà e Tiberio Celesti, “poiché con tutti e tre conduce rapporti più o meno intensi”. Anche se i contatti telefonici con Buscemi non sono stati numerosi, Barrile si è attivata per fare incontrare l’imprenditore con il presidente di AMAM e come riporta l’Informativa Terzo livello, almeno una volta Barrile ha ottenuto il suo scopo e porta in trofeo Termini ad un incontro con Buscemi. Diversamente, il rapporto tra Barrile e Antonio Barillà è certamente più familiare. “Una volta Barrile chiede a Barillà di assistere il proprio factotum Giovanni Luciano per fare i preventivi per alcuni lavori di edilizia per conto della cooperativa Universo e Ambiente”, afferma la DIA. “Inoltre, Barrile lo invia ad assistere la figlia Rosaria Triolo in occasione di un’assemblea del condominio dove vive che deve deliberare in ordine a dei lavori economicamente onerosi per verificare se il preventivo proposto sia congruo; gli chiede la disponibilità di forniture di acqua per dei locali appartenenti ad alcuni suoi amici”.
“Anche quando ha riferito fatti gravi imputandoli a Barrile, non ha detto nulla sul recente affidamento di lavori alla cooperativa Universo e Ambiente che egli sa perfettamente essere riconducibile alla donna, quanto meno perché l’articolo di giornale del precedente 4 agosto 2016 lo aveva messo in evidenza (articolo che lui aveva lungamente commentato con la stessa Barrile)”, stigmatizzano gli inquirenti. “E’ evidente che Termini non può parlarne perché dovrebbe mentire e non vuole, oppure dovrebbe confessare il suo coinvolgimento nella turbativa della gara, come invero emerge dalle conversazioni telefoniche (…) Quelle di Termini, al momento, non appaiono dichiarazioni animate da un sincero spirito di collaborazione con la giustizia e da una volontà di denunciare il malaffare ma, piuttosto, sono volte ad allontanare da sé sospetti ed indagini. Egli, infatti, ha riferito circostanze sostanzialmente vere, nelle parti riscontrabili e riscontrate, sulle responsabilità altrui; ma non ha inteso esplicitare fino in fondo le cose perché, in quel caso, avrebbe probabilmente dovuto rendere una confessione ed autoaccusarsi di comportamenti penalmente rilevanti o, al minimo, deontologicamente esecrabili…”.

Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 3 ottobre 2018, http://www.stampalibera.it/2018/10/03/i-documenti-inediti-azienda-meridionale-acque-messina-lalbero-della-cuccagna-del-terzo-livello/ 

I presunti favori di Emilia Barrile a Sergio Bommarito. “Se non ti paga ci spacco la faccia…”

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La velocizzazione di una pratica presso il competente ufficio d’Urbanistica del Comune di Messina; le pressioni sul presidente di un’azienda a capitale pubblico per sbloccare i pagamenti dovuti ad un’impresa affidataria. Il tutto per nome e per conto sempre dello stesso interessato, l’imprenditore Sergio Bommarito, amministratore unico e principale azionista di Fire SpA, la società che nel capoluogo dello Stretto si occupa del recupero crediti stragiudiziale, attraverso il sollecito telefonico e l’esazione domiciliare. C’è un capitolo intero dell’inchiesta sul cosiddetto Terzo livello della Direzione Investigativa Antimafia e della Procura della Repubblica peloritana riservato ai presunti favori che Emilia Barrile, ex Presidente del consiglio comunale e indagata chiave, avrebbe assicurato all’uomo forte del Fire Group.
“Barrile, in più occasioni, pubblico ufficiale, sfruttando relazioni esistenti con altri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, come prezzo della propria mediazione illecita, per compiere o avere compiuto atti contrari ai doveri d’ufficio (in violazione, tra l’altro, dei doveri di imparzialità, correttezza ed autonomia), ha sollecitato presso gli uffici comunali, la velocizzazione di una pratica amministrativa di interesse di Sergio Bommarito (imprenditore cui è riconducibile il gruppo Fire), interferendo sull’operato dei funzionari per ottenere I’esito positivo della medesima pratica, avente ad oggetto la ristrutturazione di un immobile (villa Bommarito)”, scrive il Pubblico ministero Fabrizio Monaco nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari sul Terzo livello. Tra le accuse contro la donna, poi, l’aver “pressato ripetutamente Leonardo Termini, presidente dell’AMAM - Azienda Meridionale Acque S.p.A. (società a capitale interamente pubblico, detenuto dal Comune di Messina), sul quale Barrile aveva capacità di incidere in ragione del rapporto corrente tra Comune e società partecipata, e dei conseguenti poteri (interpellanze, ispezioni, inchieste, ecc.), spettanti quale consigliere comunale e Presidente del Consiglio comunale - prospettandogli che Sergio Bommarito era disposto a corrispondergli del denaro, perché sbloccasse una serie di pagamenti di somme di denaro in favore della Fire S.p.A., affidataria, per conto dell’AMAM, del servizio di recupero crediti, pagamenti ritenuti da Termini non dovuti”.

Quella mia figlia la voglio impiegata di banca

Il rapporto tra Sergio Bommarito ed Emilia Barrile, secondo gli inquirenti, “è risalente nel tempo” e sicuramente “confidenziale”, anche se la donna “appare mantenere un timore reverenziale” nei confronti dell’imprenditore. “I contatti tra i due sono di norma finalizzati ad incontri di persona e, come sempre, sono poi le conversazioni di Emilia Barrile con l’amico commercialista Marco Ardizzone a fornire gli elementi per comprendere cosa sottende a questi incontri”, riporta la DIA. “La ricerca di un posto per la figlia di Emilia Barrile, Stefania Triolo, comunemente chiamata Stefy, attraversa tutto il periodo di indagine e vede Barrile rivolgersi all’onorevole Francantonio Genovese ed all’imprenditore Sergio Bommarito per ottenere una sistemazione lavorativa ritenuta adeguata e congrua alle aspirazioni della figlia, che nel periodo compreso tra il 4 maggio ed il 30 ottobre 2015 aveva lavorato, con un contratto a tempo determinato per sei mesi, presso la Banca di Credito Peloritano SpA di Messina, istituto legato anche all’imprenditore Bommarito”. L’imprenditore, infatti, oltre ad essere presidente e consigliere del Cda di alcune importanti società (FB5 Investments Srl, Fire Group SpA, Fire SpA, Creset - Crediti, Servizi e Tecnologie S.p.A., Fire Resolution SpA) è pure consigliere dell’istituto bancario messinese con sede in via Oratorio San Francesco; Bommarito, inoltre, attraverso Fire Group e SpA, detiene dal 17 aprile 2016 la quota azionaria del 3,28% di Banca di Credito Peloritano.
L’argomento dell’assunzione di Stefania Triolo è uno degli argomenti rilevanti dei rapporti tra Sergio Bommarito ed Emilia Barrile”, aggiungono gli inquirenti. “L’imprenditore, in concomitanza con l’ultimo periodo di lavoro della Triolo, in una conversazione telefonica con Barrile del 29 ottobre 2015 le rappresenta l’impossibilità di confermare la figlia Stefania presso la Banca di Credito Cooperativo poiché sarebbe rientrata la ragazza precedentemente andata in congedo per maternità e che Triolo aveva sostituito, ma che, comunque, avrebbero tenuto in considerazione sua figlia nella prospettiva dell’apertura di nuove filiali o qualora il giro d’affari si sarebbe implementato”.
Emilia Barrile non nasconde la propria delusione; ciononostante si sofferma a discutere con l’interlocutore dell’emergenza idrica che ha messo in ginocchio Messina in quei giorni. “Bommarito si lamenta per il fatto che a lui servono almeno 10 mila litri al giorno per tenere aperto e che quello da cui si rifornisce non ha più disponibilità”, annota la DIA. “Barrile, di contro, si impegna a fare alcune telefonate per vedere se può fargli arrivare qualche autobotte, considerato che l’acqua mancherà ancora per tre o quattro giorni”. Dopo avere chiuso la conversazione con Bommarito, l’esponente politica si attiva per cercare di reperire la fornitura d’acqua per l’imprenditore. “Barrile chiama ripetutamente il presidente dell’AMAM, Leonardo Termini, il quale le risponde dopo molte chiamate andate a vuoto”, riporta l’Informativa. “La donna - discutendo in generale del problema del guasto e dei tempi per ripristinare la fornitura dell’acqua e delle soluzioni che si sarebbero potute adottare, richiedendo l’aiuto delle autobotti dei comuni limitrofi a Messina, per mitigare i disagi - chiede a Termini se lui, cioè AMAM, abbia solo cinque autobotti e se sono tutte impegnate a rifornire ospedali e servizi pubblici. Termini conferma questa circostanza e il fatto che comunque non fanno forniture a privati. Barrile, allora, prova un’altra via e chiama Natale Micali, titolare della ditta Intercontinentale Srl con cui svolge numerosi lavori per conto di AMAM, a cui chiede l’eventuale disponibilità di acqua; Micali, però, dà la propria disponibilità a portarla, se serve, solo a Barrile ma non in altri posti perché la cosa gli comporta dei problemi”.
Nei mesi di novembre e dicembre 2015 i contatti telefonici tra l’esponente politica e l’imprenditore diventano sporadici e limitati a scambi di convenevoli o auguri. “I due commentano la scarcerazione del comune amico Francantonio Genovese, l’ipocrisia di coloro i quali lo vanno a trovare adesso ed il suo ormai prossimo passaggio in Forza Italia”, annotano gli inquirenti. “All’inizio del gennaio 2016 un dialogo tra Barrile ed Ardizzone riconduce nuovamente i rapporti con Bommarito alla richiesta di una sua premura per l’assunzione della figlia di Barrile. Nel corso del dialogo, la donna racconta ad Ardizzone di avere ricevuto dei complimenti da Francantonio per i suoi miglioramenti politici ed Ardizzone, molto più prosaicamente, le rammenta che non la deve lisciarema deve fare le cose che deve fare. Barrile, stimolata da questa reprimenda, inizia a raccontare che l’on. Genovese si era visto con Sergio Bommarito, perché ai fini di un impiego per la Triolo rispetto alla soluzione prospettata di essere assunta nella società di Palermo (riferimento alla Siremar), la banca era una soluzione migliore. Barrile aggiunge che lui (Genovese) le ha detto di avere parlato con Sergio e che qualora non dovesse ottenere quanto richiesto, interverrà personalmente”.
Ad aprile, però, due nuovi temi si introducono nel rapporto tra Bommarito e Barrile: l’interessamento della donna presso gli uffici dell’Urbanistica del Comune di Messina per una pratica di interesse dell’imprenditore e l’intenzione di Marco Ardizzone e della stessa Barrile di fare assumere, presso la Fire SpA, Angela Costa (amministratore unico della cooperativa Peloritana Servizi e moglie di Giuseppe Chiarella, anch’egli collaboratore della coop). Angela Costa, già lavora come consulente per la Fire di Bommarito. “Il 20 aprile 2016 Marco Ardizzone viene chiamato da Giuseppe Chiarella che gli esterna l’idea di fare smettere di andare al lavoro la moglie presso la società di Bommarito, perché lo stipendio non copre neppure i costi, e così la Fire la manda a casae lei potrà usufruire della disoccupazione, annotano gli inquirenti.“Ardizzone cerca di calmarlo e gli dice di pazientare fino a giugno perché allora forziamo la mano con Sergioe gli diciamo o aumenti lo stipendio o me la stabilizzi per bene, oppure questa se ne va perché ci rimette soldi…”.
Una settimana dopo è Emilia Barrile a chiamare il commercialista Ardizzone per raccontargli di essere stata all’Urbanistica e “che lei lì ha fatto quelle cose di Sergio, quella là di Tony; Ardizzone la esorta a farsi dare almeno una macchina da Sergio visto che lei lo aiuta mentre lui non le ha assunto neppure una persona; Barrile, da parte sua, risponde che non riesce neppure a parlarci, ma ormai ‘sta cosa gli avevo detto che gliela faccio e gliela faccio…”. Il 2 maggio 2016, nel corso di una telefonata tra Barrile e Bommarito, la donna fa presente all’interlocutore di essere all’Urbanistica e che tutto è appostissimo; Bommarito, invece, non pare convinto perché ha ricevuto la comunicazione di un pagamento che a lui sembra esagerato nell’ammontare, quasi ventimila euro.... “Barrile tenta di tranquillizzarlo suggerendo una verifica da parte di un tecnico e gli comunica che lei l’indomani sarà nuovamente all’urbanistica con Tony (l’imprenditore Antonio Fiorino N.d.R.) per risolvergli un problema”, continua l’Informativa. “Qualche minuto dopo Barrile chiama Ardizzone e quest’ultimo rammenta all’amica quale sia lo scopo che deve avere il suo intervento presso gli uffici comunali, e cioè lo scambio di favori che a sua volta Bommarito deve fare a lei con assunzioni, eventualmente la disponibilità di una macchina di cui ha parlato nelle precedenti conversazioni ovvero la stabilizzazione di Angela Costa; diversamente suggerisce di rallentare anziché accelerare la pratica di Bommarito”.

Come ampliare una villa e risparmiare in oneri di urbanizzazione

Al fine di riscontrare il contenuto dei dialoghi, la Direzione Investigativa Antimafia ha acquisito una serie di atti presso il Dipartimento Edilizia Privata del Comune di Messina, tra cui quelli relativi alla pratica edilizia riconducibile all’interesse di Sergio Bommarito e relativa all’ampliamento di Villa Bommarito, ai sensi delle Legge regionale n. 6 del 2010 (c.d. Piano casa). “Il tecnico incaricato è l’architetto Umberto Giorgio”, annotano gli inquirenti. “Acquisita questa informazione, una serie di conversazioni tra Barrile e l’arch. Giorgio assumono significato e piena totale rilevanza. Il 5 aprile 2016 Barrile contatta il professionista; dopo i convenevoli incentra subito la discussione sulla pratica urbanistica di Bommarito. In particolare, Barrile precisa che bisogna pagare 2 o 3 mila più di quanto preventivato; l’architetto, da parte sua, le conferma questa circostanza e comunica di essere in attesa della notifica di questo atto. Barrile, che si rende disponibile l’indomani a ripassare dagli uffici per vedere se questa comunicazione è partita, fa pesare il suo intervento ed infatti dice all’architetto: Sai che avevano bocciato tutte cose? Vero!Va bè poi è stato superato l’ostacolo”.
Il giorno seguente l’architetto Giorgio prova ripetutamente a contattare Barrile; alla fine ci riesce e durante la conversazione si accenna in modo vago alla pratica in esame, senza che i due esplicitino il nome del titolare. “Sto per andare presso gli uffici, com’è l’intestazione?”, domanda Barrile.“Ehhh... nome... nome e cognome!”, la laconica risposta del professionista. “Anche nei successivi sms con cui l’architetto chiede informazioni, questi cerca di non svelare il nome dell’interessato”, riportano gli inquirenti. “Le ultime due conversazioni tra Barrile e l’arch. Giorgio sono del 27 aprile 2016, il giorno in cui Barrile ha detto ad Ardizzone di essere stata all’Urbanistica ed ha fatto la cosa di Tony e di Sergio. Barrile chiede a Giorgio se abbia fatto tutto e lui risponde di No poiché è alla spedizione per essere inviatada tale Pintabona; Barrile si impegna ad informarsi e poi gli farà sapere…”.
“I documenti acquisiti riscontrano pienamente il contenuto dei dialoghi: in quello del 5 aprile con l’architetto Giorgio, questi aveva affermato che attendeva la quantificazione degli oneri e che gli era stato anticipato che sarebbero stati superiori di qualche migliaio di euro; mentre Barrile gli riferiva che l’orientamento era di respingere la pratica lasciando intendere che era stato il suo intervento a correggere l’iter”, scrive la DIA. “In effetti, il giorno seguente questo dialogo, il Dipartimento Edilizia Privata emette il primo Rapporto Istruttorio Piano Casa firmato in data 6 aprile 2016 dall’istruttore tecnico Maria Francesca Pintabona. Inoltre, tra gli atti vi è anche la Proposta di Provvedimento con esito favorevole, priva di data e firmata digitalmente dall’ing. Nunzio Santoro: nel testo si fa riferimento ad un rapporto tecnico del Servizio Edilizia 2 datato 5 aprile 2016, da cui si desume essere un atto redatto dopo tale data. Come visto, Barrile si è recata all’Urbanistica il 27 aprile 2016. In effetti quel giorno gli uffici dell’Edilizia Privata predispongono il documento avente ad oggetto Rilascio Concessione Edilizia per ampliamento ai sensi dell’art. 2 della L.R. 6/2010, di Villa Bommarito sita in Messina via Consolare Pompea n. 232/a – Ganzirri. Questo atto verrà protocollato in data 28 aprile 2016. Tale documento, come peraltro i precedenti, indica i costi di costruzione a carico di Bommarito e testualmente sancisce che dalle verifiche contabili effettuate da questo Servizio, la ditta deve versare € 12.682 (ex art.6 L.10/77) ed € 4.123 (ex art.5 L.10/77) oggi art.16 D.P.R. 380/01. Il provvedimento è firmato digitalmente dalla dottoressa Renata Catalfifo, Istruttore oneri accessori, dall’arch. Ubaldo Smeriglio, responsabile Ufficio oneri concessori e dall’arch. Antonella Cotroneo, dirigente del dipartimento Edilizia Privata”.
Tra gli atti acquisiti che hanno particolarmente colpito gli inquirenti vi è poi un file PDF denominato 00-costo costruzione corretto ditta Bommarito maggio 2016. “Tale file contiene la scansione del documento, di tre pagine complessive, relativo al calcolo degli oneri per costi di costruzione ed urbanizzazione effettuata dal progettista e sul quale sono fatte delle annotazioni a penna, in inchiostro rosso, sulla base delle quali vengono effettuati, sempre in mano scrittura, dei calcoli che portano alla cifra che poi Barrile comunicherà a Bommarito: 2.620 invece di 12.682 euro; rimane inalterato l’importo relativo agli oneri di urbanizzazione pari a 4.123 euro”, continua l’Informativa. “Questa P.G. non è in possesso delle competenze tecniche per valutare se, ai sensi delle normative vigenti, sia corretto il calcolo egli oneri di costruzione inizialmente effettuata, oppure quello sopra riportato. Quel che appare certo, però, è che non si tratta di un mero e/o piccolo errore materiale ma, dal momento che la somma inizialmente calcolata è circa cinque volte superiore a quella poi corretta, si tratta di un errore molto marchiano riportato e avallato da cinque tra funzionari e dirigenti dell’ufficio che - fino a quando Barrile non gliel’ha fatto notare - non si sono resi conto della sproporzione della prima richiesta. Infatti, proprio Barrile avvisa Bommarito della riduzione della somma e gli fa presente che verrà corretta d’ufficio senza bisogno di alcuna richiesta scritta”.
“La documentazione acquisita riscontra totalmente il contenuto dei dialoghi che attestano l’intervento di Barrile presso gli uffici per fare ottenere in poche settimane la concessione edilizia a Bommarito, il cui iter era iniziato nell’agosto del 2014 ed appariva destinato ad un esito negativo poi corretto dalla relazione dell’ing. Santoro che recepisce acriticamente le controdeduzioni del progettista e propone il cambio di parere al Dirigente del dipartimento; questi a sua volta lo accoglie”, conclude la DIA. “Infine, Bommarito ha pagato la somma richiesta dopo la correzione e l’iter autorizzativo si è positivamente instradato: il 15 giugno è stata rilasciato l’attestato di regolarità amministrativa e contabile; a settembre 2016 sono stati pagati ulteriori versamenti. Alla data di acquisizione degli atti la concessione edilizia non era ancora stata rilasciata (…) Le risultanze delle attività di intercettazione, integrate e riscontrate dalle acquisizioni documentali, forniscono inequivoci e gravi indizi in ordine all’intervento di Emilia Barrile sui funzionari comunali, in particolare sull’ingegnere Nunzio Santoro e sul tecnico Maria Pintabona, affinché cambiassero il precedente orientamento dell’amministrazione dal diniego all’autorizzazione della concessione edilizia, svolgendo l’iter in tempi brevissimi a causa delle indebite pressioni di Barrile…”.

Se non ti paga, io gli spacco la faccia!!!!

Sergio Bommarito ed Emilia  Barrile sono piuttosto cauti nelle loro conversazioni telefoniche e per lo più i due preferiscono incontrarsi di persona. “Vi è un’unica circostanza in cui i due, forse presi dall’euforia per il buon esito dell’intermediazione di Barrile presso gli uffici comunali, si lasciano andare un minimo nel dialogo telefonico dell’11 maggio 2016, con la donna che dapprima, in forma scherzosa, rimbrotta Bommarito perché si è permesso di scavalcarla nelle cose rivolgendosi autonomamente agli uffici dell’Urbanistica”, affermano gli inquirenti. “Perchè ieri ti ho visto, sei venuto senza di me...giusto?, recrimina Barrile. Bommarito si giustifica dicendo che è un problema di soldi, e non un problema di altro tipo per il quale evidentemente Barrile poteva essere di aiuto. La donna, invece, fa capire all’interlocutore di avere lei risolto il problema precisando che non deve essere lui a fare richieste ma che saranno gli uffici a procedere ad una rettifica, e che alla fine dovrà pagare 6.743 euro perché rifacendo i calcoli si sono accorti di avere sbagliato. Nella parte centrale del dialogo Barrile passa all’incasso e reitera la richiesta del contributo (1.000 euro) per la sponsorizzazione della squadra di pallamano delle figlie, la Handball Club Messana, che da lì a pochi giorni sarà impegnata a Chieti nelle gare di play off per la promozione in serie A/1. Infine, l’ultima parte del dialogo, fa riferimento al contenzioso tra Fire ed AMAM (…) dando conto di un’azione di pressione di Barrile nei confronti del presidente dell’azienda Leonardo Termini. Barrile dice a Bommarito che ha avuto assicurazione che, entro fine, mese una quota dei pagamenti pretesi sarà saldata ed un’altra il mese seguente”. L’imprenditore mostra però di non credere più a queste promesse, ma l’interlocutrice assicura che la settimana seguente tornerà a parlare della questione con il presidente dell’AMAM. “Vedi che quella cosa là sopra, entro fine mese mi ha detto…”, riferisce Barrile a Bommarito. “Vediamo se lo fa. Io settimana prossima glielo ricordo, perché lui mi aveva detto settimana prossima... Gli ho detto va bene, perciò non mi può far fare male figura due volte, perché poi ci spacco la faccia...”.
Il 28 maggio Emilia Barrile chiama Leonardo Termini per parlargli di diverse cose tra cui l’articolo pubblicato su Tempostretto.itin cui il gruppo consiliare di Cambiamo Messina dal Basso aveva chiesto le dimissioni di Termini che in quei giorni era stato rinviato a giudizio per i reati di truffa, con le polemiche politiche che ne erano conseguite. “La conversazione è rilevante da una parte perché si fa riferimento a Sergio con cui Barrile ha parlato – riferendosi a Bommarito – e dall’altra per il tema delle dimissioni richieste a Termini che si trova quindi in quel periodo in una posizione precaria e quindi più condizionabile”, spiega la DIA. L’1 luglio 2016, gli inquirenti registrano un nuovo incontro tra Emilia Barrile e Sergio Bommarito. Tema principale del colloquio, la composizione del consiglio di amministrazione di AMAM. “Barrile dice che Leonardo Termini non si fida del consigliere Grazia Antonella De Tuzza mentre è molto amico dell’altra consigliere, cioè Anna Spinelli Francalanci, circostanza questa confermata dalle attività tecniche; Barrile precisa che la Spinelli che non si dimetterà dal consiglio di amministrazione e, quindi, Termini non sarà sfiduciato e resterà in carica per tre anni”, riporta l’Informativa.
Sempre l’1 luglio, Emilia Barrile raggiunge telefonicamente l’amico-consigliere Marco Ardizzone. “Questa conversazione fornisce una chiave di lettura ai precedenti contatti con Bommarito in quanto incentra i motivi dei loro ultimi incontri sull’assunzione della figlia di Barrile”, riporta la DIA. “Ardizzone la esorta a non farsi vedere troppo sorridente da Bommarito e, come sempre, le imbocca le parole che lei dovrebbe riferire: in particolare, la donna dovrebbe contestare che non hanno fatto nessuna delle cose che lei gli ha chiesto ma che questa volta, dal momento che si tratta della figlia di Barrile, deve avere una risposta velocemente, già prima delle ferie estive. Barrile, da parte sua, immagina invece che possa esser il direttore della banca che non vuole assumere la figlia per antipatia nei suoi confronti e si ripromette di andare ad incontrarlo di persona. Alcuni giorni dopo, Barrile e Ardizzone hanno una conversazione chiarificatrice sul motivo per cui la figlia, Stefania Triolo, non può essere assunta in banca nonostante l’interessamento dell’onorevole Francantonio Genovese e di Sergio Bommarito: la motivazione è che non vogliono assumere donne perché le femmine se ne vanno sempre in maternità. Ardizzone mette in dubbio la buona fede dell’on. Genovese che secondo lui già sapeva della volontà di non assumere Stefania Triolo, e che l’ha manifestato solo ora perché era intervenuto anche Bommarito. Inoltre Barrile fa presente che Genovese è infastidito dalla circostanza che la banca non abbia assunto sua figlia dal momento che lui personalmente lo aveva richiesto ed aveva pure aperto una posizione finanziaria presso l’istituto. Il 31 agosto 2016, trascorso più di un mese da quando Emilia Barrile aveva ottenuto le ultime rassicurazioni in merito all’assunzione della figlia che ancora non si è concretizzata, Ardizzone ha uno sfogo dai toni molto accesi, e la esorta a rallentare i rapporti con Genovese perché non nutre alcuna fiducia nel suo comportamento, ritenendolo non affidabile e anche pericoloso poiché sempre al centro di inchieste giudiziarie”.
Il 14 settembre l’esponente politica chiama Ardizzone e, tra le altre cose, gli racconta di avere incontrato Sergio Bommarito sotto casa. “Barrile racconta che Sergio le ha parlato della figlia Stefy e le ha proposto di assumerla lui: per tagliare la testa al toro e non sfruttare nessuno, compreso l’amico comune, se ne viene là da me”, annotano gli inquirenti. “La donna precisa che Bommarito può farla entra attraverso un master che stanno organizzando con l’Università degli Studi, oppure direttamente con la condizione che sia una cosa che resta tra loro e che non deve sapere nessuno. Barrile non pare entusiasta di questa prospettiva lavorativa e riferisce di aver risposto a Bommarito che ne avrebbe parlato con la figlia. In realtà, la tanto auspicata assunzione della figlia di Barrile non si è concretizzata in alcuna delle varie prospettazioni ipotizzate e la ragazza, nell’ultimo periodo di intercettazioni, aveva iniziato ad occuparsi delle attività di patronato gestite dalla madre. L’estratto conto contributivo dà conto del fatto che ella risulta avere fruito dell’indennità di disoccupazione”.
Il 19 settembre 2016 Barrile chiama nuovamente Bommarito ed i due concordano un incontro; Barrile gli rappresenta che gli deve dare della carte che lui si è dimenticato l’altra volta. Questa è l’ultima conversazione intercettata tra i due. Neppure in occasione delle festività natalizie del 2016 vi sarà uno scambio di auguri utilizzando le schede telefoniche oggetto di captazione.
Sarà Leonardo Termini a fornire agli inquirenti ulteriori particolari sulla “presunta” azione di pressing dell’allora Presidente del consiglio comunale per ottenere lo sblocco dei pagamenti AMAM a favore dell’imprenditore. “Circa un mese orsono, su richiesta telefonica di Emilia Barrile, l’ho incontrata; lei mi ha fatto presente che era in difficoltà per i mandati non pagati da AMAM alla Fire SpA e che il dottore Bommarito, titolare della Fire, a fronte dei suddetti pagamenti, aveva delle somme di denaro per me”, ha dichiarato Termini agli uomini della Sezione operativa della DIA di Messina, il 18 ottobre 2016. “Non si è fatto alcun cenno all’importo di questa eventuale dazione. Io le ho risposto testualmente Che cazzo dici!e poi ho aggiunto che la Fire non merita una lira, anzi, deve lei soldi ad AMAM. Barrile mi ha esortato nuovamente a pagare i mandati. Dopo questo incontro io mi sono sentito in difficoltà e perciò ho iniziato a rispondere sempre più raramente alle chiamate di Emilia Barrile”.
Nel corso della sua deposizione, Leonardo Termini si è soffermato su un ulteriore faccia a faccia con l’esponente politica, il 12 ottobre 2016, presente anche l’imprenditore Natale Micali. “Qualche tempo dopo, saranno passati circa 10 giorni, ho risposto ad una sua chiamata e lei mi ha chiesto un nuovo incontro”, ha raccontato Termini. “Mi ha ribadito il concetto di pagare i mandati di Fire, ribadendo che era in difficoltà con Bommarito e che comunque ci sarebbe stato un pensiero in denaro per me. Poi mi ha detto che uno dei fratelli, non ricordo se il titolare della ditta Intercontinentale o l’altro fratello, lamentava il mancato pagamento dei mandati e se io li avessi pagati, questa persona mi avrebbe fatto una regalia di 2 o 3 mila euro per ciascun mandato pagato. Io ho fatto presente che avevo intenzione di cacciare questa ditta ed anche l’altra del fratello di questa persona. Barrile mi ha detto che lo avrebbe chiamato per chiarire la situazione e così ha fatto. Questa persona dopo circa 15 minuti si è presentata al bar. Con il titolare della ditta di cui non ricordo il nome, abbiamo parlato solo della disfunzione che avevo ravvisato; lui mi ha rassicurato che avrebbe risolto i problemi per il futuro. Non mi ha fatto direttamente alcuna proposta di denaro. Nel corso dell’incontro Barrile mi disse che tutte le ditte si lamentavano che io non pagavo. Io le ho detto che avevo delle priorità da rispettare nei pagamenti”.
“Dopo il secondo incontro in cui si è parlato dei mandati non ci sono state altre occasioni di parlare di questo con Emilia Barrile”, ha aggiunto Termini. “Lei mi ha chiamato diverse volte ed io ho sempre evitato gli incontri. Solo ieri ci siamo visti ma in presenza di altre persone e quindi lei non mi ha parlato di questi argomenti. Io conosco Barrile da alcuni anni ed abbiamo avuto un rapporto di amicizia ma questa richiesta mi ha lasciato amareggiato e turbato perché io non sono assolutamente disponibile a queste situazioni e da allora mi sono tenuto sulle mie…”.
L’ex presidente del consiglio comunale non si sarebbe spesa a favore di Sergio Bommarito (e amici) solo con il presidente dell’azienda acque di proprietà del Comune. Agli atti del procedimento Terzo livello c’è infatti un’interessante deposizione del professore Guido Signorino, resa agli inquirenti l’8 agosto 2018 in qualità di persona informata sui fatti. “Nel periodo di gestione del sindaco Renato Accorinti, ho svolto più incarichi: vicesindaco ed assessore al bilancio sino all’aprile 2016, assessore al patrimonio ed al commercio sino all’anno 2014; dal 2016 in poi, assessore allo sviluppo economico e turismo e nell’aprile 2017 mi è stata attribuita nuovamente la delega al riequilibrio finanziario ed alle società partecipate”, ha dichiarato Signorino. “Nell’ambito delle mie attività istituzionali, ovviamente mi interfacciavo con il Presidente del Consiglio Emilia Barrile, in quanto lei si interessava di pratiche amministrative e quindi capitava che si rivolgeva a me per sollecitare o intermediare un incontro tra me e il soggetto che aveva la problematica da risolvere o da attivare. Ricordo che la stessa si era interessata a prefissare un incontro tra me e due soggetti che dagli articoli di stampa riconduco all’indagine da voi svolta. Il primo, in ordine di memoria, all’incirca ai primi mesi dell’anno 2014 è stato con Sergio Bommarito, il quale accompagnato dalla Barrile si è presentato presso il mio ufficio di Palazzo Zanca. Il secondo sempre nello stesso periodo e con le stesse modalità era stato con Marco Ardizzone, che mi sembra nell’occasione era accompagnato da una terza persona di cui non ricordo le generalità. Non ricordo tanto bene il motivo per cui mi sono incontrato con Bommarito. Dopo esserci presentati, in quanto non era da me conosciuto precedentemente ed alla presenza di Barrile mi espose l’attività svolta dalla sua società che era quella del recupero credito. Nell’occasione mi informò che già intratteneva rapporti lavorati con l’AMAM. Nel corso della conversazione mi chiese se era possibile interessare il personale di Messina Ambiente al fine di provvedere alla scerbatura ed alla pulizia nelle aree esterne ai locali della società Fire dello stesso Bommarito. Preciso che Barrile, secondo la mia stretta valutazione e secondo quanto ricordo era molto motivata a che io incontrassi il Bommarito. In seguito non ho mai avuto modo di incontrare il Bommarito e né la Barrile mi ha sollecitato in merito”.
“Non ricordo il motivo o l’argomento del mio incontro con Ardizzone”, ha concluso Guido Signorino. “Barrile mi ha presentato Ardizzone come un suo amico proveniente da Roma. Lei era interessata a presentarmelo perché riteneva che le attività o le iniziative del suo amico, verosimilmente dei programmi per la realizzazione di accertamenti finanziari a favore del Comune, potevano essere vantaggiose per l’Ente. In merito, non sono in grado di riferire altro…”.

Milazzo, la città in cui a tutti (o quasi) piace giocare alla guerra...

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Non soddisfatto dell’esito delle sue tre lettere inviate allo Stato Maggiore della Marina Militare che hanno permesso alla città di Milazzo di strappare a Trieste l’ospitalità della FREMM “Luigi Rizzo” (costo 500 milioni di euro armi e stipendi personale esclusi), il sindaco PD Giovanni Formica si diletta ai giochi di fuoco con le mitraglie delle forze armate italiane.
E in questi giorni a Milazzo, tutti in coda per assistere alla consegna della bandiera di combattimento all'equipaggio della FREMM dilapidatrice di denaro pubblico: sindaco e amministrazione, consiglieri comunali, dirigenti scolastici e docenti, studenti delle scuole di ogni ordine e grado, immaginiamo perfino gli immancabili parroci amanti delle gite con i bambini del GREST a Sigonella.
A questo punto, visto il successo della militarizzazione del porto e delle acque antistanti di Milazzo, data la disastrosa presenza in città di uno dei complessi petroliferi più inquinanti di tutto il Mediterraneo e alla luce delle attività di alternanza scuola-lavoro promosse dalle scuole locali nelle caserme, negli arsenali e nelle industrie belliche, perché il buon Formica, l’amministrazione comunale e la chiesa mamertina non si fanno promotori di una campagna per strappare ad Augusta le infrastrutture navali di supporto alle flotte USA e NATO e magari ottenere pure l'installazione nella riserva naturale di Capo Milazzo del MUOS2 o di un bel radar anti-migranti?


Le guerre per procura contro i migranti e le migrazioni di Roma, UE e NATO

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Quasi simile a un trapezio scaleno con un’area immensa: il vertice superiore destro quasi a sfiorare l’arcipelago tunisino di Kerkenna; quello sinistro, la grande isola greca di Creta. Si tratta della neonata Regione Marittima Lybia SAR, l’area di competenza delle assai poco riconosciute e credibili autorità politiche e militari libiche per gli interventi di ricerca, soccorso e salvataggio dei naufraghi e di tutte le persone in situazioni di pericolo in mare. Un immenso buco nero del Mediterraneo dove oggi possono affogare in tantissimi perché mancano gli strumenti e i mezzi per intervenire efficacemente e in tempi rapidi o perché con infame cinismo l’Europa ha scelto di non vedere, non sentire e non parlare, affidando all’inaffidabile partner africano la sporca guerra ai migranti e alle migrazioni. Una grande fossa comune sommersa dove seppellire sotto le acque o rendere del tutto invisibili migliaia di sorelle e fratelli in fuga dai crimini della globalizzazione (guerre, genocidi, catastrofi ambientali, fame, ecc.).

L’inferno SAR di Tripoli su mandato del governo italiano

Dallo scorso mese di luglio, le “autorità” libiche, col supporto dell’Unione Europea, hanno ufficialmente preso possesso di una grande area di mare antistante le proprie coste per le operazioni di ricerca e salvataggio SAR (Search and Rescue). In quest’area è oggi Tripoli a coordinare le risposte di pronto intervento alle richieste di soccorso, oltre a assicurare il personale e i mezzi perché i migranti possano raggiungere un “porto sicuro” (nei fatti, però, si tratta di una vera e propria deportazione manu militari dei richiedenti asilo verso le città costiere e i lager-hotspot sparsi in tutto il paese nordafricano).
La Libya Maritime SAR Region non è altro che un’immensa riserva di caccia delle imbarcazioni dirette verso il sud Italia o la Grecia con a bordo coloro che cercano protezione umanitaria e asilo nella sempre meno democratica ed accogliente Unione europea. Le attività di identificazione e istituzione della zona SAR sotto controllo libico erano state affidate nel 2016 dalla Commissione europea alla Guardia Costiera italiana. Già nel giugno 2018 in Italia era però trapelata la notizia che il Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo della Guardia Costiera di Roma (IMRCC) avesse “delegato” alle autorità marittime libiche lo svolgimento delle funzioni competenti nella zona SAR nazionale, con l’avviso che “i comandanti di nave che si trovano in mare nella zona antistante la Libia, dovranno rivolgersi al Centro  di Tripoli ed alla Guardia costiera libica per richiedere soccorso”. Sino ad allora, il controllo sulla sua zona SAR era stato esercitato in forma assai limitata dalle unità fedeli al governo libico, con il coordinamento e il supporto tecnico della Marina Militare italiana.
A fine agosto, la ministra della difesa pentastellata Elisabetta Trenta, nel corso di un’audizione in Commissione parlamentare, ha fornito i primi dati sulle operazioni SAR condotte autonomamentedai libici. “Esse hanno consentito nell’ultimo anno il recupero di circa 9.000 migranti in oltre 70 interventi”, ha dichiarato la ministra. Dati che nonostante l’enfasi del governo appaiono assai poco significativi, considerato il gran numero di rifugiati che attendono di lasciare la Libia per l’Europa e che presumibilmente hanno già tentato in qualche modo di attraversare il Mediterraneo (secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni - OIM sono 662.000 i migranti presenti nel paese nordafricano, mentre 152.000 sono i richiedenti asilo registrati come tali dall’Agenzia dei Rifugiati delle Nazioni Unite – UNHCR). I 9.000 migranti che Elisabetta Trenta dice essere stati soccorsi dai libici sono comunque ben al disotto del numero delle persone soccorse nelle stesse acque dalle tanto vituperate organizzazioni non governative (ONG). Il tutto collide poi con quanto denunciato a fine 2017 da Amnesty International; l’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani ha stimato infatti in circa 200.000 i migranti intercettati in mare dalla Guardia costiera libica e successivamente “trasferiti” nei famigerati centri di detenzione del paese.
Difficile pensare che non siano gli stessi campi detentivi la destinazione finale delle persone che nella neo-costituita area SAR sono oggi “soccorse” dalle unità libiche, quelle che, va ricordato, sono state fornite, equipaggiate, addestrate ed armate dai militari e dalle forze di polizia italiani. Nei campi di “prima accoglienza” gestiti dalle agenzie dell’Onu in Tripolitania sono già giunti dal gennaio 2018 oltre 13.000 “migranti illegali”, mentre solo nell’ultimo anno dall’aeroporto di Tripoli sono state rimpatriate oltre 30.000 persone in fuga dall’Africa sub-sahariana. In Libia, il locale Dipartimento per il controllo dell’immigrazione illegale gestisce direttamente una ventina di centri d’accoglienza, mentre non è noto il numero dei centri non ufficiali gestiti da soggetti privati, organizzazioni criminali o dalle stesse milizie che si contendono il territorio. Comunque tutte strutture infernali dove omicidi, stupri, torture e violazioni dei più elementari diritti umani sono all’ordine del giorno, come testimoniano tragicamente i report delle maggiori organizzazioni governative e delle ONG. Anche ai programmi di lagerizzazione e detenzione dei migranti giunti in Libia non fanno mancare il loro sostegno le autorità italiane. Qualche settimana fa il ministro plenipotenziario Matteo Salvini ha riferito alle Camere che “grazie alla decisiva attività svolta dal Governo italiano” è stato realizzato a Tripoli un centro destinato ad ospitare entro la fine dell’anno sino ad un migliaio di persone. La struttura, bontà italica, stando a Salvini sarebbe “dotata di cliniche, centri sportivi e assistenza psicologica”. Sono pure al via alcuni costosi progetti di (mala)cooperazione ie (mala)accoglienza migranti in Libia: il 15 luglio 2018, ad esempio, è stato firmato a Bruxelles un accordo tra l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) del Ministero Affari Esteri e la Commissione europea che prevede lo stanziamento di 50 milioni di euro circa a favore di 24 municipalità libiche per l’assistenza ai migranti ivi ospitati e per “rispondere ai bisogni primari della popolazione civile, come sanità, educazione, acqua, energia e piccole infrastrutture”. Quasi la metà dei fondi stanziati (22 milioni) saranno gestiti in prima persona dalla Cooperazione italiana e da quelle ONG che si sono rese disponibili a operare in Libia per l’implementazione dei centri detentivi.
La delega Ue-Italia delle operazioni SAR alla Libia all’interno di un’immensa area marittima e lo scarsissimo numero (e le stesse caratteristiche tecniche) dei mezzi aeronavali a disposizione delle autorità di Tripoli possono certamente spiegare come mai, nonostante la riduzione delle partenze di imbarcazioni con migranti, si sia assistito all’escalation delle morti nel Mediterraneo centrale. Un recente rapporto pubblicato dal ricercatore Matteo Villa dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) ha rilevato come il tasso di mortalità dei migranti in mare nel settembre del 2018, in rapporto al numero delle persone partite, sia stato il più alto mai registrato negli ultimi anni: il 19,1% di chi è partito dalla Libia è risultato, infatti, morto o disperso. Sempre secondo Villa, almeno 867 migranti sono morti o risultano dispersi negli ultimi quattro mesi, da quando cioè il nuovo governo si è insediato a palazzo Chigi e ha messo in pratica la chiusura dei porti alle navi delle organizzazioni non governative e una politica definita dal ricercatore di “deterrenza totale”. Sempre sul fronte dei morti e dei dispersi in mare, prendendo in considerazione congiuntamente la rotta tunisina e quella libica, lo studio elaborato da ISPImostra come si sia passati nel solo Mediterraneo centrale da una media di 3,2 morti al giorno nel periodo che ha visto ministro dell’Interno Marco Minniti, agli 8,1 morti al giorno da quando sono entrate in vigore le politiche di Matteo Salvini. E ancora, nel settembre 2018 solo il 10% dei migranti partiti dalla Libia è riuscito ad arrivare in Europa sano e salvo, mentre il 70% è stato intercettato dalle motovedette libiche e riportato indietro nel paese nordafricano.

E Tripoli è ancora il nostro bel suol d’amor

Intanto l’Italia continua a recitare la parte di piccola potenza neocoloniale in terra libica. Dall’inizio del gennaio 2018, la presenza delle forze armate italiane è stata potenziata in uomini, mezzi e funzioni nell’ambito della Missione bilaterale di assistenza e supporto (MIASIT) al Governo di accordo nazionale di Fayez Serraj. La “nuova” missione, secondo il portavoce della Difesa, ha l’obiettivo di “rendere l’azione di assistenza e supporto in Libia maggiormente incisiva ed efficace, sostenendo le autorità libiche nell’azione di pacificazione e stabilizzazione del Paese e nel rafforzamento delle attività di controllo e contrasto dell’immigrazione illegale, dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, in armonia con le linee di intervento decise dalle Nazioni Unite . Stando a quanto riferito alle Camere dalla ministra Trenta, la “Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia ha lo scopo di fornire assistenza e supporto al Governo di intesa nazionale libico ed è frutto della riconfigurazione, in un unico dispositivo, delle attività di supporto sanitario e umanitario previste dall’Operazione Ippocrate e di alcuni compiti di supporto tecnico e di manutenzione a favore della Guardia costiera libica rientranti nell’Operazione Mare Sicuro”. L’assistenza militare italiana a favore delle autorità di Tripoli si è sviluppata sin dalla fine della guerra USA-NATO del 2011. Attualmente sono schierati nel paese africano 400 militari con 130 mezzi terrestri e un velivolo aereo; a Misurata è operativa la missione “sanitaria” dell’Esercito con un ospedale da campo con 30 posti letto (ex OperazioneIppocrate), mentre la Marina opera ad Abu Sittah, il porto militare di Tripoli, dove coordina le operazioni della Guardia costiera libica equipaggiata con motovedette donate dall’Italia. Tra le novità più rilevanti della partnership italo-libica 2018 spicca l’invio di istruttori e consiglieri militari per addestrare le milizie fedeli al governo per un costo fino al 30 settembre di 35 milioni di euro. La scelta della Difesa è caduta sugli istruttori del 2° Reggimento San Marco, unica unità specializzata nelle operazioni di interdizione marittima con capacità assalto ogni tempo. Il contingente inviato in Libia è composto da 151 fanti di Marina e da due unità cinofile addestrate alla difesa delle installazioni e alla ricerca esplosivi. Intanto proseguono in Italia e nel paese africano le attività addestrative della “nuova” Guardia costiera libica: sino ad oggi sono già stati “formati” oltre 220 addetti. Presso il Comando della Marina Militare di Brindisi sono stati avviati invece i corsi d’indottrinamento anfibio per il personale della marina libica addetto alla gestione delle frontiere e dell’immigrazione ed alla lotta al traffico di migranti, a seguito di un accordo tecnico firmato il 23 novembre 2017 tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) ed il Ministero della Difesa. I corsi hanno una durata di sei settimane e vedono il personale libico impegnato in esercitazioni presso la sede della Brigata Marina San Marco e in alcune aree addestrative limitrofe (Torre Cavallo, Massafra, San Vito dei Normanni, ecc.). Ulteriori attività “formative” per le forze armate libiche sono in corso presso le installazioni della Marina militare nell’isola de La Maddalena, Sardegna.
Nel porto di Tripoli si alternano periodicamente le navi ausiliarie della Marina Militare italiana destinate alle “attività di ripristino dell’efficienza di mezzi navali libici” avviate nel luglio 2017 e che hanno già consentito di riparare sei unità della Marina e tre della Guardia costiera libiche, “consentendo di incrementare la capacità della forze marittime nel contrastare i traffici illeciti e la tratta di esseri umani nelle aree di propria responsabilità”. La manutenzione delle motovedette della Guardia costiera viene realizzata da un gruppo di tecnici a bordo della nave officina della Marina Militare Caprera. L’unità svolge anche compiti di coordinamento tra le forze navali libiche e quelle italiane ed europee per la ricerca e soccorso (SAR). Relativamente alle attività della nave Caprera, lo scorso mese di maggio l’ammiraglio Donato Marzano, Comandante in Capo della Squadra Navale, aveva spiegato che l’imbarcazione “fornisce il contenitore (computer, radio, capacità satellitari) che consente agli ufficiali libici di gestire le loro navi” che poi si interfacciano per le operazioni SAR con il Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo italiano. “Noi stiamo consentendo ai libici di esercitare il comando e controllo sulle navi che stanno andando per mare e li aiutiamo a coordinarsi autonomamente con l’MRCC italiano”, aveva aggiunto Marzano. “L’obiettivo finale è  fare in modo che i libici gestiscano la propria aerea SAR come Stato sovrano, con un proprio Libyan MRCC, la cui realizzazione vede il sostegno dell’Unione europea”. Per la cronaca, la nave-officina Capreraè quell’imbarcazione che un mese fa la troupe televisiva de Le Iene ha scoperto essere stata utilizzata per effettuare il contrabbando di circa sette quintali di sigarette.
Come abbiamo visto, alcune delle attività di addestramento del personale militare libico in funzione anti-migrazione e di supporto tecnico alla Guardia Costiera e alla Marina Militare nazionale, viene svolta nell’ambito di Mare Sicuro, l’operazione avviata dalle forze armate italiane nel marzo 2015 e che prevede lo schieramento di un dispositivo navale con missione di presenza, sorveglianza e sicurezza marittima nel Mediterraneo centrale. Le unità d’altura incluse nel dispositivo aeronavale operano in un’area di mare di circa 160.000 km quadrati, “assicurando la tutela degli interessi nazionali, la protezione delle linee di comunicazione e delle navi commerciali in transito, la protezione delle fonti energetiche strategiche e la sorveglianza dei possibili movimenti delle formazioni jihadiste, ecc.”. Anche Mare Sicuro ha visto quest’anno una crescita del numero degli effettivi e dei mezzi impiegati rispetto al 2017: da 700 a 745 militari e da cinque a sei navi, mentre sono sempre cinque i velivoli aerei per una spesa complessiva nei primi nove mesi del 2018 di 63,4 milioni di euro (66,78 milioni il costo dell’operazione in tutto il 2017). Alle attività connesse con l’Operazione Mare Sicuro nel “controllo e contrasto dell’immigrazione illegale e del traffico di esseri umani, in supporto alle attività di ricerca e soccorso in mare (SAR)” partecipano con sempre maggiore frequenza gli equipaggi del 41° Stormo Antisom dell’Aeronautica Militare di stanza nella base siciliana di Sigonella, con il nuovo pattugliatore marittimo ognitempo P-72A.
A ciò si aggiunge la fornitura alle forze armate libiche di mezzi navali da impiegare per la guerra ai migranti e alle migrazioni. L’onnipresente ministro Salvini ha reso noto che l’Italia fornirà presto alla Guardia costiera di Tripoli 12 motovedette, in aggiunta alle 10 già donate l’anno scorso dal governo Gentiloni-Minniti, anche se in realtà, queste ultime erano già state consegnate al regime di Gheddafi dall’allora governo Berlusconi e, dopo il conflitto del 2011, erano state oggetto di riparazioni nei cantieri navali di Italia e Tunisia. Le unità destinate alla Libia dal governo Conte-Salvini potrebbero essere le piccole “Classe 300” attualmente schierate a Pantelleria e Lampedusa: anche esse dovrebbero operare dal porto di Abu Sittah dopo uno specifico addestramento del personale locale da parte italiana. Nell’ultimo anno è stato ampliato anche l’intervento della Guardia di Finanza a favore della Guardia costiera libica: il numero degli addetti militari è passato da 25 nel 2017 a 35 nel 2018, a cui si aggiunge un mezzo navale, per un costo complessivo di 1,6 milioni per l’anno in corso. Nel 2017, le operazioni della Guardia di Finanza in Libia e le riparazioni delle motovedette poi girate ai libici avevano comportato una spesa di quasi 3 milioni di euro.
Nelle scorse settimane, gli specialisti dell’Aeronautica Militare si sono incaricati della fornitura di ricambi e dell’assistenza tecnica a favore degli avieri libici per rimettere in condizioni di volo i cargo militari C-130H “Hercules” basati nell’aeroporto di Mitiga, lo stesso che è stato recentemente al centro di violenti scontri tra opposte fazioni. Di particolare rilevanza quanto accaduto invece a fine 2017, quando un team di istruttori e mezzi terrestri italiani è stato inviato nel sud del paese per addestrare le guardie di confine. Contemporaneamente il Comando operativo interforze dello Stato Maggiore della Difesa e il genio dell’Esercito, in coordinamento con il Dipartimento centrale dell’Immigrazione e il supporto finanziario dell’Unione europea, hanno effettuato i primi sopralluoghi a Ghat, nella Libia sud-occidentale al confine con Algeria, Niger e Ciad, in vista di una prossima missione multinazionale UE e/o NATO nella vasta regione del Fezzan, particolarmente interessata dalle principali rotte migratorie africane e dove le centrali d’intelligence occidentali avrebbero segnalato la presenza di “miliziani dello Stato Islamico”. Nel corso della missione a Ghat, i militari italiani avrebbero individuato le infrastrutture da riadattare in caserme dove addestrare le guardie di frontiera libiche per presidiare i cinque valichi “utilizzati dai trafficanti di esseri umani”. Ancora una volta è il ministro Matteo Salvini a spingere sull’acceleratore per implementare il progetto suddetto: in un suo recente intervento, ha auspicato la creazione di una missione boots on the ground nelle aree ai confini sud della Libia sotto la direzione NATO, con tanto di veri e propri hotspot per migranti da collocare in corrispondenza delle frontiere esterne. L’ipotesi vedrebbe il favore del Pentagono e dello stesso presidente USA Donald Trump che vorrebbero poi estendere l’intervento e i campi-lager anche in Niger, Mali, Ciad e Sudan.

In Tunisia e Niger le nuove (dis)avventure neocoloniali in territorio africano

Parallelamente sta crescendo l’impegno militare italiano in Tunisia, anch’esso in nome della lotta all’immigrazione “irregolare” e al traffico di migranti. Il 23 luglio 2018, la ministra della difesa Elisabetta Trenta si è recata in visita a Tunisi per “accrescere il supporto al controllo degli spazi marittimi e la gestione delle emergenze”, così come riportato dalla nota stampa del ministero. “Per l’anno in corso la commissione bilaterale italo-tunisina ha messo sul tavolo diverse attività: operazioni militari e di sicurezza, con un’enfasi particolare orientata alla sicurezza marittima in termini di condivisione delle informazioni, della conoscenza dell’ambiente marino e di prevenzione e di gestione degli incidenti in mare”. Nell’ambito della cooperazione militare bilaterale, va segnalato che a fine ottobre 2017 si è tenuta nelle acque settentrionali del paese africano l’esercitazione congiunta Oasis 17 di ricerca e soccorso marittimo (SAR), sorveglianza e controllo del traffico mercantile, contrasto alle attività illegali via mare e ricerca e rimozione di ordigni rinvenuti sul fondale marino, interoperabilità e integrazione multinazionale delle due forze armate.
In Tunisia, l’Italia dovrebbe prendere parte dai primi mesi del 2019 ad una nuova missione multinazionale sotto il comando della NATO finalizzata a “costituire un comando interforze per la contro insurrezione e la lotta al terrorismo”. Previsto l’invio di una task force di 50-60 unità, con funzioni similari a quelle già in atto in Libia: addestramento, consulenza, assistenza e supporto delle forze armate e di sicurezza tunisine, in particolare nelle attività di controllo delle frontiere. Previsto anche l’invio di un mezzo aereo, mentre il costo annuale dell’operazione dovrebbe sfiorare i 5 milioni di euro. Il governo di Tunisi è divenuto uno dei più attivi partner della NATO; in particolare ha partecipato a numerose esercitazioni dell’Alleanza atlantica nel Mediterraneo, mentre tanti ufficiali tunisini sono ospiti dei corsi di “formazione” del NATO Defense College di Roma. “Parte vitale della partnership tra la NATO e le forze armate della Tunisia è l’Allied Joint Force Command - JFC Naples, il Comando congiunto con sede a Lago Patria, Napoli”, spiega il portavoce delle forze alleate.
Nelle aree di confine con la Libia, le forze armate tunisine hanno già realizzato un profondo fossato di circa 200 km da Ras Jedir a Dahiba, per ostacolare le incursioni di uomini e mezzi dal paese confinante e, ovviamente di migranti. Secondo quanto trapelato in Germania lo scorso anno, il governo di Angela Merkel avrebbe finanziato Tunisi per realizzare nella stessa area di frontiera un sistema di sorveglianza elettronico e osservazione mobile “contro le incursioni degli estremisti e dei migranti”, per un valore complessivo di 16 milioni di euro. Questo progetto sarebbe anche supervisionato dalle forze armate USA, in particolare dalle unità di US Army Africa (USARAF), il Comando per le operazioni dell’esercito statunitense nel continente africano di stanza a Vicenza. US Army Africa ha pure stretto un rapporto di collaborazione con il Centro di formazione d’eccellenza dell’esercito della Tunisia, con scambi di personale e corsi nel paese africano e nelle maggiori installazioni dell’esercito statunitense in Veneto e in Germania.
Sempre in merito all’intervento militare neocoloniale anti-immigrazione dell’Italia nel continente africano, da segnalare che il 20 settembre 2018 è definitivamente partita la “Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger – MISIN”, con area geografica di intervento allargata anche a Mauritania, Nigeria e Benin, e che prevede inizialmente una presenza nel paese di 120 militari (Esercito, Aeronautica e Arma dei Carabinieri), per poi giungere a 470 entro la fine dell’anno, più 130 mezzi terrestri e due mezzi aerei. Il Governo Conte (era però stato il precedente governo Pd a guida Gentiloni a programmare l’intervento MISIN) ha autorizzato formalmente la missione “al fine di incrementare le capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel (Niger, Mali, Mauritania, Ciad e Burkina Faso). L’operazione MISIN verterà principalmente nell’addestramento delle forze di sicurezza locali (forze armate, gendarmeria nazionale, guardia nazionale e forze speciali) e per “concorrere alle attività di sorveglianza delle frontiere e allo sviluppo della componente aerea”. Rilevante per comprenderne finalità geostrategiche e catene di comando, il fatto che le unità italiane opereranno inizialmente all’interno della base militare USA realizzata alla periferia della capitale Niamey.

Flotte UE e NATO in guerra contro i migranti

Il 20 giugno 2016 il Consiglio Europeo ha rinforzato il mandato di EUNAVFOR MED, la forza aeronavale dell’Unione europea attivata per monitorare il Mediterraneo centrale e concorrere alle operazioni di blocco dei flussi di migranti dalle coste nordafricane all’Italia e alla Grecia. Alla soprannominata Operazione Sophia sono stati aggiunti altri compiti di supporto: l’addestramento della Guardia costiera e della Marina militare libica; lo scambio di informazioni e intelligence con il governo di Tripoli; il “contributo all’embargo marittimo delle armi dirette alla Libia” in accordo alla risoluzione delle Nazioni Unite 2292 del 2016. Oggi sono 26 i Paesi dell’Unione europea che contribuiscono alla missione, il cui mandato scade formalmente alla fine dell’anno, ma che prevedibilmente sarà prorogato almeno sino al dicembre 2019. L’Italia fornisce il contributo maggiore alla missione con 470 militari, un mezzo navale e due mezzi aerei; il Quartier Generale di EUNAVFOR MED – Sophia è situato inoltre all’interno dell’aeroporto militare di Roma Centocelle, mentre dal 1° febbraio 2018 l’unità da trasporto anfibio “San Giusto” ha assunto il compito di nave-comando dell’operazione. A consolidare il ruolo chiave del nostro paese nelle attività aeronavali UE anche l’utilizzo dello scalo di Sigonella come Forward Operating Base (Base Operativa Avanzata) di EUNAVFOR MED. Dalla grande stazione aeronavale siciliana (già a disposizione delle forze armate USA e NATO) operano infatti gli assetti stranieri impiegati dall’Operazione Sophiae provenienti da Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Islanda, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Portogallo, Spagna e Svezia. Al personale del 41° Stormo dell’Aeronautica Militare italiana di Sigonella sono state assegnate le funzioni di “supporto di tutte le operazioni a terra di accoglienza e ricovero degli equipaggi, dal rifornimento di carburante, al servizio meteorologico, al controllo del traffico aereo, alla sicurezza delle infrastrutture”. Dal settembre 2013, tra gli assetti internazionali operativi a Sigonella ci sono pure i contingenti aerei di Frontex/Triton, con lo scopo di coordinare il pattugliamento delle frontiere degli Stati membri e “favorire gli accordi per la gestione dei migranti”. Sempre per monitorare le acque del Mediterraneo e le imbarcazioni con migranti in rotta verso le coste dell’Italia meridionale, a partire del marzo 2014 l’Aeronautica Militare ha rischiarato a Sigonella alcuni velivoli a pilotaggio remoto “Predator” provenienti dalla base aerea di Amendola (Foggia); per gestire le operazioni dei droni, il 10 luglio 2017 è stato attivato nella base siciliana il 61° Gruppo Volo AMI. Questi velivoli si interfacceranno con l’AGS (Alliance Ground Surveillance), il sistema di sorveglianza terrestre in via di implementazione da parte della NATO, basato sui droni-spia “Global Hawk” di ultima generazione. Nella stazione di Sigonella saranno installati il comando e i cinque droni AGS, più le componenti dell’Alleanza che si dedicheranno alla manutenzione dei velivoli, all’analisi e diffusione dei dati raccolti e all’addestramento del personale multinazionale operativo.
I mezzi impiegati nell’operazione EUNAVFOR MED/Sophia si coordinano con le attività delle unità NATO presenti nel Mediterraneo. In particolare per “assicurare maggiori sinergie e sfruttare le peculiarità di ciascuna organizzazione”, è stata avviata la partnership con la NATO Sea Guardian, l’operazione varata al summit dell’Alleanza Atlantica di Varsavia del luglio 2016 e operativa dal novembre dello stesso anno grazie a dieci paesi alleati che forniscono unità navali, aerei e sottomarini. Sea Guardian è un’operazione “altamente flessibile” con un ampio spettro di compiti: dalla sorveglianza degli spazi marittimi di interesse, al contrasto al “terrorismo marittimo”, alla formazione a favore delle forze di sicurezza dei paesi rivieraschi. “Oltre a queste attività, le forze navali possono effettuare attività di interdizione, tutela della libertà di navigazione, protezione delle infrastrutture marittime sensibili e contrasto alla proliferazione delle armi di distruzione di massa”, spiegano i portavoce della NATO. Non ultimo, ovviamente, l’obiettivo di rafforzare la cooperazione con l’Unione Europea contro l’immigrazione “irregolare”. Il 20 giugno scorso, il comando della missione europea EUNAVFOR MED/Sophia e il Comando marittimo alleato della NATO hanno indetto una conferenza su Shared Awareness and De-confliction in the Mediterranean, per rafforzare la collaborazione “tra le numerose organizzazioni militari e civili che devono affrontare il fenomeno migratorio in mare”. Per conseguire un ruolo sempre più flessibile in campo politico-militare e geostrategico in quello che è ormai definito il Mediterraneo allargato (dal mar Mediterraneo vero e proprio all’Europa orientale e a buona parte del continente africano e del Medio oriente), il 15 febbraio 2017 i ministri della Difesa dell’Alleanza hanno deciso di costituire presso l’Allied Joint Force Command - JFC Naples l’Hub NATO per il Sud. “Il centro operativo nella base di Lago Patria-Napoli dal dicembre 2017 ha come obiettivo principale quello di comprendere e coordinare le risposte alle sfide strategiche che l’Alleanza deve affrontare sul fronte sud”, ha spiegato il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg.“L’Hub per il Sud non coordinerà grandi operazioni militari, ma si occuperà di raccogliere informazioni, migliorare la comprensione della situazione e coordinare le attività nell’area”. In pratica, un pool di un centinaio di analisti internazionali avrà il compito di studiare le minacce enfatizzate dalla nuova pianificazione avanzata  dell’Alleanza per il fronte meridionale, quali “il terrorismo, la destabilizzazione, la radicalizzazione, le migrazioni, l’inquinamento ambientale e i disastri naturali”, agendo contemporaneamente “come centro di coordinamento per la collaborazione tra i comandi NATO e le organizzazioni governative e non governative internazionali che si occupano di sicurezza”.
A enfatizzare il ruolo di analisi e intervento contro i flussi migratori nel Mediterraneo sono ancora gli alti comandi della NATO preposti alle operazioni sul fronte meridionale. “La nostra è una piattaforma di informazioni condivise con esperti di aspetti militari, economici e sociali”, ha spiegato in un’intervista a La Repubblica (6 settembre 2017), l’ammiraglio statunitense Michelle Howard, sino allo scorso anno alla guida del Joint Force Command Naples. “L’idea di metter su questa struttura risale già a due anni fa, ma ha avuto una accelerazione per due fattori: il fenomeno della migrazione di massa e la dichiarazione del ministero della Difesa USA di un impegno maggiore della NATO sul fronte del terrorismo (…) Con due operazioni navali, la NATO dà già supporto ai flussi migratori di massa a Turchia e Grecia, senza dimenticare l’Operazione Sophia, che ha garantito soccorso e anche accoglienza. Ma è ovvio che un proficuo scambio di informazioni può facilitare la gestione dei flussi migratori e, nel contempo, pure aiutare a distinguere chi fugge da situazioni di pericolo da chi, invece, viene con cattivi propositi”. Se già non fossero evidenti le finalità di guerra globale contro le migrazioni del nuovo Hub NATO per il Sud, meglio allora riportare un passaggio di un’altra intervista rilasciata dallo stesso ammiraglio Howard all’agenzia di stampa Adnkronos(3 settembre 2017): Il Sud è anche il fronte delle grandi migrazioni, materia che per la Ue è di fortissimo interesse, ma quando ti occupi di salvare le persone in mare, quello è solo un sintomo del problema”, ha spiegato l’allora comandante di JFC Naples. “Quello che vogliamo fare è arrivare alle cause ultime che spingono le persone ad emigrare, comprendendo esattamente che cosa succede, in modo da poter iniziare a lavorare su misure di prevenzione”.
In nome della guerra santa al binomio terrorismo-migrazioni in Libia e nell’Africa sub-sahariana, le forze aeree statunitensi e relativi contractor operano già da alcuni anni con aerei spia (con pilota e senza pilota), dalle basi aeree di Sigonella e Pantelleria e talvolta dagli scali aeroportuali di Catania-Fontanarossa e Trapani-Birgi. Durante gli ultimi combattimenti registrati a Tripoli e nel suo aeroporto internazionale, i media hanno registrato le evoluzioni aeree di un drone statunitense con compiti di intelligence, sorveglianza e ricognizione, molto probabilmente uno degli MQ-9 “Reaper” dell’US Air Force operativi da Sigonella a partire dal 2011 anche per operazioni di attacco con missili aria-terra. Ancora una prova questa della trasformazione della stazione aeronavale siciliana in capitale mondiale dei droni, ma come abbiamo visto, anche di capitale europeadella sporca guerra ai migranti del XXI secolo.

Arrivano a scuola i militari USA e i bambini li accolgono con l’Inno dei Marines

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Corsi di educazione alimentare, ginnastica, lingua inglese, informatica, intercultura. Ristrutturazione di androni, cancelli, giardini, porte e finestre. Pitturazioni di classi e palestre. Copre ormai ogni ambito e settore l’intervento di “volontariato” dei militari USA di stanza nella base di Sigonella nelle scuole siciliane di ogni ordine e grado. Con l’avvio dell’anno scolastico 2018-19, le incursioni da parte dei militari statunitensi si sono fatte quotidiane, con tanto di distribuzione di piccoli doni: palloni, magliette, zainetti e materiale didattico vario.  E dirigenti, docenti e alunni, tutti in riga con il cappello in mano a ringraziare gli intrepidi protagonisti delle missioni negli scenari di morte di mezzo mondo.
L’evento più ignobile ce lo raccontano in prima persona i responsabili di NAS - Naval Air Station Sigonella con un post pubblicato il 18 ottobre. “Questa mattina la consegna di zainetti alla scuola De Roberto di Catania è iniziata con uno speciale benvenuto al personale volontario del Distaccamento di Sigonella”, scrivono i militari USA. “Il coro scolastico ha ringraziato gli ospiti americani intonando l’Inno dei Marines”. Eloquente il video pubblicato con il post. Un gruppo di alunni dell’Istituto Comprensivo, presumibilmente frequentanti le classi di primaria (ripresi dalla telecamera a volto scoperto e dunque riconoscibilissimi) cantano l’inno del reparto d’eccellenza della Marina Usa, sventolando bandierine tricolori e a stelle e strisce e c’è perfino una corista che mima il passo militare per raggiungere i graditi ospiti.
“Dalle stanze di Montezuma alle spiagge di Tripoli; noi combattiamo le patrie guerre, in cielo, in terra e nel mare (…) fieri siam di vantare il titolo di Marines degli Stati Uniti d’America…”, recita la prima strofa dell’Inno intonato dai piccoli alunni dell’IC “De Roberto” di Catania. Parole orribili specie se pronunciate da innocenti e inconsapevoli bambini che per il diritto internazionale dovrebbero essere tenuti sempre e comunque distanti da ogni forma di indottrinamento militare e di esaltazione della guerra. Uno spettacolo osceno, mostruoso, indegno, che in un Paese civile costerebbe l’immediato procedimento disciplinare, penale e civile per la dirigente (la dott.ssa Antonella Maccarrone) e gli ignoti docenti che lo hanno organizzato (non tutti ignoti, dato che un quotidiano on line riporta il nome del prof. Roberto Mangiagli, anche parroco della chiesa Natività del Signore di Cibali, quale curatore della logistica del progetto).
Non speriamo in tanto, dati i tempi che corrono nelle scuole italiane, sempre più militarizzate e fasciste-autoritarie, ma perlomeno ci auguriamo che quanto accaduto giovedì scorso a Catania spinga sempre più insegnanti, studenti e genitori ad opporsi in tutti i modi alla ormai insostenibile militarizzazione delle scuole e del sistema educativo.


Telecamere di sicurezza a scuola? Con i contributi “volontari” di genitori e alunni

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Quanto era trapelato dalle chat tra alcuni docenti dell’Istituto Comprensivo “Cannizzaro-Galatti” di Messina trova conferma ufficiale nella circolare pubblicata il 25 ottobre 2018 dalla dirigente scolastica dott.ssa Giovanna Egle Candida Cacciola, che illustra il programma della Cerimonia di Inaugurazione dell’anno scolastico prevista per venerdì 26 ottobre. I nuovi inutili e costosi “sistemi di sicurezza” in via d’installazione nel plesso scolastico (telecamere, bussole, ecc.) saranno acquistati anche con il ricavato delle vendite di dolci prodotti dai genitori e degli oggetti “del riuso” creati dagli alunni della scuola, dirottando così una parte delle esigue risorse finanziarie dall’acquisizione di sussidi didattico-educativi (libri, computer, materiale sportivo, dotazioni per alunni svantaggiati, ecc.) alle politiche di controllo autoritario-sicuritario avviate nell’istituto dopo il cambio di guardia della figura guida dell’istituto.
Nel programma della Cerimonia (mai discusso e approvato in sede di programmazione dell’organo collegiale), la dirigente Cacciola prevede infatti  la “Fiera del Dolce e Mercatino del Riuso a cura dei Volontari (il ricavato andrà interamente devoluto per potenziare i sistemi di sicurezza e per acquisto sussidi didattici)”. Immancabile ovviamente anche il “Canto patriottico”, in linea con la svolta propagandistica bellico-militare dell’istituto comprensivo, lo stesso dove la scorsa primavera si è tenuta all’interno del cortile una parata “musicale” della Brigata motorizzata “Aosta”, reparto d’élite delle forze armate italiane e NATO (con tanto di info-point pre-arruolamento riservato alle alunne e agli alunni delle classi terze della secondaria di primo grado).
Esprimendo ancora una volta il mio assoluto dissenso verso l’insostenibile modello “pedagogico” sicuritario-militare che si sta realizzando nell’Istituto dove insegno ormai ininterrottamente da 35 anni, faccio appello alle colleghe, ai colleghi e a tutti i genitori di opporsi alla trasformazione della scuola in caserma-supermarket e invito le organizzazioni sindacali e il Ministero dell’Istruzione e della Ricerca Scientifica (MIUR) ad avviare un’ispezione per verificare la legittimità di decisioni, atti e comportamenti che rischiano di compromettere i valori costituzionali su cui si fonda la scuola italiana della Repubblica democratica e antifascista.         

Messina 25 ottobre 2018      
Antonio Mazzeo, Insegnante antimilitarista e peace researcher

Studenti siciliani in alternanza scuola-lavoro sui sottomarini e i caccia da guerra

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Gli stage di Alternanza Scuola Lavoro per gli studenti siciliani dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Carlo Alberto Dalla Chiesa” di Caltagirone e Mineo? Pagando 300 euro per cinque giorni tra i sottomarini, i caccia e gli elicotteri ospitati nelle basi di guerra pugliesi, con tanto di incursioni ed escursioni in compagnia dei fanti di marina del Reggimento “San Marco”.
Mercoledì 24 ottobre gli alunni frequentanti quattro classi dell’ISS “Dalla Chiesa” sono partiti alla volta di Martina Franca per intraprendere le attività di Alternanza Scuola-Lavoro previste da un protocollo firmato tra la dirigenza e la Marina Militare. Intenso il programma predisposto dai vertici della forza armata. Il 25 ottobre “percorso formativo” presso la Caserma “Carlotto”, sede del Reggimento “San Marco”, truppa d’elite delle forze armate italiane e NATO. Successivamente, visita al “Monumento del Marinaio”, la brutta struttura in cemento armato a forma di timone realizzata nel porto di Brindisi nel 1933 per volere di Benito Mussolini per “commemorare i caduti della Grande Guerra”. Venerdì 26 ottobre invece, visita della base aerea della Marina Militare di Grottaglie con altro “percorso formativo” a cura del personale di MARISTAER per conoscere, si immagina, le intrepide operazioni di bombardamento dei caccia AV-8B II Herrier in Serbia, Kosovo e Montenegro nel 1999 e in Afghanistan (2001-02) o, forse, le giravolte sperimentali dei nuovi prototipi di droni d’attacco made in Italy. Sabato 27, visita alla base navale di Taranto con “percorso formativo presso il Centro Scuole e visita a bordo dei sommergibili e delle unità navali se presenti in porto”. Dulcis in fundo, domenica 28, con la visita guidata al Castello Aragonese di Taranto di proprietà della Marina Militare, al Canale Navigabile e al Ponte Girevole. In serata partenza in pullman per rientrare in Sicilia.
“Il costo pro capite è di trecento euro”, riporta in calce la circolare dell’ISS “Dalla Chiesa”. “Per motivi di sicurezza non sono menzionati i percorsi oggetti di interesse. Gli Studenti saranno accompagnati da Ufficiali e Sottufficiali istruttori per tutto il periodo di percorso. Si precisa che qualora dovessero svolgersi in tale date eventi istituzionali al momento non programmati/programmabili, l’attività potrebbe subire variazioni nelle modalità esecutive, ovvero revocate, anche con breve preavviso”. Cioè, paghi, ma non è certo che sali a bordo dei mezzi di alternanza scuola-guerra. Ma se sei fortunato, magari potrai toccare con mano l’ultimo “gioiello” prodotto nelle industrie di morte di Cameri-Novara, il cacciabombardiere F-35B “a decollo corto e ad atterraggio verticale”, consegnato alla Marina a gennaio e attualmente in fase di collaudo sulla portaerei Cavour e a Grottaglie.
La scuola italiana è davvero (più) partita per la guerra.

La “nostra” Africa. Missioni italiane e guerre ai migranti a sud del Mediterraneo

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Il ridimensionamento della presenza militare in Iraq e Afghanistan e sei nuove operazioni, cinque nel continente africano e una in ambito NATO per la sorveglianza dello spazio aereo alleato. È quanto previsto dal decreto di finanziamento delle missioni internazionali delle forze armate predisposto dal governo Gentiloni-Minniti-Pinotti per il periodo compreso tra l’1 gennaio e il 30 settembre 2018, poi prorogate senza modifiche dall’esecutivo Conte-Salvini-Di Maio sino alla fine dell’anno. Per gli impegni del tricolore in terra africana è prevista una spesa di oltre 118 milioni di euro in nove mesi, il 15% dell’ammontare dei costi delle missioni di guerra in mezzo mondo; i 1.234 militari impiegati costituiscono il 19% di tutto il personale della Difesa schierato fuori dai confini nazionali.
Per comprendere le ragioni del rilancio delle avventure coloniali italiane in Africa è utile riportare alcuni dei passaggi della Relazione delle Commissioni Affari Esteri e Difesa della Camera dei Deputati sulla Delibera del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione alle operazioni militari internazionali, approvata il 16 gennaio 2018. “Le nuove missioni si concentrano in un’area geografica – l’Africa - che riveste interesse strategico prioritario per l’Italia, che, oltre a dover gestire i flussi migratori provenienti da tale continente, deve affrontare il rischio che un rallentamento del processo di pacificazione e di consolidamento delle istituzioni politiche della Libia sfoci in un nuovo fattore di minaccia per i propri interessi nazionali e per la sicurezza del bacino del Mar Mediterraneo”, riporta il documento.“Gli interventi previsti in Africa si concentrano su attività utili a incrementare la sicurezza e la stabilità internazionali (costruzione di capacità - capacity building) a favore di Paesi impegnati nella lotta al terrorismo e ai traffici illegali internazionali (…) Nella regione del Sahel molti Paesi continuano ad incontrare difficoltà nel controllo dei rispettivi territori e frontiere e si trovano a far fronte ad una minaccia terroristica che si salda con traffici criminali e disagio sociale ed economico di ampie fasce di popolazione; nel Corno d’Africa la minaccia di al Shabab rimane sempre molto alta e impedisce un avvio più deciso di una ripresa in Somalia”.
Nello specifico, le nuove operazioni che vedono protagoniste le forze armate italiane nel continente sono scaturite da accordi bilaterali (le missioni di assistenza in Libia e Niger) o da impegni assunti con le Nazioni Unite (United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara - MINURSO), l’Unione europea (European Union Training Mission nella Repubblica Centrafricana - EUTM RCA) e la NATO (Tunisia). A queste si aggiunge anche il “rafforzamento” della presenza italiana nelle operazioni avviate dall’Unione europea nella regione del Sahel (EUCAP Niger, EUCAP Mali ed EUTM Mali) e, contestualmente, il comando della Cellula di Coordinamento Regionale delle tre missioni stesse. “La nuova missione di assistenza e supporto in Libia, che integra le attività della precedente missione denominata Operazione Ippocrate, conferma il carattere prioritario dell’impegno dell’Italia per la pace e la stabilità del Paese”, aggiungono le Commissioni Esteri e Difesa della Camera dei Deputati nella loro relazione di gennaio. “La riorganizzazione degli impieghi nella nuova missione militare su base bilaterale in Libia ha l’obiettivo di rendere l’azione italiana di assistenza e supporto del Governo nazionale libico più incisiva ed efficace; l’ulteriore nuova linea di impegno militare dell’Italia, rivolta al Niger, avviene nel contesto di un complessivo innalzamento di livello delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, legati tra loro da una solida alleanza di tipo strategico corroborata da un impegno di lungo corso nella regione saheliana e nello stesso Niger attraverso gli strumenti della cooperazione allo sviluppo, anche grazie alle risorse stanziate con il cosiddetto Fondo Africa, nell’obiettivo di promuovere il controllo del territorio ed il contrasto dei traffici illeciti, a partire da quello di essere umani (…) Le missioni in Libia ed in Niger sono, quindi, strategicamente rivolte anche a contrastare l’endemizzazione di questo fenomeno, che sovrappone terrorismo e attività criminale…”. Nero su bianco, si ripropone la falsa narrazione del binomio terrorismo-migrazioni, mentre per fronteggiare la presunta minaccia rappresentata dai terroristi-migranti si fondono insieme l’intervento militare e gli “aiuti allo sviluppo”, le strategie bellico-sicuritarie e la “cooperazione”.  
Il gran ritorno in Libia per governare e arrestare le migrazioni
 La sicurezza del Mediterraneo necessita di una Libia unita, stabile e pacificata. L’Italia ha assunto un ruolo di primo piano nella gestione della crisi, sviluppando con Tripoli una partnership multisettoriale che ha già conseguito risultati importanti nel campo del contrasto al terrorismo e della riduzione dei flussi migratori. Ci muoviamo sulla base di alcuni principi cardine: ricerca di una soluzione politica alla crisi; sostegno alle Istituzioni previste dall’Accordo Politico Libico; appoggio all’azione delle Nazioni Unite per promuovere, nel rispetto dell’ownership libica, un processo inclusivo di riconciliazione nazionale”. Così si legge nel rapporto dal titolo La strategia italiana nel Mediterraneo. Stabilizzare le crisi e costruire un’agenda positiva per la regione,redatto dal Ministero degli Affari Esteri in occasione del meeting MED - Mediterranean Dialogues, tenutosi a Roma nel luglio 2017.  
“L’Italia si è fatta portavoce delle richieste libiche di assistenza anche in ambitoUE, ottenendo che il Paese beneficiasse, dal 2016 ad oggi, di oltre 160 milioni dieuro per interventi di stabilizzazione, emergenza e protezione dei migranti”, prosegue il rapporto della Farnesina. “Abbiamoproposto alla Commissione un vasto progetto di sostegno alle autorità libichenella gestione integrata delle frontiere (IBM) e nella promozione di iniziativedi sviluppo economico-sociale nelle aree lungo i confini meridionali. Il progettoIBM prevede un finanziamento per il primo anno di 46,3 milioni di euro, cui l’Italiacontribuisce con 12,2 milioni di euro. La collaborazione con le autorità libiche nel contrasto al traffico di esseri umaniè sempre più efficace grazie all’intenso lavoro della Commissione Congiunta previstadal memorandum del 2 febbraio 2017 (…) La Commissione ha identificato inoltre, tra le priorità strategichedell’azione congiunta dei due Paesi, il rafforzamento del sistema di controllo deiconfini meridionali della Libia, quale misura complementare per prevenire il trafficoillegale di esseri umani”. Oltre a contribuire al progetto di gestione integrata delle frontiere, lo scorso anno l’Italia ha assicurato alle autorità di Tripoli 5,2 milioni di euro in “interventi di sviluppo” e 15 milioni di euro in “aiuti umanitari e attività di emergenza”. Quattro motovedette sono state consegnate alla Guardia costiera della Marina militare libica, mentre nell’aeroporto militare di Mitiga, a pochi chilometri da Tripoli, è stata installata una torre di controllo mobile e il personale italiano sta formando i controllori di volo libici.
Con il coordinamento e il supporto tecnico della Marina Militare italiana, le unità fedeli al governo libico hanno esercitato sino allo scorso mese di luglio, in forma limitata, il controllo sulla zona SAR (Search and Rescue) di ricerca e salvataggio dei naufraghi e di tutte le persone in situazioni di pericolo in mare. L’area d’intervento era stata determinata in precedenza dalle autorità marittime italiane su mandato dell’Unione europea. Oggi ufficialmente sono i libici ad aver assunto la responsabilità di intervenire in quella che è divenuta la Regione Marittima Lybia SAR, assai simile a un grande trapezio scaleno con il vertice superiore sinistro che sfiora l’arcipelago tunisino di Kerkenna, mentre con quello destro l’isola di Creta. In quest’area Tripoli dovrebbe coordinare autonomamente le risposte di pronto intervento, assicurando altresì il personale e i mezzi perché i migranti soccorsi in mare possano raggiungere un “porto sicuro”. Quando esse si verificano, gli interventi si trasformano in vere e proprie deportazioni manu militari dei richiedenti asilo verso le città costiere e i lager-hotspot sparsi in tutto il paese nordafricano. Tra i primi effetti del trasferimento di competenze SAR da Roma e Tripoli c’è ovviamente la forte riduzione del numero di persone che hanno raggiunto il sud Italia dalle coste libiche, cosa che ovviamente ha soddisfatto governo e parlamentari di maggioranza e opposizione ma che ha invece prodotto conseguenze drammatiche sulle condizioni di vita (o sulla vita stessa) di decine di migliaia di cittadini africani o mediorientali.     
Nel 2018 il numero dei migranti riportati in Libia è stato superiore a quello dei migranti che sono riusciti ad approdare in Italia. Secondo i dati forniti dalla Guardia costiera di Tripoli le persone intercettate dalle motovedette libiche dall’inizio dell’anno sono state 14.500, mentre solo 12.543 sono quelle che, sulla rotta libica, sono sbarcate in Italia. Di contro si assiste al cinico balletto sui dati dei morti in mare: secondo le ultime cifre diffuse dall’OIM, l’Organizzazione Internazionale  per le Migrazioni, nei primi dieci mesi dell’anno sono 1.839 le persone che hanno perso la vita nel loro tentativo di attraversare il Mediterraneo.
Intanto l’Italia continua a recitare la parte di piccola potenza neocoloniale in terra libica. Dal gennaio 2018 la presenza delle forze armate italiane è stata potenziata in uomini, mezzi e funzioni nell’ambito della Missione bilaterale di assistenza e supporto (MIASIT) al Governo di accordo nazionale di Fayez Serraj.La nuova missione in Libia prevede un impiego massimo di 400 militari (compresi i 300 già precedentemente schierati con l’Operazione Ippocrate), più 130 tra mezzi terrestri, navali e aerei, questi ultimi provenienti dal dispositivo aeronavale nazionale Mare Sicuro.Il contingente comprende unità con compiti di addestramento, consulenza, assistenza, supporto e mentoring; unità per il supporto logistico generale e per lavori infrastrutturali; una squadra rilevazioni contro minacce chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (CBRN); unità con compiti di force protection;personale sanitario. Il fabbisogno finanziario della missione è stato stimato in 34.982.433 euro per il solo periodo compreso tra l’1 gennaio e il 30 settembre 2018.
MIASIT ha l’obiettivo di sostenere le autorità libiche nell’azione di pacificazione e stabilizzazione del Paese e nel rafforzamento delle attività di controllo e contrasto dell’immigrazione illegale, dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, in armonia con le linee di intervento decise dalle Nazioni Unite”, ha specificato il Governo italiano. Diverse le attività svolte dal personale impiegato: si va dalla formazione delle forze di sicurezza locali all’organizzazione di corsi di sminamento, all’assistenza sanitaria, al ripristino dell’efficienza degli assetti terrestri, navali ed aerei comprese le relative infrastrutture, alle attività di capacity building, ecc.. Sono previste pure la “possibilità di svolgere attività di collegamento e consulenza a favore della Marina e Guardia costiera libica e la collaborazione per la costituzione di un Centro operativo marittimo in territorio libico per la sorveglianza, la cooperazione marittima e il coordinamento delle attività congiunte”.
“Attraverso la nuova missione in Libia si è inteso riconfigurare in un unico dispositivo le attività di supporto sanitario e umanitario previste dall’Operazione Ippocrate e di alcuni compiti previsti dalla missione in supporto alla Guardia costiera, fino ad ora inseriti tra quelli svolti dal dispositivo aeronavale nazionale Mare Sicuro, a cui si aggiungono ulteriori attività richieste dal Governo di Accordo nazionale libico”, spiegano le autorità italiane. La missione “sanitaria” dell’Esercito è operativa nella città di Misurata con un ospedale da campo con 30 posti letto, dove i medici italiani curano i combattenti e i civili libici feriti durante i combattimenti nell’area di Sirte, mentre la Marina opera ad Abu Sittah, il porto militare di Tripoli, assistendo le operazioni della Guardia costiera libica equipaggiata con quattro motovedette donate dall’Italia. Tre mesi fa, il parlamento italiano ha autorizzato la cessione di altre 12 motovedette alla Guardia costiera libica (dieci della classe 500e due della classe Corrubia già in dotazione alla Guardia costiera italiana) per “contenere il flusso di immigrati clandestini verso l’Europa e ad assicurare il controllo della zona SAR libica senza l’aiuto delle forze navali straniere”. La prima unità dotata di cannone e mitragliatrici è stata consegnata il 21 ottobre scorso; l’Italia s’incaricherà della manutenzione di tutte le imbarcazioni e dell’addestramento degli equipaggi per una spesa di 2,5 milioni di euro. Prevista un’opzione per la consegna ai libici di altre 17 motovedette.
Sempre a Tripoli si alternano periodicamente le navi ausiliarie della Marina italiana destinate alle attività di ripristino dell’efficienza di mezzi navali libici e che dal luglio 2017 ad oggi hanno consentito di riparare sei unità della Marina e tre della Guardia costiera, “consentendo di incrementare la capacità della forze marittime nel contrastare i traffici illeciti e la tratta di esseri umani nelle aree di propria responsabilità”. La manutenzione delle motovedette è realizzata grazie ai tecnici della nave officina Caprera. L’unità della Marina Militare svolge anche compiti di coordinamento tra le forze navali libiche e quelle italiane ed europee per la ricerca e soccorso (SAR).In acque territoriali libiche viene inoltre schierato periodicamente un dispositivo aeronavale “integrato da capacità ISR”, ovvero di acquisizione di informazioni operative (intelligence), sorveglianza (surveillance) e ricognizione degli obiettivi (reconnaissance).Anche l’Aeronautica Militare è coinvolta nelle attività di assistenza tecnica degli avieri libici per rimettere in condizioni di volo i cargo militari C-130H “Hercules” basati nell’aeroporto di Mitiga.
Quest’anno tra le novità più rilevanti della partnership italo-libica spicca l’invio di istruttori e consiglieri militari per addestrare le milizie fedeli al governo. La scelta della Difesa è caduta sugli uomini del 2° Reggimento “San Marco”, l’unica unità specializzata nelle operazioni di interdizione marittima con capacità assalto ogni tempo. Il contingente inviato in Libia è composto da 151 fanti di Marina e da due unità cinofile addestrate alla difesa delle installazioni e alla ricerca esplosivi. Intanto proseguono in Italia e nel paese africano le attività addestrative della Guardia costiera locale: ad oggi sono stati “formati” oltre 220 addetti. Presso il Comando della Marina Militare di Brindisi sono stati avviati i corsi d’indottrinamento anfibio per i marinai libici addetti alla gestione delle frontiere e alla lotta al traffico di migranti, a seguito di un accordo tecnico firmato nel novembre 2017 tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) ed il Ministero della Difesa. I corsi hanno una durata di sei settimane e vedono i partecipanti impegnati in esercitazioni presso la sede della Brigata Marina “San Marco” e in alcune aree addestrative pugliesi (Torre Cavallo, Massafra, San Vito dei Normanni, ecc.). Ulteriori attività di formazione delle forze armate libiche sono in corso presso le installazioni della Marina nell’isola de La Maddalena, Sardegna.
Come abbiamo visto, l’addestramento dei militari libici in funzione anti-migrazione o lo stesso supporto tecnico alla Guardia Costiera e alla Marina Militare nazionale, sono svolti anche nell’ambito di Mare Sicuro, l’operazione avviata nel marzo 2015 con lo schieramento di un dispositivo navale nel Mediterraneo centrale. Le unità d’altura impiegate operano in un’area di mare di circa 160.000 km quadrati, “assicurando la tutela degli interessi nazionali, la protezione delle linee di comunicazione e delle navi commerciali in transito, la protezione delle fonti energetiche strategiche e la sorveglianza dei possibili movimenti delle formazioni jihadiste, ecc.”. Anche Mare Sicuro ha visto crescere il numero degli effettivi e dei mezzi impiegati rispetto al 2017: da 700 a 745 militari e da cinque a sei navi, mentre restano cinque i velivoli aerei, per una spesa complessiva nei primi nove mesi del 2018 di 63,4 milioni di euro (66,78 milioni il costo dell’operazione in tutto il 2017). Alle attività “controllo e contrasto dell’immigrazione illegale e del traffico di esseri umani” connesse con l’Operazione Mare Sicuropartecipano con sempre maggiore frequenza gli equipaggi del 41° Stormo Antisom dell’Aeronautica Militare di stanza nella base siciliana di Sigonella, con il nuovo pattugliatore marittimo ognitempo P-72A.
È stato ampliato anche l’intervento della Guardia di Finanza a favore della Guardia costiera libica: il numero degli addetti militari è passato da 25 nel 2017 a 35 nel 2018 (più un mezzo navale), per un costo complessivo di 1,6 milioni. Lo scorso anno la Guardia di Finanza aveva intensificato le iniziative addestrative realizzando nove corsi rivoltia circa 200 funzionari delle Agenzie di law enforcement libiche e di altri Paesidell’Africa sub-sahariana (Niger, Ciad, Burkina Faso, Mali, Nigeria, Costa d’Avorio,Mauritania, Seychelles). Va inoltre rilevato che a fine 2017 un team di istruttori e mezzi terrestri italiani è stato inviato nel sud del paese per addestrare le guardie di confine. Nello stesso periodo, ufficiali del Comando operativo interforze dello Stato Maggiore della Difesa e del genio dell’Esercito, in coordinamento con il Dipartimento centrale dell’Immigrazione e il supporto finanziario dell’Unione europea, hanno effettuato i primi sopralluoghi a Ghat, nella Libia sud-occidentale al confine con Algeria, Niger e Ciad, in vista di una nuova missione multinazionale UE e/o NATO nella vasta regione del Fezzan, interessata dalle principali rotte migratorie africane e dove le centrali d’intelligence occidentali hanno segnalato la presenza di “miliziani dello Stato Islamico”.
Personale italiano opera infine nell’ambito di EUBAM Libia (European Union Integrated Border Management Mission in Libya), la missione istituita nel maggio 2013 dall’Unione europea per garantire alle autorità libiche formazione, consulenza strategica e capacità nella “gestione integrata delle frontiere terrestri, marine e aeree”. Le attività vengono svolte per ragioni di sicurezza in territorio tunisino, ma nel luglio 2017 Bruxelles ha approvato la revisione strategica del mandato di EUBAM, estendendone i compiti anche alla pianificazione di una futura missione Ue in territorio libico.
Altro settore chiave dell’impegno italiano in Libia è quello relativo alla “cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario”. Come riporta la relazione tecnica a cura del Ministero Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale allegata al decreto di autorizzazione delle nuove missioni internazionali, fra le priorità figura “in continuità con le attività in corso, il sostegno all’assistenza e alla protezione della popolazione migrante e rifugiata attualmente nei centri libici, nonché le attività volte a rafforzare le capacità delle comunità ospitanti di garantire i servizi essenziali, soprattutto in campo sanitario (…) Si conta anche di proseguire nella realizzazione di attività in concorso con organismi internazionali attivi nel campo della sicurezza alimentare, della salute e della protezione”. Attualmente Roma contribuisce finanziariamente al Fondo fiduciario del Dipartimento per gli Affari Politici delle Nazioni Unite per “sostenerne gli sforzi per la soluzione delle crisi in Libia, Siria e Yemen e consentire le attività di mediazione, stabilizzazione e a sostegno di transizioni democratiche”; al Fondo ONU per il “consolidamento della pace e gli interventi a favore di Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente che si trovano in situazioni di post-conflitto”; al Fondo fiduciario UNDP Immediate Assistance to the Libyan Political Dialogue and theGovernment of National Accord, “per rafforzare le istituzioni libiche, fornendo sostegno al Consiglio presidenziale libico e al Governo di accordo nazionale”.
Ovviamente continua ad essere il controllo del petrolio e del gas il motivo centrale del rafforzamento della partnership politico-militare tra Italia e Libia. Il 3 novembre 2018 il capo del Consiglio del Governo libico di unità nazionale, Fayez al-Sarraj, ha incontrato a Tripoli l’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi. “Durante i colloqui le parti hanno discusso della situazione generale del paese, affrontando in particolare il tema della sicurezza”, riporta il comunicato emesso dall’azienda petrolifera italiana. “L’AD di ENI ha illustrato le iniziative intraprese nel settore della generazione di energia elettrica, in particolare soffermandosi sulle attività di assistenza tecnica per la manutenzione di alcune centrali nell’area di Tripoli. ENI è il principale fornitore di gas al mercato locale, interamente destinato ad alimentare le centrali elettriche del paese per una capacità di generazione elettrica di oltre 3 GW. Si è inoltre fatto il punto della situazione sullo stato dei progetti in corso di ENI in Libia. Per quanto riguarda Bahr Essalam Fase 2, avviato a luglio, continuano le attività di collegamento dei rimanenti sette pozzi che saranno concluse entro la fine del 2018. Per il progetto di aumento della capacità di compressione dell’impianto di Wafa il first gas è previsto nei prossimi giorni (…) Fatto il punto sull’andamento del negoziato dell’Exploration and Production Sharing Agreement, a seguito della lettera d’intenti firmata a ottobre tra ENI, NOC (National Oil Corporation) e BP, per l’assegnazione a ENI di una quota del 42,5% e con l’obiettivo di ricominciare le attività nel primo semestre del 2019. Il presidente di NOC e l’AD di ENI hanno infine colto l’opportunità per discutere anche di importanti progetti futuri, in particolare lo sviluppo delle strutture offshore A& E di cui è previsto a breve il lancio della gara per lo studio di ingegneria. L’implementazione di tale progetto consentirà di estendere il plateau di produzione di gas dall’offshore libico, con un notevole risparmio per il paese relativamente all’importazione di combustibili liquidi”. La società italiana a capitale pubblico si conferma così come il principale produttore internazionale di idrocarburi in Libia, dove attualmente produce 280.000 barili di petrolio al giorno.
Disavventure neocoloniali sulla rotta Tunisi-Niamey
Cresce intanto pure l’impegno militare italiano in Tunisia sempre in nome della lotta all’immigrazione irregolare. Il rapporto tra Roma e Tunisi si è consolidato sia in chiave bilateraleattraverso le attività della Commissione militare mista italo-tunisina e sia grazie alla cosiddetta Iniziativa 5+5 (formato Difesa) istituita alla fine del 2004 da dieci Paesi che si affacciano sul Mediterraneo occidentale (Algeria, Francia, Italia, Libia, Malta, Mauritania, Marocco, Portogallo, Spagna e Tunisia) e che vede attualmente l’Italia alla Presidenza di turno. L’Iniziativa 5+5 ha come obiettivo il “miglioramento della reciproca comprensione e fiducia nell’affrontare i problemi della sicurezza nell’area di interesse,  tramite la realizzazione di attività pratiche e attraverso lo scambio di idee ed esperienze”.
Per l’anno in corso, la Commissione bilaterale italo-tunisina ha previsto la realizzazione di diverse operazioni militari, “con un’enfasi particolare orientata alla sicurezza marittima in termini di condivisione delle informazioni, della conoscenza dell’ambiente marino e di prevenzione e di gestione degli incidenti”. In particolare l’Aeronautica militare tunisina è stata invitata a partecipare a metà ottobre ad una vasta esercitazione aerea multinazionale nel Mediterraneo centrale (Circaete 2018), per “promuovere un uso coordinato dei relativi centri di comando e controllo, dei siti radar e dei caccia intercettori”, con il coordinamento del Comando operazioni aeree di Poggio Renatico (Ferrara).
Dai primi mesi del 2019, l’Italia prenderà parte in Tunisia ad una nuova missione multinazionale sotto il comando della NATO finalizzata a “costituire un comando interforze per la contro insurrezione e la lotta al terrorismo”. Previsto l’invio di una task force di 50-60 unità, con funzioni similari a quelle già in atto in Libia: addestramento, consulenza, assistenza e supporto delle forze armate e di sicurezza tunisine in particolare nelle attività di controllo delle frontiere; sarà pure inviato un mezzo aereo e il costo annuale dell’operazione sfiorerà i 5 milioni di euro. Attingendo dal bilancio dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, sarà finanziato pure il Fondo fiduciario della NATO per la cosiddetta iniziativa Defense capacity building(DCB) di “rafforzamento delle istituzioni e degli enti di sicurezza e difesa” dei Paesi partner dell’Alleanza. Al recente Summit di Bruxelles (11-12 luglio 2018), i capi di Stato e di governo della NATO hanno annunciato nuove misure di Defense Capacity Building per “sviluppare ulteriormente le capacità di difesa tunisine”. Il supporto della NATO, si legge nel documento finale del Summit, “includerà difesa cibernetica, dispositivi per il contrasto agli esplosivi improvvisati e la promozione di trasparenza nella gestione delle risorse”. Si prevedono attività di formazione e addestramento congiunte che potrebbero essere estese anche alle forze armate della confinante Libia.
Il governo di Tunisi è oggi uno dei più attivi partner NATO della sponda meridionale mediterranea. Nell’ambito del cosiddetto programma alleato di Dialogo Mediterraneo,dal 2014 il paese è entrato a far parte del NATO Individual Partnership and Cooperation Programme (IPCP) per rafforzare le capacità delle proprie forze armate nella lotta al terrorismo e “migliorare le condizioni di sicurezza ai propri confini”.Nel luglio 2016 il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg ha annunciato l’intenzione di realizzare un Centro di Intelligence in Tunisia (Tunisian Intelligence Fusion Centre) e di avviare l’addestramento delle forze per le operazioni speciali nazionali con un contributo finanziario di tre milioni di dollari. Il nuovo centro d’intelligence è stato approvato dal Governo il 30 dicembre 2016: avrà sede nella città portuale di Gabès e vedrà operare congiuntamente personale tunisino e della NATO. Il suo primo compito sarà quello di raccogliere ed elaborare i dati d’intelligence, ma si occuperà anche di topografia, meteorologia, transport data, elettronica, telecomunicazioni, minacce nucleare-batteriologica-chimica NBC, cyber defence, contro-spionaggio, ecc.. Al centro sarà riservata anche la raccolta e analisi delle “informazioni sensibili politiche ed economiche” relative alle “attività d’affari e finanziarie dei maggiori attori economici del paese”.
Sempre in merito all’intervento militare neocoloniale e anti-immigrazione dell’Italia nel continente africano va segnalato che il 20 settembre 2018 è definitivamente partita la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger – MISIN, con area geografica di intervento allargata anche a Mauritania, Nigeria e Benin. La missione era stata “congelata” dalle autorità di Niamey probabilmente a seguito del pressing del governo francese preoccupato della crescente presenza italiana in una regione storicamente sotto l’influenza economica e politica di Parigi, ma alla fine è stata sbloccata anche grazie alla campagna “umanitaria” avviata nella primavera 2018 dalle forze armate italiane, concretizzatasi con la consegna alle autorità nigerine di 12 tonnellate di materiale sanitario e farmaci.
Secondo il portavoce del Ministero della difesa italiano, la missione in Niger “è stata varata nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel (Niger, Mali, Mauritania, Ciad e Burkina Faso), lo sviluppo delle Forze di sicurezza nigerine per l’incremento di capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza; per concorrere alle attività di sorveglianza delle frontiere e di sviluppo della componente aerea della Repubblica del Niger”. A metà ottobre si è concluso il primo corso per “istruttori di ordine pubblico” condotto da un Mobile Training Teamdell’Arma dei Carabinieri, a cui hanno preso parte 25 tra ufficiali e sottufficiali nigerini che costituiranno il primo nucleo di formatori per i reparti della Gendarmeria. “Il corso fa parte di un più ampio pacchetto formativo che coinvolge anche le altre Forze di difesa e sicurezza del Niger addestrate anche dai militari dell’Esercito e dell’Aeronautica militare su attività di Security Force Assistance, oltre allo sviluppo di moduli formativi dedicati all’apprendimento del diritto internazionale umanitario e delle tecniche di pronto soccorso”, spiega il ministero della Difesa italiano.
Come per Libia e Tunisia, l’interventismo militare italiano nel paese dell’Africa sub-sahariana trova giustificazione nell’ottica della guerra globale e contestuale al terrore e all’immigrazione “clandestina”. Una valutazione geostrategica condivisa sia dalla maggioranza parlamentare della scorsa legislatura che da quella odierna. “In quell’area operano gruppi terroristici jihadisti (come Al-Quaeda nel Maghreb arabo - AQIM e Al-Morabitun) che traggono nuovi fondamentali canali di finanziamento, diretto e indiretto, grazie a vari tipi di traffici, tra cui quello di migranti…”, riporta la Relazione delle Commissioni Esteri e Difesa della Camera dei Deputati sulle missioni internazionali per il 2018. L’obiettivo della missione italiana in Niger sarà quello di arginare, insieme alle forze nigerine, la tratta di esseri umani e il traffico di migranti che attraversano il Paese, per poi dirigersi verso la Libia e in definitiva imbarcarsi verso le nostre coste”, ha invece dichiarato lo scorso 20 settembre la ministra pentastellata della Difesa, Elisabetta Trenta.
Per MISINè prevista inizialmente una presenza in Niger di 120 militari per poi giungere a 470 entro la fine dell’anno, più 130 mezzi terrestri e due aerei. Al momento non è stata rivelata la composizione del contingente, anche se si tratterà principalmente di addestratori, personale del Genio, delle trasmissioni e raccolta delle informazioni, ecc.. Secondo il sito specializzato Difesaonline.it, sarà schierata presumibilmente anche una task force con personale del 66° Reggimento aeromobile “Trieste” e i paracadutisti della Brigata “Folgore”, per “intervenire con grande celerità lungo il confine grazie all’impiego di elicotteri NH-90 e AH-129D”.Il costo annuale dell’operazione è stimato in 30 milioni di euro circa.
Le unità italiane opereranno inizialmente all’interno della base militare USA realizzata alla periferia della capitale Niamey (Air Base 101); una parte di esse si trasferirà poi anche presso l’ex fortino della Legione straniera di Madama, località settentrionale del Niger a un centinaio di chilometri dalla frontiera con la Libia. “Costruito dai francesi nel 1931 per contrastare l’espansionismo coloniale italiano, in una presunta ottica post-coloniale, invece, Madama rappresenta oggi un avamposto strategico della presenza francese nel Sahel (Operazione Barkhane, che conta 4.000 uomini e basi sparse dalla Mauritania al Ciad) nella lotta al terrorismo di stampo neo-jihadista”, scrive il giornalista Andrea de Georgio, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) di Milano. “Questa remota località, infatti, si trova al centro delle piste sahariane attraversate da ingenti traffici illegali, soprattutto di armi, droga ed esseri umani. Se la potenza francese è presente nella regione nigerina di Agadez dal 2014 con obiettivi prettamente anti-terrorismo, l’intento sbandierato dall’Italia è quello di contrastare i flussi migratori in transito verso l’Europa. Sostanzialmente si mette in pratica il mix di dimensione esterna della sicurezza e repressione delle migrazioni irregolari sancito dal Summit di Abidjan che a fine novembre ha ridefinito i rapporti fra Europa e Africa”.
“A dispetto di una diffusa retorica fondata sulla presunzione di un nesso fra criminalità organizzata e terrorismo, non è affatto detto che in Niger queste due agende siano facilmente conciliabili”, scrive Luca Ranieri, altro ricercatore dell’ISPI di Milano. “Da una parte, infatti, la lotta alla migrazione irregolare non ha fatto economia di misure repressive volte allo smantellamento delle infrastrutture di supporto alla migrazione della regione di Agadez. Impropriamente definite organizzazioni di trafficanti, tali infrastrutture presentano in realtà un’organizzazione fluida e orizzontale, più simile alla fornitura di servizi – ancorché informali – che alla struttura gerarchica della criminalità organizzata. Agli occhi delle popolazioni dell’inospitale settentrione nigerino, in effetti, l’economia della migrazione costituisce non già una minaccia, ma un’opportunità di resilienza in cui hanno trovato impiego anche molti ex-ribelli delle insurrezioni Tuareg dei decenni passati. Non a caso, al giro di vite nei confronti dei passeurs è seguito un incremento considerevole della violenza armata nella regione di Agadez, cui si accompagna un senso di frustrazione dilagante nei confronti di un governo percepito come indifferente alle esigenze della popolazione e supino ai desiderata dell’Occidente. Come dimostrato da numerose ricerche, tali dinamiche costituiscono uno dei principali fattori che concorrono alla radicalizzazione dei giovani africani verso l’estremismo jihadista”. Ricerche e analisi ovviamente del tutto ignorate dai politici e dai vertici delle forze armate, evidentemente più interessati a offrire in quest’area copertura e “difesa” militare agli interessi petrolifero-energetici del capitale pubblico e privato nazionale (ENI in testa). Con tanto di imprevedibili e pericolose conseguenze all’orizzonte. “Al di là dei mutevoli equilibri geopolitici, il Niger pare soggetto a una spirale di militarizzazione, sospinta sia dalla presenza sempre più visibile – e sempre più contestata – di forze militari straniere, sia dall’aumento vertiginoso delle spese nazionali per la difesa, aumentate di cinque volte durante la presidenza di Mohamadou Issoufou fino a sfiorare il 12% del budget statale”, aggiunge il ricercatore Luca Ranieri. “D’altra parte, l’accesso alle armi e il sostegno di potenti alleati internazionali alimentano una crescente deriva autoritaria che consente di soffocare le aspirazioni di una popolazione stremata da crisi umanitarie persistenti: arresti arbitrari, corruzione rampante, limitazione della libertà di stampa e repressione del dissenso sono in rapido e inquietante aumento”.
Ciononostante, con i 686 milioni di euro previsti dal Fondo Europeo di Sviluppo, i 220 milioni impegnati due anni fa dalla Commissione europea attraverso il Fondo fiduciario d’emergenza (Emergency Trust Fund for Africa) per affrontare le cause della migrazione in Africa ed altri finanziamenti minori per progetti di “emergenza umanitaria e riduzione dei conflitti”, il Niger è oggi il primo beneficiario nel mondo di aiuti Ue per spesa pro capite. Oltre 100 milioni di euro di finanziamenti giunti da Bruxelles (e in parte anche da Roma), sono stati utilizzati dalle autorità e dai militari nigerini per le operazioni di controllo e repressione dei flussi migratori nella regione di Agadez. E la guerra per procura dell’Unione europea ha già ottenuto i primi “successi”; secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, nel 2016 erano stati censiti in Niger 290mila migranti diretti verso la Libia, mentre nei primi cinque mesi del 2018 essi sono stati appena 24mila. Una drastica riduzione che rende perlomeno inutile (o meglio, sospetta) la missione tricolore in terra nigerina.
Dall’Atlantico al Corno d’Africa, vecchie e nuove operazioni d’oltremare 
Tra le missioni in Africa che vedono operare per la prima volta da quest’anno personale italiano, compaiono quella promossa dall’Unione europea nella Repubblica Centrafricana (European Union Training Mission nella Repubblica Centrafricana - EUTM RCA) per “garantire un’adeguata formazione alle forze armate del paese” (tre militari impegnati per una spesa nei primi nove mesi del 2018 di 324mila euro) e quella delle Nazioni Unite per la “stabilizzazione del Sahara occidentale” occupato illegalmente dal Marocco nel 1976 (MINURSO - United Nation Mission for the Referendum in Western Sahara). Quest’ultima missione è stata varata con la risoluzione ONU del 1991 in conformità di una proposta di accordo accettata dal Marocco e dal Frente Polisario in vista di un referendum in cui il popolo sahrawi avrebbe scelto tra indipendenza e integrazione con Rabat, referendum che però non si è mai svolto per dirette responsabilità politiche e militari marocchine. Ignoto il motivo per cui proprio adesso l’Italia ha deciso di partecipare alla missione internazionale con due addetti militari e una spesa di oltre 302mila euro in nove mesi.
Sempre in Africa occidentale vanno segnalate pure le tre missioni delle forze armate italiane in Mali. La prima (United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali - MINUSMA) ha preso il via nel 2013 a seguito delle Risoluzioni n. 2100 e 2164 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per sostenere il processo politico di transizione e aiutare la stabilizzazione del Mali; garantire la sicurezza, la stabilizzazione e la protezione dei civili; addestrare le forze di sicurezza maliane, ecc.. MINUSMA vede lo schieramento di oltre 13.000 militari di 57 Paesi; l’attuale contributo nazionale prevede, dal 1° gennaio al 30 settembre 2018, un impiego massimo di sette militari nel Quartier Generale militare dell’operazione a Bamako.
L’Italia partecipa poi a European Union Training Mission Mali (EUTM Mali), la missione di assistenza, addestramento, formazione e supporto logistico alle forze armate del Mali “al fine di concorrere al ripristino delle capacità militari necessarie alla riacquisizione dell’integrità territoriale del Paese”, varata il 17 gennaio 2013 dai Ministri degli Affari Esteri dell’Unione Europea. Sotto il comando di un generale francese (Parigi schiera autonomamente in Mali oltre 2.000 militari con l’Operazione Serval), EUTM conta su 500 militari europei, 12 dei quali italiani. Nel gennaio 2015, il Consiglio Europeo ha avviato pure EUCAP Sahel Mali per “contribuire alla stabilità e alle riforme istituzionali del Mali” e “fornire consiglio strategico e addestramento alla Polizia, alla Gendarmerie e alla Guardia Nazionale”. Anche in questo caso il contributo italiano è pressoché simbolico: quattro militari per una spesa nei primi nove mesi dell’anno di 460mila euro circa.
Da segnalare infine pure gli interventi realizzati con fondi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale (MAECI) a “sostegno dei processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza” nell’Africa sub-sahariana. “Nel Sahel si continuerà a supportare le missioni di peacekeeping e di contrasto al terrorismo quali MINUSMAin Mali, come pure la Forza G5 Sahel, la Multinational Joint Task Force per la lotta a Boko Haram nella regione del lago Ciad, nonché le principali strutture di coordinamento regionale anche in materia di sicurezza quali il Segretariato del G5 Sahel”, riporta la Relazione tecnica del MAECI sul bilancio di previsione per il 2018. La Forza congiunta dei Paesi del G5 Sahel - con militari e agenti di polizia di Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Mauritania – è stata istituita di recente per “mettere in sicurezza le frontiere, soprattutto alla luce dell’impatto della crisi libica, e lottare contro terrorismo, traffico di esseri umani, e criminalità organizzata”, grazie a un contributo finanziario straordinario di 50 milioni di euro e all’organizzazione di attività di formazione e consulenza da parte dell’Unione europea.
La Cooperazione Italiana ha individuato in Senegal, Burkina Faso e Niger i Paesi prioritari del proprio intervento, anche se alcuni progetti sono destinati pure a Guinea, Mali, Nigeria, Camerun e Ciad. “Le iniziative si concentrano prevalentemente nei settori della sicurezza alimentare, dell’educazione, della sanità, del sostegno alle fasce più vulnerabili della popolazione, della lotta ai cambiamenti climatici e del rafforzamento del settore privato locale”, spiega la Farnesina. “Una tematica trasversale è la lotta alle cause profonde delle migrazioni irregolari, che viene affrontata mediante interventi volti a creare maggiori opportunità economiche e di impiego nei Paesi di origine e transito dei migranti. In tema migratorio, la Cooperazione Italiana interviene nel Sahel anche con un’iniziativa di emergenza regionale che coinvolge Senegal, Mali, Guinea Conakry, Guinea Bissau e Gambia…”.
Particolarmente rilevanti per il numero del personale impiegato ed i relativi costi le missioni delle forze armate italiane in Corno d’Africa. Con la possibilità di impiegare contestualmente sino a 407 militari, due mezzi navali e due aerei per una spesa di poco meno di 23 milioni e mezzo di euro nei primi nove mesi del 2018, l’operazione “antipirateria” EUNAVFOR Atalantaè certamente la più grande. Decisa dal Consiglio Europeo nel 2008, essa è la “prima operazione militare a carattere marittimo a guida europea con l’obiettivo di prevenire e reprimere gli atti di pirateria nell’area del Corno d’Africa (Mar Rosso, Golfo di Aden e bacino somalo) che continuano a rappresentare una minaccia per la libertà di navigazione del traffico mercantile e in particolare per il trasporto degli aiuti umanitari del World Food Program”, riporta il Ministero della difesa. Tra i compiti di EUNAVFOR Atalanta rientrano anche le attività di addestramento a favore delle forze armate e di polizia di buona parte dell’Africa orientale nel “contrasto alle attività illecite”. I gruppi navali attivati dall’Unione europea possono operare inoltre nel pattugliamento e nella sorveglianza aero-marittima dell’area d’intervento accanto a quelle attivate “su chiamata” dall’Alleanza Atlantica (Operazione Ocean Shield), sotto il comando e controllo NATO/UE. L’Italia, oltre a fornire una fregata multi missione FREMM, contribuisce ad EUNAVFOR Atalanta con il contingente interforze che opera a Gibuti, composto da 90 militari e 17 mezzi terrestri.
Sempre in Corno d’Africa è operativa la missione EUTM Somalia, avviata dall’Unione europea nell’aprile 2010 per “contribuire, in cooperazione con altri partner internazionali, allo sviluppo delle istituzioni preposte al settore della sicurezza in Somalia”. Nei primi due anni di vita la missione si era articolata in attività di addestramento delle unità somale destinate al controllo di Mogadiscio presso il Bihanga Training Camp in Uganda. A partire del maggio 2013, EUTM Somalia ha schierato pure un team di assistenza e formazione presso l’aeroporto internazionale di Mogadiscio. Dal 16 febbraio 2014 il comando della missione europea è affidato ad un generale italiano; il nostro paese impiega annualmente  sino a un massimo di 123 militari e 20 mezzi terrestri, per un costo mensile che sfiora il milione di euro.
Altra missione è EUCAP - European Union Capacity Building Mission in Somalia (fino al febbraio 2017 denominata EUCAP Nestor), avviata dall’Ue nel dicembre 2011 come “operazione civile” anche se vede la partecipazione di personale militare in qualità di advisor per “rafforzare la capacità degli Stati della regione del Corno d’Africa e dell’Oceano Indiano occidentale nella gestione delle rispettive acque territoriali, nell’applicazione del diritto marittimo, nel contrastare i traffici e combattere la pirateria, ecc.”. L’attuale contributo nazionale è di tre militari.
In seguito all’accordo sottoscritto una decina di anni fa tra le autorità italiane e quelle della Repubblica di Gibuti e della Somalia è stata attivata la Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane - MIADIT Somalia; essa è affidata ad un team di militari specializzati dell’Arma dei Carabinieri di stanza a Gibuti, con l’obiettivo di “creare le condizioni per la stabilizzazione della Somalia e dell’intera Regione del Corno d’Africa, mediante l’accrescimento delle capacità operative delle forze di polizia somale e l’addestramento delle forze di polizia gibutiane”. I cicli formativi prevedono lezioni di antiterrorismo, tecniche investigative, intelligence, controllo dell’ordine pubblico con istruttori del Gruppo Intervento Speciale dell’Arma (GIS) e dal 1° Reggimento Paracadutisti “Tuscania”. Secondo Il Comando generale dei Carabinieri, sino ad oggi sono stati addestrati 1.500 poliziotti somali e 850 gibutiani; il contributo nazionale prevede un impiego massimo di 53 militari e la fornitura di quattro mezzi.
Oltre ad essere attiva in prima persona in Corno d’Africa, l’Arma dei Carabinieri opera nella “formazione” delle forze armate e di sicurezza di numerosissimi paesi africani grazie all’hub addestrativo/dottrinale di eccellenza in tema di polizia di stabilità realizzato all’interno della caserma “Chinotto” di Vicenza e cogestito attraverso tre diversi organismi strategici internazionali: CoESPU (Centre of Excellence for Stability Police Units); NATO SP COE (Stability Policing Centre of Excellence); la Forza di Gendarmeria Europea (Eurogendfor). Il CoESPU è stato istituito nel 2005 in occasione del Vertice G8 di Sea Island (USA) e vede i Carabinieri operare congiuntamente con l’esercito statunitense di stanza a Vicenza per incrementare le capacità delle forza di polizia, “soprattutto del continente africano” nel contrasto delle “minacce derivanti dalla criminalità, dai perturbamenti all’ordine pubblico e dal terrorismo”.Il Centro di Eccellenza NATO per le Polizie di Stabilità (NATO Stability Policing Centre of Excellence) è stato istituito recentemente e posto alle dipendenze funzionali del NATO Allied Command for Transformation (ACT) di Norfolk, Virginia, con lo scopo di “fornire all’Alleanza Atlantica uno strumento di pensiero e di formazione in tema di polizia di stabilità e accrescere il contributo militare della NATO alla ricostruzione in scenari post bellici”. Al Centro di Vicenza sono attualmente distaccati militari di Italia, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Romania, Turchia, Repubblica Ceca e Polonia.
Nell’hub della “Chinotto” trova anche collocazione il quartier generale di Eurogendfor, struttura di comando e di pianificazione con “naturale vocazione” verso l’Unione Europea, ma attiva anche nei confronti di altre organizzazioni internazionali (ONU, NATO, OSCE, ecc.). “La Forza di Gendarmeria Europea è un’organizzazione multinazionale di Forze di Polizia a statuto militare, nata da un’iniziale intesa tra i cinque Paesi Membri dell’Unione Europea in possesso di tali capacità di gendarmeria: Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna, ai quali si è aggiunta la Romania nel 2008 e la Polonia nel 2012 e costituita, per Trattato, con lo scopo di rafforzare le capacità di gestione delle crisi internazionali e contribuire alla Politica di Difesa e Sicurezza Comune”, riporta il sito ufficiale di Eurogendfor. “Una delle caratteristiche principali è la flessibilità dei suoi assetti, dedicati allo svolgimento di attività di polizia di stabilità, sia di tipo esecutivo che di rafforzamento, e che possono essere posti sia sotto catena di comando militare, in caso di conflitto ad alta intensità, che sotto catena di comando civile e sono in grado di agire autonomamente o unitamente ad altre forze”.
In prima linea in Corno d’Africa anche l’Agenzia della Cooperazione Internazionale allo Sviluppo. “Si intende continuare a rafforzare le strutture di sicurezza della Somalia e in particolare la polizia, per contribuire alla stabilizzazione del nuovo Stato federale”, riporta la Relazione finanziaria di fine 2017 del Ministero Affari Esteri e della Cooperazione. “Una forza di polizia ben strutturata ed equipaggiata è infatti determinante per rispondere alle minacce asimmetriche a cui la Somalia deve far fronte. Pur nel quadro di una exit strategy di AMISOM, la Missione dell’Unione Africana in Somalia, si confermerà il contributo italiano allo sforzo delle Nazioni Unite a favore delle Forze Armate somale”.
Nel Mediterraneo le flotte UE e NATO fanno la guerra ai migranti
Per quella che ormai può essere definita a ragione la guerra globale dell’Unione europea (e relativi partner) alle migrazioni e ai migranti, è operativa nel Mediterraneo centrale dal giugno 2015 EUNAVFOR MED, la flotta aeronavale varata dal Consiglio Europeo come misura chiave per “individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai trafficanti di esseri umani nel pieno rispetto del diritto internazionale”, così come si legge nel sito ufficiale del Ministero della difesa italiano. In una prima fase l’intervento militare Ue era stato orientato alla raccolta di informazioni di intelligence e alla “caccia attiva ai trafficanti di essere umani, prima in acque internazionali, poi nelleacque territoriali e interne della Libia, previo mandato delle Nazioni Unite e approvazione del paese interessato”.Il 20 giugno 2016 il Consiglio Europeo ha rinforzato il mandato di EUNAVFOR MED: alla soprannominata Operazione Sophiasono stati aggiunti altri importanti compiti: l’addestramento della Guardia costiera e della Marina militare libica; lo scambio di informazioni e intelligence con il governo di Tripoli; il “contributo all’embargo marittimo delle armi dirette alla Libia” in accordo alla risoluzione delle Nazioni Unite 2292 del 2016. Oggi sono 26 i Paesi dell’Unione europea che contribuiscono alla missione, il cui mandato scade formalmente alla fine dell’anno ma che prevedibilmente sarà prorogata almeno sino al dicembre 2019. L’Italia fornisce il contributo maggiore alla missione con 470 militari, un mezzo navale e due mezzi aerei; il quartier generale di EUNAVFOR MED – Sophia è situato all’interno dell’aeroporto militare di Roma Centocelle, mentre dal 1° febbraio 2018 l’unità da trasporto anfibio “San Giusto” ha assunto il compito di nave-comando. A consolidare il ruolo chiave del nostro paese nelle attività aeronavali UE anche l’utilizzo dello scalo di Sigonella come Forward Operating Base (Base Operativa Avanzata) di EUNAVFOR MED. Dalla grande stazione aeronavale siciliana (già a disposizione delle forze armate USA e NATO) operano gli assetti stranieri impiegati dall’Operazione Sophia e provenienti da Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Islanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna e Svezia. Al personale del 41° Stormo dell’Aeronautica italiana sono assegnate le funzioni di “supporto di tutte le operazioni a terra di accoglienza e ricovero degli equipaggi, dal rifornimento di carburante, al servizio meteorologico, al controllo del traffico aereo, alla sicurezza delle infrastrutture”. Dal settembre 2013 tra gli assetti internazionali operativi a Sigonella ci sono pure i contingenti aerei di Frontex/Triton, con lo scopo di coordinare il pattugliamento delle frontiere degli Stati membri e “favorire gli accordi per la gestione dei migranti”. Sempre per monitorare le acque del Mediterraneo e individuare le imbarcazioni in rotta verso le coste dell’Italia meridionale, a partire del marzo 2014 l’Aeronautica Militare ha rischiarato a Sigonella alcuni velivoli a pilotaggio remoto “Predator” provenienti dalla base aerea di Amendola (Foggia); per gestire le operazioni dei droni, il 10 luglio 2017 è stato attivato nella base siciliana il 61° Gruppo Volo AMI. Questi velivoli si interfacceranno con l’AGS (Alliance Ground Surveillance), il sistema di sorveglianza terrestre in via di implementazione da parte della NATO, basato sui droni-spia “Global Hawk” di ultima generazione. Nella stazione di Sigonella saranno dislocati il comando e cinque droni AGS, più le componenti dell’Alleanza che si dedicheranno alla manutenzione dei velivoli, all’analisi e diffusione dei dati raccolti e all’addestramento del personale operativo.
I mezzi impiegati nell’operazione EUNAVOR MED/Sophia si coordinano con le attività delle unità NATO schierate nel Mediterraneo. Per “assicurare maggiori sinergie e sfruttare le peculiarità di ciascuna organizzazione”, è stata avviata una partnership con la NATO Sea Guardian, l’operazione varata al summit dell’Alleanza Atlantica di Varsavia del luglio 2016 e operativa dal novembre dello stesso anno grazie ad un cospicuo numero di uomini, unità navali, aerei e sottomarini forniti da dieci paesi alleati. “Noi intendiamo lavorare a stretto contatto con l’Operazione Sophia nel Mediterraneo centrale, sulla base di una rapida ed effettiva cooperazione con l’Unione europea per interrompere le rotte del traffico internazionale di esseri umani”, ha dichiarato il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg. “Sea Guardian è un’operazione altamente flessibile con un ampio spettro di compiti: dalla sorveglianza degli spazi marittimi di interesse, al contrasto al terrorismo marittimo, alla formazione a favore delle forze di sicurezza dei paesi rivieraschi. Oltre a queste attività, le forze navali possono effettuare attività di interdizione, tutela della libertà di navigazione, protezione delle infrastrutture marittime sensibili e contrasto alla proliferazione delle armi di distruzione di massa”.
Utile per comprendere le ragioni geostrategiche e le finalità della nuova missione NATO anche il report predisposto dal Ministero degli Affari Esteri italiano alla vigilia del Meeting Mediterraneotenutosi a Roma nel luglio 2017. “L’operazione di sicurezza marittima SeaGuardian, che attualmente svolge principalmente compiti di situational awarenessmarittimo – con attività potenziali di counter-terrorism e capacity building, è un’altra testimonianza del ruolo della NATO nel Mediterraneo”, scrive la Farnesina. “Dal punto di vista italiano, l’operazione – a cui partecipiamocon due unità navali che si avvicenderanno nel corso dell’anno e chesaranno coadiuvate da due unità aeree, con un impiego complessivo di 75 unità inmedia di personale militare – è particolarmente significativa in quanto banco diprova della collaborazione tra NATO e Unione Europea. Sea Guardian si svolgeinfatti in sinergia con la Missione europea EUNAVFORMED Sophia; l’interazionetra queste due missioni – cui si accompagna il coordinamentotra Frontex e le Standing Naval Forces della NATO nell’Egeo – è unmodello che siamo interessati a sviluppare per collocare il Mediterraneo al centrodella collaborazione NATO-UE”. Proprio le attività dello Standing NATO Maritime Group 2 (il gruppo navale NATO attivato nel febbraio 2016 nel mar Egeo per assistere l’agenzia europea anti-migranti Frontex e le autorità turche e greche nella gestione dell’emergenza migranti) hanno fatto da modello sperimentale per la successiva operazione Sea Guardianche ha così integrato le attività di sorveglianza, monitoraggio e intelligence “contro le reti di trafficanti” con quelle di contrasto al terrorismo e cooperazione alla sicurezza marittima che avevano giustificato nel 2001 il varo dell’allora missione navale NATO Active Endehavour.
Per conseguire un ruolo sempre più flessibile in campo politico-militare e strategico in quello che è ormai definito il Mediterraneo allargato (dal mar Mediterraneo vero e proprio all’Europa orientale e a buona parte del continente africano e del Medio oriente), il 15 febbraio 2017 i ministri della Difesa dell’Alleanza hanno deciso di costituire presso l’Allied Joint Force Command - JFC Naples l’Hub NATO per il Sud. “Il centro operativo dal dicembre 2017 all’interno della base di Lago Patria-Napoli ha come obiettivo principale quello di comprendere e coordinare le risposte alle sfide strategiche che l’Alleanza deve affrontare sul fronte sud”, ha spiegato il segretario generale NATO, Jens Stoltenberg. “L’Hub per il Sudnon coordinerà grandi operazioni militari, ma si occuperà di raccogliere informazioni, migliorare la comprensione della situazione e coordinare le attività nell’area”. In pratica, un pool di un centinaio di analisti internazionali avrà il compito di studiare le minacce enfatizzate dalla nuova pianificazione avanzata dell’Alleanza per il fronte meridionale, quali “il terrorismo, la destabilizzazione, la radicalizzazione, le migrazioni, l’inquinamento ambientale e i disastri naturali”, agendo contemporaneamente “come centro di coordinamento per la collaborazione tra i comandi NATO e le organizzazioni governative e non governative internazionali che si occupano di sicurezza”.
Come convertire gli aiuti allo sviluppo in azioni militari e sicuritarie anti-migranti
Per dare maggiore concretezza e continuità all’impegno italiano nella collaborazione con i Paesi di origine e transito dei flussi migratori, è stato istituito, con Decreto ministeriale, il Fondo per l’Africa. “Si tratta di un fondo straordinario che serve per finanziare iniziative di: supporto tecnico; formazione; assistenza nella lotta contro il traffico di esseri umani; sviluppo delle comunità locali; informazione sui diritti umani e sui rischi di affidarsi ai passeurs; protezione a favore di rifugiati e di altre categorie vulnerabili di migranti, specialmente minori”, spiega la Farnesina. Grazie al Fondo per l’Africa, sono stati finanziati numerosi interventi in diversi Paesi africani di transito e di origine dei flussi, “privilegiando il sostegno alle organizzazioni internazionali competenti in materia migratoria (in particolare OIM e UNHCR)”. Nella lista dei Paesi destinatari degli interventi della cooperazione italiana compaiono Senegal. Gambia, Guinea-Bissau, Guinea, Mali, Niger, Ciad, Libia, Tunisia,Sudan, Etiopia. Con quasi tutti questi paesi (più la Nigeria), la Commissione europea ha avviato un processo per negoziare specifici accordi (compact) a sostegno dei loro sforzi nella “gestione congiunta del fenomeno migratorio e nella riduzione delle sue cause profonde”. In occasione del vertice UE-Africa sulle migrazioni tenutosi nel novembre 2015 a Malta, l’Unione europea ha lanciato il Fondo Fiduciario di emergenza per l’Africa, dotandolo di 1,8 miliardi di euro; l’Italia ne è il primo contributore nazionale con 104 milioni di euro. Superfluo aggiungere che la maggior parte di questi contribuiti Ue-Italia è destinata proprio ai paesi dell’Africa sub-sahariana disponibili agli accordi in materia di contenimento dei flussi migratori.
Tra le missioni internazionali autorizzate e finanziate per il 2018 compare pure un capitolo relativo ad una serie d’interventi di “cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario” in diversi paesi dell’Asia (Afghanistan, Libano, Myanmar, Pakistan, Palestina, Siria e Yemen), dell’Africa (Burundi, Etiopia, Repubblica centrafricana, Libia, Mali, Niger, Somalia, Sudan, Sud Sudan) e “nei Paesi ad essi limitrofi (in particolare Libano e Giordania, interessati dai flussi di profughi provenienti dalla Siria) nonché, più in generale, nei Paesi destinatari d’iniziative internazionali ed europee in materia di migrazione e sviluppo”.In tali ambiti, il governo italiano intende promuovere interventi dimiglioramento delle condizioni di vita della popolazione e dei rifugiati e a sostegno alla ricostruzione civile in Paesi in situazione di conflitto”; iniziative europee e internazionali in materia di migrazioni e sviluppo;programmi integrati di sminamento umanitario, che prevedono campagne informative, l’assistenza alle vittime e la formazione di operatori; “opere di protezione e acquisizione di equipaggiamenti, anche al fine di accrescere l’attività di cooperazione con le forze di sicurezza locali”. Per tali esigenze è stata autorizzata una spesa di 65 milioni di euro nel solo periodo gennaio-settembre 2018.
Il Parlamento ha autorizzato pure un capitolo di spesa relativo agliinterventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione rafforzamento della sicurezzain Nord Africa e Medio Oriente (in particolare Libia, Tunisia, Giordania e Libano), AfghanistanAfrica sub-sahariana (Somalia e altri Paesi del Corno d’Africa, Mali e regione del Sahel), ecc..Gli obiettivi di tali interventi – spiega il Governo - sono la facilitazione del percorso di riconciliazione nazionale e sostegno alla transizione democratica in Libia, tramite attività di institution building a beneficio delle municipalità elette nel 2015, e promuovendo la partecipazione delle donne alla ricostruzione del Paese (…); la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio archeologico in Afghanistan, Iraq, Libia e Tunisia, finanziando missioni promosse da università e centri di ricerca italiani;  il sostegno alle iniziative di pace dell’ONU (la missione MINUSMA in Mali), alle attività dell’IGAD – l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo del Corno d’Africa; nonché il rafforzamento delle istituzioni democratiche e dello Stato di diritto in Africa sub-sahariana (Corno d’Africa e Sahel), tramite programmi di capacity-building nel settore della sicurezza”. Altro settore dove si mescolano finte finalità di “cooperazione pacifista” e autentiche operazioni militari in ambito internazionale e NATO è quello relativo alla partecipazione ad “interventi delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza in Nord Africa e Medio Oriente ed in altre aree di crisi in cui l’ONU svolge attività di prevenzione dei conflitti e sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e transizione democratica; Paesi destinatari di programmi della NATO di rafforzamento delle istituzioni e degli enti di sicurezza e difesa; Paesi in cui si svolgono le missioni civili dell’OSCE; Paesi della sponda sud del Mediterraneo partner dell’OSCE e membri dell’Unione per il Mediterraneo; Paesi in cui si svolgono le Missioni civili dell’UE (…) Gli obiettivi di tali interventi sono: il sostegno, con contributi finanziari, alle attività del Dipartimento degli affari politici dell’ONU, le iniziative delle Nazioni Unite per il consolidamento della pace e dell’UNDP a favore della Libia; l’iniziativa Defence Capacity Building della NATO”.


Research prodotta per il Corso di formazione per docenti Migranti e migrazioni. Decodificare il presente per educare alla cittadinanza, promosso dal CESP, il Centro Studi per la Scuola Pubblica – Pescara, 8 novembre 2018.


Personale militare nazionale impegnato nelle diverse aree geografiche e relative autorizzazioni di spesa relativamente ai primi nove mesi del 2018

MISSIONI INTERNAZIONALI IN CORSO DI SVOLGIMENTO IN AFRICA
Delibera del consiglio dei ministri 28 dicembre 2018

SCHEDA

MISSIONI INTERNAZIONALI
IN AFRICA
PREVISIONE DI SPESA
MILITARI IN TEATRO
Missioni internazionali già in corso prorogate x 2018
Nuove missioni autorizzate x 2018



9

NATO Sea Guardian nel Mar Mediterraneo
12.513.518
 Da 75 a 287
10

EUNAVFORMED operazione SOPHIA
30.765.657
Da 470 a 495
23

United Nations Support Mission in Libya (UNSMIL)
334.325
3
24

Missione di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica
1.605.544
Proroga annuale
35
25

UE antipirateria Atalanta
23.227.121
Da 155 a 407
26

European Union Trainin~ Mission Somalia (EUTM Somalia)
8.020.649
123
27

EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor)
304.868
3
28

Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane
1.687.884
Da 26 a 53
29

Personale impiegato presso la base militare nazionale nella Repubblica di Gibuti per le esigenze connesse con le missioni internazionali nell’area del Corno d’Africa e zone limitrofe
7.148.324
90
30

United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali (MINUSMA)
618.545
7
31

European Union Training Mission Mali (EUTM Mali)
934.741
12
32

EUCAP Sahel Mali
461.397
4
33

EUCAP Sahel Niger
244.035
2
34

Multinational Force and Observers in Egitto (MFO)
3.195.456
75
35

European Union Border Assistance Mission in Libya (EUBAM LIBYA)
269.050
Proroga annuale
3

1
Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia
34.982.433
375

2
Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger
30.050.995
256

3
Missione NATO di supporto in Tunisia
4.916.521
60

4
United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara (MINURSO)
302.839
2

5
European · Union Training Mission nella Repubblica Centrafricana (EUTM RCA)
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Potenziamento dispositivo aeronavale nazionale nel Mar Mediterraneo, denominato "Mare sicuro"
63.442.734
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Potenziamento dispositivo NATO per la sorveglianza navale dell'area sud dell'Alleanza
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Da 13 a 44






La Brigata "Aosta" in Germania per addestrarsi a reprimere ogni forma di protesta

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LA BRIGATA "AOSTA" DALLA SICILIA IN GERMANIA PER ADDESTRARSI ALLA REPRESSIONE DELLE MANIFESTAZIONI DI PROTESTA

In questi giorni, una batteria del 24° Reggimento artiglieria "Peloritani" di Messina è impiegata presso la base addestrativa JMRC in Hohenfels (Germania), per l'esercitazione "K-25" congiuntamente ad unità USA e Portoghesi.
Gli artiglieri della Brigata "Aosta", partecipano con formatori portoghesi ed americani, in attività quali il controllo della folla e la "fire fobia training". "Quest'ultima - spiega lo Stato maggiore dell'esercito italiano - permette alle unità impegnate di implementare l'addestramento di controllo della folla con la reazione all'impiego di ordigni incendiari improvvisati standardizzando i metodi, le procedure e le tecniche da applicare per ridurre l'impatto degli ordigni incendiari".

Prossimo impegno? La repressione di ogni forma di protesta sociale e di opposizione al neoliberismo in Sicilia....

Operazione antimafia Beta 2. Messina e l’illecito affaire di Fondo Fucile

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“Appare grave e peculiare il dover rilevare quanti provvedimenti irregolari, illeciti, strumentali, si colgono in un solo appalto”. E’ quanto riporta il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, Salvatore Mastroeni, nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti degli indagati dell’operazione antimafia Beta 2, relativamente alla procedura di acquisto degli alloggi da assegnare in locazione ai cittadini che abitavano nella baraccopoli di Fondo Fucile, indetta dal Comune di Messina nel marzo 2014.
La seconda tranche dell’inchiesta sulle attività economiche del gruppo criminale Romeo-Santapaola nella città dello Stretto dedica un lungo capitolo all’affaire risanamento avviato dall’allora amministrazione Accorinti a Fondo Fucile, focalizzando la propria attenzione sul ruolo e le presunte illecite attività dell’architetto Salvatore Parlato, dipendente del Dipartimento Ufficio Urbanistica del Comune di Messina. Nello specifico, i magistrati peloritani accusano il funzionario comunale di aver turbato la procedura di acquisto degli alloggi, in concorso con l’ingegnere Raffaele Cucinotta (altro ex dipendente dell’Ufficio Urbanistica), l’imprenditore Biagio Grasso, Vincenzo Romeo e il factotum Stefano Barbera “per consentire alla ditta privata X.P. Immobiliare S.r.l., gestita di fatto da Grasso e Romeo di risultare aggiudicataria all’esito della procedura”. Sempre secondo gli inquirenti, Salvatore Parlato e Raffaele Cucinotta “riferivano notizie riservate sulla gara; promuovevano un prolungamento del termine di presentazione delle offerte ed intervenivano per evitare l’esclusione della ditta dalla gara in presenza di presupposti che ne avrebbero impedito la valida partecipazione (in particolare il Parlato non rilevava la circostanza che l’immobile edificato non ricadeva su particelle di intera proprietà della data costruttrice, come previsto tra i requisiti di gara); ciò compiendo anche nell’interesse degli amministratori delle società, ovvero proprietari dei terreni sui quali stava sorgendo l’edificazione degli appartamenti all’uopo realizzati”. Agli indagati viene altresì contestata l’aggravante di avere agito “avvalendosi delle condizioni ed al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Santapola-Romeo”.
E quel bando è cosa nostra…
La vicenda relativa all’acquisto degli alloggi di Fondo Fucile da parte del Comune di Messina era già stata oggetto di valutazione nella prima ordinanza di custodia cautelare dell’Operazione Beta del giugno 2017. “L’estensione della contestazione anche a Salvatore Parlato trova anzitutto fondamento nel tenore delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Biagio Grasso, caratterizzate da significativi riscontri”, scrive oggi il Gip Salvatore Mastroeni. “Il Comune di Messina con delibera di Giunta n. 151 dell’11 marzo 2014, approvava una procedura di acquisto sul libero mercato di alloggi da assegnare in locazione ai cittadini aventi diritto e che abitavano all’interno delle 95 baracche della zona di Messina denominata Fondo Fucile, con una spesa preventivata in 7,4 milioni di euro provenienti dai fondi regionali per l‘acquisto dei nuovi alloggi e 773.250 euro per la demolizione delle baracche e la riqualificazione ad area verde della zona interessata”. Nella delibera in questione erano state fissate le scadenze per la gara: il 15 aprile 2014 come termine massimo per la presentazione delle offerte, a cui doveva seguire entro il 31 maggio 2014 l’attività istruttoria delle proposte e il controllo dei requisiti dei soggetti proponenti e degli immobili in vendita; la richiesta di impegno specifico delle somme all’Assessorato Regionale Infrastrutture e Trasporti in relazione agli immobili ritenuti idonei entro il 30 giugno 2014.
“Nel corso delle indagini emergeva l’interesse da parte di Biagio Grasso e Vincenzo Romeo di partecipare alla procedura bandita dal Comune”, riporta l’ordinanza del Tribunale di Messina. “E subito emergono le due facce con cui l’associazione si presenta: da un lato è una impresa pulita e aliena da violenze (sono passati decenni dal mafioso mero estortore di imprese altrui) e dall’altro utilizzando mezzi illeciti corruttivi”. Stando alle risultanza delle indagini, l’imprenditore Biagio Grasso e Vincenzo Romeo, grazie all’intermediazione di Stefano Barbera, decidevano di servirsi della complicità dell’ingegnere Raffaele Cucinotta. “I primi contatti tra il predetto dipendente del Dipartimento Ufficio Urbanistica presso il Comune di Messina e Biagio Grasso vengono registrati il 26 e 27 marzo 2014, a cui seguono numerosi incontri”, riportano gli inquirenti. “Il comportamento attivo di Raffaele Cucinotta viene registrato già in data 7 aprile 2014, quando riferiva a Biagio Grasso e Vincenzo Romeo di bloccare la realizzazione delle mansarde poiché non rientravano i requisiti per essere venduti al Comune e nel corso della chiamata Stefano Barbera riferiva di un aggiustamento effettuato di un atto del Comune”. Due giorni più tardi, Grasso, Cucinotta e Barbera si incontrano negli uffici della società X.P. Immobiliare. “Occorre evidenziare che la data per la presentazione della documentazione per accedere alla procedura inizialmente era fissata a giorno 15 aprile 2014 e che il predetto complesso edilizio risultava ancora in costruzione”, spiega il Gip. “Nel corso della conversazione del 10 aprile 2014 Biagio Grasso riferiva a Giuseppe Sicuro, quest’ultimo proprietario di parte dei terreni ove sorge il complesso in oggetto, dell’esito favorevole dell’operazione con il Comune, in quanto la sera precedente aveva incontrato una persona determinante per la definizione dell’affare”. “Ieri sera ci siamo visti con chi di competenza…101 su 100 l’operazione è chiusa”, riferiva Grasso all’interlocutore, riferendosi a Raffaele Cucinotta, incontrato unitamente al Barbera.
“Il 13 aprile 2014 emergono numerosi contatti indiretti fra Biagio Grasso e Cucinotta, per il tramite di Barbera, nel corso dei quali il dipendente comunale fornisce le rassicurazioni sull’avvenuto spostamento del termine per la presentazione delle offerte”, riporta l’ordinanza Beta 2. “Il Comune di Messina con delibera di Giunta n. 263 dell’11 aprile 2014, prorogava il termine di presentazione delle offerte per la procedura di acquisto di alloggi ai fini del risanamento di Fondo Fucile alla data del 15 maggio 2014. Nel corpo della delibera viene indicato tra le motivazioni che: i soggetti interessati, hanno anche fatto rilevare la ristrettezza dei tempi concessi, a poter produrre tutta la documentazione richiesta entro il 15 aprile pv., termine ultimo previsto per la presentazione delle offerte, chiedendo, pertanto uno slittamento dello stesso”.
Il 14 aprile 2014 gli inquirenti intercettano un’altra conversazione tra il costruttore di origini milazzesi e Giuseppe Sicuro. “Allora, lo sa che è stato rimandato di un mese il bando?”, domandava quest’ultimo. “Lo abbiamo fatto rimandare noi”, rispondeva Grasso. “Perché se non ci firma le carte non ne facciamo operazione... A lui gli sembra, che è scaltro... non ha capito che mio padre è una potenza dal punto di vista politico (...) Allora siccome il mio amico dell’Urbanistica giustamente mi dice: Biagio io mi sono stato zitto vi dichiaro 290 o 2110 ... con lo spigolo... Là è che quelli devono stare tutti a posto con gli effetti, i 10.000, in caso domani, io faccio venire quello dell’Urbanistica, una volta presentata la domanda e gli faccio dire ufficiosamente vedi che queste particelle non sono della proprietà, rischiate di uscire fuori dal bando, la soluzione è che la proprietà nel momento in cui deve fare il trasferimento dichiara che è apposto e lui dice che non ci sono problemi, chiamiamo pure quell’altro e gli parliamo dello spigolo e siccome noi già lo sappiamo che va così, giusto a quel punto gliela scarichiamo a Puleo ed ai catanesi… Perché a Puleo basta che gli passano gli spicci, perché stanno incassando 3.800.000 euro e sono cinque anni che aspettano e vanno a fare in culo… L’offerta per il Comune è 4.125.000 euro meno tutta una serie di commissioni. Sull’avanzato dovrebbe rimanere netto circa 3.800.000, 50% sono di quel signore che mette gli appartamenti a disposizione; il 25% è mio e il 25% è suo, signor Sicuro (…) Fuori rimane questo spigolo di terreno che si deve capire… dove stiamo noi… facciamo finta di niente, no, no, non ci conviene...”. Come accertato nel corso delle indagini, Biagio Grasso e Vincenzo Romeo erano davvero preoccupati per lo “spigolo”, cioè la particella di terreno sulla quale era stata costruita una delle palazzine offerte al Comune ma che non rientrava nella titolarità della società proponente. “Nel corso della loro conversazione, Grasso e Sicuro fanno riferimento a delle particelle indicate erroneamente di proprietà della R.D. Costruzioni Srl che di fatto non sono loro e che di tale situazione ne è a conoscenza anche il proprio amico dell’urbanistica”, spiegano gli inquirenti. “Inoltre, Biagio Grasso, in merito ad una possibile minaccia a Rosario Di Stefano, socio occulto della R.D. Costruzioni, paventava l’eventualità di fare intervenire l’ingegnere Cucinotta, il quale gli avrebbe spiegato al Di Stefano della possibilità di uscire dalla procedura di vendita al Comune a causa dei problemi della particella sopra indicata’’.
E con l’assessore ci parliamo noi
Il 17 aprile 2014 Biagio Grasso, Raffaele Cucinotta e Stefano Barbera si incontrano negli uffici della X.P. Immobiliare. “Dal tenore delle conversazioni si comprende dell’esito dell’affare, si ha la conferma dell’incontro avvenuto tra Grasso e l’assessore Sergio De Cola”, annotano gli inquirenti. In un’ulteriore  intercettazione del 9 maggio, l’ingegnere Raffaele Cucinotta invece “sollecitava Stefano Barbera affinché questi riferisse ai suoi sodali che era necessario un incontro per definire alcuni dettagli che avrebbero permesso al funzionario di seguire la pratica senza alcun ostacolo amministrativo e, in tal senso, il Cucinotta manifestava la necessità di conoscere prima della presentazione dell’offerta come era stato definito l’accordo con i proprietari dei terreni e la posizione di Rosario Di Stefano”. Il giorno successivo Biagio Grasso e Raffaele Cucinotta si incontravano nuovamente presso l’ufficio del primo. “Dopo aver affrontato vari argomenti riguardanti gli affari in atto, i due parlavano dell’appuntamento che il funzionario aveva fissato al complice con l’assessore De Cola e di come il Grasso avrebbe potuto accreditarsi, ostentando la propria disponibilità ad effettuare altri lavori idonei a favorire un ritorno di immagine spendibile mediaticamente a fini politici, così come auspicato dallo stesso assessore conversando col Cucinotta”, riportano gli inquirenti nell’ordinanza Beta. “Biagio Grasso chiede di cosa parleranno con l’ingegnere De Cola e Cucinotta gli risponde che parleranno di alloggi e torrente Trapani collegato al parcheggio. Grasso dice che se l’ingegnere gli da l’OK entro il 30 giugno gli sistema tutto il parcheggio”.
Il 14 maggio 2014 l’amministratore unico della R.D. Costruzioni Srl, Giuseppe Amenta, presentava l’offerta di vendita al Comune di Messina di un complesso immobiliare in corso di costruzione in via Gioacchino Chinigò, costituito da 24 unità immobiliari. “Nella relazione tecnica redatta dalla società e presentata il 14 maggio 2014 si legge: il complesso immobiliare oggetto dell’offerta costituito dai corpi A e B ricade sulle particelle n. 2110 (parziale ex 290), n. 763 (parziale) e n. 765 (parziale) del foglio 132”, annotano gli inquirenti. “Gli accertamenti svolti hanno evidenziato che le due ultime particelle erano, alla data della relazione allegata, di proprietà della R.D. Costruzioni S.r.l., mentre la 2110 era 1/4 di proprietà della società edile e 3/4 di altri proprietari, come da allegata visura catastale. Tale discrasia, come evidenziato dagli stessi intercettati, avrebbe potuto bloccarne l’acquisto da parte del Comune. Nell’avviso ricognitivo allegato alla Delibera di Giunta n. 151 dell’11 Marzo 2016, al punto nr. 6 si indica: la documentazione o auto certificazione attestante la piena proprietà e disponibilità dell’immobile e che lo stesso non sia gravato da nessun vincolo”.
Prima della conclusione dell’iter per l’acquisizione degli alloggi di Fondo Fucile, la R.D. Costruzioni veniva acquisita dalla società a responsabilità limitata “Parco delle Felci” e l’amministratrice Silvia Gentile, con lettera del 29 luglio 2014 al Dipartimento politiche per la casa del Municipio di Messina riferiva che a seguito dell’operazione, la propria azienda diveniva subentrante nell’offerta di acquisto degli alloggi di Fondo Fucile. “In data 27 agosto 2014 veniva registrata una conversazione all’interno dell’autovettura in uso a Stefano Barbera, nel corso della quale lo stesso faceva presente a Vincenzo Romeo, esponente della famiglia Santapaola/Romeo della necessità, come riferitogli da parte di Raffaele Cucinotta, di avvicinare l’architetto Parlato”, riporta l’ordinanza Beta 2. “Qualche giorno dopo tale conversazione (il 3 settembre 2014), Romeo e Barbera si incontravano nuovamente, e riprendevano l’argomento. Romeo evidenziava di avere già avvicinato Salvatore Parlato ma che lo dovrà rincontrare, quindi lasciava intendere del buon esito del procedimento a seguito di un pagamento. Il fatto resta esterno alle contestazione, ma la gravità è indubbia…”.
Il 15 settembre 2014 si registrava ancora un incontro tra Vincenzo Romeo e Stefano Barbera, nel corso del quale quest’ultimo raccontava quanto accaduto la sera precedente all’interno degli uffici dell’Urbanistica ove lavorava Raffaele Cucinotta. “Questo giudice ritiene di estrema gravità che il Romeo riprenda il Barbera perché aveva fatto, in una telefonata, cenno all’assessore De Cola; il dato è, più che inquietante, grave”, annota il Gip Salvatore Mastroeni. “Inizialmente, Romeo riprendeva il proprio interlocutore, poiché nel corso della conversazione telefonica precedente aveva fatto cenno all’Assessore. Barbera narrava, quindi, di un litigio al quale aveva assistito; in particolare riferiva che l’Assessore, presumibilmente De Cola, aveva ripreso l’architetto Parlato, poiché questi ancora non aveva preparato i preliminari con i proprietari delle abitazioni che dovevano essere acquistati da parte del Comune…”.“Minchia... ero là con Raffaele e lui mi ha detto aspetta un attimo ed io mi sono messo ad aspettare dietro alla porta...”, riferiva Stefano Barbera all’interlocutore. “Non è possibile, Raffaele me le devi dire queste cose a me... fallo venire qua... chiama a Parlato... dov’è Parlato? Minchia, faccio io…. tun tun tun prende e io mi sono messo all’angolo… mentre scendeva al telefono… voglio una riunione questa sera stessa a che cazzo stiamo aspettando e poi i complessi li compriamo tutti e due... ma sono due blocchi? Va bene comunque... se ne va... entra... sì ho detto io ma chi cazzo è? Ma parlava di Parlato? Dice ma lo sai chi è questo?Questo è l’Assessore... rimba... e perché ridi?.. Perché ce l’ha con Parlato e con gli altri che ancora stanno ritardando... Sì, ho detto, fammi sapere come va a finire... Minchia compare, mi chiama sabato ... Lo sai che ieri sera si sono riuniti ... Parlato ci sta presentando tutte le copie dei preliminari e tutte cose...Digli all’amico nostro che è tutto a posto... E ci firmano tutto immediatamente quindi gli vogliono dare?... Questo ti volevo raccontare dell’Assessore...”.
Gli inquirenti ritengono che era Vincenzo Romeo l’amico nostro a cui avrebbero dovuto comunicare - “presumibilmente tramite l’ingegnere Raffaele Cucinotta” - la positiva conclusione della vendita delle abitazioni di Fondo Fucile. “Tale circostanza è confermata dal dato che la RD Costruzioni S.r.l., poi Parco delle Felci S.r.l., era stata inserita tra le ditte che avrebbero potuto vendere gli alloggi al Comune di Messina nella citata procedura, senza pertanto rilevare la mancanza evidenziata nel corso delle intercettazioni”, annota il Gip. Intanto il 31 ottobre 2014 Antonio Amato riferiva in una lettera al Comune del cambio di amministratore della Parco delle Felci, nonché il cambio di sede sociale presso lo Studio dell’avvocato Fichera di Catania; Amato specificava inoltre che il complesso abitativo era in fase di ultimazione e che i lavori sarebbero stati completati entro il successivo 30 novembre. Il 6 novembre 2014 il Dipartimento Politiche per la casa del Comune di Messina stilava una graduatoria delle ditte partecipanti alla gara per la vendita degli alloggi: tra gli aggiudicatari vi era anche la società Parco delle Felci Srl per 24 alloggi, 12 nel corpo A e 12 nel corpo B.
Ed ecco che spunta l’architetto Parlato  
“Ne deriva quindi che la collaborazione illecita del Cucinotta, e non evidente di altri, aveva sortito i suoi effetti non solo sulla turbata libertà degli incanti ma, anche, sul raggiungimento dell’obiettivo perseguito dal sodalizio anche se ridimensionato in termini quantitativi”, annotano gli inquirenti. “Sin da quella fase del procedimento era emerso, seppure con contorni sfumati, il ruolo ricoperto nella vicenda da Salvatore Parlato, dipendente del Dipartimento Edilizia Privata del Comune di Messina”. Con nota del 17 novembre 2016, il Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) dell’Arma dei carabinieri aveva riferito che nella vicenda dell’acquisizione degli alloggi di Fondo Fucile da parte delle aziende riferibili al gruppo Romeo-Santapaola, oltre all’ingegnere Raffaele Cucinotta era emerso anche il ruolo dell’architetto Parlato. Era stata sentita a sommarie informazioni la dirigente pro tempore del Dipartimento Politiche del Territorio del Comune di Messina, Maria Canale, la quale si era soffermata sulle modalità che avevano determinato la graduatoria per l’acquisto degli alloggi. “La procedura di acquisizione era iniziata sotto la precedente gestione dell’ufficio; di fatto però il bando fu approvato con la delibera di Giunta dell’11 marzo 2014”, ha dichiarato Maria Canale. “Contemporaneamente venne approvato il crono-programma. Le domande e le offerte si presentavano entro un mese. Con successiva delibera il termine per la presentazione delle proposte venne spostato di un mese, ovvero con scadenza 15 maggio 2014. Si prevedeva l’acquisizione di tutte le offerte con relativa documentazione e successivamente venivano effettuati i sopralluoghi. Siccome il Dipartimento era stato depauperato del personale dell’Ufficio tecnico ed era rimasto in forza un solo geometra e le offerte erano diverse, l’assessore propose agli altri dipartimenti affinché ci prestassero del personale per eseguire i sopralluoghi, fino alla compilazione di una scheda tecnica, dove veniva riportata risultanza e valutazione (…) L’assegnazione delle singole offerte fu casuale e senza uno specifico criterio. L’unico metodo fu che agli architetti vennero affidati la valutazione dei complessi di alloggi, in quanto la valutazione era più impegnativa”. Nel corso dell’interrogatorio, la dirigente del Comune specificava che i funzionari addetti dovevano accertare l’esattezza dei requisiti e degli atti presentati, in particolare quelli relativi alla titolarità del bene offerto al Comune (titolarità assente in parte, come accertato, nella proposta di vendita della società “vicina” al gruppo Romeo-Santapaola). “In occasione della citata audizione, venivano acquisite alcune schede tecniche relative alle ditte che avevano presentato l’offerta, in particolare quelle degli alloggi proposti dalla R.D. Costruzioni S.r.I. e quelle della Parco delle Felci S.r.l.: queste ultime risultavano tutte a firma dell’architetto Salvatore Parlato”, riporta l’ordinanza Beta 2.
Le intercettazioni eseguite nel corso delle indagini all’utenza in uso all’imprenditore Biagio Grasso hanno evidenziato “numerosi contatti” tra il predetto e il dipendente del Comune di Messina. “Durante i predetti contatti, i due si sono dati appuntamento presso il cantiere di Fondo Fucile per effettuare il sopralluogo in data 24 luglio 2014 (dato riscontrato anche in ambientale del veicolo del Grasso), così come all’interno degli Uffici dell’Urbanistica ove prestavano servizio sia il Parlato che Raffaele Cucinotta, sino alla conversazione del 6 novembre 2014 ove Biagio Grasso chiedeva al responsabile del controllo se fosse vera la notizia secondo la quale avrebbero ridotto il numero degli alloggi che il Comune doveva acquistare dalla XP Immobiliare Srl”, riporta l’ordinanza Beta 2. E sempre in relazione alle figure di Salvatore Parlato e Raffaele Cucinotta, veniva intercettata il 13 ottobre 2014 una conversazione tra Vincenzo Romeo e Stefano Barbera nel corso della quale “facevano riferimento ad una somma da elargire ai predetti dipendenti comunali alla firma degli atti e dell’intenzione di Romeo di fare un passaggio, cioè di recarsi personalmente dai predetti”.
Biagio Grasso ha fornito agli inquirenti importanti elementi sul ruolo assunto dall’architetto Parlato durante l’iter di gara per l’acquisizione degli alloggi comunali. “Nel bando per com’era strutturato, chiaramente il requisito principale era la vicinanza dal cantiere con la zona adibita allo sbancamento, era il maggior punteggio, e in quel momento quella più ravvicinata era realmente la nostra”, ha verbalizzato imprenditore nel corso di un interrogatorio dell’1 luglio 2017. “Quindi voglio dire, indipendentemente da tutto quello che c’è scritto e da tutto quello che c’è fatto, noi avevamo la maggior parte dei punti rispetto a qualsiasi altro concorrente. Cioè, tengo a sottolineare che questo evento realmente è un po’ particolare, anche perché, là chi gestiva e decideva era la Canale con la sua commissione. Anche il Parlato stesso, alla fine della fiera, veniva a fare il sopralluogo e diceva: Sì, possono arrivare; Sì, non possono arrivare, da questo punto di vista, fermo restando che quell’imbecille del Barbera crea un appuntamento con Romeo e gli dice: Io posso fare questo, lo posso fare l’altro, Raffaele può fare questo, Raffaele può fare l’altroed entriamo in contatto con Raffaele Cucinotta, ma io fin dal principio sapevo che: primo, non c’era bisogno; secondo, il Cucinotta non poteva fare assolutamente niente per potere ostacolare l’aggiudicazione dei 24 alloggi, perché in quel momento il cantiere aveva tutte le caratteristiche per essere il numero uno nella lista, tranne una cosa, la consegna…”.
Dopo aver avviato la collaborazione con gli inquirenti, Biagio Grasso torna a parlare dell’affaire alloggi e dell’architetto Salvatore Parlato nel corso dell’interrogatorio del 12 dicembre 2017. “La vicenda di Fondo Fucile nacque con lo sbaraccamento della zona attraverso Stefano Barbera, quest’ultimo in contatto con Raffaele Cucinotta”, ha verbalizzato l’imprenditore. “Il Cucinotta era un dirigente all’Urbanistica del Comune di Messina. Questi ci segnalò un ingegnere, tale Cosimo Polizzi, al quale abbiamo conferito un incarico per lo studio tecnico per gli appartamenti di Fondo Fucile. Inoltre il padre Francesco Romeo aveva sistemato una situazione con il Parlato. In particolare il Parlato secondo quanto riferito da Vincenzo Romeo, aveva ricevuto delle richieste estorsive da parte di soggetti catanesi in relazione ad un agriturismo cui lui o il figlio era proprietario in quell’area. Il Parlato aveva richiesto l’intervento di Francesco Romeo per la messa a posto. Per tale ragione egli era in debito con Francesco Romeo. Sia il Parlato che il Cucinotta avevano dato la disponibilità ad aiutare l’aggiudicazione del bando al Comune nonostante il problema di una particella ove era stato costruito l’edificio”.
Il collaboratore di giustizia ha poi raccontato di essersi recato al Comune di Messina, insieme a Vincenzo Romeo e al padre Francesco per incontrare proprio l’architetto. “Andammo da Parlato che gestiva l’ufficio del Risanamento e il predetto si mise a disposizione”, ha aggiunto Grasso. “Francesco Romeo si salutò con Parlato, i due si conoscevano già e chiese di fare aggiudicare il bando. Il Parlato si recò pochi giorni dopo a fare il sopralluogo nell’area di Fondo Fucile. Durante il sopralluogo si rese conto che il cantiere era indietro e diede una proroga. Io avevo chiesto 4 mesi di proroga mentre il Comune diede solo un mese. Vincenzo Romeo si arrabbiò molto per tale situazione. Nonostante l’aggiudicazione di 12 alloggi decidemmo di ritirare la proposta di vendita. Con il Cucinotta continuammo il rapporto mentre con il Parlato non vi furono più rapporti…”.
I fatti estortivi di cui sarebbe stato oggetto il funzionario comunale hanno trovato riscontro nelle indagini. “Effettivamente, in data 15 dicembre 2012, Cristian Parlato, figlio di Salvatore, aveva denunciato presso la Stazione Carabinieri di Passopisciaro (Catania), che il padre aveva rinvenuto nel cancello dell’azienda agrituristica di proprietà dei genitori e sita nella frazione Verzella del Comune di Castiglione di Sicilia: una bottiglietta con del liquido forse infiammabile e con sopra un biglietto manoscritto dal chiaro fine estorsivo cercati un amico”,scrivono gli inquirenti. “E’ assolutamente verosimile, dunque, che Parlato abbia illegittimamente influito sulla procedura di gara in questione, avvantaggiando il gruppo mafioso, in ragione del debito di riconoscenza che aveva nei confronti di Francesco Romeo che forte della sua caratura criminale era intervenuto in favore del Parlato, allorquando costui aveva subito una pressione estorsiva. Non può tacersi, del resto, che, a più riprese, dall’attività di intercettazione, emergono riferimenti a possibili ricompense economiche, promesse ai funzionari comunali interessati a detta procedura di gara, in cambio del compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio. Ciò posto deve ritenersi che il Parlato, come il Cucinotta, sia stato funzionale agli interessi dell’associazione, contribuendo ad alterare la gara di aggiudicazione dei lavori per alloggi popolari, con decisioni di proroga ed accertamenti che omettevano carenze della ditta riferibile al Romeo, essenziali per la medesima organizzazione (…) Dalle parole del Romeo emerge che il Parlato aveva accettato le sue richieste, aveva assicurato che tutto era a posto non in fatto ma nell’interesse dell’associazione mafiosa e vi è pure un dato di corruzione, non ulteriormente accertato ma verosimile, con soldi che dovevano essere dati al Parlato per la sua attività…”.
E l’assessore non ha nulla da aggiungere
Agli atti dell’inchiesta Beta c’è pure il verbale di sommarie informazioni rese in qualità di persona informata sui fatti dall’ingegnere Sergio De Cola, in data 28 maggio 2018. “Sono assessore al Comune di Messina con delega ai lavori pubblici e politiche del territorio, da circa tre anni”, ha dichiarato De Cola. “Prima della nomina svolgevo la funzione di ingegnere libero professionista. Non conosco Biagio Grasso; ricordo di aver incontrato una persona nel periodo in cui ero assessore con delega al risanamento che si accompagnava a Raffaele Cucinotta, in occasione della pubblicazione di un bando per l’acquisto alloggi da destinare ad edilizia sociale. Raffaele Cucinotta infatti mi disse che persone di sua conoscenza volevano un incontro con me al fine di poter avere informazioni per poter partecipare al bando. La persona che era insieme a Cucinotta poteva avere circa 40 anni. Io parlai con tale soggetto, il quale mi disse che aveva degli alloggi riguardanti la zona di Fondo Fucile. Tali alloggi, a suo dire, erano già ultimati o comunque quasi in via di ultimazione ma non ancora dotati di abitabilità. Io dissi che comunque era necessario avere l’abitabilità e rogito. Ricordo che forse incontrai nuovamente questo soggetto, sempre per il tramite di Raffaele Cucinotta, poiché era interessato a presentare una proposta di finanza di progetto del parcheggio di via La Farina”.
“Non conosco l’ing. Polizzi, né Stefano Barbera, né la famiglia Romeo”, ha aggiunto l’ex assessore della Giunta Accorinti. “Conosco l’architetto Salvatore Parlato, attualmente funzionario dell’edilizia privata, responsabile del servizio forse Messina sud o Messina centro. Ricordo che l’architetto Parlato era uno dei tecnici incaricati di fare la perizia/verifica degli immobili proposti in vendita al Comune. Ho avuto diversi incontri con il gruppo dei tecnici per le verifiche ove vi era anche il Parlato, insieme all’architetto Maria Canale all’epoca dei fatti dirigente del dipartimento ove era incardinato tale procedimento (…) In relazione ai progetti di via Fondo Fucile ed al parcheggio di via La Farina, con il Cucinotta ho solo avuto incontri di carattere lavorativo, non mi fece mai alcuna pressione né ebbe mai alcun interessamento particolare. Per quanto riguarda la vicenda di Torrente Trapani ricordo di avere avuto diversi incontri poiché la situazione era ed è molto complicata, comunque non incontrai Raffaele Cucinotta che forse già era stato trasferito a Milazzo né la persona da lui presentatami di cui ho parlato prima. Ricordo che tra i tecnici presenti ai tavoli per la risoluzione del problema era presente anche l’architetto Parlato…”.

Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 12 novembre 2018, http://www.stampalibera.it/2018/11/12/linchiesta-beta-2-i-documenti-inediti-laffaire-fondo-fucile-in-un-solo-appalto-tanti-provvedimenti-irregolari-illeciti-e-strumentali/?fbclid=IwAR0QNzPm3Rpx-pDs1h4IOrHznNTBBd7SIv95ErpPEtBPH9QdAePOzAlmGBs

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